giovedì 8 luglio 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 145. Il consigliere Albedo a Ravensbourne Mansion.



La limousine che trasportava l'ospite d'onore della serata, Sua Grazia don Fernando José Maria Albedo Guzman Velasco Olivares de Mendoza, Murcia, Medina y Salamanca, Duque de Alcazar de las Altas Torres, Marques de Jerez de la Frontera, Conde d'Orghaz e Dooku, Conte di Serenno, Grande di Spagna, Cavaliere del Toson d'Oro, Maestro Consigliere e Vicepresidente Vicario dell'Ordine degli Iniziati, giunse a Ravensbourne Mansion in perfetto orario.
Erano le 21.00 del 14 agosto 1992 e presso la residenza della Duchessa Vedova di Ravernsbourne si teneva, seppure in tono minore (a causa del recente lutto) un party riservato ad una esclusiva e ristretta cerchia di ospiti.
Il giovane lord Waldemar Richmond, IX Duca di Ravensbourne, Conte di Middlesex, Marchese di Hayes, Visconte di Keston e Barone di Holwood aveva invitato, oltre agli ospiti già presenti nei giorni scorsi, ossia la fidanza lady Jessica Burke-Roche e il professor Lorenzo Monterovere, il Filosofo Metafisico e Docente di Storia delle Religioni all'Università di Bologna, alcuni personaggi di spicco della "upper class" britannica, statunitense ed europea, tutti accomunati dall'appartenenza all'Ordine degli Iniziati e alla fazione del Serpente Rosso o dell'Aristocrazia Nera, i due "partiti" che costituivano la Maggioranza di governo nel Consiglio Ristretto.

La limousine si fermò sul vialetto e l'autista andò subito ad aprire la porta al Consigliere.
Da altre limousine dietro la principale uscì un plotone di guardie del corpo.
Finalmente, il consigliere Albedo scese dall'automobile con perfetta agilità e compostezza, rare per un uomo della sua età, anche se nessuno, a dire il vero, sapeva quanti anni avesse.
Apparentemente poteva dimostrare al massimo 75 anni, ma gli Iniziati sapevano che ne aveva molti più, portati eccezionalmente bene.
Era molto alto, longilineo, abbronzato, dal profilo aristocratico, con barba e capelli bianchi, sopracciglia nere, naso aquilino, occhi neri e indagatori, sguardo carismatico, autorevole e imperioso. Indossava uno smoking di gran classe e un mantello scuro, che gli conferiva un'aura di potere e di minaccia nello stesso tempo.
Il Duca di Ravensbourne si inchinò di fronte a lui e gli baciò l'anello di rubino che portava stranamente (ma non troppo) sulla mano sinistra.
Albedo accennò un lievissimo sorriso al giovane e si rivolse a lui, in inglese, anche se noi tradurremo tutti i dialoghi in italiano.

La sua voce calma, sicura, bassa, professionale, distaccata, assomigliava a quella del grande doppiatore Luciano De Ambrosis, specie nei film con Frank Langella (sempre personaggio d'autorità, anche se Albedo, fisicamente assomigliava di più a sir Christopher Lee).
<<Lord Ravensbourne, vi ringrazio dell'invito e vi porgo le mie condoglianze. Vostro padre era un mio fidato collaboratore. Confido ora sulla vostra fedeltà e lealtà>>
Non disse altro, e in effetti, considerando che era stato lui a ordinare l'avvelenamento del precedente duca, ciò che aveva detto era anche troppo.
La Duchessa Vedova ripeté il saluto, rivolgendosi a lui con la formula di cortesia "Vostra Grazia" e ricavando in cambio un gelido: "Milady, le mie più sentite condoglianze".
Poi fu il turno di Lorenzo Monterovere che lo salutò con un inchino:
<<Maestro, è sempre un piacere rivedervi>>
Albedo sorrise, cosa che avveniva di rado, e gli strinse la mano amichevolmente:
<<Hai lavorato bene, amico mio, ed ora si incominciano a vedere i frutti. Presto arriverà la stagione del raccolto>>
Poi osservò Jessica, e mentre lei gli baciava l'anello, il Consigliere le disse :
<<Mia giovane Burke-Roche, hai dato un grande contributo al nostro Programma e lo farai ancora.
Lorenzo ti ha insegnato bene, così come io ho insegnato a lui e così come tu insegnerai alle tue sorelle>>
Poi procedette nel ricevere le riverenze e gli omaggi di tutti i presenti.
C'era un'invitata di grande prestigio, che fu presentata al Consigliere da un araldo:
<<Sua Altezza Reale la principessa Alexandra, onorevole Lady Ogilvy>>


Era la cugina e migliore amica di Sua Maestà e ad accompagnarla c'era suo fratello Edward, il Duca di Kent, massone di spicco e Gran Maestro della Gran Loggia Unita d'Inghilterra.
In rappresentanza dell'ambiente finanziario erano presenti il banchiere e barone Jacob Rothschild e il suo omologo americano David Rockefeller. 
Tra i politici erano presenti altri personaggi rimarchevoli: Henry Kissinger, genio della geopolitica, George Bush Senior, presidente uscente degli Usa e la baronessa lady Margaret Thatcher, ex-premier britannico.
Infine c'erano selezionatissimi personaggi dell'imprenditoria, della cultura, dello spettacolo, della moda e altri ancora di cui "'l tacere è bello".

Jessica osservava divertita come tutti quegli orgogliosi personaggi si prosternassero alla presenza del Consigliere.
Continueranno a chiamarlo così anche quando diventerà Grande Maestro?
Era stata aggiornata riguardo al rapido aggravamento delle condizioni di salute del bisnonno, di cui si diceva che la dipartita era "questione di giorni, forse di ore".
Tutti i membri del Consiglio Ristretto si trovavano già a Londra, alcuni erano in quella stessa stanza.
Ormai la loro attesa è finita. Il Consigliere premierà i suoi alleati e punirà gli altri.
Jessica osservava i movimenti di tutti e il tempo che Albedo destinava a ciascuno di loro.
"Osservare. Osservare attentamente senza giudicare, perché è il voler giudicare che ci porta alla sconfitta".
Era uno dei primi insegnamenti che Lorenzo le aveva impartito.
E lei osservava tutto. Ma era così difficile rimanere neutrali.
Albedo ha liquidato il Duca di Kent in meno di un minuto, ma è stato molto galante con lady Ogilvy.
La ragione era nota: l'onorevole lady Ogilvy era l'infiltrata di Albedo a Buckingham Palace. 
Alexandra è un'ottima persona, soltanto un po' logorroica, ma gli affari di sir Angus Ogilvy non stanno andando bene, e lei è disperata.
Era sempre la stessa storia. 
Albedo paga i debiti di tutti e in cambio chiede "solo" qualche "piccola" cortesia.
Un vero filantropo, ma se qualcuno sgarrava o lo deludeva, potevano accadergli spiacevoli incidenti.
Una "tragica fatalità", così ha definito la morte dei miei genitori.
Loro non avevano bisogno del denaro di Albedo, poiché l'azienda Tessier-Ashpool sguazzava nell'oro.
Il settore farmaceutico è economicamente il più sicuro, e quasi sempre il più redditizio.
Albedo però era venuto a sapere delle attività di ricerca non del tutto legali che Marie Gabrielle Tessier-Ashpool, madre di Jessica, stava conducendo nei suoi laboratori segreti.
Clonazione umana. Albedo voleva averne l'esclusivo controllo. Mia madre aveva alcuni scrupoli morali, il Consigliere non li ha graditi. 
Dopo la "tragica fatalità" che aveva troncato le giovani vite di lord James Burke-Roche e di Marie Gabrielle Tessier-Ashpool, nessuno osò manifestare ulteriori scrupoli.
Da allora erano passati quindici anni e il Grande Disegno di Albedo era ormai completato.

A riportarla con i piedi per terra fu la principessa Alexandra, che le si avvicinò, sorridendo in quella sua maniera un po' sbilenca, ma sincera.




