sabato 14 gennaio 2017

Il dio El, padre di Yahveh

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El (ebraico אל, greco Ἐλ, "dio") o IlAlEli è un dio del pantheon dell'area semitica siro-cananeagiudaica e mesopotamica, spesso presentato con caratteristiche di dio supremo, ed uno dei nomi di Dio nella Bibbia ebraica. Dalla medesima radice <-ˤ-l-h>, "altezza", "potenza", deriva in arabo il termine Allah.
Per gli antichi popoli del Medio Oriente, letteralmente "il più alto", era il dio supremo. La radice trilittera di riferimento <-ˤ-l-h> esprime appunto il significato di "essere in alto". Veniva chiamato per questo motivo "l'Altissimo" tra gli dèi, con un'evidente collocazione sovrastante il mondo terreno degli uomini, al di sotto del quale si collocano a loro volta le entità ctonie e quindi, per antitesi, divinità inferiori e tendenzialmente malvagie (pur se con qualche vistosa eccezione).

Attestazioni più antiche

Nella concezione originaria siriaca El sarebbe stato un dio ordinatore del mondo, già preesistente ma caotico, e non tanto creatore ex nihilo. Saremmo in questo caso di fronte alla riproposizione in terra siro-cananea dell'antico mito dualistico pre-achemenide persiano zurvanita che - coerentemente con la concezione della ciclicità della storia, tipica della cultura persiana preislamica - credeva in un'azione "ordinatrice" di una divinità, cui si sarebbe contrapposta l'opera di una divinità disordinatice, disgregatrice, distruttrice. Da questo confronto dialettico fra Caos e Cosmos si produrrebbe la vita e il ciclico divenire storico che muoverebbe l'universo dal caos al cosmo per quindi riprecipitare nel caos e in una successiva fase "cosmetica".

Eblaiti


Statuetta assira del dio El.
Il dio El si incontra tra le attestazioni più antiche nelle rovine della biblioteca reale di Ebla, presso il sito archeologico di Tell Mardikh, in Siria, che data tra il 2600 e il 2300 a.C., poi distrutta dagli Assiri.

Protosinaitici

Un'antica iscrizione in protosinaitico rinvenuta sul Monte Sinai reca le parole ’lḏ‘lm (El id 'olam), interpretate come ’il ḏū ‘ôlmi, cioè "El l'Eterno" o l'"Eterno Dio". Il dio egizianoPtah recava invece il titolo di ḏū gitti "El di Gath", cioè "Dio" o "Signore di Gath", città Filistea, in una stele rinvenuta a Lachish e databile al regno di Amenhotep II (14351420 a.C. circa). Il medesimo titolo appare anche nel testo Serābitṭ 353. Lo stesso Cross, nei suoi studi, sottolinea come Ptah sia di frequente chiamato "Signore dell'Eternità", similmente all'El del Sinai.

Ittiti

In talune iscrizioni ricorre il nome di 'Ēl qōne 'arṣ, cioè di "'El creatore della Terra", includendo anche un'iscrizione molto più tarda rinvenuta a Leptis Magna, in Tripolitania, e databile al II secolo (KAI. 129). Lo stesso titolo ricorre anche nei testi ittiti con la crasi Ilkunirsa, che appare essere marito di Asherdu (Asherah) e padre di 77 od 88 figli.

Hurriti

In un inno hurrita ad El[1] egli appare chiamato anche ’il brt e ’il dn, tradotto rispettivamente come "El dell'alleanza" ed "El il giudice"[2].

Amorrei

Iscrizioni amorree rinvenute a Zinčirli e con riferimento a numerose divinità, a volte citate per nome, altre per titolo, riportano con frequenza la radice il nome di El nella sua forme Il, inteso come "dio". In particolare compaiono titoli come ilabrat "dio delle genti", il abīka "dio dei tuoi padri", il abīni "dio di nostro padre" e simili. Sono riportate anche numerose genealogie divine, con i nomi divini elencati secondo una particolare famiglia o clan, ancora a volte per nome ed altre per titolo, sempre includendo la radice Il. Negli stessi nomi di persona degli Amorrei gli elementi più comuni in riferimento alla divinità erano IlHadad o Adad e Dagan. E si ritiene che Il-El possa essere assimilato a quella stessa divinità suprema Martu che in accadico veniva resa con il nome di Illu-Amurru o Amurru.

