martedì 20 marzo 2018

Simboli e miti del paganesimo slavo tradizionale

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Sopra, il simbolo di Svarog, dio del fuoco. Sotto il simbolo del Kolovat.
Kolovrat
La Fede Nativa Slava o Rodnoveria (dal russo in russoРодноверие?Rodnoverie; in serbo Родоверје, Rodoverje; in ucrainoРідновір'я?Ridnovirya; in polacco Rodzimowierstwo o Rodzima Wiara; in ceco Rodnověří; e nelle lingue slave del sud mutuato dal russo; tutti composti di родная rodnaya e вера vera, vale a dire "fede indigena" o "nativa" o "ancestrale") è un movimento religioso neopagano che si propone come la continuazione contemporanea della religione indigena praticata dai popoli slavi prima che le loro classi dirigenti adottassero il cristianesimo come religione di stato a partire dal X secolo[3][4]. Suppone che religione indigena slava non sia abbandonata repentinamente dalle popolazioni slave, tanto che il fenomeno della "doppia fedeltà" (dvoverie), sia alla religione slava che al cristianesimo, è persistito fino alla modernità. La Rodnoveria come movimento organizzato è emersa dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, per espandersi in maniera visibile e considerevole a partire dalla metà degli anni 1990.

Storia

La religione nativa slava è da attribuirsi al gruppo indoeuropeo come altre religioni native d'Europa. Gruppi e organizzazioni sono sorti in tutti i paesi slavi, e la loro presenza è numerosa e molto visibile in Russia e Ucraina.
In Ucraina, il fondatore della prima organizzazione della religione indigena fu Volodimir Shayan, nato a Lvov nel 1908. Studiò la filosofia e il sanscrito. Nel 1934 avrebbe vissuto un'esperienza mistica e illuminante sul monte Grekhit, tra i Carpazi. Dopo la seconda guerra mondiale si trasferì in Inghilterra, dove poté lavorare sulle sue idee; morì nel 1974 a Londra. La sua influenza è riscontrabile nella dottrina di molti gruppi neopagani ucraini. L'attuale maggiore organizzazione del Paese è l'Unione del fedele indigeno ucraino, di cui uno dei centri affiliati, precisamente quello di Kiev, chiamato Pravoslavya, pubblica una rivista chiamata Svarog. Nel 1995, sempre nella città di Kiev, si tenne una conferenza intitolata La fede tradizionale: risorse, correnti e tendenze, a cui parteciparono parecchi gruppi neopagani.
In Polonia la risorgenza della religione nativa iniziò a manifestarsi nel periodo tra le due guerre come influenza artistico-letteraria: Marian Wawrzeniecki fu autore di molte opere grafiche di ispirazione pagana. L'autore più creativo fu tuttavia Stanislaw Szukalski, nato nel 1893. Crebbe negli Stati Uniti ma fu mandato da suo padre a studiare a Cracovia, in Polonia dove, avvicinandosi all'ambiente neopagano, fondò un'associazione artistico-religiosa, la Tribù dal Cuore cornuto, che pubblicava anche una rivista chiamata Krak (il nome del leggendario fondatore di KrakowCracovia).
