giovedì 18 dicembre 2014

Il gatto quotidiano































Fairy tales. Colors of magic.




















































La dea Bastet e il culto dei gatti nell'Antico Egitto



Bastet o Bast o Bastit è una delle più importanti e venerate divinità dell'antica religione egizia, raffigurata o con sembianze femminili e testa di gatta o direttamente come una gatta.
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talvolta anche
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Si tratta di una divinità dai tratti solari simboleggiante il calore benefico del sole, venerata per la sua potenza, la sua forza e la sua agilità.
Un epiteto tipico di Bastet era
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nbt ins Signora delle bende.

Centro del suo culto fu la città di Par Bastet (la Bubasti dei greci, attuale Zagazig, vicino al delta del Nilo), dove - secondo Erodoto - si svolgevano anche dei festeggiamenti periodici in onore della dea, comprendenti processioni di chiatte e riti orgiastici e dove è stata rinvenuta una necropoli di gatti sacri mummificati, con relativo tempio.

Il culto di Bastet


Bastet
Alle origini, Bastet era una divinità del culto solare, ma col tempo sempre più di quello lunare. Quando l'influenza greca si estese sulla società egiziana, Bastet divenne definitivamente solo una dea lunare, in quanto i Greci la identificarono con Artemide.
A partire dalla II Dinastia, Bastet venne raffigurata come un gatto selvatico del deserto oppure come una leonessa, tanto che era confusa od assimilata a sua sorella la dea Sekhmet. Venne rappresentata come un felino domestico solo intorno al 1000 a.C.
Bastet era la "Figlia di Ra", quindi aveva lo stesso rango di altre dee quali Maat e Tefnut. In più, Bastet era uno degli "Occhi di Ra", nel senso che veniva mandata specificamente ad annientare i nemici dell'Egitto e dei suoi dei.
Da quando i Greci identificarono Bastet con Artemide, la dea fu detta "madre del dio dalla testa di leone Mihos" (anch'egli venerato a Bubasti, insieme a Thoth), e fu raffigurata comunemente o come donna con la testa di un gatta o come gatta vera e propria.

Il culto dei gatti

Gli antichi egizi chiamavano "miao" il gatto; addomesticarono quelli che vivevano ai bordi del delta del Nilo, originariamente per debellare i topi che infestavano i granai.
Ma poi, col passare del tempo, non ci fu casa o tempio o edificio che non registrasse la presenza di almeno un gatto, tenuto peraltro con ogni cura. Quando uno di questi felini moriva, si dice che il padrone usasse radersi le sopracciglia in segno di lutto per l'animale e di rispetto nei confronti della Dea.
Il culto di Bastet raggiunse una diffusione tale che il gatto in Egitto era protetto dalla legge. Era vietato fargli del male o trasferirli al di fuori dei confini del regno dei faraoni. Chi violava tali disposizioni era passibile di pena di morte.
Nonostante le leggi egizie proibissero l'esportazione dei gatti, ritenuti animali sacri, i navigatori fenici li contrabbandarono fuori del paese, facendone oggetto di commercio insieme ad altre merci preziose.
Furono poi i Romani a portarli per primi nelle isole britanniche.

Le leggende

Racconta una leggenda che Bastet, morsa da uno scorpione, fu guarita da Ra.
Gli Egizi avevano un modo di dire: «non si accarezza la gatta Bastet prima di aver affrontato la leonessa Sekhmet». Bastet era infatti comunemente accoppiata a Sekhmet, la dea dalla testa di leone di Memphis, Wadjet ed Hathor.
Questo modo di dire affonda le sue radici nella leggenda di Ra che, infuriato, provocò una siccità (evento terribile per gli egiziani che vivevano delle piene del Nilo).
Quando si fu calmato, Ra mandò Thot a cercare Bastet in Nubia, dove la dea si nascondeva sotto forma di leonessa (Sekhmet). Discendendo il Nilo, Bast si era bagnata nel fiume in una città sacra a Iside, trasformandosi di nuovo in gatta ed era entrata trionfante a Par Bastet (città dei gatti), dove fu poi trovata da Thot (per molti secoli gli egiziani hanno ripercorso il suo viaggio in venerazione dei gatti).

Bibliografia


  • Mario Tosi, Dizionario enciclopedico delle Divinità dell'Antico Egitto, Torino 2004. ISBN 88-7325-064-5.

