martedì 27 aprile 2021

Vite quasi paralelle. Capitolo 129. La disfatta di Mayfair





Dopo essersi lasciati alle spalle St. James Palace Marlborough Road, Aurora e Roberto approdarono all'angolo tra Pall Mall, Jt. James Street, percorsero interamente quest'ultima fino ad arrivare a Piccadilly Road, varcando la quale fecero il loro "trionfale ingresso", nel prestigioso, esclusivo, elegante e raffinato quartiere di Mayfair, la loro ultima tappa di quella prima escursione lungo le strade, i luoghi e i quartieri del distretto di Westminster.

Erano ormai le 17.00,  l'ora del tè, e i due fidanzati erano in giro da otto ore. 
Beata gioventù, ci verrebbe da dire, considerando che per noi, ora, una fatica simile sarebbe letale.
L'unica breve pausa era stata quattro ore prima per uno spuntino presso un misero e scadente, chiosco di St. James Park i cui servizi igienici erano talmente affollati e disgustosi che persino Roberto li aveva evitati.

La loro meta era il Caffè Concerto Green Park, rinomato bar-pasticceria-sala da tè di lusso,  strategicamente posizionato tra Green Park, Mayfair, St.James e Piccadilly, aperto tutto il giorno, e particolarmente raccomandato per una dolce e squisita merenda all'italiana o alla francese, come quelle del Salotto Liberty di Villa Orsini, con tè, pasticcini e fette di torta.

Era proprio l'ideale per riposarsi e rifocillarsi in un luogo elegante che assomigliasse il più possibile a un bar caffè italiano.




Tutti gli altri posti che avevano visto nel quartiere di St.James erano rozze birrerie, pretenziose enoteche per ubriaconi della upper-class, chioschi per turisti senza pretese e ristoranti esotici che emanavano un disgustoso odore di fritto.
Ma del resto St. James aveva perso buona parte del suo prestigio quando la corte era stata trasferita a Buckingham Palace, tra i Grandi Parchi e i quartieri di Victoria e Belgravia.

Al contrario Mayfair, per la sua vicinanza ad Hyde Park e Green Park, per le sue piazzette e i suoi giardini, per i suoi edifici eleganti di età edoardiana, e per la sua appartenenza al centro storico di Westminster, era come un'isola felice, per residenze di lusso di famiglie che volevano nel contempo tranquillità e zone verdi, ma a breve distanza dai centri del potere, del prestigio e del divertimento.








Il Caffè Concerto Green Park era un locale d'angolo tra Albemarle Street e Piccadilly (ma non va confuso con il Caffè Piccadilly vicino al Circus) ed è molto ampio, con varie entrate, e diverse Sale, ognuna dedicata principalmente alla rispettiva area di competenza: il bar, la pasticceria, la sala da tè e il ristorante.
D'estate, naturalmente, veniva calata una tenda esterna e c'erano anche ampi ombrelloni per consentire agli avventori la consumazione all'esterno,  I locali interni, però, erano decisamente più lussuosi.






Roberto, con la fame e la ghiottoneria tipica dei Monterovere, scelse la "Brasserie";  mentre Aurora ordinava per entrambi un tè coi biscotti, lui selezionava accuratamente, tra i tanti meravigliosi dolciumi (così dolci che si alzava la glicemia solo a guardarli), un enorme cabarè di pasticcini e fette di torta, perché quel giorno sentiva di esserseli meritati, e comunque all'epoca il suo metabolismo bruciava tutto e il suo corpo giovane, sano e forte funzionava alla perfezione.
(Fulsere quondam candidi tibi soles...)

Aurora disse al cameriere della pasticceria che si sarebbero seduti nei tavolini all'aperto, cosa che non piacque molto al fidanzato, che avrebbe invece gradito un luogo più ombroso, fresco, silenzioso e raffinato. Ma evidentemente lei aveva altre esigenze e forse altri piani.

Mentre lei sceglieva un tavolino  a due sotto un ombrellone e appoggiava la borsetta sull'altra sedia, Roberto rimase sulla porta, guardando verso l'interno con aria disorientata.




Il suo sistema idraulico interno era infatti in allarme rosso da un bel po', e la sua vescica implorava pietà da molte ore.
Nella sala della pasticceria c'era solo il bagno per le donne e quindi, pensò che magari quello degli uomini fosse nella zona bar, e sicuramente nei locali della sala da tè ci sarebbero stati dei servizi impeccabili per entrambi i sessi, ne era sicuro.
Si diresse con scatto felino verso il bar, ma non si era accorto che dietro di lui Aurora, nel suo delirio sadico, si era appostata per coglierlo di sorpresa,
E infatti lei lo bloccò, e fu inutile dirle che andava "a lavarsi le mani",  perché lei incominciò a vaneggiare dicendo che ne sarebbe uscito più sporco di prima e che comunque non voleva rimanere da sola al tavolo, che aveva bisogno della sua presenza, della sua solidarietà, insomma sempre le solite scuse idiote, ma stavolta lui era intenzionato a far valere i propri diritti, per cui, dichiarò, in maniera chiara ed esplicita, in modo che lei si rendesse conto della situazione:

<<Aurora, c'è un limite a tutto! Sono otto ore che non vado in bagno e da sei ore mi scappa la pipì con intensità crescente. Nelle ultime quattro ore il bisogno è diventato urgente, nelle ultime due impellente. Gli inglesi qui direbbero che sono "desperate to pee". 
Da un'ora ho la vescica che mi scoppia, e adesso sono sul punto di farmela addosso. 
Ho raggiunto la portata idrica del Rio delle Amazzoni, e tu non puoi pretendere che io resista oltre!>>
Lei mantenne la presa sul braccio:
<<E io ho raggiunto quella dell'estuario del Tamigi, se è per questo, ma non ne faccio un dramma, e poi lo sai bene che desidero che tu condivida questa cosa con me. E' la mia unica richiesta. 
Sono consapevole di essere una fobica sado-masochista, ma questa è davvero l'unica cosa che ti chiedo. L'unica. Non c'è una stanza delle torture. 
E comunque, sia ben chiaro, io non pretendo niente, ma ti chiedo, anzi ti supplico, di rimanere con me, come quella sera al cinema, quando mi hai fatto un giuramento, garantendo che i Monterovere mantenevano sempre la parola data.
In fondo so che per te non è poi un gran sacrificio>>
Il fidanzato inarcò le sopracciglia:
<<Ah, no? E cosa te lo fa pensare?>>
Lei sorrise :
<<Ho studiato le tue capacità. Specialmente nelle gite. Per esempio a Lucca...>>

