venerdì 17 ottobre 2014

Rovine e frammenti

























La Quarta Era. Capitolo 14. Ancalime ed Eldarion. Una dura pioggia cadrà.






La principessa reale Ancalime, Sovrintendente di Gondor, sapeva che suo fratello, il re Eldarion, le attribuiva la colpa del conflitto familiare che aveva portato la regina madre Arwen e la principessa Silmarien all'esilio, seguite dai fedelissimi amici ed alleati del defunto re Aragorn Elessar.
Era necessario trovare il modo di ammansire il re e ritrovare un qualche equilibrio, a corte, prima che la situazione le sfuggisse di mano.
Danno la colpa a me, come se fossi io la causa dell'invasione dei nostri confini da parte degli Esterling e degli Haradrim. La mia unica colpa è quella di dire la verità in un'epoca dove tutti preferiscono distogliere lo sguardo dai problemi reali.
Fin troppa gente a corte faceva il doppio gioco e sussurrava menzogne agli orecchi del re.
Eldarion deve capire che la mia sincerità è la sua unica speranza di salvezza!
L'attenzione andava focalizzata sul vero nemico: i barbari che minacciavano la civiltà.
Devo fare in modo che il re si renda conto del pericolo che stiamo correndo e canalizzi le sue energie su di esso!



Entrò nello studio privato di Eldarion con un'espressione cupa e severa.
Non devo apparire fragile. Se lasciassi trasparire anche solo un barlume di vulnerabilità, i cortigiani mi farebbero a pezzi.
Il re, altrettanto scuro in volto, le indicò una sedia.
<<Ancalime, ti avverto che la prossima volta in cui scatenerai un conflitto durante il Consiglio o peggio ancora durante una riunione di famiglia, io non ti coprirò più le spalle>>
La principessa annuì.
<<Ne sono consapevole. D'ora in avanti, se ci saranno dei problemi, ne sarai messo al corrente in privato. Riserverò a te soltanto il dono della mia sincerità>>
Eldarion non si aspettava quel tipo di risposta.
<<C'è modo e modo di essere sinceri! Tu sei troppo dura. Se vuoi governare, devi imparare a mettere un guanto di velluto sul tuo pugno di ferro>>
Ancalime si concesse un sorriso.
Ecco il grande statista che mi vuole insegnare il mestiere! Povero fratello mio, c'è troppo velluto nel tuo guanto, e ben poco ferro.
Ma non era il momento di mettere in discussione l'autorità del re, anzi, era necessario ristabilire un'alleanza e dargli quella fiducia in sé che gli mancava.
<<Farò come tu dici. Spero che tu capisca che la mia unica preoccupazione è la sicurezza del nostro popolo. Gli Haradrim sono pronti a colpire in qualsiasi momento. 
Dobbiamo essere pronti, perché una dura pioggia cadrà su di noi>>
La minaccia produsse il suo effetto.
Il volto di Eldarion, così incredibilmente giovane nonostante l'età avanzata (aveva pur sempre sangue elfico!), mostrò preoccupazione e tristezza.



<<Gli Haradirm si vogliono vendicare della sconfitta che infliggemmo loro a Narài, dieci anni fa. Io c'ero quel giorno ed ho imparato a mie spese l'atrocità della guerra. E quel giorno, l'Albero Bianco di Minas Tirith tornò ad appassire>>
Ancalime non aveva voglia di tergiversare:
<<Appassisce perché i nemici sono alle porte! Sei il portatore della corona e della spada, Eldarion. E' inevitabile che tu debba guidare il popolo in battaglia!>>
Il re non ne era affatto convinto:
<<Non sarò certo io a iniziare la guerra>>
La principessa fece appello a tutta la sua pazienza per rispondere in maniera vagamente diplomatica, ma non ci riuscì:
<<Stanno varcando i confini del regno, Eldarion! Ci stanno invadendo e noi non possiamo stare a guardare senza far niente>>
Lui sospirò:
<<Non sono armati. Vuoi forse che io mi metta a massacrare gente disarmata?>>
Lei lo fissò negli occhi:
<<E' una loro strategia. Una volta entrati, qualcuno consegnerà loro le armi, e ci colpiranno dall'interno. Quando vedrai il nostro popolo cadere vittima delle loro scorrerie sarà già troppo tardi>>
Era esasperata.
Se potessi imbraccerei io la spada di mio padre! Guiderei io gli uomini in battaglia!