mercoledì 17 dicembre 2014

Star wars art



The Galactic Empire









La Quarta Era. Capitolo 30. Eldarion conduce l'esercito ai confini con l'Harad



Era il più grande esercito radunato dai tempi della battaglia di Narài, ma questa volta era per una buona causa: la legittima difesa.
Quando re Eldarion aveva prospettato questa decisione al Consiglio, Pallando era rimasto spiacevolmente sorpreso:
<<Mio signore, per anni abbiamo vissuto in pace, una pace vinta a fatica e vigilata...>>
Il re aveva scosso il capo:
<<Lo siamo? Siamo in pace? Gli Haradrim stanno invadendo il nostro territorio e saccheggiando i nostri villaggi, sgozzando i nostri uomini, stuprando le nostre donne e uccidendo i nostri figli senza incontrare ostacoli e questa tu la chiami pace?>>
Pallando aveva cercato di temporeggiare.
Evidentemente lo stregone blu sa qualcosa che io non so, ma non me la vuole dire. 
Doveva trattarsi di qualcosa di molto grave.
Lo scoprirò comunque...
Aveva radunato trentamila uomini e li aveva condotti ai confini meridionali del Regno di Gondor, dove incominciava il Regno dell'Harad.
Era stato accolto con una certa ironia dal governatore della provincia di Harondor, che era un suo amico di vecchia data:
<<Ti ho aspettato per mesi e mesi, e adesso vieni qui all'improvviso, senza nemmeno avvertire, come un ladro nella notte...>>
Il re non avrebbe consentito ad altri di parlare a lui in quel modo, ma col governatore suo amico fece un'eccezione:
<<La mia mente era ottenebrata da un incantesimo operato sull'Anello di Barahir. Sono sicuro che Alatar o Pallando ne erano gli artefici. Alatar voleva che io mi rivolgessi agli Esterling per chiedere aiuto, mentre Pallando faceva infiltrare gli Haradrim a migliaia nei nostri territori. 
Ma ora tutto questo avrà fine>>
Il governatore era dubbioso:
<<Se gli Istari si sono schierati contro di noi fino al punto da esercitare la loro magia per obnubilare la tua mente, allora il nostro nemico non è costituito soltanto dagli Haradrim o dagli Esterling, ma soprattutto da chi li manovra contro di noi. Soltanto Sauron, in passato, era riuscito in questo intento. Chi c'è ora che si nasconde nell'ombra?>>



Eldarion si era fatto un'idea ben precisa al riguardo:
<<Non può essere Sauron: egli è morto nel momento in cui l'Unico Anello fu distrutto, poiché era tutto ciò che lo teneva in vita. Non può essere nemmeno il re di Angmar, poiché fu ucciso da Eowyn di Rohan e da Merry Brandybuck nella battaglia dei Campi del Pelennor, e mio padre ne fu testimone. 
No, esiste un umico malvagio che nessuno è stato in grado di uccidere. 
Il suo nome originariamente era Melkor, ma ben presto fu conosciuto da tutti come Morgoth. Egli era stato esiliato oltre i Cancelli della Notte, dopo che il mio bisnonno Earendil lo aveva sconfitto nella Guerra dell'Ira, con l'aiuto dei Valar, ma tutti conosciamo la Profezia che Mandos pronunciò quel giorno.
Morgoth ritornerà... e forse è già ritornato...>>
Il governatore si accigliò:
<<Se così fosse, che speranze potremmo avere contro di lui?>>
In quel momento Eldarion parve acquistare il carisma di suo padre:
<<Vedi, amico mio, io credo che Morgoth, come tutti i prepotenti, abbia un punto debole e cioè l'eccessiva fiducia in se stesso.
Egli crede che soltanto un grande potere possa tenere il Male sotto scacco, ma non è ciò che ho scoperto io.
 Io ho scoperto che sono le piccole cose, le azioni quotidiane della gente comune che tengono a bada l'Oscurità. 
Anche la persona più piccola può cambiare il corso del futuro>>



Il governatore annuì:
<<Conti nella capacità di resistenza del nostro popolo?>>
Eldarion lo fissò con un'espressione determinata:
<<Mia madre e mia sorella Silmarien avevano ragione a dire che dovevamo onorare la nostra alleanza con gli altri popoli della Terra di Mezzo, compresi i Nani e i Mezzuomini, e gli Ent, e le altre creature che si sono nascoste durante il periodo in cui noi Uomini abbiamo creduto di potercela fare da soli.
Ho fiducia nel fatto che Legolas e Gimli e, come mi è giunta voce, persino Radagast il Bruno, siano insieme a mia madre e a mia sorella nel loro viaggio verso la Contea e poi verso Erebor. 
Raccoglieranno quel consenso che la politica assurda di Ancalime e Vanimelde aveva disperso>>
Il governatore parve approvare:
<<Dunque vi siete riappacificato con la regina madre e con la principessa Silmarien?>>
Il re sospirò:
<<Ufficialmente ancora no. E' necessario che tutti credano che siamo in lite. In questo modo non daranno importanza alla missione diplomatica di Silmarien e non capiranno che io faccio affidamento su di lei e sui suoi compagni.
Non hai idea di quanto mi costi, moralmente, questa finzione, ma è una strategia necessaria che darà i suoi frutti.
Morgoth scoprirà ben presto che non è solo il mio esercito ciò che dovrà essere affrontato, ma l'intero popolo di Gondor e della Terra di Mezzo. 
E questo popolo e questa terra possono ancora riservarci infinite sorprese.>>