Roberto sapeva che prima o poi quel ricordo sarebbe stato tirato in ballo:
<<Sì, mi ricordo di ciò che dicesti a Lucca. Certo non potevo immaginare che tu mi stessi pedinando di nascosto, e faccio fatica ad immaginarlo persino adesso, ma come potrei dimenticare il vertice del "romanticismo" che si creò tra noi quel giorno dopo la tua solenne "dichiarazione"?>>
Lei rise:
<<D'accordo, ammetto di averti traumatizzato, però non hai idea di quante fantasie erotiche mi sono fatta dopo che tu hai risposto dicendo: "Anche a me">>
Lui, pur rendendosi conto che quel dialogo stava assumendo i contorni del "teatro dell'assurdo", e che i discorsi di lei erano deliranti, non poté fare a meno di replicare, perché poi voleva chiederle una cosa molto importante:
<<E se a pronunciare quella risposta che tu hai reputato così eccitante fosse stato qualcun altro, uno più bello, forse ti saresti arrapata di più, o no?>>
Aurora scosse il capo:
<<No, perché quei presunti belli che dici tu sono tutti degli sciattoni. 
Io volevo il mio "giovane lord", che vestiva come piaceva a me, si pettinava come piaceva a me, e mostrava indifferenza e un velato disprezzo verso il mondo intero, me compresa. 
Allora sì che c'era gusto, per la mia piccola componente saidca, in tutti gli altri casi era come sparare sull'ambulanza>>
Roberto allora pose il quesito cruciale:
<<E adesso che non ti snobbo più, che gusto c'è?>>
Lei rispose senza esitazione:
<<Sei anni di fantasie creano un imprinting, un automatismo, una idealizzazione, chiamala come ti pare, ma adesso che finalmente queste fantasie diventano realtà, e io sono la regista, e la co-protagonista, ed è tutto vero, adesso sì che viene il bello!>>





<<Il bello per te! Io sono solo una specie di toy-boy accuratamente selezionato per soddisfare tutti i tuoi feticismi e sadismi in una volta sola. Se almeno io potessi realmente condividere un po' del tuo piacere e del tuo divertimento forse la cosa sarebbe meno assurda. Se io avessi un equivalente del vostro punto G, magari potrei ...>>
Lei si avvicinò e a voce più bassa, trascinandolo sempre più verso il tavolino e le sedie:
<<Ma c'è l'equivalente! Hai presente cosa succede a voi maschi al risveglio? Insomma, l'alzabandiera...  Succede perché quando il serbatoio è pieno, va a stimolare la prostata e tutti i centri nevralgici lì intorno. Immagino che tu lo sappia!>>
Roberto si era sempre chiesto la causa di tale imbarazzante fenomeno e siccome all'epoca non c'era Internet, né Wikipedia, non era facile trovare la risposta esatta, ed era impensabile parlarne con i familiari e troppo avvilente chiederlo agli amici. Le enciclopedie erano succinte e non riuscivano far luce su elementi dettagliati. I testi specialisti, poi, usavano un linguaggio incomprensibile, ma siccome quell'anno, in Biologia, avevano studiato anche il funzionamento del corpo umano, la situazione gli si chiarì.
<<Ho capito, ma adesso ti posso assicurare, Aurora, che  il meccanismo non sta funzionando e quella cosa che tu chiami serbatoio potrebbe causare un'inondazione se continuo a ignorarne le legittime proteste>>
Le pupille di Aurora si dilatarono per l'eccitazione:
<<Se vieni a sederti vicino a me, vedrai che basterà un mio piccolo incoraggiamento, magari anche solo un piedino, e l'"asta della bandiera britannica" tornerà a ergersi su...>>
Roberto era allibito:
<<Sì, però c'è un dettaglio: preferirei non essere arrestato per atti osceni in luogo pubblico.>>

Lei rise di nuovo, sempre più eccitata, e in quel momento arrivò il cameriere con i cibi e le bevande ordinate.
Quando se ne fu andato, Roberto fece una scelta decisiva.
Nonostante fosse sul punto di farsi la pipì addosso, di fronte a quelle meraviglie, non poté resistere: si sedette e si avventò sui pasticcini e le fette di torta.
"Più che il dolor poté il digiuno".
Aurora approfittò di quel momento in cui il suo piccolo lord si stava ingozzando senza ritegno e si lanciò nell'arringa finale:
<<Ma infatti la mia proposta è di farci riportare in Hotel (mi basta chiamare Battista al cellulare) e una volta lì, potremo sperimentare a livello pratico, in maniera reciproca, nel rispetto dei tuoi diritti civili, sociali e politici, la validità concreta di questi discorsi.
Credo che questo, oltre ad aprirti infiniti orizzonti, ci permetterà di aggirare il tuo problema della fimosi, e conferirebbe ulteriore coesione e piacere reciproco al nostro rapporto di coppia.>>
Roberto, addolcito dalla bontà dei pasticcini e delle torte, valutò la risposta di Aurora e poi disse, con una delle sue famose perifrasi gaddiane:
<<Uhm, un esperimento scientifico di questo tipo si potrebbe anche prendere in considerazione, ma conoscendo il traffico di Londra, credo che non sia una scelta saggia quella di correre il rischio di allagare i sedili e le pedane di un'automobile a noleggio, per non parlare dei pantaloni gessati che mi hai regalato e a cui tengo moltissimo>>
Aurora era divertita dal suo modo di parlare tramite figure retoriche:
<<Non c'è pericolo! Basterà qualche mia languida carezza, e l'erezione garantirà la totale chiusura delle dighe. In questo voi maschi siete più fortunati>>
Roberto, che non ci stava capendo più niente, intervenne con una delle sue uscite incongrue:
<<Sì, va be'... ma comunque, sinceramente io la prostata te la regalerei volentieri! Con tutti i problemi che crea!>>

Aurora fu presa di contropiede, e come sempre succedeva in quei casi, le battute inaspettate di Roberto. pronunciate all'improvviso col tono ruspante della Romagna Centrale, provocavano in lei dei parossismi di risa incontrollabili, che aveva manifestato fin dalla loro prima passeggiata insieme, in marzo, lasciandolo di sasso.
Il fidanzato, rendendosi conto del rischio che stavano correndo, fu pervaso dal terrore e la faccia che fece dovette sembrarle così buffa da farla ridere ancora di più.
A quel punto la situazione precipitò.
Lui cercò di indirizzarla verso l'unica soluzione ragionevole, ma lei fece capire, tra una risata e l'altra, che se si alzava era peggio.
Roberto tornò a sedersi, cercando di essere serio, ma quando lo sguardo gli cadde sui pasticcini rimasti il vizio della gola prevalse su tutto il resto e non poté resistere alla tentazione.
Li divorò uno dietro l'altro, senza pietà: erano davvero la fine del mondo e sarebbe stato un vero peccato lasciarli lì.
Poi vide l'indice di Aurora puntato sulla propria faccia, che doveva essere sicuramente molto ridicola, e quando i loro occhi si incontrarono di nuovo, lei si piegò in due dalle risate.
A quel punto fu chiaro che non c'era più niente da fare.
L'espressione di lei passò dal riso allo stupore, e dallo stupore a un principio di estasi.