In seguito — alla fine della seconda guerra mondiale — Szukalski tornò negli Stati Uniti, dove morì nel 1987. L'interesse per il neopaganesimo tese a manifestarsi anche in forma di movimento sociale, il cui iniziatore fu Jan Stachniuk, nato nel 1905. Dopo avere completato i suoi studi in economia iniziò a pubblicare libri che tendevano a presentare una sua visione della religione slava. Nel 1937 fondò la rivista Zadruga. Un tratto interessante nel pensiero di Stachniuk è la sacralizzazione della creatività intellettuale e il culto per l'energia cosmica, che tende a manifestarsi attraverso il destino. Il successo di una persona non dipende unicamente dalle preghiere, ma anche dalla partecipazione attiva che la persona deve esercitare nella sua vita, dato che il destino è un fattore che tende a modellarsi in base alle proprie azioni. Alcuni membri della Zadruga diedero origine in seguito alla casa di pubblicazione chiamata Toporzel, di cui un membro è Antoni Wacyk, il quale, nel suo libro, espose anch'egli un parere sulla fede. Questa, secondo Wacyk, deve essere innanzitutto un'esperienza mistica personale. Secondo il suo pensiero, una religione "pagana" è l'ideale affinché questa concentrazione del singolo su Dio possa verificarsi.
La Zadruga in seguito ispirò la fondazione di un nuovo gruppo, l'Associazione per la fede indigena, di cui l'iniziatore fu Jerzy Potrzebowski. L'interesse per il paganesimo sorse anche tra coloro che già si interessavano alla spiritualità, come Jacek Dobrowolski, fondatore della prima comunità buddhista in Polonia, che nel 1991 pubblicò un poema intitolato Rarog, trattante le numerose affinità tra il paganesimo slavo e gli antichi culti indo-iranici, e la figura della divinità chiamata Jarilo, che era molto popolare tra gli slavi orientali e meridionali. Come studioso di religioni, Dobrowolski, analizzando il culto polacco della Madonna, vi trovò parecchi riferimenti di continuazione del culto pagano matriarcale antecedente il cattolicesimo.
Oggi in Polonia esistono diverse organizzazioni della religione nativa slava; tra le più influenti la Chiesa nativa polacca e la Chiesa slava polacca, nonché l'associazione Rodzima Wiara. Il rapido emergere di gruppi neopagani nell'Europa centrale ed orientale sta divenendo una ricca fonte di studio.
In Repubblica Ceca l'associazione Rodná víra fu fondata nell'anno 2000 su iniziativa di sei rappresentanti di due gruppi di ispirazione slavofila: Radhošť e NFC. Il primo (fondato nel 1998 da un ricercatore universitario di origine napoletana) era di ispirazione ecologista, nel secondo erano rappresentati elementi provenienti anche dalla destra estrema. Cercando una unione nonostante le differenze, i due gruppi trovarono un'intesa comune e la politica partitica sparì definitivamente dal vocabolario e dalle azioni dell'associazione.
La rapida diffusione della Rodnoveria è attribuita da alcuni studiosi ai suoi legami con il sentimento identitario in ascesa tra gli Slavi dopo la disfatta dell'Unione Sovietica. Questa tendenza all'identificazione di appartenenza ad una cultura slava comune è il cosiddetto panslavismo. In Russia la Rodnoveria si è diffusa con rapidità in tutto il vasto territorio, parzialmente a colmare il vuoto lasciato dalla dissoluzione di tutti gli organismi religiosi sotto l'ateismo di stato dell'Unione Sovietica.