Ugariti

Ad Ugarit tre liste di divinità ritrovate nel sito archeologico iniziano citando El ed i suoi tre figli, DagnuBa'l e Ṣapān, attribuendo a questi quattro dei il titolo di ’il-'ib, che sembra essere il nome di un generico titolo di divinità forse correlata agli antenati divinizzati del popolo ugaritico[3]. Tuttavia nella città si trovavano un grande tempio dedicato a Dagnu ed un altro grande tempio dedicato al fratello Ṣapān, ma nessuno dedicato al terzo fratello Ba'l e soprattutto nessuno dedicato ad El.
Al dio supremo El ci si riferisce ripetutamente con l'epiteto Ṯôru ‘Ēl ("El il toro" o "Dio-toro"). Egli reca i titoli di bātnyu binwāti ("creatore delle creature"), ’abū banī 'ili ("padre degli dei"), ‘abū ‘adami ("padre dell'uomo") e qāniyunu ‘ôlam ("creatore eterno"). Quest'ultimo epiteto ‘ôlam ricollega ancora una volta El alla divinità sinaitica El-Ptah. Egli è inoltre ḥātikuka ("il tuo patriarca") ed è rappresentato come un anziano saggio dalla barba bianca. Altri suoi titoli sono quelli di malku ("re"), ’abū šamīma ("padre degli anni") e lṭpn, termine di incerto significato, variamente reso come LatpanLatipan o Lutpani, col possibile significato di "dalla faccia velata". Infine egli è ’ēl gibbōr ("El il guerriero").
Il misterioso testo ugaritico di Shachar e Shalim racconta come El, probabilmente agli inizi dei tempi, giunse sulla riva del mare, dove vide due donne che galleggiavano e ne fu sessualmente attratto, prendendole con sé. Uccise quindi un uccello lanciandogli contro un bastone, arrostendolo sul fuoco, e chiese dunque alle donne di avvertirlo quando sarebbe stato completamente cotto e di rivolgerglisi come ad un padre o ad un marito e che lui si sarebbe di conseguenza comportato nel modo secondo il quale lo avrebbero chiamato. Quelle lo salutarono quindi come marito e giacquero con lui, dando alla vita Shachar ("alba") e Shalim ("tramonto"). Poi ancora una volta El giacque con le sue mogli e queste partorirono gli "dei graziosi", "figli del mare". I nomi di queste mogli non sono espressamente citati, ma alcune confuse descrizioni all'inizio del racconto fanno riferimento alla dea Athirat, che è altrimenti nota come la moglie prediletta di El, e alla dea Rahmay ("misericordiosa"), altrimenti sconosciuta.
Ancora, nell'ugaritico ciclo di Baal, El viene descritto abitare sul (o nel) monte Lel (forse col significato di "notte"), presso le sorgenti di due fiumi che scaturiscono da due caverne. Vive in una tenda, in accordo con alcune interpretazioni del testo, il che spiegherebbe perché non si trovi un suo tempio in Ugarit. Per quanto riguarda i due fiumi che sorgono da due caverne, questi potrebbero riferirsi a veri corsi d'acqua o alle mitologiche sorgenti sotterranee dell'acqua salata del mare e dell'acqua dolce dei fiumi oppure delle acque terrestri e delle acque celesti. Nell'episodio del Palazzo di B‘al, il dio B‘al invita i 70 figli di Athirat ad una festa nel suo nuovo palazzo: presumibilmente questi figli sono stati dati ad Athirat da El, in quanto nei successivi passaggi vengono descritti - tutti o parte di essi - come ’ilm ("dei"). Il soli figli di El nominati individualmente nei testi ugaritici sono Yam ("mare"), Mot ("morte") e Ashtar, che sembra essere a capo della maggior parte dei figli di El. Il fatto che Ba‘al appaia come figlio di El piuttosto che come figlio di Dagnu, come è normalmente riconosciuto presso gli altri popoli, probabilmente è dovuto al fatto che El si trova in posizione di "padre" di tutta la famiglia degli dei.
Il frammentario testo RS 24.258 descrive poi un banchetto al quale El invita gli altri dei, mettendosi però da sé stesso in ridicolo divenendo oltraggiosamente ubriaco e svenendo dopo essersi confrontato con un altrimenti sconosciuto Hubbay, "lui che ha le corna e la coda". Il testo termina con un incantesimo per la cura di alcuni malanni e forse della stessa sbornia.