Ma questa volta non c'entrava il punto G.
Roberto sentì infatti un suono inconfondibile, come se piovesse, sotto le sedie e il tavolo, e si rese conto del pericolo che stavano correndo.
E così elaborò una rapida "exit strategy" per cercare di andarsene da lì il prima possibile:
<<Io pago il conto più i danni, e poi ce la filiamo subito>> 
Pagò, lasciò poi sul bancone una generosa mancia, tornò da Aurora, la quale aveva sul volto un'espressione di assoluta beatitudine, e poi  con la massima delicatezza, cercò di farla tornare lucida:
<<Aurora, ce la fai a camminare?>>
Lei, come se fosse ubriaca, gli sorrise e annuì vagamente.
Roberto l'aiutò ad alzarsi, cercando di non vedere gli effetti del diluvio che peraltro era ancora in corso.
<<Adesso dobbiamo andare spediti, e allontanarci da questo disastro, prima che se ne accorga qualcuno>>
Lei riprese a ridere:
<<Ho i tacchi, devi sorreggermi: metti il braccio intorno alla mia schiena e sotto la spalla.>>
Lui eseguì.
Aurora ridacchiò per il solletico, ormai qualsiasi cosa era un motivo in più per abbandonarsi a quella specie di euforia bacchica, senza nemmeno aver bevuto alcolici, ma almeno riuscì a camminare.
Roberto decise di dirigersi verso Green Park: era l'unica zona dove ci fosse la possibilità di trovare un minimo di privacy per prendere respiro da quello che per lui era un incubo ad occhi aperti.
Come se non bastasse, lei incominciò pure a fare il solletico a lui, che però, con grande sorpresa di entrambi, non perse l'autocontrollo neanche per una frazione di secondo.
Camminarono così per un po', e stranamente nessuno sembrò accorgersi di nulla, perché Londra è fatta così, persino a Mayfair, ognuno è troppo preso dai fatti suoi, tutti hanno fretta, nelle strade si vede tutto e il contrario di tutto, ed è come se si fosse soli, nel vuoto.
A un certo punto lei si calmò:
<<Ho ripreso il controllo della situazione. Ne avrei ancora tanta da fare, ma ho chiuso i rubinetti>>
Lui non poté fare a meno di voltarsi indietro e notare che la sua fidanzata aveva marcato il territorio per almeno un centinaio di metri.
E nessuno ci aveva fatto caso... o forse, per compassione di fronte a una fanciulla in così grave difficoltà, aveva preferito far finta di niente.
Mosso a pietà, Roberto le diede un bacio sulla guancia e poi le disse:
<<Non è successo niente, Auri. Sono cose che capitano, è colpa mia che ti ho fatto ridere>>
Lei si commosse per la dolcezza che il suo ragazzo le stava dimostrando:
<<Scusa, Robs... e grazie per avermi salvato dalla gogna pubblica...>>
Lui, ammansito da quelle scuse unite a ringraziamenti, tornò a provare una gran tenerezza per lei:
<<Non preoccuparti, ormai siamo al parco, e dopo possiamo chiamare Battista e risolvere la situazione>>
Lei annuì:
<< Quindi non ti vergogni di me?>>
Roberto scosse il capo:
<<Ma no! Assolutamente no. Io sono orgoglioso di essere il tuo fidanzato, sempre>>
E come a voler dimostrare con i fatti queste sue parole, la abbracciò e la tenne stretta. E per mostrare il massimo di solidarietà, l'accarezzo anche nei punti in cui i pantaloni sembravano aver ricevuto una secchiata d'acqua.
Quel contatto tra i loro corpi, premuti l'uno sull'altro nell'abbraccio, risvegliò, in maniera del tutto inaspettata, e quasi assurda, la sua virilità.
Aurora capì al volo:
<<Visto che la mia teoria funziona! Ti sto traviando, lo so. Ma sapevo che tu saresti stato l'unico in grado di capirmi, di soddisfarmi e di amarmi. E di non vergognarsi di me>>
Dopo un ultimo bacio, ripresero a camminare e finalmente approdarono a Green Park.
Aurora telefonò a Battista e gli disse anche di procurarsi una coperta.
Si sedettero in una panchina ad aspettare:
<<Robs... ti confesso che c'è stato qualcosa oltre alla vergogna, perché tutta questa situazione che è successa, mentre succedeva, mi piaceva. Avevo paura e vergogna, certo, ma mi piaceva. 
Non era una cosa pianificata, ma tu sei stato mille volte bravo: ho sempre sognato un fidanzato che mi facesse ridere fino a perdere il controllo, e poi mi portasse in salvo, e poi mi consolasse e mi mostrasse tanto affetto e tenerezza, e passione e poi...>>
Roberto, lusingato, intervenne:
<<Me lo racconti dopo in camera, ok? Farò di tutto per trattenere la mia steel bladder fino all'hotel, dopodiché...>>
<<Sì, sì, dopo finiamo la dimostrazione pratica, vedrai che ne sarà valsa la pena!>>
Lui annuì, frastornato, ma finalmente convinto del fatto che lei lo avesse davvero  scelto di sua iniziativa, senza influenze esterne, senza aspettative diverse da quelle che già conosceva. 
E non ebbe più dubbi sul fatto che, come era arrivata persino a dirgli in quel momento di grande spontaneità, lui fosse davvero il fidanzato dei suoi sogni,
Tutto sommato, la disfatta di Mayfair, (come la stessa Aurora soprannominò questo evento, rievocandolo spesso pubblicamente, con divertita auto-ironia e compiaciuta eccitazione auto-erotica), a qualcosa era comunque servita.



venerdì 23 aprile 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 128. Remember remember...