Cosmologia


"Altare" in un tempio neopagano polacco
Nella Fede Nativa Slava Dio (Rod) è considerato come l'essenza ultima di tutto ciò che esiste, il principio creatore che dette ordine al caos all'inizio dei tempi, ed iniziò a manifestarsi dando forma all'esistente per mezzo della sua energia. L'universo è dunque concepito come una manifestazione della realtà divina, una condensazione attiva dell'energia cosmica. Quest'ultima è perennemente agente nell'universo: la creazione non è una verità finita, ma si attua da sempre e per sempre, in ogni tempo e in ogni spazio. La creazione, infatti, non è altro che la continua azione che le forze della natura, le divinità, agenti alla base della manifestazione del creato, ovvero ad un livello sottilisimo dell'esistenza, esercitano su quest'ultima, per modellarla, per forgiarla, per donare la vita. Le forze divine della creazione sono esse stesse parte della Sostanza divina finale, essendo manifestazioni attive dell'Uno.
Un concetto presente nella cosmologia neopagana slava — e che la accomuna dunque a tutte le altre religioni indoeuropee e iraniche — nelle quali è similmente presente, è quello dell'albero cosmico. Nel Neopaganesimo slavo è rappresentato come una quercia o un pino e simboleggia l'energia universale emanata da Dio che permea e compone il mondo e le sue leggi fisiche e chimiche.
Nella fase antica della religione slava, l'albero cosmico rappresentava soprattutto la divisione del mondo in tre regni: il cielo, rappresentato dai rami, ovvero il luogo dove presenziavano le entità celesti; il mondo sensibile, rappresentato dal tronco, che corrispondeva al mondo fisico in cui vive l'uomo; infine l'oltretomba (chiamata tradizionalmente virey o iriy), rappresentata dalle radici, luogo meraviglioso e tranquillo dove dimoravano le anime dei defunti, un mondo di praterie verdi, alberi ed eterna primavera. Queste credenze mitologiche sopravvissero a lungo anche dopo la cristianizzazione dei Paesi slavi, oppure vennero codificate diversamente in modo da accomunarle alla mitologia cristiana.
Nel neopaganesimo moderno l'albero cosmico riacquista quello che era il suo profondo significato teologico, stando a simboleggiare l'essenza divina che si manifesta dando ordine al caos, generando il mondo e le sue infinite forme di esistenza.

Teologia slava

La teologia slava è simile a quella delle religioni del ceppo indoeuropeo. Si tratta di un sistema monistico ed enoteistico, in cui le molteplici divinità sono considerate i diversi aspetti di manifestazione della realtà finale, Dio (Rod), l'Uno, l'eterna Sostanza divina che compone tutto ciò che esiste. Questa entità universale, veniva chiamata e viene chiamata dai moderni neopagani slavi, Perun (mentre dai lituani Perkunas, nome che letteralmente significa "la luce"), il Dio del tuono dell'antico pantheon, oltre che una delle poche divinità ad essere stata comune a tutte le popolazioni slave e l'unica divinità che fu identificata con il Dio cristiano all'epoca dell'evangelizzazione (successivamente fu poi il culto di Perun connesso con quello cristiano di s.Elia.
Gli Slavi identificavano Rod nella figura di Perun, testimonianza a ciò è rinvenibile soprattutto in uno scritto di Procopio, in cui questi descrive dettagliatamente come il culto di Perun facesse intendere la sua natura di Dio cosmico, emanatore di tutte le altre divinità della natura. Procopio descrive la religione degli slavi come un culto monoteistico, corrispondente al moderno concetto di sistema monistico ed enoteistico. Nello spirito di Procopio, analizzano così la religione natia degli slavi i cattolici zelanti di oggigiorno. Ovviamente i membri stessi delle associazioni slave, a parte alcune eccezioni, hanno un'opinione completamente diversa di sé stessi e del loro culto.
Una caratteristica spiccata della religione neopagana slava, che la distinguerebbe secondo alcune ipotesi dalla concezione delle altre religioni neopagane, è il dualismo. Perun è considerato il Dio uno, tuttavia la sua figura è sempre accompagnata da una controparte, il dio Veles. L'opposizione delle due divinità di Perun e Veles rappresenta l'antagonismo universale dei principi creatori, che accomuna parecchie tradizioni religiose. Questo sistema dualistico è presente anche, ad esempio, nel taoismo, in cui i principi cosmici in opposizione sono chiamati yin e yang. Si suppone che questo tipo di dualismo, sia stato dovuto all'influenza scita e sarmata, ovvero iranica, sui gruppi slavi della Russia meridionale nel periodo preistorico e protostorico di queste zone.
Con la cristianizzazione delle terre slave, i missionari oltre ad identificare Perun con il loro Dio, trovarono terreno fertile anche per associare la divinità di Veles a Satana, sebbene l'originale slavo e attuale neopagano non presenti caratteristiche negative, essendo il paganesimo sempre stato caratterizzato da un rifiuto di classificazione tra cose buone e cose cattive, dato il presupposto secondo cui il bene e il male sono concetti concepiti ed esercitati dall'uomo. Le due divinità rappresentano dunque i due principi in eterno scontro, le due controparti dalla cui interazione scaturisce la vita, l'esistenza di tutto ciò che esiste. La caratteristica distintiva sta però nel fatto che Perun sia la divinità suprema effettiva, mentre Veles una controparte emanata essa stessa da Perun, quindi una manifestazione di quest'ultimo. Perun è infine la Fonte da cui sorge tutta l'energia divina di cui l'universo è composto, identificata nell'albero cosmico.