Jessica le fece la riverenza che spetta alle Principesse del Sangue.
<<Vostra Altezza Reale>>
Lady Alexandra Ogilvy le prese le mani, la strinse a sé e poi le diede un bacio sulla guancia:
<<Mia cara Jessica, sono così felice di rivederti! Non hai idea di quanto mi sei mancata!
Le mie nuove collaboratrici non hanno voglia di far niente, pensano che il trattamento di Altezza Reale sia una sinecura o una sfilata di moda, e non un lavoro. 
Non c'è più impegno, non c'è più spirito di sacrificio! Ah, queste giovani generazioni, che delusione! Non glie ne importa niente di chi soffre: il loro interesse compare magicamente quando ci sono i fotografi e poi sparisce con altrettanta raggelante rapidità.
Lo sai quanti ospedali  e cliniche ho visitato, da quando sono in servizio? Tutti quelli del Regno Unito, nessuno escluso. E l'ho fatto più volte, senza mai dare nell'occhio.
Alcuni pazienti mi scambiavano per Lilibet, altri per Margaret, Anna o Diana e io gliel'ho sempre lasciato credere, perché la cosa importante era farli sentire meglio, non mettersi in mostra. 
E' una cosa che alle altre proprio non va in testa>>

Jessica aveva imparato molto, nel periodo in cui aveva svolto il servizio civile con l'onorevole lady Ogilvy, l'unico membro della Famiglia Reale che unisse simpatia, senso del dovere e sobrietà.
<<Anche voi mi siete mancata. Mi avete insegnato tanto, e mi avete voluto bene. Vi ringrazio per tutto questo e anche per essermi rimasta a fianco quando la mia famiglia è caduta in disgrazia dopo le dimissioni di lady Fermoy>>
La Principessa annuì e poi la rincuorò:
<<Avrei voluto fare di più per te, ma stato un anno terribile. Oltre alle visite programmate, ho dovuto coprire tutte le assenze delle tre coppie che si sono separate ed avevano i nervi a pezzi. 
Poi ci sono state le interminabili mediazioni, in cui io cerco sempre di capire le ragioni di tutti, anche questo è un insegnamento che spero di averti trasmesso. Hanno dato tutte le colpe a lady Fermoy, come se gli altri non avessero partecipato. Mi sono dovuta mordere la lingua per non dire quello che pensavo. Non è il momento migliore per aprire un altro fronte.
E poi tutti i problemi di Angus, tra il lavoro e la salute: notti insonni per assisterlo e confortarlo, e poi alla mattina si ripartiva con gli impegni ufficiali dalle 9 alle 21. 
Io non posso sgarrare: sono la Cenerentola della famiglia e tutto quello che ho me lo sono guadagnato.
Ma scusami cara, questa sera dovrebbe essere la tua festa e io ti inondo con questo mare di chiacchiere, ma ti prometto solennemente una cosa: tu tornerai a Corte, e sarai un esempio per tutti!>>
Jessica sorrise:
<<Vi ringrazio, Altezza Reale, siete sempre così gentile con me...>>
Alexandra le strinse la mano e sussurrò:
<<Anch'io ho perduto mio padre quando ero bambina. Non si è più completi, dopo. 
E poi ho visto mia madre sprofondare nella depressione e nella malattia fisica giorno dopo giorno. La tegola finale fu quando Margaret venne a stare a Kensington Palace e voleva sbatterci fuori. Per bontà sua si è limitata a triplicare l'affitto. Mia madre non si è più ripresa: il tumore al cervello l'ha stroncata quando era ancora giovane. 
E noi figli, be' ognuno reagisce a modo suo. 
Edward si è preso quasi tutta l'eredità di mio padre, Michael si è sposato una donna ricca e io sono rimasta la piccola fiammiferaia. L'unica dote che portavo ad Angus era il "sangue reale", che da queste parti non è certo sinonimo di bellezza, ma ci amavamo e il resto era solo vanità. 
Io credevo di essere diversa dai miei fratelli, ma alla fine, di fronte ai problemi di Angus...
L'ho sposato per amore. 
Mi chiamano "onorevole" perché a mio marito non sono stati concessi titoli nobiliari
E' "onorevole" in quanto fratello minore di un conte, e il motivo ufficiale per cui Angus fu nominato soltanto cavaliere era per non offendere il ramo primogenito degli Ogilvy. 
Ma in realtà anche il governo era fortemente contrario, soprattutto quel nevrotico di Heath.
Tutta colpa di quelle maledette miniere in Africa, che sono state la nostra rovina. Se io avessi saputo dove venivano investiti i miei risparmi... Ma ormai è troppo tardi. Ho lavorato una vita per ritrovarmi al punto di partenza! Mai un giorno tranquillo c'è stato, in vita mia, mai!
Ma non rinnego i miei sentimenti: risposerei Angus mille volte, sia chiaro, ma con la consapevolezza che certe scelte si pagano.
Però non ho tradito nessuno: Lilibet sa tutto, io sono solo un canale di comunicazione, un altro incarico per il bene della Corona e del Regno Unito. 
E i frutti si vedono già adesso.
Londra resterà la sede del Consiglio Ristrettostasera Ravensbourne Mansion è l'ombelico del Mondo>>
Aveva ragione William Gull: Sotto l'epidermide della Storia moderna scorrono le vene di Londra.
Jessica inarcò le sopracciglia:
<<Ma allora è Sua Maestà ad aver scelto voi come rappresentate "ufficioso", non il duca Albedo>>
La principessa annuì:
<<Ma è ovvio! E' una decisione di Sua Maestà. Ricordati Jessica: Lilibet sa sempre tutto, sempre! E' come l'Occhio della Provvidenza! 
E a quanto pare si fida più di me che di mio fratello.
Io mi limito a eseguire gli ordini, non prendo iniziative>>
Jessica sorrise.
E' per questo che Lilibet e Alexandra sono intramontabili.
Ovunque andasse Lilibet, mezzo passo indietro c'era la cugina, presente, ma cercando di non dare troppo nell'occhio, e regalando a tutti quel suo sorriso cordiale, che si estendeva agli occhi. 
Lady Ogilvy era per Lilibet ciò che Lady Fermoy era stata per Lizzie Bowes-Lyon.
Alexandra era lentamente subentrata al posto di Margaret nel cuore della Regina.
Sempre al suo fianco, sempre presente, fin dalla più tenera età, per una vita intera.






Prima di congedarsi Alexandra le disse:
<<I miei fratelli e i miei cugini... non sarebbero poi così male, se non si scendesse in profondità nelle loro vite, ma è così difficile rimanere superficiali quando si ha a che fare con gente come loro>>
Jessica sorrise e le fece la riverenza volentieri, perché Alexandra se la meritava.

Dopo che l'onorevole lady Ogilvy ebbe preso congedo, subentrò suo fratello Edward, il Duca di Kent, con la sua faccia volpina e rubizza e il suo corpo scheletrico.
Jessica ripeté la riverenza, ma con molto meno entusiasmo: 
<<Altezza>>
Il Duca di Kent le baciò la mano:
<<Tra noi non c'è bisogno di formalità, Jessica. Volevo solo complimentarmi per il tuo fidanzamento. Hai accalappiato un ottimo partito. E lui ti scodinzola dietro come un cagnolino. 
Ah, le raffinatezze dell' "insegnamento profondo"! Sarei curioso di sapere quanto è stato profondo, in pollici o centimetri, l'insegnamento di Lorenzo>>
Jessica lo fissò con un misto di disprezzo e commiserazione:
<<Credo che il tuo deretano lo sappia molto meglio di me, Eddie. E non farmi dire di più. 
Parliamo di cose serie piuttosto: mi pare che il Consigliere non gradisca molto la tua compagnia, stasera>>
Kent non sembrava né offeso, né preoccupato:
<<Non è per questo che don Fernando è stato rapido. Il mio ruolo è diverso da quello di Alexandra. Mia sorella ha sempre delle novità. Io no: la Gran Loggia d'Inghilterra è completamente sotto controllo. Purtroppo non si può dire la stessa cosa dell'Aristocrazia Nera, ma questa dovrebbe essere di tua competenza>>
Jessica sapeva dove Sua Altezza voleva andare a parare:
<<Io non ho alcun incarico, al momento. E non ho ancora aderito a nessuna fazione.
I miei nonni si sono tenuti a debita distanza. 
Se poi a Roma c'è qualcuno che vuol fare di testa sua, io non c'entro>>
Kent sorrise:
<<Come mai Lorenzo non ti ha chiesto di intervenire? Potresti fare molto, con tutte le tecniche che conosci...>>
Jessica ignorò l'allusione e si mantenne imperturbabile:
<<Il Maestro Monterovere non ha bisogno del mio intervento, almeno per ora. La situazione è... come hai detto riguardo alla Gran Loggia? Ah, sì... perfettamente sotto controllo>>
A quel punto intervenne Lorenzo Monterovere in persona:
<<Eddie, non vorrai monopolizzare l'attenzione di lady Jessica?>>
Edward Windsor, Duca di Kent, riservò a Lorenzo un sorriso sprezzante:
<<Oh, ecco Sua Signoria Lorenzo Monterovere, Conte di... di che cosa? Aiutatemi a ricordare!>>