La mattina successiva, durante la colazione, Aurora e Roberto progettarono la loro prima giornata a spasso per Londra e decisero di visitare la zona centrale di Westminster e alcuni dei suoi luoghi più caratteristici e importantiDowning Street, il ponte, il Big Ben, il Palazzo del Parlamento, l'Abbazia, il Parco di St.JamesBuckingham Palace, il MallSt.James Palace, e altre tappe minori.

Il fedelissimo Battista li avrebbe accompagnati, con un'auto noleggiata dall'Hotel, dal Savoy fino a Downing Street, con l'impegno di tornare a prenderli alla fine della loro "escursione" nel luogo che gli avrebbero comunicato al cellulare (nel 1992 c'era il mitico Motorola) e lui li avrebbe riaccompagnati al Savoy.

Avrebbero camminato fino al ponte di Westminster, al Big Ben e al palazzo del Parlamento, vicino al luogo dove un gruppo di irlandesi cattolici guidati da alcuni ribelli inglesi tra cui il leggendario Guy Fawkes, avevano progettato di far saltare in aria la Camera dei Lord nella notte tra il 4 e 5 novembre 1605, durante il regno di Giacomo I Stuart, già Re di Scozia, divenuto poi anche Re d'Inghilterra alla morte di Elisabetta I nel 1603, previa conversione all'anglicanesimo. Il piano fu chiamato in seguito "la Congiura delle Polveri" e nella memoria collettiva divenne una sorta di tentativo eroico di sovvertire la tirannide del monarca e degli aristocratici, e dunque passò alla storia come una rivoluzione mancata, ma degna di essere ricordata con un motto divenuto famoso: "Remember, remember, the fifth of November", come a dire che la resa dei conti sarebbe comunque arrivata molto presto, e fu così, prima sotto il regno di Carlo I e poi sotto quello di Giacomo II.

Certo ricordare la Congiura del 5 novembre in agosto era un po' ridicolo, ma per fortuna quello del 1992, a Londra, fu un agosto anomalo, piuttosto fresco e ventilato, il che permise ai due fidanzatini, entrambi tremendamente narcisisti, un abbigliamento "consono al loro stile".

La sera precedente si erano divertiti a scegliere ognuno dei due il look dell'altro.
Mentre si sbizzarrivano in quella scelta ad alto valore feticistico, Aurora decise di rivelare a Roberto una cosa:
<<Sai, quando l'altra sera mi chiedevi uno dei motivi per cui ho scelto te. Oltre a quelli che ho elencato ce n'erano altri, che non ho detto perché magari ti potevano sembrare troppo folli, ma che invece secondo me hanno un alto valore contenutistico>>
Roberto l'aveva guardata con aria incuriosita:
<<Sentiamo!>>
Aurora sorrise con aria complice e disse:
<<Non impressionarti, ma io tenevo un diario su di te: ogni giorno scrivevo una specie di relazione in cui c'era scritto tutto quello che facevi e che io stavo monitorando>>
Roberto rimase indeciso se essere compiaciuto del fatto che una ragazza così meravigliosa si interessasse tanto a lui, oppure se essere preoccupato per il fatto che questa ragazza con evidenti problemi psichici lo stesse spiando da anni in maniera morbosa.
Nel dubbio preferì la prima reazione.
<<No, dai non ci credo...>>
<<Giuro, me lo sono portato dietro. Quando lo vorrai vedere, vieni da me. Ma prima ti anticipo alcuni contenuti. Per esempio, ogni giorno segnavo: pettinatura, vestiario e look generale, interazioni sociali, interventi intelligenti, battute, umore, spostamenti e tante altre cose>>
Roberto sgranò gli occhi:
<<Inquietante... e comunque non dev'esserne risultato nulla di così positivo>>
Lei si accigliò:
<<Ti proibisco di sminuirti ai miei occhi! Ciò che è emerso dal diario è che tu eri perfetto per me.
E tra tutte queste annotazioni, quella che ha sempre meritato un 10 era l'abbigliamento. sempre stato impeccabile, classico, da scuola privata del buon tempo antico. 
Eri l'unico maschio ad avere stile e classe in una scuola di sciattoni.
Ci vuole coraggio ad osare uno stile così al giorno d'oggi, e io ho ammirato fin dall'inizio quel coraggio.
Mi ha fatto piacere constatare che abbiamo entrambi un feticismo per i capi di abbigliamento eleganti.
E allora stasera ti indicherò cosa indosserai domani: è un regalo>>

E gli porse una scatola lunga e piatta, in cui c'erano: 
- un abito completo gessato a tre pezzi, di colore blu navy; 
- una camicia bianca con colletto alla francese e gemelli d'argento; 
- una cravatta di seta blu scuro, spessa, lunga, perfetta per il nodo double Windsor;
- un orologio Rolex Oyster Perpetual, che all'epoca costava 10 milioni di lire.

Roberto proprio non se l'aspettava e la commozione fu così forte che non riuscì a trattenere le lacrime e abbracciò Aurora come se volesse sincerarsi che tutto ciò che stava accadendo fosse reale e non un sogno.
Alla fine, quando riuscì a ricomporsi, e dopo aver condiviso con lei un tenero bacio, le disse:
<<Io non posso accettare tutto questo, è troppo, non me lo merito, è tutto così meraviglioso... io non so come ringraziarti!>>
Lei però lo sapeva:
<<Indossa tutte queste cose domani! Sarà una giornata ventilata e fresca. E ci divertiremo un mondo!>>
<<Ma è comunque agosto, e dovremo scarpinare per un bel po'>>
<<Nel qual caso ti consentirò di tenere la giacca in mano e sbottonarti il colletto della camicia, è tutto molto semplice, lascia fare a me, tu devi solo rilassarti e vedrai che alla fine starai benissimo>>
Roberto era troppo giovane e innamorato e commosso per capire che a questo mondo nessuno fa niente per niente (e questa è la prima legge dell'economia), ma presto si sarebbe reso conto di cosa Aurora gli avrebbe chiesto in cambio.