Attestazioni successive


Maschera cerimoniale fenicia raffigurante il dio El.

Fenici

Anche un amuleto fenicio del VII secolo a.C. rinvenuto ad Arslan Tash sembra riferirsi ad El. Rosenthal (1969, p. 658) ne tradusse il testo come segue:
« Un eterno legame è stato stabilito per noi. Ashshur lo ha stabilito per noi, e tutti gli esseri divini e la maggioranza del gruppo di tutti i santi, con il vincolo del cielo e della terra, per sempre, ... »
Lo stesso testo risulta però traducibile anche come segue[4]:
« L'Eterno ha compiuto un giuramento di alleanza con noi, Asherah ha fatto [un patto] con noi. E con tutti i figli di El, e con il Gran Consiglio di tutti i santi. Con il giuramento del cielo e della terra antica. »
Ricavandone un evidente riferimento all'epiteto protosinaico di El-Ptah. Egli è inoltre considerato ancora una volta padre di Dagan, a sua volta identificato come padre di Baal, il principale tra gli dei fenici. Esiste inoltre la possibilità che El sia identificabile con quello stesso Baal-Ammone che era adorato come suprema divinità nella colonia fenicia di Cartagine.

Cananei

Per gli abitanti di CanaanEli o Il era la suprema divinità, padre dell'umanità e di tutte le specie. Ad un certo punto sembra divenire un dio del deserto, dato che i miti lo descrivono avere due mogli, con le quali costruisce un santuario nel deserto assieme ad un suo nuovo figlio. El è considerato ancora una volta padre di numerosi dei, i più importanti dei quali sono Hadad, Yaw e Mot, rispettivamente signori del cielo (e del tuono, del fulmine e delle tempeste), del mare (e del terremoto) e dell'oltretomba.
El è talora mostrato come un vecchio seduto su un trono, con una grande barba bianca e due ampie corna di bue sovrastanti la testa. Qualche studioso ipotizza che El possa essere stata la personificazione dell'antenato totemico della tribù, la cui forza generativa portò a elaborare l'idea che egli fosse di conseguenza il creatore di ogni cosa.

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El biblico


Il tetragramma biblico rappresentante il nome impronunciabile del Dio della Bibbia
Nella Tanakh ebraica, El è uno dei nomi coi quali viene citato il dio biblico Yahweh.