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Divinità

Oltre a Veles, la religione neopagana slava comprende nella propria concezione divina una serie di divinità autoctone slave.
Queste divinità sono spiriti della natura, permeano il mondo naturale in ogni sua accezione e contribuiscono alla realizzazione di quello che è il processo creativo dell'azione divina. Le divinità secondo la concezione monistica sarebbero varie sfaccettature dell'unica realtà e permetterebbero all'uomo di intraprendere percorsi diversi per giungere alla verità finale: ogni divinità è associata ad un elemento della natura e ad un dato fenomeno, non tanto perché si crede che la divinità realizzi quel fenomeno, ma più che altro perché la divinità è identificata con la forza divina che, di sostrato a tutte le leggi fisiche e chimiche che portano al dato fenomeno, realizza quelle che sono le basi affinché tutto ciò avvenga; ovvero si dispiega, si manifesta come fonte dell'energia che dà origine a quei fenomeni, che condensata origina le parti più sottili e ineffabili delle particelle subatomiche e poi da queste si manifesta materializzandosi nel mondo fisico. La natura è dunque il mezzo attraverso cui agiscono le forze divine, le leggi naturali sono le regole sulle quali le forze divine contribuiscono processualmente alla formazione del cosmo. Lo studio della natura è mezzo per tramite di cui l'uomo può risalire verso la comprensione e l'identificazione con l'Uno.
Una caratteristica importante della teologia neopagana slava è inoltre l'aspetto tipicamente indoeuropeo della molteplicità di sfaccettature attraverso cui le divinità si manifestano. Gli dèi slavi sono molto spesso rappresentati con aspetto tricefalo o quadricefalo, ad indicare i tre o quattro aspetti di manifestazione della divinità. Questa concezione è presente in particolare nell'Induismo, in cui le divinità attraverso le quali si manifesta l'Īśvara possono a loro volta scindere la loro potenza manifestandosi in molteplici aspetti. Nel Neopaganesimo slavo, oltre alle divinità principali, possono essere onorate anche divinità quali Jarilo, il dio della fertilità e della vegetazione; Morana, compagna di Jarilo, dea della natura e della morte; Svarog, dio della luce, in quanto il nome stesso sta a significare "luce celeste"; Svarogič, dio del fuoco e della terra; Dazbog, dio del fuoco celeste, degli astri e delle costellazioniSvetovid, dio quadricefalo legato al simbolismo del cavallo e all'agricoltura; Triglav, dio tricefalo patrono anch'esso della natura campestre; e infine Zorya e Danica, dee del focolare, della casa e dei rapporti interpersonali.
Molto simile da un lato ad Afrodite e dall'altro a Demetra è la dea Mokoš, unica divinità femminile venerata ufficialmente nel pantheon di Kiev tra gli anni 980 e 988. Dopo il 988, anno in cui il principe Vladimir I di Kiev ricevette il battesimo, cominciò il lento processo di cristianizzazione della Rus' (e poi della Russia), ora criticato in maniera aperta proprio dai rappresentanti della Fede Nativa Slava.