Lorenzo gli riservò il "sorriso zen" che gli Iniziati sfoderavano quando qualcun altro diceva o chiedeva cose stupide:
<<Sei un po' troppo su di giri, stasera, Eddie, e non ne hai alcun motivo, a parte il tasso alcolemico. Perciò chiudi il becco e ascoltami bene.
Il Consigliere Albedo non condivide affatto il tuo ottimismo riguardo alla Gran Loggia. 
Le sue fonti dicono che molti Liberi Muratori hanno manifestato perplessità riguardo al Programma Genetico. 
Sappi che anche il precedente Duca di Ravensbourne aveva le stesse perplessità, ma questo non è più un problema. 
Spero che tu abbia afferrato il concetto.
Il nuovo Duca è completamente devoto alla nostra causa>>
Kent non sorrideva più:
<<Anche mio padre era completamente devoto alla Causa, però Albedo ha permesso che Churchill si sbarazzasse di lui silurando il suo aereo. La devozione non basta più da molto tempo... tu e Albedo pretendete la schiavitù, a meno che Jessica non venga a convincerci di persona... in tal caso...>>
Lorenzo lo afferrò per un braccio, con una presa d'acciaio e assunse l'espressione più minacciosa che aveva nel suo repertorio:
<<Lascia - stare - Jessica!  Sono stato chiaro? 
E riguardo a tuo padre, sai benissimo che il suo problema era il voler prendere troppe iniziative autonome. La questione di Rudolf Hess andava gestita in un altro modo. Ma questa ormai è acqua passata. 
Pensa piuttosto a fare bene il tuo dovere e a non tirare troppo la corda.
Il Consigliere Albedo non è indulgente quanto me>>
Il principe si inchinò, mostrando di aver capito perfettamente chi tra loro teneva il coltello dalla parte del manico.
Jessica sorrise al suo Maestro:
<<Grazie, Lorenzo. Sei un vero cavaliere, e siete rimasti in pochi ormai. Vedo che persino le Altezze Reali si inchinano al tuo cospetto. 
Ma Edward ha detto quello che tutti gli altri membri del Consiglio pensano di me. 
Ai loro occhi, nel migliore dei casi, io sono solo un prototipo.
Mi chiamano J-1, ti rendi conto?>>
Lorenzo sapeva bene a cosa si riferiva la sua allieva prediletta:
<<Tu sei l'Originale, Jessica. Non dimenticarlo mai. E' un grande onore che abbia
.no scelto te>>
Jessica non ne era del tutto convinta:
<<Ancora non riesco a crederci. Mi guardo allo specchio e mi chiedo: perché io? Perché non hanno scelto una più bella? Ci sono donne intelligenti anche tra quelle con un naso meno pronunciato del mio>>





Il Maestro sorrise:
<<Prima di tutto tu sei bella e il tuo naso è aristocratoco. 
In secondo luogo la bellezza è sopravvalutata. Una persona può anche essere bella, ma se il mondo fosse cieco, quante persone riuscirebbe a sedurre?>>
Jessica sorrise, ma le sue sopracciglia erano aggrottate:
<<Io sono al massimo da 7. E solo dopo una giornata di restauro, selezionando le foto venute bene,
Se il mondo fosse cieco eccetera è un periodo ipotetico dell'irrealtà inserito in una domanda retorica apprezzabile come battuta, ma che non cambia di una virgola la mia invidia verso le ragazze più belle.
E spero di non udire mai uscire dalla tua bocca quell'espressione di stucchevole banalità che è "bellezza interiore", perché potrei reagire in maniera violenta, e ti ricordo che conosco il kung-fu e il karate>>
Lorenzo era compiaciuto dall'umorismo di Jessica:
<<Non sia mai!>>
Jessica decise di rivelargli una cosa che aveva scoperto da poco:
<<Le mie memorie ancestrali si stanno risvegliando. Una in particolare, quella di Bessie Warfield, di cui mio nonno era il figlio segreto. 
Sai, credo di averlo sempre saputo, forse perché le somiglio, sotto molti aspetti, soprattutto quando lei aveva la mia età.





Wallis Bessie Warfield Spencer Simpson, Duchessa di Windsor.
Avrei dovuto immaginarlo.
Tu l'hai conosciuta?>>
Lorenzo annuì:
<<Sì e posso dire che tu sei molto migliore di lei, sotto tutti i punti di vista. Ma il suo profilo genetico era prezioso, per questo il tuo bisnonno la sedusse, a Pensacola, in Florida, quando era ancora nubile.
E ad essere sinceri, se mai è esistito del male in lei, fu Francis George Burke-Roche a evocare questo male, impartendole l'insegnamento profondo>>
Jessica sospirò:
<<Sedurre usando quelle tecniche è come barare al gioco. E' immorale, e poi non c'è gusto>>
Il Maestro capiva le implicazioni di quella constatazione:
<<E infatti non dovrai più farvi ricorso. Ci penseranno le altre, se e quando ce ne sarà bisogno.
Tu hai delle doti estetiche e intellettive che seducono senza bisogno di barare.
E riguardo al concetto astratto di bellezza, consentimi di raccontarti un mio ricordo.
Io alla tua età invidiavo mio fratello Francesco, perché era alto, longilineo, ben proporzionato e aveva un volto che univa l'autorevolezza di mio padre e la grazia di mia madre.
Però era imbranato e pasticcione, e doveva fare uno sforzo terribile per nascondere questo alle ragazze, che comunque se ne accorgevano. E allora il suo aspetto diventava irrilevante: doveva comunque trovare altri argomenti, e ne era in grado, essendo un uomo intelligente, colto e molto intuitivo nel comprendere ed affrontare le situazioni imprevedibili>>
Jessica annuì:
<<La famosa "intuizione premonitrice". Il talento dei Monterovere, che è anche il loro tormento, come le "memorie ancestrali" e tutto il resto. Se Roberto dovesse unire a questo la conoscenza dei Misteri, non potrebbe mai più avere un solo istante di felicità>>
Lorenzo ne era consapevole:
<<Credo che sarà così comunque vadano le cose. Roberto non è nato per essere felice, e che Atar mi perdoni per il ruolo che ho avuto e che avrò nella sua vita, dal concepimento in avanti.
Del resto, chi l'ha detto che gli uomini siano a questo mondo per essere felici? 
Ci possono essere momenti di allegria, di piacere, e anche lunghi periodi di equilibrio e di serenità. Il resto è solo un'illusione creata da attimi di dimenticanza, così brevi da lasciarci più tristi di prima.
La serenità è la vera conquista del saggio>>
Jessica era perplessa:
<<Non credo che mi abituerò mai a quest'idea>>
Il Maestro sorrise alla sua allieva prediletta:
<<Mia cara, si fa l'abitudine a tutto, anche al continuo peggioramento di ciò che era già ai limiti della sopportazione>>
Jessica rise:
<<Questa me la segno! La mia collezione di battute intelligenti ha bisogno di essere aggiornata>>