Ipotesi sull'origine del dio biblico

I legami tra il dio semitico El ed il dio dell'Antico Testamento sono numerosi, a partire dalla raffigurazione stessa che, malgrado la riottosità dell'Ebraismo a rappresentare l'Essere Supremo, si dà di Dio, il quale appare immaginato come un vecchio seduto sul trono.
Il fatto poi che l'El di Ugarit avesse un figlio di nome Yam ha indotto qualche studioso[5] a ipotizzare un'affinità tra il figlio dell'El ugaritico e lo Yahvè ebraico: attestazione forse di una situazione politeistica ebraica in età pre-monarchica e monarchica, evolutasi poi in monoteismo.
Secondo alcune ipotesi popolazioni semitiche provenienti dalla Siria e residenti in Egitto durante il II millennio a.C., identificarono forse El col Dio unico Aton, sotto il regno del faraone Akhenaton. Allo stesso modo per cui Aton era considerato il creatore e generatore di tutti gli altri dèi del pantheon egiziano, così El sarebbe stato considerato il creatore degli dèi minori cananei cioè gli Elohim. Si addita come prova di questa identificazione il Salmo biblico numero 104 che ricorda l'Inno ad Aton scritto dal faraone Akhenaton, scritto solo su una tavoletta di argilla nel sito archeologico di Tell-el-Amarna, rimasta sepolta e ignorata sin dal tempo di quel faraone. Questa prima identificazione avrebbe favorito la diffusione del suo culto tra i seguaci di Aton dopo la restaurazione religiosa e in questo modo si potrebbe forse spiegare una genesi del Dio di Mosè da Aton. Per quanto riguarda il fatto che El sarebbe il padre di altri dei, gli Elohim, divinità minori maschili citati spesso nella Bibbia, occorre però tener presente che secondo alcuni l'uso di un simile plurale sarebbe né più né meno che una forma di "pluralis maiestatis", in realtà ci sono chiari riferimenti che indicano l'effettiva presenza di più elohim, diversamente, per riferirsi alla divinità siro-cananea di Baal (Signore, Padrone), si usava il plurale di rispetto "Ba‘alim", o per Astarte si parlava di "Astarti" (Giudici 10:6).
Nell'ambito di un tentativo di unificazione di Israele, fatto dal Re Giosia nel VII secolo a.C., si sarebbe identificato El, Dio creatore di Israele, con IHWH, il Signore degli eserciti, Dio nazionale di Giuda. A tal fine altre ipotesi affermano che sarebbe stato scritto un libro di propaganda religiosa che unificava le genealogie delle tribù d'Israele e che in seguito sarebbe diventato la sacra Bibbia. Tutto ciò appartiene al campo delle pure ipotesi, mentre è più difficilmente contestabile il fatto che El e Yahweh abbiano caratteristiche assai diverse fra loro, pur rappresentando entrambi il Dio Padre creatore, unico e onnipotente.[6]
Secondo altre ipotesi invece El sarebbe legato agli aspetti mistici dell'Ebraismo, al profetismo e alla Cabala, tipiche tutte di una società ancora fortemente legata al nomadismo d'origine, mentre Yahweh sarebbe legato all'osservanza della Legge divina, al patto con Dio e alla circoncisione, allo studio della Torah e, quindi, a una concezione religiosa tipica dei modelli societari caratterizzati da sedentarismo.
La medesima radice <ˤ-l-h>, da cui deriva il nome El, origina in arabo il termine Allah (articolo determinativo "al" + ˤ-l-h), il Dio unico dei musulmani, e ilāh (divinità generica).

Note

  1. ^ Ugaritica V, documento RS 24.278
  2. ^ Cross (p. 39)
  3. ^ Cross [1973; p. 14]
  4. ^ Cross (1973, p. 17)
  5. ^ Cazelles e Garbini
  6. ^ Israel Finkelstein and Neil Asher Silberman, Le tracce di Mosè, 2001.



Bibliografia

  • Bruneau, P.: Recherches sur les cultes de Délos à l'époque hellénistique et à l'époque imperiale, E. de Broccard, 1970, Parigi.
  • Cazelles, H.: "Mari et l'Ancien Testament", in XVe Rencontre Assyriologique Internationale (La Civilisation de Mari Liegi, 1966), Parigi, 1967, pp. 82–86.
  • Cross, Frank Moore (1973). Canaanite Myth and Hebrew Epic. Cambridge, Mass., Harvard University Press. ISBN 0-674-09176-0.
  • Messod e Sabbah Roger: I Segreti dell'Esodo, Tropea Editore, 2005
  • Finkelstein Israel e Silberman Neil A.: Le tracce di Mosè. La Bibbia tra storia e mito, Carocci, 2002
  • Garbini, C.: Storia e ideologia nell'Israele antico, Brescia, 1986.
  • Grottanelli, C.: "La religione di Israele prima dell'Esilio", in: Storia delle religioni. 2. Ebraismo e Cristianesimo, a cura di G. Filoramo, Roma, 1995.
  • Rosenthal, Franz (1969). "The Amulet from Arslan Tash". Trans. in Ancient Near Eastern Texts, 3rd ed. with Supplement, p. 658. Princeton: Princeton University Press. ISBN 0-691-03503-2.
  • Teixidor, James (1977). The Pagan God Princeton: Princeton University Press. ISBN 0-691-07220-5