Note

  1. ^ Andrzej KokowskiStarożytna Polska, Varsavia, 2005, p. 346
  2. ^ Lech Emfazy Stefański, Wyrocznia Slowiańska, Białystok, 2000, p. 37-43
  3. ^ Bonaudi, Giulia, I pagani che combattono per Putin, su occhidellaguerra.it.
  4. ^ Filmato audio Gli occhi della guerra, Rodnovery: il ritorno dei pagani, su YouTube, 11 novembre 2016.

Voci correlate


lunedì 19 marzo 2018

La Via Romana agli Dei (religione neopagana)


La Via romana agli Dèi (altrimenti detta Gentilitas[1]Politeismo romanoTradizione romana o romano-italica o italica-romana-italiana[2]) è la continuazione e riproposizione moderna e contemporanea della religione pagana attraverso pratiche tratte o adattate dalla documentazione storica dell'antica Roma.
È praticata in Italia in forma sia individuale che comunitaria, seppur non pubblica, da alcune centinaia di persone, raccolte in diverse associazioni. Ai praticanti va aggiunto un numero imprecisato di simpatizzanti. Gruppi minori esistono anche in altre nazioni europee e in Nord America.

Alcuni studiosi delle religioni tendono ad associare la Via romana agli Dèi al gruppo di religioni appartenenti al neopaganesimo, mentre gran parte degli aderenti rifiutano sia tale associazione sia il concetto stesso di neo-paganesimo, come si è venuto a sviluppare negli ultimi decenni del Novecento[3]. Le principali associazioni aderiscono all'organizzazione delle religioni etniche europee dell'ECER (European Congress of Ethnic Religion[4]) e non alla Pagan Federation[5].

Culto

La Via romana agli Dèi è una religione politeista. Tuttavia, a seconda delle sensibilità e come avviene anche in altre tradizioni, alcuni gruppi pongono l'accento sull'unità di fondo del divino, di cui la molteplicità sarebbe espressione.
È praticata esclusivamente in ambito privato (singoli, famiglie, comunità), perché, essendo l'antica religione di Roma una religione dello Stato, il culto pubblico appare impraticabile senza una restaurazione della Res Publica, ovvero dello Stato romano antico. Il fondamento del culto pubblico è la Pax Deorum (hominumque), cioè il patto tra gli Dei e la comunità umana giuridicamente stabilito. Trasferito in ambito privato, designa il patto non scritto tra il/i praticante/i e le proprie divinità, stabilito e mantenuto attraverso il culto che, seguendo l'antico calendario romano, ha liturgie prestabilite, pur con alcuni adattamenti all'età moderna. Tra i più importanti, il sacrificio cruento non è praticato e gli dei sono onorati con offerte di incenso, di candele, di profumi, di vegetali, di vino e vivande.
Ogni individuo adulto è sacerdote di sé stesso e venera anzitutto il proprio Genio (o la propria Luno, nel caso delle donne), i Lari familiari, divinità protettrici della propria casa, i Penati e le divinità che considera protettrici di sé o della propria famiglia e comunità; in secondo luogo le divinità, alle quali sono consacrate le festività dell'anno calendariale. Le occasioni rituali importanti, come i momenti di passaggio della vita (nascita, pubertà, matrimonio, morte), le ordinarie festività annuali, i tre cardini del mese (CalendenoneIdi), i solstizi, gli equinozi e le fasi lunari sono spesso celebrati comunitariamente. In particolare, i riti legati alle fasi lunari, le calende, le none e le idi si basano sulla logica dell'evoluzione spirituale dell'individuo.[6]
Di importanza fondamentale è la lettura dei testi antichi pervenuti.[7] La tradizione gentile considera alcuni poemi epici come testi sacri, in particolare l'Iliade e l'Odissea di Omero (ambito greco), e l'Eneide di Virgilio (ambito romano). Altrettanta valenza sacra conservano gli Inni omerici e quelli orfici. Nelle fonti antiche (sia epigrafiche sia letterarie) si rinvengono molte preghiere (CiceroneLucrezio, ecc.).