Le loro risate si interruppero quando la sagoma del Consigliere si delineò davanti a loro:
<<Verba vana aut apta risui non loqui>> dichiarò Albedo, ma poi il suo cipiglio si spianò: <<Era una battuta, naturalmente. Il senso dell'umorismo è una delle doti che contraddistinguono l'uomo dagli altri esseri viventi, ed è uno dei pregi che ho sempre apprezzato di più.
Anche per questo la mia scelta è ricaduta su di te, Jessica>>
Lei abbassò gli occhi, non voleva che Albedo le leggesse nel pensiero
<<Spero che questa scelta stia dando buoni frutti. Intendo dire...>>
Il Consigliere troncò subito la frase:
<<So cosa intendi dire! E la risposta è sì, il che conferma, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che la genetica è la chiave di tutto. Il linguaggio della creazione, se mi è concessa questa metafora.
Ma resto comunque convinto dell'importanza del contesto, specie quello familiare, anche se non sempre l'influenza di questo contesto è da considerarsi interamente positiva, almeno secondo i miei canoni>>
Jessica non riuscì a mascherare il suo disagio:
<<Devo ancora abituarmi al pensiero... vorrei sapere almeno come stanno le mie...>>
Albedo inarcò le folte sopracciglia:
<<Stanno molto bene! Vedi, mia cara ragazza, al contrario di quel che si potrebbe pensare, io sono un "creatore" benevolo: mi faccio vedere spesso, ogni mia "creatura" può parlare con me, faccia a faccia, subito, e chiedermi ciò che le serve per stare meglio, con la sicurezza che io le risponderò a voce, in maniera chiara e diretta, e le fornirò un rimedio che agli occhi di un comune ricercatore scientifico apparirebbe inspiegabile e miracoloso, tranne naturalmente per chi lavora alla Tessier-Ashpool, il nostro gioiello della corona.
Come vedi, gli scrupoli morali di tua madre erano infondati. Nessuna mia "creatura" si è mai lamentata, nessuna ha neppure lontanamente pensato che la vita possa essere un male, e tutto questo per un motivo ben preciso: io sono un "creatore" presente, tangibile, premuroso, pronto a rispondere alle loro preghiere, capace di risolvere i loro problemi, in questa vita.
Non chiedo atti di fede, non ce n'è bisogno.
Saranno loro stesse a dirtelo, e accadrà molto presto>>
Jessica non poté fare a meno di pensare che persino Albedo, con tutto il suo potere, doveva comunque rendere conto a qualcuno:
<<E' strano che tutto questo parta dal Fuoco>>
Lorenzo le rivolse uno sguardo ammonitore.
Il Consigliere però sorrise:
<<Il Fuoco non è soltanto distruzione. Il Sole è fatto di fuoco, eppure lo associamo a qualcosa di positivo. Dal Fuoco viene il Calore, viene la Luce e dalla Luce viene la Vita>>
Lorenzo annuì vigorosamente e recitò il Credo di Atar:
<<Benedetti siano il Fuoco la sua Fiamma, possa il loro passaggio purificare il mondo>>






Albedo approvò con grande vigore:
<<E' ciò che presto accadrà, e poi costruiremo un'umanità migliore per rendere questo mondo un posto migliore. 
Il Grande Disegno che da tremila anni portiamo avanti potrà realizzarsi nell'arco della prossima generazione. E io ci sarò, a costo di diventare un cyborg: è un termine ancora sconosciuto, lo usiamo alla Tessier-Ashpool per un essere umano potenziato da elementi artificiali.
Tua madre preferiva quella strada, alla clonazione. Io le ho portate avanti entrambe.
Abbiamo atteso per molto tempo, ma presto potremo dire anche noi: monumentum exegi aere perennius>>
E con questo si congedò.
Jessica sentì crescere un profondo odio verso il Consigliere, che aveva ucciso tante persone in nome di un disegno alquanto discutibile.
Lorenzo se ne accorse:
<<Lui sa che tu lo odi. Non può impedirtelo, e io non ci ho nemmeno provato.
Ma imparerai che l'odio può essere dolce, e pieno di gentili attenzioni, e l'amore può essere aspro, e segnato da profonde ferite
Imparerai che l'amico può dimenticarti, mentre il nemico non lo farà mai. 
L'amico può tradirti, il nemico ti resterà coerentemente fedele, perché tu dai un senso alla sua esistenza, fornendogli un obiettivo da perseguire
L'amico troverà nuovi amici con cui stare, ma il nemico non disperderà facilmente energie cercando altri nemici: preferisce averne uno solo per volta, e in certi casi uno solo per tutta la vita>>






lunedì 5 luglio 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 144. La versione di Aurora


Dopo aver pranzato all'Orangerie Restaurant di Kensington Palace, Aurora e Roberto avevano proseguito il loro itinerario in direzione Chelsea-North Kensington-Notting Hillimboccando la Portobello Roadlunghissima, colorata, con mercatini e negozi caratteristici di ogni genere, in cui è possibile, se si ha tempo e voglia di cercare, trovare oggetti unici, antichi e preziosi, considerati irreperibili o fuori catalogo in qualsiasi altra parte del mondo. 
I due fidanzati trascorsero il pomeriggio passando al setaccio gran parte dei negozi che vendevano oggetti da collezione e quasi tutte le librerie.



















Questa ricerca durò fino al tramonto. A quel punto, erano troppo stanchi e carichi di sacchetti e borsoni per procedere oltre e rimandarono le altre tappe previste all'escursione successiva, quella al Regent's Park.
Aurora chiamò il suo autista che era sempre nei paraggi, come gli altri addetti alla sicurezza, e fecero ritorno al Savoy.
Si fecero portare la cena nella Suite di Aurora, dove ormai il fidanzato passava la maggior parte del tempo.
Mentre cenava con lei, Roberto era felice, e nel contempo incredulo: stava vivendo una specie di sogno a occhi aperti, qualcosa di troppo bello per essere vero.
A volte era tentato di darsi un pizzicotto per vedere se stava sognando e riusciva a risvegliarsi.
Gli era venuto persino il dubbio di essere morto e di trovarsi in Paradiso.
Da giorni la sua mente era assillata da pensieri simili, e gli ronzava nelle orecchie un un corollario della legge di Murphy, secondo cui: "Se una cosa è troppo bella per essere vera, allora non è vera". 
A meno che le ragioni di tanta fortuna sfacciata gli fossero tenute rigorosamente nascoste.
In tal caso non aveva fretta di conoscere i retroscena: preferiva godersi la situazione finché durava.
Eppure la prudenza e il buon senso campagnolo delle memorie ancestrali (da Ettore Ricci risalendo all'indietro nel tempo), continuavano a lanciargli messaggi molto chiari, con un unico significato: di fronte a condizioni troppo vantaggiose, non si poteva eludere l'eterna domanda: "Dove sta la fregatura?"

Roberto aveva appreso molto presto, nella vita, questo approccio disincantato e quasi cinico nei confronti della realtà, non solo ascoltando le "perle di saggezza" di Ettore Ricci, ma anche le provocazioni tranchant di Diana Orsini.
E ogni volta che parlava con sua nonna di persone considerate da entrambi troppo fortunate, lei rispondeva con un sorriso complice:
 "Ah, ma non è mica finita! La fortuna è una ruota che gira. Adesso va bene per loro. Ma ad ogni giro può succedere di tutto.
 Io sono vissuta abbastanza a lungo per prendere atto di una cosa: i conti si fanno alla fine e il significato di un'intera esistenza può cambiare anche nel momento dell'ultimo respiro".
E la cosa più inquietante è che tale asserzione trovava conferme quasi sempre.
Chi fa affidamento solo sulla fortuna, non va lontano, però certamente un "bonus" di fortuna, nella vita, è necessario.
Ecco, era lì il problema. 
Roberto temeva di aver già esaurito il suo "bonus" di fortuna, e di conseguenza si sentiva come chi prende a prestito denaro da un usuraio e inizia a godersi la vita come se non ci fosse un domani.
Ma il domani c'è, e "ha già le sue inquietudini", senza bisogno che noi gliene creiamo delle nuove comportandoci in maniera dissennata.
E tuttavia parlare di prudenza, senno e saggezza a un adolescente equivale a parlarne con un muro.
L'adolescente può sempre obiettare con una domanda lecita: "E se non ci fosse nessuna fregatura? Se fosse tutto vero? Se non si trattasse solo di fortuna?"
Roberto ci rimuginava su da molto tempo, chiedendosi continuamente quali fossero i pensieri, i sentimenti, le emozioni e i segreti che passavano nella mente di Aurora, i cui tratti angelici lasciavano però trapelare un lato oscuro di cui lui sapeva poco, ma a sufficienza per averne un po' paura.
Si ritrovava a contemplarla, chiedendosi:
E' questo lo sguardo della Fortuna? Luminoso, angelico e nello tempo malizioso e ambiguo?