Eldarion invece se ne stava lì immobile, valutando attentamente i pro e i contro.
Era sempre stato riflessivo, nelle sue scelte, e questo compensava, almeno in parte, la sua emotività.
<<La tua è solo un'ipotesi. Non possiamo sapere se hanno davvero cattive intenzioni>>
Ancalime scosse il capo;
<<Ma non possiamo nemmeno far correre rischi alla nostra gente! Gli Haradrim non hanno simpatia nei nostri confronti, per usare un eufemismo più grande del nostro debito pubblico!>>
Il re si stropicciò gli occhi con le mani:
<<E' una settimana che non dormo, per tutte queste preoccupazioni. Mio figlio Vardamir non aspetta altro che io gli dia il comando delle truppe, ma non lo farò. E' una testa calda e non mi fido di lui...>>



<<...anzi, per dirla tutta, non mi fido di nessuno...>>
La principessa provò un attimo di pietà per suo fratello.
<<Eldarion, io ho un brutto carattere, lo ammetto, ma almeno sono sincera. Tutto quello che non va io te lo dico in faccia, ma non ti colpirei mai alle spalle. Che tu ci creda o no, io ti voglio bene. Ti ho tenuto nelle mie braccia quando eri piccolo, ti ho insegnato a muovere i primi passi. Certe cose non si dimenticano>>
Era vero, ed era nel contempo il suo maggiore pregio e la sua più grande debolezza.
E lui lo sa. 
Eldarion annuì e le tese la mano, nella quale splendeva lo smeraldo dell'Anello di Barahir, il padre di Beren, loro antenato.



Ancalime gli strinse la mano e il contatto con l'anello la turbò.
E' più antico degli Anelli del Potere forgiati da Celebrimbor. 
L'Anello di Barahir risale alla Prima Era. 
Finrod Felagund, figlio di Finarfin e fratello di Galadriel, lo donò a Barahir dopo che costui gli aveva salvato la vita presso le paludi di Serech, durante la Dagor Bragollach, la Battaglia della Fiamma Improvvisa.
Nel Quenta Silmarillion era raccontata tutta la leggenda e Ancalime ricordava a memoria la descrizione del gioiello

« [...] vi splendevano sopra le gemme che i Noldor avevano fabbricato in Valinor. L'anello, infatti, era simile a due serpenti intrecciati, i cui occhi erano smeraldi, e le loro teste si univano sotto una corona di fiori d'oro, che l'uno reggeva e l'altro divorava: era questo l'emblema di Finarfin, re dei Noldor, e della sua Casata»



Dopo che Barahir era stato ucciso dagli orchi, quell'anello era passato a suo figlio Beren, il più illustre tra i principi degli Edain, ed il primo uomo a sposare una Eldar, la principessa Luthien, figlia di Thingol del Doriath.



Da Beren a Dior,
 da Dior ad Elwing, 
da Elwing ad Earendil, 
da Earendil ad Elros, 
da Elros ad Elendil, 
da Elendil a Isildur, 
da Isildur ad Arvedui, 
da Arvedui ad Arathorn, 
da Arathorn ad Aragorn Elessar, mio padre. 
Lui sosteneva che quell'anello non avesse alcun potere, ma forse si sbagliava. Pallando sostiene che l'anello di Barahir nasconde molti segreti.
Strinse forte la mano di Eldarion:
<<Sei il portatore dell'anello di Barahir, e portare quell'anello vuol dire essere soli>>
Il re lo sapeva. Era tormentato dalla solitudine, anche se non lo voleva ammettere.
In quel momento sentì l'impulso di abbracciare sua sorella.
Lei se ne accorse e si lasciò andare a quel momento di tenerezza.
Soffre. Gli mancano nostro padre e nostra madre, anche se non vuole ammetterlo. E gli manca Silmarien, l'unica che riusciva a rasserenarlo.
Mentre se ne stavano così, abbracciati in silenzio e persi nei loro pensieri, incominciò a sentirsi, da fuori, il battere ritmico della pioggia.
Dura pioggia cadrà. 
Stava già succedendo.
La tempesta sta per abbattersi su di noi, e noi non siamo pronti.




"I heard the sound of a thunder, it roared out a warnin'
I heard the roar of a wave that could drown the whole world
I heard one hundred drummers whose hands were a-blazin'
I heard ten thousand whisperin' and nobody listenin'"
"I heard one person starve, I heard many people laughin'
Heard the song of a poet who died in the gutter
I heard the sound of a clown who cried in the alley
And it's a hard, it's a hard, it's a hard, it's a hard
It's a hard rain's a-gonna fall"

(Bob Dylan, A hard rain's gonna fall)