Storia

Teorie della continuità

Differentemente da altre espressioni neopagane, come la wicca, nell'ambito della Via romana agli Dei si afferma la sopravvivenza della religione pagana romana, tramandata attraverso i secoli in forma esoterica, ossia segreta e privata. In ogni caso, considerando gli Dei eterni e disponendo di fonti antiche sulla ritualità per l'officio del culto privato, non sarebbe comunque necessaria alcuna continuità storica. Nonostante l'interruzione della Pax Deorum, successiva all'abolizione del culto pubblico e le leggi di Teodosio (fine del IV secolo), che proibivano anche il culto privato, la tradizione cultuale romana non sarebbe venuta meno, ma si sarebbe conservata all'interno di alcune famiglie. Costoro l'avrebbero segretamente tramandata nel tempo, costituendo un centro sacrale occulto, che in periodi favorevoli della Storia avrebbe anche avuto visibilità e influenza realtà socio-politica italiana[8]Si cita[senza fonte]come esempio il sorgere a Roma, intorno alla metà del Quattrocento, dell'Accademia Romana di Pomponio Leto, di cui è nota la celebrazione rituale del Natale di Roma il 21 aprile, l'evidenza archeologica di alcune iscrizioni scoperte nell'Ottocento, la restaurazione del Pontificato Massimo, detenuto da Leto stesso. Tale Accademia fu sciolta da papa Paolo II nel 1468 e i suoi membri incarcerati o perseguitati.

Primo Novecento

Tra l'Ottocento e il Novecento il tentativo di proporre l'adozione di alcune forme rituali pagano-romane al nuovo Stato nazionale italiano fu tentato dall'archeologo Giacomo Boni (ara graminea sul Palatinoludus Troiae, ecc.) e da ambienti esoterici della capitale.
Il primo manifesto pagano, nel senso romano-italico, dell'Italia contemporanea si può ritenere l'articolo Imperialismo Pagano, pubblicato dall'esoterista Arturo Reghini sulla rivista La Salamandra nel 1914, riproposto sulla rivista Atanòr nel 1924. Discepolo del maestro pitagorico Amedeo Armentano, esponente di una catena iniziatica che si voleva giunta ai tempi moderni dall'antichità, Reghini diede vita dopo la prima guerra mondiale alle riviste esoteriche Atanòr (1924) e Ignis (1925), nelle quali fu riproposto al Fascismo l'obiettivo di realizzare il già teorizzato "imperialismo pagano". Nel 1923 un fascio rituale fu consegnato a Benito Mussolini e si tenne la sacra rappresentazione pubblica della tragedia Rumon di Roggero Musmeci Ferrari Bravo.
Nel 1927 lo stesso Reghini, con il giovane filosofo ed esoterista Julius Evola, diede vita a Roma a una "catena magica", denominata Gruppo di Ur, e alla corrispondente rivista Ur (1927-1928). Su Ur, nel 1928, Reghini, con lo pseudonimo Pietro Negri, pubblicò il saggio Della tradizione occidentale, che può essere considerato il manifesto novecentesco del paganesimo politico italiano, insieme al più noto libro dallo stesso titolo pubblicato da Evola nel 1929al fine di contrastare i Patti lateranensi tra Stato e Chiesa. Spezzatosi alla fine del 1928 il sodalizio Evola-Reghini, il primo continuò nel 1929 la rivista Ur col nome Krur.
Nel 1929 su Krur apparve un misterioso documento, proveniente da ambienti ermetici di Roma e firmato con lo ieronimo di Ekatlos, secondo i più attribuito all'orientalista Leone Caetani. Esso conteneva l'esplicita affermazione che la vittoria italiana nella Prima guerra mondiale e l'avvento successivo del Fascismo sarebbero stati propiziati, se non determinati, da alcuni riti etrusco-romani.