Roberto arrivava comunque sempre alla stessa conclusione: possiamo anche vincere alla Lotteria di Capodanno ed essere molto oculati nel gestire ciò che è stato vinto, ma garanzie sul futuro non ne abbiamo.
E' un'ovvietà, ma quasi tutti se la dimenticano, e danno per scontato ciò che la sorte a loro ha offerto.

Roberto però esagerava nel versante opposto: era a tal punto consapevole della fortuna di avere Aurora al suo fianco, che nonostante tutte le prove d'amore e le rassicurazioni, continuava a credere che non potesse durare a lungo.
E così gli si riproponevano continuamente i dubbi riguardanti la sincerità di Aurora nei suoi confronti.

E qui ci sia consentito di arrivare ai limiti estremi della narratologia riferendo alcuni colloqui che abbiamo avuto con le nostre due fonti principali di testimonianza diretta degli eventi narrati, che sono nello stesso tempo due personaggi di primo piano in questa narrazione e cioè Roberto e la stessa Aurora.

All'incirca due anni fa, mentre Roberto ci raccontava la sua vacanza londinese del '92, soffermandosi sui dubbi di cui parlavamo prima, gli abbiamo chiesto di darci un'anticipazione, una sorta di prolessi narrativa.
La sua reazione, com'era da prevedersi, fu quella di sfoderare il "sorriso arcaico", da maestro zen, o da Monna Lisa del Giocondo, e di rispondere mantenendosi sul vago e usando "la Voce", ossia la dizione depurata da ogni accento e impostata su una tonalità baritonale tendente al basso, armoniosa e fluida:
"Quando ho deciso di raccontarvi la mia relazione con Aurora, è stato anche per cercare di capire se la mia memoria stesse trascurando qualcosa, un dato necessario, un tassello mancante, "il punto morto del mondo, l'anello che non tiene", ma credo di dovermi rassegnare al fatto che alcune questioni, ai miei occhi, resteranno sempre un mistero.
E l'Ignoto fa paura più del diavolo.
Forse è per questo che non mi piacciono i misteri irrisolti, se non c'è modo di scoprirli in questa vita, ed è sempre per questo che alla fine ho accettato l'offerta degli Iniziati, perché mi avrebbero insegnato tutte le tecniche per svelare i Misteri. 
Quindi lo confesso apertamente: sono un Iniziato "di rango segreto" e su questo non voglio dare anticipazioni, limitandomi a dire che tale aspetto sarà trattato nella terza parte del mio resoconto, che spero voi chiamerete, parafrasando Musil: Verso l'Impero Millenario"

Noi avevamo già l'intenzione di suddividere il romanzo in tre parti: la prima chiamata Gli illustri antenati e arriverà fino alla morte di Ettore Ricci nel 1991, la seconda, di cui ora stiamo elaborando questa prima stesura (chiedendo perdono ai lettori per tutti gli errori di ortografia e a volte anche di morfologia, sintassi e stilistica, che abbiamo scoperto nelle varie riletture) si chiamerà, probabilmente, La falsa primavera e si concluderà con la morte di Diana Orsini nel 2011. E infine ci sarà la terza parte che, seguendo il suggerimento di Roberto, chiameremo Verso l'Impero Millenario, e sarà lì che alcuni Misteri saranno svelati, o almeno così ci hanno promesso le nostre fonti.
Aggiungiamo che questa nostra narrazione è un umile tentativo di mettere insieme, con risultati un po' caotici, lo ammettiamo e ne siamo consapevoli, alcuni aspetti delle opere principali dei grandi autori leggendo i quali abbiamo appreso le infinite possibilità della narrazione pseudo-biografica, della saga familiare, dell'introspezione psicologica, della satira sociale e del cosiddetto "realismo magico" nei suoi vari filoni e generi (giallo, nero, gotico, sovrannaturale con un pizzico di fantasy).
E questi grandi autori sono Proust, Musil, Garcia Marquez, Gadda, Huysmans, ma anche Zola nel suo ciclo dei Rougon-Maquart, a cui abbiamo voluto accostare, con immensa presunzione, i Ricci-Orsini, Tolkien per la Contea, Frank Herbert (il Profeta) e altri autori più recenti  di cui si parlerà in seguito, come Mordecai Richler, autore de "La versione di Barney" e di "Solomon Gursky è stato qui" (questi ultimi due romanzi, specialmente il secondo, hanno avuto un'influenza enorme anche nello spingerci a intraprendere questa avventura narrativa).

Abbiamo continuato ad incalzare Roberto sulla questione delle anticipazioni riguardanti Aurora, che lui non voleva dare, e di cui ha detto soltanto ciò che segue:
"Riguardo al mistero di Aurora, per molto tempo ho ripetuto a me stesso che non è necessario e forse nemmeno giusto che due persone che si amano sappiano tutto ciò che passa per la mente dell'altra persona, specie nei primi mesi, forse anche nei primi anni.
Parole sagge, voi direte, ma io vi dico che esiste un rischio, forse il rischio più grave, e cioè quello di idealizzare la persona amata e di accorgersi troppo tardi che ci ha nascosto qualcosa di rilevante"
Il problema era che Roberto stava menando il can per l'aia, per cui cercammo di torchiarlo, con metodi da ispettore di polizia, ma con risultati incerti.
Roberto volle prima inquadrare il discorso nell'ambito di una cornice ben precisa, per poi discostarsene:
"Io ho idealizzato Aurora, forse perché ho interiorizzato i valori della civiltà cortese e cavalleresca al suo apogeo, dallo Stilnovo fino al Petrarca.
Ma a voler essere sinceri fino in fondo, è stato il cinema a creare in me e in tante altre persone, aspettative stereotipate, che portano a porre la persona amata su un piedistallo eccessivamente alto.
Eppure sapevo bene che una relazione reale non è come quelle dei film, con lui e lei che si incontrano, si innamorano, vanno a letto, fanno prodezze, vengono nello stesso preciso istante, ripetono l'operazione subito dopo, ma con più dolcezza e la mattina dopo senza neanche essersi lavati i denti. E poi, sì, certo, lui e lei dovranno affrontare problemi apparentemente insormontabili... 
...che poi però vengono perfettamente risolti entro la fine del secondo tempo"

Fece una pausa ad effetto, sempre con quel maledetto sorriso arcaico, fin troppo compiaciuto della propria arguzia, e poi ha asserito:
"Se volete una storia così scontata, guardatevi un film con Julia Roberts"




E qui noi lo inchiodammo, chiedendogli se per caso si stava riferendo a "Notting Hill".
Il sorriso scomparve:
"Quello con Hugh Grant? L'ho visto, ma non ricordo assolutamente niente, se non che Aurora, quand'eravamo all'università, mi costrinse a viva forza ad andare a vederlo con lei.
Non ricordo nemmeno l'anno, forse il '99, mi pare che vivessimo a Milano. 
So solo alla fine del secondo tempo, Aurora, commossa, mormorò: 
E' andata così anche per noi, almeno all'inizio, vero?"
A me sembrava proprio di no: avevamo passato un pomeriggio da quelle parti, d'accordo, ma mi pareva molto riduttivo, semplicistico, banalizzante il fatto di paragonare il nostro sentimento a quella storia stucchevole. 
Mi limitai a sorridere in un modo che non voleva dire assolutamente nulla, e forse lei ci rimase male. Ma questo dubbio mi viene solo adesso"
Si è fermato per un attimo per riflettere, massaggiandosi la fronte, forse per tenere a bada l'incipiente cefalea tensiva che lo tormentava da una vita.
E infine ci spiazzò:
"Non avete ancora chiesto ad Aurora la sua versione dei fatti?"