<<Sarà fatto, lady Aurora! Però adesso tocca a me scegliere cosa indosserai tu, e siccome hai imposto un dress-code formale, io farò altrettanto, anche perché, per quanto riguarda i vestiti, sono ancor più feticista di te e ti devo confessare una cosa che alcuni giudicherebbero male:
io trovo che una donna con indosso certi capi di vestiario possa essere più attraente di una donna nuda>>
Lei annuì con convinzione:
<<Lo stesso vale per me, per quanto riguarda il nudo maschile. Scoprirai, mio caro dolce Robs, che io e te ci divertiremo moltissimo, nei prossimi giorni>>

Alla fine Roberto scelse per lei un abbinamento elegante, che fosse coerente con quello del suo accompagnatore: 
-  una camicetta di seta leggera, gialla, decorata con motivi geometrici:
-  pantaloni a palazzo beige con la piega;
-  scarpe con tacco non troppo alto, visto che dovevano camminare molto;




Aurora approvò: 
<<Scelta eccellente, a cui io aggiungerò, essendo masochista, scarpe con tacco alto e una cravatta femminile nera, per condividere una parte dei disagi che ti ho sadicamente inflitto>>
Ormai tutto era ufficiale: feticismo dei vestiti e lieve sado-masochismo in forma non violenta.
Insomma, per capirci, niente a che vedere con Il Dardo e la Rosa o, peggio ancora, con le famigerate Cinquanta sfumature di grigio.
Roberto condivideva il feticismo del vestiti ed era disposto, entro certi limiti, a sopportare il resto.

La mattina dopo si svegliarono presto, intorno alle sette e dopo una rapida doccia e un lunghissimo tempo dedicato alla vestizione e al make-up, che nel caso di Roberto consisteva nella rasatura, applicazione della crema dopobarba lenitiva e di una crema da giorno idratante e protettiva, consigliatagli da sua madre, furono pronti per la loro prima "spedizione".
(Roberto, sia detto per inciso, aborriva la barba, e continuò a detestarla anche quando, nei tremendi anni '10 del nuovo secolo/millennio, tornò di moda)

 Alle 8 in punto uscirono dalle rispettive suites, si contemplarono a vicenda, mangiandosi con gli occhi, e scesero a far colazione, seguiti dall'onnipresente Battista.
In altre mattine avrebbero scelto la colazione in camera, ma quel giorno era diverso: dovevano coordinare al meglio tutte le operazioni di partenza.
Optarono per una colazione corroborante, ma sempre di tipo "latino-continentale", ossia croissant e brioches varie, seguite nel caso di Roberto e Battista da una tazza di caffè, mentre Aurora ordinò una brocca intera di tè verde e una bottiglietta d'acqua naturale, come era sua abitudine.

Alle 8.30 Battista andò in cerca dell'automobile noleggiata, e ci mise un po' a trovarla, ma alla fine, un quarto d'ora dopo, uscì dai garage con "il Peugeut", come lo chiamava lui, perché le macchine grandi dovevano essere declinate al maschile.

Alle 9.00 si ritrovarono sullo Strand in direzione Whitehall, uno dei quartieri più centrali di Westminster.
All'epoca non c'era ancora Internet e non esisteva Google Maps: si era, insomma, nella Preistoria.
Oggi invece, con un eccesso di ottimismo, la suddetta mappa che ci permette di orientarci persino se ci perdiamo nella periferia di Seoul, ritiene che il tempo di percorrenza tra il Savoy e Downing Street sia di otto minuti, previo pagamento di pedaggi.
Sarà... ma nel 1992, ossia nella Preistoria, ci voleva più tempo, persino se era agosto.

E dunque, intorno alle 9.30 il fido Battista depositò i due fidanzatini davanti al n°10 di Downing Street.
Roberto si propose come cicerone e guida turistica, avendo studiato fin dall'infanzia tutto ciò che riguardava Londra e l'Inghilterra, ed Aurora accettò volentieri, perché, pur essendo stata molte volte nella capitale del Regno Unito, conosceva ben poco della sua storia.

L'edificio, costruito dall'immobiliarista Sir George Downing nel 1684, divenne la sede del Governo Britannico nel 1732, quando re Giorgio II lo destinò all'allora Primo Ministro, il whig Sir Robert Walpole.
Per molto tempo, una parte dell'edificio era stata accessibile al pubblico, ma proprio l'anno precedente la visita di Roberto e Aurora, c'era stato un attentato dinamitardo dell'IRA contro il neo premier John Major, che ne uscì illeso. Da allora le misure di sicurezza divennero molto stringenti, per quanto fosse concesso ai turisti di farsi fotografare vicino alla porta d'ingresso dell'appartamento del Premier.

Aurora insistette per fotografare Roberto, col suo gessato a tre pezzi e l'indice rivolto verso la porta, come se la regina Elisabetta gli avesse appena conferito l'incarico di formare il nuovo governo.






Quando Roberto si propose di fotografare Aurora nella stessa posa, lei disse che come personaggio politico non era credibile e che le fotografie se le sarebbe fatte fare in altri posti che a lei interessavano di più.
Inoltre Aurora voleva solleticare un po' la vanità di Roberto, perché aveva un piano in serbo per il finale di quella giornata, ed era importante che lui fosse di buon umore e ben disposto nei confronti di lei.




Percorrendo la Parliament Street, arrivarono di fronte alla Clock Tower, la torre dell'orologio, costruita tra il 1834 e il 1858, e meglio conosciuta, per sineddoche, come Big Ben, soprannome della campana più grande.
Due decenni dopo gli eventi narrati in questo capitolo, nel 2012, la torre fu ribattezzata Elizabeth Tower, in occasione del Giubileo di Diamante (60 anni di regno) di Elisabetta II.

Anche nei pressi del Big Ben, e nonostante il traffico intenso,  Aurora insistette per scattare varie foto al fidanzato, con molta attenzione ai dettagli, specie a tutto ciò che lei gli aveva regalato: l'abito gessato a tre pezzi, la cravatta di seta, i gemelli, il Rolex... e dietro la Torre dell'Orologio, a sancire solennemente il giungere delle ore 10.15 ante meridiem.





E poi si voltarono ad osservare il Ponte di Westminster e il Palazzo del Parlamento.




Il Tamigi era immenso, qualcosa a metà strada tra un fiume e un mare: Londra era una città portuale, si potevano scorgere piccole navi dappertutto e tanti porticcioli.
Il destino della Britannia come impero marittimo e oceanico si manifestava e si rifletteva nell'imponenza del Tamigi e nella natura di Londra come porto che si dirama verso gli oceani,
Per Roberto, che era cresciuto considerando grande il Bevano, la vista del Tamigi fu qualcosa che il suo animo fece fatica a contenere e a comprendere. Ne ebbe persino paura, e si ritrasse, senza mai sapere il perché.