Secondo Novecento

Il richiamo pubblico alla spiritualità precristiana di Roma, negli anni successivi, fino alla fine del Fascismo, fu opera pressoché unicamente di Julius Evola. Da ambienti giovanili ruotanti attorno al filosofo romano riemerse, alle soglie degli anni settanta, un interesse "operativo" per la romanità pagana e per la stessa esperienza del Gruppo di Ur.
A seguito di ciò, a Roma, NapoliMessina e Milano nacque e si sviluppò il Gruppo dei Dioscuri, del quale Evola stesso era a conoscenza, che pubblicò una serie di quattro fascicoli dal titolo: L'Impeto della vera culturaLe due RazzePhersu maschera del Nume e Rivoluzione Tradizionale e Sovversione, per poi far perdere le sue tracce. Erroneamente considerato disciolto da alcuni autori , in particolare Renato del Ponte, il Gruppo dei Dioscuri ha continuato le proprie attività dal 1969, anche dopo la scomparsa del fondatore e guida spirituale, avvenuta nel 2000, manifestandosi in diverse regioni italiane. In Campania il reggente dei Dioscuri tenne la sua ultima e inconsueta apparizione pubblica in una conferenza intitolata "Oltre ogni distruzione - la Tradizione vive".
Un vivo interesse per la religione prisca di Roma emerse anche nella rivista evoliana Arthos, fondata a Genova nel 1972) e diretta da Renato del Ponte, autore di Dei e miti italici (1985) e La religione dei Romani (1993). Nel 1984, le esperienze dei Dioscuri messinesi furono riprese nel Gruppo Arx di Salvatore Ruta, già componente del gruppo originario, e nella pubblicazione del trimestrale La Cittadella.
Dal 1984 al 1986, tra Calabria e Sicilia, si rimanifestò anche l'Associazione Pitagorica, definita dai suoi portavoce come «lo stesso sodalizio fondato da Arturo Reghini nel dicembre del 1923», che pubblicava la rivista Yghìeia. L'associazione cessò ufficialmente di esistere nel 1988 con la morte del suo presidente, Sebastiano Recupero.
Uno dei membri, Roberto Sestito, diede poi vita ad autonome attività editoriali, dalla rivista Ignis (1990-1992), all'omonima casa editrice, al bollettino Il flauto di Pan (2000): il tema religioso e rituale pagano-romano però, malgrado le dichiarazioni di principio, fu pressoché assente. Tra il 1979 e il 1989, la casa editrice genovese Il Basilisco, pubblicò una trentina di opere nella Collana di Studi Pagani, tra le quali: SimmacoRelazione sull'altare della VittoriaPorfirioLettera ad AneboGiamblicoI MisteriProcloElementi di teologia; De Angelis, Il nome arcano di Roma; Giuliano ImperatoreInno alla Madre degli Dei; Giandomenico Casalino, Il nome segreto di Roma. Tra i collaboratori vi furono Renato del Ponte, Diego Meldi, Giandomenico Casalino e Glauco Berrettoni.
Il tema della Tradizione Romana è stato presente anche nella rivista dell'associazione Senatus di Piero Fenili e Marco Baistrocchi (quest'ultimo morto nel 1997): Politica Romana (1994-2004). Pubblicazione di elevato livello culturale, è stata considerata da molti una rivista romano-pagana, pitagorica e "reghiniana".