La risposta era no.
Lui alzò l'indice della mano destra, intimandoci:
<<E allora dovrete farlo, se non altro per chiedere il suo permesso di pubblicare tutto il mio vaniloquio. Tornate solo quando lei vi avrà risposto e autorizzato!>>

Non è stato facile convincere Aurora, quella di oggi, caratterialmente molto diversa da quella di allora, anche se fisicamente identica, a collaborare al nostro tentativo di ricostruire gli eventi mirabili e terribili che portarono agli esiti clamorosi che tutti noi conosciamo.
Innanzi tutto dobbiamo dire che il tempo, su di lei, non ha lasciato tracce.
Eterna giovinezza... c'entreranno gli Iniziati?
Preferiamo non soffermarci, per il momento, su questo interrogativo.
E' meglio riferire ciò che lei ci disse.
All'inizio la convincemmo soltanto a confermare o a smentire ciò che Roberto aveva raccontato sulla nascita della loro relazione e su come andarono le cose in quel lontano 1992.
Aurora adesso dirige le imprese dei suoi genitori: suo padre è morto, sua madre non è più molto lucida.
In compenso lei ha una figlia il cui padre è il suo attuale compagno, conosciuto sul lavoro.
Informiamo i lettori che la relazione tra Aurora e Roberto si è conclusa nel 2002, sopravvivendo ad ostacoli enormi, ma naufragando di fronte a un'evidenza che non si poteva più far finta di ignorare e cioè il fatto che lui non voleva avere figli, mentre lei sì.




Uno dei primi commenti di Aurora, dopo aver ascoltato la versione del suo ormai da lungo tempo ex fidanzato, fu la seguente: 
"Ah, quindi Roberto ha deciso di vuotare il sacco!
Immagino che avrete capito il suo metodo di raccontare le cose: dicendo mezze verità e ricamandoci sopra. 
Se vi chiedete quanto ci sia di vero in ciò che vi dice, cercate di capire quale parte del suo discorso è il tessuto reale e quale è il ricamo, frutto artistico della sua inesauribile vena creativa.
Gli voglio ancora bene, ma ora che amo un altro sono riuscita a raggiungere quel livello di obiettività che mi permette di ricostruire le cose in maniera tale da poter essere per voi ciò che lui tiene per sé, ossia la voce della sua coscienza.

I ricordi di Roberto, in generale, sono alterati da alcuni aspetti del suo carattere: il primo è la tendenza a ironizzare su tutto, compreso se stesso, e ridicolizzare chi gli sta antipatico, il secondo è il vittimismo paranoico (come sua madre, come sua nonna, come la madre di sua nonna, è una tara genetica di cui è ben consapevole), a causa del quale lui vede complotti, congiure e cospirazioni dappertutto, ovviamente tutte finalizzate a distruggerlo, anche a quanto pare non ci sono riusciti;
il terzo è il catastrofismo (come suo padre, suo zio Lorenzo, suo nonno Romano, il bisnonno Enrico ecc. ecc. fino a risalire al primo dei Monterovere, la stirpe di cui lui è e sarà l'ultimo) per il quale lui sarebbe sempre moribondo, la sua famiglia sempre in decadenza, la Civiltà Occidentale sull'orlo del precipizio, e l'umanità intera prossima all'estinzione.
Immagino che voi abbiate accettato tutto questo in nome del Patto Narrativo, dico bene?
Ecco, se l'avete fatto, siate pronti ad andare oltre l'Orizzonte di Attesa>>
Concordiamo con Aurora, al riguardo, e per questo le abbiamo chiesto se c'erano state delle alterazioni di questo genere nel ricordo di come iniziò la loro relazione e di come si svolse nell'estate del '92.
"Il suo racconto sulla nostra storia è partito ridicolizzando mio cugino, cosa del resto abbastanza facile e anche condivisibile, ma ha dimenticato di dire che all'inizio si finse amico di Felix e frequentò il suo ambiente proprio per avere più possibilità di vedermi e frequentarmi, quando ancora mio padre non lo vedeva di buon occhio.
E a proposito di mio padre, Roberto lo ha ridicolizzato troppo nel racconto della mia festa di compleanno a Bertinoro, e questo lo trovo di cattivo gusto, perché è morto da poco e de mortuis nihil nisi bonum, anche se mi rendo conto che se dovesse rispettare questa regola non avrebbe molto da raccontare"

Anche su questo concordiamo con lei.
"Poi, in maniera vittimistica, ha attribuito alla relazione con me, e alla questione del Savoy, tutte le disgrazie che gli sono capitate dopo, e durante le quali, tenetelo bene a mente, io sono stata l'unica a difenderlo sempre e comunque a spada tratta, per anni.
Le ragioni di quelle avversità sono molteplici, ma lui da per scontato il fatto che il conflitto con i suoi ex amici e due suoi professori (quello di matematica e quella di disegno tecnico) sia colpa degli Iniziati, il che è ridicolo oltre che falso.

Non intendo parlare degli Iniziati, e vi consiglio di stare molto attenti a trattare questo argomento, perché esistono davvero e Roberto stesso ha aderito all'Ordine, e vi racconterà solo quello che il Consiglio gli ha permesso di raccontare.
Se direte altro o farete troppe inchieste sull'argomento, sarà a vostro rischio e pericolo.

Quello che invece io dirò è che Roberto si era fatto dei nemici per conto suo, che avrebbero agito comunque contro di lui, anche senza bisogno che qualche Iniziato soffiasse sul fuoco.
E questi nemici se li è fatti non per cattiveria, ma per ingenuità, imprudenza, imperizia e una certa piccola negligenza nel rispettare alcuni regolamenti o convenzioni di vario genere.
Tutto ciò, paradossalmente, è dovuto al fatto che spesso sottostima l'efficacia delle sue parole.
Vi faccio alcuni esempi di sue abilità che non tutti hanno apprezzato, per ovvi motivi.

Lui sapeva fare le imitazioni di tutti, sia compagni che professori, era bravissimo in questo, e mi faceva morir dal ridere,
Il suo umorismo, la sua ironia, il suo istrionismo sono tra le cose che mi hanno fatto innamorare di lui: io desideravo stare sempre con qualcuno che riuscisse a divertirmi e a farmi ridere fino alle estreme conseguenze, ed ammetto che è vera la storia della nostra prima passeggiata nel parco al ritorno da scuola e anche di quella famosa, e per me esilarante disavventura a Mayfair
Come vedete mi assumo le mie responsabilità e non nascondo niente di ciò che sono e di ciò che voglio. Questo valga per considerare onesta e credibile la testimonianza che vi offro.

Oltre alle imitazioni, sapeva disegnare le caricature e scrivere articoli di satira: era un vero artista, anche in quel campo, e se vantava in maniera spudorata.
Le sue imitazioni, le sue vignette e le sue satire erano molto divertenti, ma non sempre per coloro che erano imitati e ridicolizzati. 

Roberto è anche autoironico, per esorcizzare le sue paure e le sue ansie, e quindi per lui è terapeutico raccontare in maniera divertente le cose, aggiungendoci sale e pepe, e altre spezie e ingredienti ispiratigli da chissà chi: lui la chiama Lust zu fabulieren, che secondo Goethe è il piacere di raccontare storie interessanti o intriganti.
E' un affabulatore.
Ma se aggiunge troppo sale o troppo pepe in storie che riguardando anche qualcun altro, questo qualcuno potrebbe non apprezzare.

E col tempo incominciarono ad essere tanti quelli che si sentivano irrisi senza pietà, ma sappiamo tutti che durante l'adolescenza non ci si rende conto che anche una battuta o una semplice parola possono ferire qualcuno lasciandogli una cicatrice per sempre.
E questa sua fantasia vulcanica, sempre in ebollizione, lo portava ad altri virtuosismi linguistici.
Attribuiva a tutti un soprannome ridicolo e lo sceglieva così bene che quel soprannome rimaneva appiccicato ad alcuni di loro per decenni, lo giuro, sono chiamati così anche adesso"

Le abbiamo chiesto un esempio:
"Mi viene in mente un caso assurdo, un nonsense vero e proprio.
Uno dei nostri compagni, un tipo con una faccia un po' losca, ma che non era poi cattivo.
Una volta, dopo le vacanze di Natale, si era messo rompere le scatole a tutti raccontando la sua settimana bianca, vantandosi di com'era bello il posto dov'era andato a sciare e cioè Arabba.
Da allora in avanti Roberto, con la massima serietà, si è rivolto a lui chiamandolo Barabba, e vi giuro che quel nome si adattava to-tal-men-te alla faccia losca di quel ragazzo, che però in realtà era innocuo, ma alla fine tutta la scuola lo chiamava Barabba. 
Lo chiamano così anche adesso che è un padre di famiglia, divorziato, ma pur sempre padre.
Sono passati trent'anni e lui è ancora Barabba".
Immaginiamo che non sia molto felice di esserlo e questo è solo un caso, chissà quanti altri ce ne saranno stati. Aurora ha proseguito:
"Alcuni stavano al gioco. Altri non l'hanno presa bene e si sono vendicati."
Avevamo sospettato che potesse essere andata così.