Tornarono indietro, fino a Parliament Square, dove si spaventarono scorgendo la terrificante statua di Winston Churchill, che faceva apparire sir Winston più brutto del Gobbo di Notre-Dame-

Quella statua, nel 2020 fu sfregiata dalla scritta, "was a racist", durante la furia iconoclasta seguita alla terribile morte di George Floyd. 





Ci si permetta un inciso. Nel 1992 una cosa del genere sarebbe stata impensabile a Londra.

A quei tempi era Los Angeles ad essere in fiamme, in seguito al pestaggio di Rodney King, ma la rivolta rimase circoscritta alla città californiana.
Dopo una settimana di anarchia, Bush Senior mandò l'esercito e riprese il controllo della città.
Nella rivolta ci furono 63 morti.

Trent'anni dopo, a pagare furono più che altro le statue, (meglio quelle degli uomini, ma l'atto resta pur sempre discutibile) in una "nuova iconoclastia" che a detta di Roberto, nei suoi momenti profetici e millenaristi, è uno dei tanti "segni dei tempi".




La visita al Palazzo di Westminster e al Parlamento richiese molto tempo e meriterebbe un capitolo a parte, ma ai fini della nostra narrazione sarebbe troppo prolissa, per cui, pur con dispiacere, dobbiamo limitarci a dire che durò all'incirca due ore.




Alle 12 circa Aurora e Roberto si recarono a visitare l'Abbazia meraviglioso edificio in stile gotico dove sono sepolti alcuni grandi personaggi della storia inglese e britannica. 
Qui Roberto ed Aurora si soffermarono sulle tombe di alcuni sovrani.

Lei lo ascoltava, affascinata dal suo modo di raccontare la storia come se avesse conosciuto di persona tutti i personaggi di cui stava parlando.




In particolare Roberto le fece notare, ai piedi della monumentale tomba di Elisabetta I Tudor, una scritta, a suo parere, di straordinaria importanza.
Così recita la lapide, unendo alcune lettere e utilizzando simboli per altre:

"Regno consortes et urna hic obdormimus Elizabetha et Maria sorores in spe Resurrectionis"
 ossia
"Qui riposiamo, unite dalla sorte nel regno e nella tomba, noi sorelle Elisabetta e Maria, nella speranza della Resurrezione".

Si è sempre sottovalutata l'estrema importanza del fatto che Elisabetta abbia voluto essere sepolta fianco a fianco a sua sorella Maria, che l'aveva preceduta sul trono, e l'aveva persino imprigionata, per poi liberarla e aprirle la strada alla successione. 

L'epigrafe sottolinea la comune speranza nella Resurrezione, valorizzando ciò che di condiviso esiste tra la Chiesa Cattolica e quella Anglicana, e auspicando dunque la fine alle guerre di religione in Inghilterra.




E qui, Roberto si sentì in dovere di raccontare un aneddoto, letto in saggio sui Tudor da tempo fuori catalogo, regalatogli da sua nonna. (Tale aneddoto fu poi ripreso nelle fin troppo romanzate ricostruzioni cinematografiche del regno della prima Elisabetta, interpretata da Cate Blachett)

Maria, sposata col cugino Filippo II di Spagna, era ufficialmente "incinta" da oltre dieci mesi, quando finalmente dette il permesso ai medici di capire cosa c'era nel suo grembo, e i medici scoprirono che si trattava di un cancro ovarico, la stessa malattia che aveva condotto prematuramente alla tomba sua nonna materna Isabella la Cattolica.

A quel punto, sapendo di doversi presto presentare al giudizio del Creatore, la regina Maria ordinò di scarcerare la sorellastra Elisabetta, e la chiamò al suo capezzale.
Qui Maria fece giurare ad Elisabetta che non avrebbe perseguitato i cattolici e che soprattutto non avrebbe impedito il culto della Vergine.
Elisabetta giurò, Maria spirò poche ore dopo, contemporaneamente all'ultimo arcivescovo cattolico di Canterbury, il cardinale Reginald Pole, la cui famiglia era stata sterminata brutalmente da Enrico VIII.

Molti anni dopo, quando l'ennesima trattativa di matrimonio fallì ed Elisabetta I si trovò a dover accettare la propria sorte e la stessa fine della dinastia Tudor, avrebbe ricordato il giuramento fatto a Maria, pronunciando di fronte ai Consiglieri, stupefatti, la frase: 
"Giurai a mia sorella di non contrastare il culto della Vergine. Ora farò di più: consacrerò a Lei la mia stessa verginità, per il bene dei miei sudditi, che d'ora in avanti potranno contare sulla Santissima Vergine in Cielo e su una Regina Vergine in questa valle di lacrime.
 Oggi, signori miei, io sposo l'Inghilterra!".

Aurora ascoltava con attenzione, perché Roberto, e questo almeno gli va riconosciuto, non era soltanto un erudito: era anche un appassionato divulgatore della sua conoscenza, e la sapeva trasmettere con una recitazione istrionica, ma appropriata, trasmettendo emozioni oltre che nozioni.
La sua ragazza gli disse: 
<<Che splendido insegnante saresti, meglio di tuo padre e persino meglio di tuo zio Lorenzo. Credo che in questo tua nonna abbia ragione: devi seguire la tua vocazione per gli studi umanistici>>
Lui però scosse il capo:
<<La scuola sta cambiando, e non in meglio. Io resterò legato per sempre al modello gentiliano. Ma la pedagogia e la didattica, purtroppo, guardano da un'altra parte>>
Ma c'era un'altra ragione che portò Roberto a scegliere Economia a Milano: prima di escludere una strada, voleva sempre provare a vedere dove portava, per non essere poi tormentato dai rimpianti, e così, quando, dopo la laurea milanese e il lavoro in banca, incominciò gli studi per la triennale in Storia a Bologna, seguita dalla specialistica in Lingua e letteratura italiana, non ebbe mai rimpianti. Nessuna via era rimasta intentata. Tutto ciò che umanamente si poteva fare era stato fatto.

Ma concludendo l'inciso su Elisabetta I, Roberto narrò un ultimo aneddoto.
Mentre la sovrana discuteva in Consiglio su come far fronte all'Invincibile Armata di Filippo II, molti consiglieri cercarono di convincerla ad allearsi con la Francia, che però poneva umilianti condizioni.
E allora l'ultima dei Tudor così rispose, iniziando a parlare con voce debole e lamentosa e finendo con voce orgogliosa e trionfale, da degna figlia di suo padre:
<<La vecchia Inghilterra sta da sola, come sempre. La vecchia Inghilterra sta in piedi da sola!>>

Giocando sul duplice significato del verbo "to stand" e cioè "stare in senso generale o stare in piedi, in senso specifico", Elisabetta fondò quello che sarebbe diventato una specie di motto per molti inglesi coraggiosi, tra cui lo stesso Churchill, quando il Regno Unito si trovò da solo, nel 1940, di fronte al Terzo Reich, che stava per annientare ciò che rimaneva dell'esercito britannico a Dunkerque.
"Old England stands alone": la vecchia Inghilterra sta in piedi da sola.