Anni Duemila

Tra le realtà più significative della tradizione gentile romano-italica vi sono:
  • Il Movimento Tradizionale Romano (MTR),[9] concepito a metà degli anni ottanta da Salvatore Ruta (Arx di Messina), Renato Del Ponte (rivista Arthos di Genova, poi Pontremoli) e Roberto Incardona (Centro Studi Tradizionali di Trabia, in provincia di Palermo). L'MTR si richiama ritualmente ai soli culti della romanità, non senza un interesse metafisico verso il neoplatonismo. Organizzativamente era strutturato in diversi gruppi detti gentes, delle quali sopravvive la sola gens Julia Primigenia di Roma, guidata da Daniele Liotta. Nel 2005 l'MTR aderì al WCER, poi divenuto ECER, come membro italiano e partecipò ai congressi annuali tenutisi in Grecia, Lettonia e Polonia. Attualmente il MTR fa parte del Consiglio direttivo con il suo presidente e dell'Assemblea con tre suoi rappresentanti. La rivista La Cittadella è stata la voce ufficiale del MTR sino al 2008, pur essendo sempre stata aperta a contributi di varia provenienza.
  • La Societas Romana Pro aris et focis
  • L'Associazione Romània Quirites[10], guidata da Loris Viola e con sede a Forlì. Nata agli inizi degli anni novanta e partecipe della fondazione rituale del MTR nel 1992, si è resa autonoma dal 1998 per divergenze di carattere ideologico-organizzativo.
  • La Societas Hesperiana Pro Culto Deorum, attiva dal 2010 con gruppi in EmiliaLombardia e Piemonte. È associata all'ECER (European Congress of Ethnic Religions). Le ricerche e la pratica dell'associazione si orientano nel campo del rapporto tra Roma e le differenti realtà regionali dell'Italia precedenti alla completa cristianizzazione della penisola, nonché alla ricerca sulle rimanenze pagane nelle differenti culture locali italiane e dell'arco alpino.

Risultati immagini per via romana agli dei

Note

  1. ^ http://www.grandidizionari.it/Dizionario_Italiano/parola/G/gentilita.aspx?query=gentilit%C3%A0
  2. ^ http://www.saturniatellus.com/storia-del-mtr/
  3. ^ Neopaganesimo: verso una definizione
  4. ^ ECER | European Congress of Ethnic Religions
  5. ^ Federazione Pagana Internazionale
  6. ^ Per ben comprendere le logiche intime della tradizione romana si segnala la lettura di Il culto privato di Roma Antica, vol. 1 e 2, di Attilio de Marchi, Aspetti esoterici nella Tradizione Romana di Elio Ermete e Memoranda et Agenda del MTR, quest'ultimo non privo di diverse imprecisioni.
  7. ^ Raucci
  8. ^ In parte dell'ambiente si parla del mito delle tre R: Romanità, RinascimentoRisorgimento
  9. ^ Movimento Tradizionale Romano, Statuto, su saturniatellus.comURL consultato il 31 marzo 2009.
  10. ^ Associazione Romània Quirites, Identità, su arqreligioneromana.itURL consultato il 31 marzo 2009.

Bibliografia

  • Renato Del Ponte, Il movimento tradizionalista romano nel 900, Scandiano, Sear, 1987.
  • Movimento Tradizionalista Romano, Memoranda et agenda, Edizioni del Tridente, La Spezia 1996.
  • Sacra Limina (a cura del Movimento Tradizionalista Romano), Sul problema di una tradizione romana nel tempo attuale, Scandiano, SeaR, 1988.
  • Introduzione a Prima Tellus (a cura di Siro Tacito), Roma, I Libri del Graal, 1998.
  • Introduzione a Rumon. Sacrae Romae Origines (a cura di H. Caelicus), Roma, I Libri del Graal.
  • Phersu. Maschera del Nume (a cura del centro "Dioscuri" di Napoli), I Fascicoli dei Dioscuri.
  • Storia del Movimento Tradizionale Romano, su saturniatellus.com.
  • Renato Del Ponte, Le correnti della tradizione pagana romana in Italia
  • Elio Ermete, Aspetti esoterici nella tradizione romana gentile, Edizioni Primordia, Milano 2008.
  • Fabrizio Giorgio, Roma Renovata Resurgat. Il Tradizionalismo Romano tra Ottocento e Novecento, 2 voll., Edizioni Settimo Sigillo, Roma, 2011.

Voci correlate