Cito come fonte anche questo interessante articolo di Antonio Lombatti, presso il sito http://www.antoniolombatti.it/B/Blog09-08/Voci/2008/9/16_Yahweh_was_one_of_the_sons_of_El.html

BIBBIA MANIPOLATA: YAHWEH ERA UNO DEI FIGLI DI EL
 
YAHWEH WAS ONE OF THE SONS OF EL
MARTEDÌ 16 SETTEMBRE 2008

 
Vi racconto brevissimamente come è stata manipolata e poi cancellata una frase nel Deuteronomio, che dimostra come gli Israeliti considerassero Yahweh inferiore a El. Ma non solo: il Dio del monoteismo ebraico e cristiano era un figlio di El. Andiamo con ordine.

Il testo ebraico (Deut. 32,8-9) recita:

בְּהַנְחֵל עֶלְיוֹן גּוֹיִם,  בְּהַפְרִידוֹ בְּנֵי אָדָם;  יַצֵּב גְּבֻלֹת עַמִּים,  לְמִסְפַּר בְּנֵי יִשְׂרָאֵל.  כִּי חֵלֶק יְהוָה, עַמּוֹ:  יַעֲקֹב, חֶבֶל נַחֲלָתוֹ. 

Quando l'Altissimo (עליון, Elyon, ovvero El) divideva i popoli,
quando disperdeva i figli dell'uomo,
egli stabilì i confini delle genti
secondo il numero degli Israeliti.
Perché porzione del Signore (יהוה, Yahweh) è il suo popolo,
Giacobbe è sua eredità.

Se guardiamo il testo ebraico non troviamo «il numero degli Israeliti», ma בני ישראל, cioè «figli di Israele». Ma anche questo non è corretto. 

Abbiamo due testimonianze letterarie certe su come si presentasse la frase originaria: la Septuaginta, ovvero la traduzione in greco dell’Antico Testamento, e due frammenti quamranici che commentano proprio il Deuteronomio.

I manoscritti greci più antichi presentano υἱῶν θεοῦ, ovvero «figli di Dio (El)». Il che è confermato dal frammento 4QDeutq che dice «figli di Dio (El)» (בני אל) e 4QDeutj ancora «figli di Dio (El)» (בני אלהים). E uno di questi figli, Yahweh, aveva ricevuto Israele in dono dal padre. 

Poi, sono arrivati i censori e i manipolatori del testo. Che da empio e politeistico è stato trasformato in sacro e monoteistico.

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Mark Smith proves (p. 143) beyond doubt how the original text of Deut. 32:8-9 had «sons of El». And Yahweh was one of his sons. The passage presents a cosmic order in which each deity received its own nation. Israel was the nation which Yahweh received, yet El was the head of the original Israelite pantheon and Yahweh one of its members.

Thus, the orginal text (בני אל found in Qumran scrolls and υἱῶν θεοῦ in the oldest LXX manuscripts) was removed and manipulated, so that an unholy and polytheistic reference turned 
out to be a holy and monotheistic certainty.
 

El-Gabal, il dio sole di Emesa (Homs) in Siria, e l'imperatore Eliogabalo

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El-Gabal è una divinità solare adorata ad Emesa, in Siria, nei primi secoli dell'Era volgare, e nota per il fatto che uno dei suoi grandi sacerdoti divenne imperatore romano col nome di Eliogabalo. In seguito venne importato nel pantheon romano e assimilato alla divinità solare romana nota come Sol Indiges durante la Repubblica romana e come Sol Invictus nel II e III secolo.[1]

Dio di Emesa


Il tempio del dio sole El-Gabal a Emesa, con la pietra sacra, sul retro di questa moneta in bronzo l'usurpatore romano Uranio Antonino
Il nome del dio era derivato da due parole siriache, El ("dio") e gabal (concetto associabile a "montagna", si veda l'ebraico gevul e l'arabo jebel), e significa "il dio [che si manifesta in una] montagna". El-Gabal era adorato nel tempio di Emesa, dove era conservato un betilo (una pietra sacra) conico, probabilmente un meteoriteErodiano, uno storico siriano del III secolo, racconta che «questa pietra è adorata come se fosse stata inviata dal cielo; su essa si trovano piccole protuberanze e segni, che alla gente piace considerare un grezzo ritratto del sole, perché è così che li vedono».[2]