A quel punto Aurora entrò nel merito di ciò che abbiamo raccontato negli ultimi capitoli:
"La nostra vacanza a Londra, dove siamo stati felici, completamente e perdutamente, è raccontata però in maniera tale che per ogni piacere che abbiamo provato, lui ha sentito il bisogno di chiedere scusa, più o meno implicitamente, a voi interlocutori, come se io, a metà strada tra Eva tentatrice e una Lolita qualunque, avessi traviato la sua anima candida dalla retta via, determinando la sua cacciata dall'Eden e la rovina della sua salute mentale, della sua famiglia e di tutto il genere umano."






Abbiamo riso e poi le abbiamo chiesto se la sua anima fosse più o meno candida, e se aveva "bisogno" di essere traviata, o lo fosse già stata di per sé.
Ecco la risposta di Aurora:
"Diciamo che Roberto, in pubblico si presenta come un liberale laico senza pregiudizi, ma nel privato è stato per molto tempo un puritano, un bacchettone schifiltoso, con una vera e propria fobia verso il nudo, lo giuro, e nei confronti di qualsiasi tipo di rapporto sessuale o "atto impuro".
Per lui dovrebbero esserci solo tenerezza, dolcezza, romanticismo,"dolci baci e languide carezze", abbracci e così via, il che è bello, ma non ci si può fermare lì in eterno.
Quando l'ho conosciuto era mentalmente un bambino che rifiutava di crescere, e quando ci siamo lasciati era come se fosse passato direttamente da una sterminata adolescenza a una precoce senilità.
I figli adesso non li vuole, una volta li avrebbe accettati, ma a patto che ce li portasse la cicogna.
Voi ridete, ma lui era messo proprio così.
Il sesso per lui era una era una cosa sporca, come tutta la sfera basso-corporale.
Non sapeva quasi niente sull'argomento e io sono stata comprensiva, perché ho capito che il blocco psicologico derivava non solo dal fatto che per i suoi genitori e i suoi nonni la sfera sessale era marginale o inesistente o comunque una cosa da plebei, ma anche dalla fimosi curata male nel primo intervento senza anestesia.
Su tutto questo, devo ammetterlo, è stato molto onesto e sincero.
Il problema, però, era che quella motivazione concretamente fondata gli serviva da alibi per evitare l'ansia da prestazione che i primi rapporti sessuali scatenano ineluttabilmente, soprattutto negli uomini.
 Alla fine, due anni dopo, l'ho convinto a fare un secondo intervento, più incisivo, una volta passato l'esame di Maturità. Che bel regalo eh? La circoncisione! 
Ma poi, finalmente, dopo tre anni di attesa, e di esplorazione reciproca delle nostre zone erogene, ci siamo reciprocamente donati l'una all'altro.
Sono rimasta vergine per lui fino a 19 anni: dovrebbero beatificarmi!
Sia chiaro però che con lui rifarei tutto, perché ci siamo fatti del bene a vicenda: io ho aiutato lui a disinibirsi, e lui ha aiutato me soddisfacendo volontariamente e con crescente complicità ed entusiasmo le mie fantasie erotiche.
Mi pare che voi, invece, come narratori, abbiate preso le distanze da tutto questo, descrivendomi come una mezza pervertita. Roberto non l'avrebbe mai fatto, quindi siete pregati di correggere il tiro"

Ci siamo coperti il capo di cenere, metaforicamente, e le abbiamo chiesto se volesse smentire eventuali interpretazioni errate da parte nostra di ciò che Roberto ha raccontato.
Per un attimo abbiamo temuto che volesse metterci alla porta, ma poi alla fine il buon senso ha prevalso:
"Aprite bene le orecchie! A me non dà fastidio che Roberto parli dei miei feticismi, credo che ognuno abbia il suo, almeno nelle tentazioni, e finché non viola il Codice Penale, può anche soddisfarlo.
Voi avrete i vostri feticismi e anche Roberto ha i suoi, avendovi fornito immagini in cui nulla è lasciato al caso. 
Se non ve ne ha parlato, ve ne parlo io, perché si tratta di una cosa innocua e quasi commovente: se indossavo certi capi di abbigliamento gli provocavo lo stesso effetto di dieci Viagra.
Apprezzava molto se indossavo bluse o camicie bianche.
Vallo a capire! Forse questo indumento dava un'aria di innocenza a quella cosa per lui indecente che era il nudo completo.

Voglio fare chiarezza su una questione: io non sono sadica, sono solo masochista.
Sadico era mio cugino Felix, questo sì, come tanti altri componenti della famiglia Tartaglia.
Io non ho mai fatto del male a una mosca! Non ho mai costretto nessuno a fare niente che non volesse fare.
Sono stata onesta, oserei dire trasparente, ed ho sempre mostrato nei suoi confronti il massimo rispetto. 
E su questo punto, bisogna partire dall'inizio, e cioè dalla famosa gita a Lucca.
Non mi fido di voi come narratori, e in questo non mi fido nemmeno di Roberto, perché ne ha fatto una specie di psicodramma quando invece è stata una cosa normalissima a cui mi è parso ben felice di unirsi.
Per cui adesso registrate ciò che dico e trascrivetelo senza cambiare una virgola e cercando di correggere tutti quegli errori di ortografia che vi sfuggono anche dopo dieci riletture!"
E noi riportiamo fedelmente ciò che lei ha raccontato.







"Era il novembre 1991, era una giornata nuvolosa e abbastanza fredda, ma asciutta.
La passeggiata nel parco delle mura, non l'intera cerchia, una parte, non ricordo quale, era stata comunque lunga, tra andata e ritorno e quando arrivammo al pullman, parcheggiato di fianco ad una delle porte, la prof. di filosofia, dopo un ragionamento aristotelico, arrivò alla geniale decisione secondo cui, dal momento che in quella zona non c'erano bagni né bar o cose simili, se qualcuno doveva soddisfare un bisogno idraulico, era libero di farlo nel parco delle mura. 
Io non so quale parte dell'espressione "atti osceni in luogo pubblico" non le fosse chiara, ma  comunque, alcuni "coraggiosi", quasi tutti maschi, seguirono il suo consiglio.
Al contrario, Roberto, sempre molto ligio alla legge e alle regole, rimase seduto su una panchina, però si vedeva che era innervosito e contrariato.
A quel punto io mi sedetti di fianco a lui, ma non esordii nel modo raccontato da lui.
Gli dissi che il consiglio della prof. era assurdo e contrario alla decenza, "specialmente per le ragazze", per ovvi motivi, e che "alcune di noi, tra cui io, pensavamo di chiedere alla prof. e all'autista di fermarsi al primo bar per poter dare sollievo alla nostra vescica che sta per scoppiare e se tu vuoi aggiungerti alla delegazione, magari riusciamo ad ottenere qualcosa".
Mi pare dunque che l'approccio non sia stato così traumatizzante come lui credeva di ricordarsi. 
Tra l'altro, Roberto approvò subito: "Mi trovo nella tua stessa situazione, quindi mi aggrego a questa lodevole iniziativa". Usò queste esatte parole, me lo ricordo come se fosse ieri, perché il suo linguaggio mi metteva sempre di buon umore: riusciva a stemperare i contenuti attraverso una forma arcaizzante ed eufemistica.
Fu così che ci recammo dalla prof. la quale approvò il tutto e quando salimmo, tutti quelli che dovevano "uscire" poco dopo si sedettero davanti, e io mi sedetti di fianco a Roberto.
Il pullman partì. L'autista, come era prevedibile, disse che, siccome fermare il pullman lungo le strade normali era problematico, sarebbe stato meglio, prima imboccare l'autostrada e poi fermarci al primo autogrill.  
Come ho detto, io e Robs eravamo seduti vicini e parlavamo tranquillamente e molto cordialmente. C'era traffico per cui ci volle un'ora prima che comparisse il segnale di una stazione di servizio, credo fossimo nella zona di Prato o Pistoia, non ricordo. Quel che ricordo è che a un certo punto il traffico rallentò e poi si fermò, forse c'erano code ai caselli, per cui potete immaginare come ci sentivamo.
Paradossalmente, però, fu proprio quella situazione a creare complicità, nel senso che ci facevamo coraggio a vicenda. Roberto ovviamente non sapeva nulla del mio feticismo e lo seppe solo la sera che uscimmo insieme per la prima volta. L'unico che sapeva era Felix, mio cugino, e immagino che in quel momento fosse infuriato, ma lui aveva preferito marcare le mura di Lucca.
Lo so, questa storia è ridicola, però è vera. E per tutto il tempo in cui il pullman era fermo, io mi sono, come dire, appoggiata a Robs, anche fisicamente, e lui era lusingato del mio interesse, altro che offeso!
Certo, ci vollero dei mesi prima che trovasse il coraggio di corteggiarmi, però era evidente che io gli piacevo e che lui aveva finalmente capito di piacermi.
Forse io ero più eccitata di lui per il motivo che sapete, ma credetemi se vi dico che pure lui lo era.