Da quanto tempo, a noi Italiani, manca l'orgoglio di appartenere a qualcosa di grande?
Non intendiamo certo rimpiangere la retorica vuota e il vaniloquio dei comizianti insigniti di gloria, ma semplicemente concordare con ciò che scrisse Indro Montanelli al termine della sua Storia d'Italia:
<<Per me [l'Italia] non è più la patria, è solo il rimpianto di una patria>>.
E' una grande verità, molto efficacemente espressa.
Forse allora è giusto che sia l'Europa quel "qualcosa di grande" a cui sogniamo di appartenere?

Quando Aurora e Roberto uscirono dall'Abbazia di Westminster erano ormai le 13, ed entrambi, dopo cinque ore dal momento in cui avevano lasciato le loro suites, erano abbastanza stanchi, avevano fame, e all'epoca mancavano gli Starbucks spuntati recentemente come funghi, per cui, proseguendo nella direzione di St. James Park, decisero infine di pranzare in uno dei tanti chioschi del Parco.

Entrarono al St. James una decina di minuti dopo, dall'ingresso ovest, dove c'è il grande spiazzo della parata equestre. Il parco era meno noto degli altri tre suoi concorrenti, ossia Hyde Park, Kensington Gardens e Regent's Park, ma non meno bello, anzi, il suo lago era circondato da una natura rigogliosa, che lo rendeva un vero polmone verde per l'affumicata Londra.

Alle 13.15 approdarono al St. James Café, che non era proprio il massimo, ma per chi, come loro, fosse stanco e affamato, andava benissimo.
Aurora ordinò un succo di frutta all'arancia e una fettina di torta.
Roberto ordinò due fette di torta e un caffè.
Si sedettero poi in uno di quei tavolinetti moderni, molto deprimenti, da mensa di ospedale.
Il locale era piuttosto affollato ed è meglio stendere un pietoso velo sulle condizioni dei bagni, tanto che persino Roberto, che pure non era schizzinoso come Aurora, decise che questa volta avrebbe chiesto gli straordinari alla sua iron bladder, seguendo le abitudini idrauliche di lei, la quale approvò con entusiasmo misto ad euforia.
Chi va con lo zoppo impara a zoppicare...

Alle 13.45 circa uscirono dal Caffè e passeggiarono romanticamente, mano nella mano, nel parco.
Erano talmente felici e innamorati che, trovata una panchina, all'ombra, decisero di trascorrere lì un po' di tempo a scambiarsi baci e tenerezze.

Verso le 14.15 ripresero la loro camminata lungo il Parco, diretti verso Buckingham Palace, che si trovava all'uscita est del viale principale del parco.
Arrivati al Victoria Memorial, cercarono di non sentirsi in colpa di fronte allo sguardo di severo rimprovero che la giunonica Regina sembrava continuare a destinare a tutti coloro che, in un modo o nell'altro, avessero violato qualche austero precetto morale.

Di fronte al Palazzo Reale, cuore del Regno Unito e dell'ex Impero Britannico, si limitarono a constatare che in cima al palazzo non sventolava alcuna bandiera.
La ragione è nota a tutti, ma va comunque ricordata: nel 1992 vigeva ancora la tradizione vittoriana secondo cui lo stendardo reale era issato quando il sovrano si trovava a palazzo, mentre veniva ammainato quando si trovava altrove.
Come ogni agosto, da quando era nata, Sua Maestà si trovava a Balmoral.

Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che, solo cinque anni dopo, tutto sarebbe cambiato...
Il 31 agosto 1997, lady Diana Spencer, Principessa di Galles, morì tragicamente a Parigi in un incidente stradale sotto il tunnel dell'Alma.
Nella concitata settimana che seguì quell'evento di risonanza eccezionale, forse uno dei primi eventi mediatici mondiali vissuti in diretta, come se si trattasse di una serie tv, la Regina, che si trovava ancora a Balmoral, decise, su consiglio del premier Blair, di cambiare le regole: al posto dello stendardo reale, da quel momento in avanti venne issata la Union Flag, la bandiera del Regno Unito, con le stesse regole di prima, ma con l'aggiunta che, in caso di lutto, poteva essere tenuta a mezz'asta.

La bandiera britannica, fu issata a mezz'asta, oltre che nel 1997, anche in altri tre casi: nel 2002, alla morte della principessa Margaret, seguita poco dopo dalla morte della Regina Madre e infine, il 9 aprile 2021, alla morte del principe Filippo, Duca di Edimburgo, spentosi a Windsor all'età di 99 anni, di cui 73 trascorsi come consorte dell'attuale sovrana Elisabetta II.




Quindi, in buona sostanza, si può dire che quel giorno del lontano 1992, nessuna bandiera sventolava sul Palazzo che Giorgio III acquistò dal Duca di Buckingham, e poi Giorgio IV e la regina Vittoria scelsero come residenza ufficiale della Corona, ritenendo, giustamente, che St. James Palace fosse troppo piccolo e vecchio per le esigenze del sovrano di un Regno che, dopo aver sconfitto Napoleone, si stava trasformando in un Impero.

Il Cambio della Guardia era già avvenuto e purtroppo all'epoca non era ancora stata aperta al pubblico l'area delle State Rooms, tra cui la Sala del Trono, la Sala da Ballo e  quella dei Ricevimenti.






La Queen's Gallery era invece aperta dal 1962 e vi si accedeva da un ingresso laterale, lungo il Buckingham Gate. Tale ingresso ha la forma di un tempietto neoclassico in stile dorico.
Nella stanza rossa della Gallery si trovano i ritratti dei principali monarchi britannici dagli Stuart in avanti, ma spesso si tengono anche mostre dedicate a uno dei singoli sovrani.

Nelle altre stanze vi sono oggetti di straordinaria bellezza e grande valore, gioielli, mobili, soprammobili e dipinti, soprattutto di epoca barocca e rococò.
Nel passare davanti ai ritratti dei vari sovrani, Aurora metteva sempre alla prova Roberto, chiedendogli quale re o regina fosse, quando e quanto avesse regnato e naturalmente voleva sapere i famosi aneddoti.







Uscirono dalla Queen's Gallery intorno alle 15.30 e, come programmato, si avviarono per la passeggiata lungo il Mall, l'enorme viale che collegava il Palazzo con Trafalgar Square.
Roberto scelse il marciapiede di sinistra, non tanto per abituarsi alle leggi di circolazione britanniche, quanto perché, svoltando in una trasversale del Mall, Marlborough Road si passava di fronte a uno dei cancelli di  St. James Palace, anche non si poteva entrare all'interno, dove abitano alcuni membri della Famiglia Reale.
Era un notevole edificio tardo-medievale in mattoni rossi e stile Tudor, fu infatti commissionato da Enrico VIII e divenne la residenza westminsteriana della sua turbolenta famiglia: fu lì che morì, nel 1558, la sua figlia primogenita, di cui abbiamo parlato, Maria I la Cattolica.




Aurora chiese: 
<<Ma se si dice Maria I, vuol dire che ci fu anche una Maria II?>>
Roberto annuì:
 <<Certamente, Maria II era la primogenita di Giacomo II Stuart e salì al trono nel 1688, insieme al marito Guglielmo III d'Orange, già Signore d'Olanda, dopo che il re era stato cacciato dal Parlamento ed entrambi gli eredi si erano convertiti alla confessione anglicana. 
Maria II morì giovane e senza figli, e alla morte del marito il trono passò a sua sorella Anna, l'ultima degli Stuart, sotto il cui regno avvenne l'Atto di Unione del 1707, che creò il Regno Unito di Gran Bretagna, fondendo la corona inglese con quella scozzese.
Anna fu quindi la prima Regina di Gran Bretagna>>




Aurora annuì e poi chiese: 
<<Dopo la morte di Anna Stuart, ci sono state rivendicazioni da parte dei suoi parenti cattolici?>>
Roberto annuì di nuovo:
<<Ce ne furono molte. Giacomo II, il Re detronizzato nel 1688, aveva avuto un figlio maschio dalla seconda moglie, Maria Beatrice d'Este, nota anche come Maria di Modena.
Questo figlio, Giacomo Edoardo, divenne Principe di Galles, e dopo la morte del padre, nel 1701, rivendicò la Corona col nome di Giacomo III.

Dopo la morte di Anna, nel 1714, l'Atto di Successione stabiliva come erede sua cugina, l'Elettrice Sofia di Hannover, figlia di Elisabetta Stuart, ma Sofia morì un mese prima di Anna, per cui a salire al trono fu suo figlio, il burbero Giorgio I di Hannover.

Gli Scozzesi non erano particolarmente entusiasti del nuovo re, che preferiva starsene in Germania, e questo rinfocolò le speranze del Pretendente giacobita, ma Giacomo III fu sconfitto, definitivamente, nel 1715.
Da allora fissò la sua corte a Roma, sotto la protezione del Papa, e per tutta la vita continuò a proclamarsi legittimo sovrano del Regno Unito.

Alla sua morte nel 1766, si fece avanti il suo figlio maggiore, Carlo Edoardo, detto il Giovane Pretendente, o anche Bonnie Prince Charlie, che già nel 1745 era stato sconfitto dalle truppe scozzesi di Giorgio II.
I giacobiti lo riconobbero comunque come legittimo sovrano col nome di Carlo III.

Dopo la sua morte, nel 1788, lo Stato Pontificio, anche in considerazione di quanto stava accadendo in Francia, decise di riconoscere Giorgio III di Hannover come re legittimo, e i giacobiti persero il più illustre dei loro sostenitori.
Suo fratello Enrico Benedetto, già Cardinale di Santa Romana Chiesa, divenne, senza troppo entusiasmo, il nuovo punto di riferimento dei giacobiti, che lo proclamarono re col nome di Enrico IX.
Alla sua morte, non avendo avuto figli, nominò suo erede Carlo Emanuele IV, Re di Sardegna, per cui da allora i Savoia sono divenuti i pretendenti giacobiti del Regno Unito, per quanto ci siano state in seguito delle diatribe interne ed esterne>>

Aurora lo guardò con ammirazione:
<<Non riuscirò mai a coglierti impreparato su queste materie. Ma allora adesso, tra i discendenti illegittimi degli Stuart, chi è quello che avrebbe più diritti?>>
Roberto rise:
<<Giacomo II si dava molto da fare con le donne, per cui seminò figli illegittimi ovunque, ma se si vuole cercare il ramo più vicino al trono, allora non ci sono dubbi: il più anziano dei figli del Re fu James FitzJames, I Duca di Berwick, che militò nell'esercito spagnolo come condottiero, sotto il regno di Filippo V di Borbone, il quale gli conferì i titoli di Duca di Liria e Jerica e lo creò Grande di Spagna.

I suoi discendenti accumularono Ducati in grande quantità, soprattutto tramite matrimoni dinastici, finché Carlos Miguel, VII duca di Berwick, sposò una certa Rosalia Ventimiglia, lontana cugina di Maria Teresa Cayetana de Silva, XIII Duchessa d'Alba, e pertanto, alla morte della Duchessa, l'VIII Duca di Berwick, Jacobo Fitzjames Stuart y de Silva de Tormes, nelle cui vene scorreva il sangue degli Stuart e quello degli Alba de Tormes, divenne il XV Duca d'Alba e titolare di un'infinità di Ducati, Marchesati, Contee e Baronie di ogni genere. 

Egli era il bisnonno di Cayetana Maria del Rosario Fiz-James Stuart y Silva Falcò Guartabay, XVIII Duchessa d'Alba de Tormes, XI Duchessa di Berwick e attuale punto di riferimento dei giacobiti di tutto il mondo.
Per uno strano scherzo del destino, è nata nello stesso anno della regina Elisabetta, il 1926.
Se mai si dovessero incontrare, Cayetana non chinerebbe il capo davanti alla sua coetanea, e mi pare di aver letto che la Principessa di Galles si sia sentita in dovere di farle la riverenza. 

In conclusione posso dire che il nostro "amico" Waldemar Richmond-Stuart, Duca di Ravensbourne, per quanto si proclami discendente degli Stuart, non ha alcuna speranza di essere riconosciuto leader dei giacobiti, ammesso che questo conti ancora qualcosa>>
Aurora rise:
<<Se dovesse alzare la cresta, glielo farò notare! Così imparerà a stare al suo posto!>>