Le abbiamo chiesto se voleva aggiungere altro e ne è nato un utile momento dialettico.
"I suoi ricordi, in generale, sono compromessi dal fatto che ogni sua bella esperienza è stata seguita, anche se non causata, da eventi negativi.
Lui ha interiorizzato l'idea che esista un nesso causale, ma si tratta di una fallacia argomentativa: il post hoc propter hoc."
Ci siamo complimentati con lei per la sua preparazione nell'ambito della logica, della dialettica e della retorica, e lei ne è apparsa compiaciuta.
"La nostra prof. di filosofia era molto brava, anche se nelle questioni pratiche e specialmente nelle gite scolastiche, non sapeva da che parte farsi"
Ridemmo, poi Aurora ha affrontato la questione dei sensi di colpa di Roberto quando si trovava in una condizione di privilegio o di piacere:
"Siccome nella sua vita i momenti di piacere sono stati seguiti da momenti di dolore, lui ne ha tratto l'errata conclusione secondo cui il piacere stesso sia la causa del dolore. 
Io credo che questo alimentasse il suo puritanesimo di fondo.
La sua mente o il suo inconscio, non saprei dire, seguiva questa logica palesemente errata, portandolo a credere, in maniera quasi superstiziosa, che,  la felicità non poteva che essere la premessa di un disastro.  
Questo si riflette sul modo in cui rievoca e racconta gli eventi.
Nella sua narrazione incombe sempre l'ombra della catastrofe.  
Pensateci bene.
Forse anche questo fa parte di ciò che gli Iniziati chiamano premonizione, ma spero che non sia così.
E concludo con una specie di diagnosi e di prognosi.
Lui potrebbe tornare ad essere felice, se lo volesse
Il fatto è che non lo vuole, perché ormai associa la felicità ad un successivo e inevitabile tracollo. 
E allora, dice lui, meglio non rischiare.
La felicità gli fa paura. 
Farebbe qualsiasi cosa pur di evitarla"




Così parlò "la belle Dame sans Merci".
Questa è la versione di Aurora, se così si può dire, e noi l'abbiamo riferita a Roberto in maniera molto precisa.

Lui si è accigliato, come si stesse sforzando di ricordare e poi alla fine parlò:
<<Io non ricordo i particolari che lei ha aggiunto. Probabilmente c'è stata una rimozione e credo anche di sapere il motivo. Io avevo paura di impegnarmi in una relazione. 
Aurora ha ragione su questo e aggiungerò una cosa a ciò che ha detto lei e cioè che io ho paura della felicità da quando il paradiso della mia infanzia è entrato in crisi dopo la morte di mio nonno Ettore. 
Ho sofferto così tanto che per me ogni felicità era sparita dal mondo. Credevo davvero che non sarei più stato felice, e forse non lo volevo nemmeno, se il prezzo da pagare, dopo, era la sofferenza.
Fortunatamente avevo una famiglia che voleva e poteva aiutarmi, e l'ha fatto con tale affetto e pazienza da permettermi di risollevarmi ogni volta che cadevo.
E quando c'è stata la crisi successiva, avevo al mio fianco Aurora, che è riuscita a trasmettermi il coraggio di riprovare ancora, di permettere a me stesso di lasciarmi andare, di essere felice. 
Ma io non sono nato per esserlo, e non solo per motivi genetici, contestuali e biografici. 
Nessuno può essere felice dopo aver conosciuto i Misteri.
Ci sono cose che sarebbe meglio non sapere>>

Gli abbiamo chiesto se tra queste cose c'è anche il ruolo della Fortuna:
"Il ruolo della Fortuna? Questo non è un Mistero.
Nell'immaginario consiglio di amministrazione dove si decide come sarà la nostra vita, noi siamo azionisti di minoranza.
Montale ha detto: "Vissi al cinque per cento, non aumentate la percentuale"
Nel momento stesso in cui siamo concepiti, gran parte della nostra sorte è segnata nei cromosomi.
La dotazione iniziale conta molto, sia se la fortuna ci ha ignorati, sia se ci ha dato troppo.
La fortuna è come un debito: più si tarda a pagarlo, più gli interessi si sommano al captale iniziale e generano interessi più alti. 
Conoscete la formula dell'interesse composto
A Milano, con mia grande sofferenza, dovetti studiare anche la matematica finanziaria (oltre alla statistica e al calcolo delle probabilità) e devo dire che il montante dell'interesse composto è una metafora efficace del redde rationem, la resa dei conti, che arriva per tutti, prima o poi, ed è molto superiore a ciò che si era ricevuto all'inizio".

Di nuovo si è fermato e i suoi occhi erano persi in qualche zona remota dell'Iperuranio, ragion per cui, quando riprese a parlare, con voce roca e distante, sembrava rivolgersi a qualche entità superiore:
"Io non so esattamente quanto sia alto il mio debito contratto con la fortuna, ma di certo non l'ho saldato.
Non riesco ad attribuire il giusto peso ad alcuni elementi, e la memoria si rifiuta di aiutarmi.
E' selettiva. Il ricordo non coincide con il fatto in sé, perché nel cercare di ricostruirlo e di raccontarlo, noi lo modifichiamo.

Sono, nel mio piccolo, uno storico e gli storici diffidano moltissimo dei "testimoni oculari"perché sono quelli più propensi a ingigantire o a minimizzare, a drammatizzare o a ridicolizzare.
Lo fanno in maniera innocente, perché ognuno ha percepito l'evento in modo diverso, ma ciò che loro ricordano non è la verità.
Queste considerazioni possono spiegare, in parte, perché la mia versione e quella di Aurora a volte sono discordanti"

Gli venne in mente il passo di una canzone che Aurora gli aveva fatto ascoltare e che lui per molto tempo non aveva giudicato rilevante, salvo poi ricredersi, nel momento in cui aveva tentato di capire ciò che lei non gli aveva detto chiaramente:
"Non è la verità / che più la dici e più la dici mai / è l'illusione mia che è vera / E che scorre fiera tra le dita della vita / passa il suono e belle immagini di noi / Meravigliosa confusione / tra i dialoghi e le pose / E ogni peso appassionato / è un soffio ma non la verità / che è sempre un'altra storia ma non lei / Lei che tra i baci miei è d'amore..."
Aveva già citato altre volte questa canzone, e noi l'abbiamo riportato, per quanto il suo significato continui a rimanere piuttosto vago. 
Gli abbiamo chiesto che legame ci fosse tra quei versi e la nostra narrazione.
"Non l'avete ancora capito?" ha detto lui "Non importa. Prima o poi lo capirete"