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La dinastia reale di Emesa riforniva anche la classe sacerdotale di El-Gabal di alti sacerdoti; quando Domiziano decise di annettere la città all'Impero romano, i sovrani spodestati continuarono ad esercitare una certa influenza sul loro territorio continuando a tenere per sé la carica di gran sacerdote.
Uno dei grandi sacerdoti di El-Gabal fu Giulio Bassiano, la cui prima figlia sposò un generale romano poi salito al trono, Settimio Severo: in questo modo i sacerdoti di El-Gabal si unirono alla dinastia dei Severi, che iniziò a regnare nel 193 sull'Impero.



Sotto, busto dell'imperatore Marco Aurelio Antonino Eliogabalo

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Eliogabalo


Aureo di Eliogabalo, con, al rovescio, la legenda SANCT DEO SOLI ELAGABAL ("Al sacro dio sole El-Gabal") e la raffigurazione di una quadriga che trasporta il betilo (sacra pietra) del tempio del sole di Emesa, custodita nell'Elagabalium a Roma.
Un nipote di Giulio Bassiano, impropriamente passato alla storia come Eliogabalo, divenne imperatore romano; durante il suo breve regno (218-222) cercò non solo di far entrare il dio sole di Emesa, di cui era gran sacerdote, nel pantheon romano, ma, soprattutto, di renderlo la divinità principale della Religione romana, prima associandolo a Giove[3] e poi facendovi confluire tutte le divinità romane.
Fin dal regno di Settimio Severo, l'adorazione della divinità solare era cresciuta in tutto l'impero;[4] Eliogabalo sfruttò questa popolarità per introdurre El-Gabal, che venne rinominato Deus Sol Invictus ("Dio Sole Invitto") e posto al di sopra di Giove[3] (il culto venne introdotto a partire dal 220);[5] per rafforzare il legame tra il nuovo dio e la Religione romana, Eliogabalo fece contrarre a Deus Sol Invictus un "matrimonio sacro" (hieros gamos) con Astarte (la dea lunare), con Minerva, e con la dea cartaginese Urania (Dea Caelestis o Tanit).[6]
Per diventare l'alto sacerdote di El-Gabal, Eliogabalo si fece circoncidere, costringendo pure alcuni suoi collaboratori a fare lo stesso: Cassio Dione Cocceiano racconta che pensò persino di castrarsi, ma non ebbe poi il coraggio di farlo.[3] L'imperatore costrinse i senatori a guardarlo mentre danzava attorno all'altare di Deus Sol Invictus al suono di tamburi e cembali,[7] e ogni solstizio d'estate divenne una grande festa in onore del dio, popolare tra le masse per via della grande distribuzione di viveri.[6] Durante questa festa, Eliogabalo poneva la pietra di Emesa su di un carro adornato con oro e gioielli, che girava la città in parata:
« Un tiro a sei cavalli trasportava la divinità, I cavalli enormi e di un bianco immacolato, con dispendiosi finimenti in oro e ricchi ornamenti. Nessuno teneva le redini, e nessuno era a bordo della biga; il veicolo era scortato come se il dio stesso fosse l'auriga. Eliogabalo camminava all'indietro davanti alla biga, rivolto verso il dio e reggendo le redini dei cavalli. Compiva tutto il viaggio in questo modo inverso, guardando in faccia il suo dio. »
(ErodianoStoria romana, v.6)

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Un sontuoso tempio detto Elagabalium venne costruito sul pendio orientale del Palatino allo scopo di ospitare El-Gabal, il meteorite nero conico che rappresentava il dio solare di Emesa.[7] Le reliquie più sacre della Religione romana furono trasferite dai rispettivi templi all'Elagabalium, inclusa la Magna Mater, il fuoco di Vesta, gli Ancilia dei Salii e il Palladio, in modo che nessun altro dio all'infuori di El-Gabal venisse adorato.[8] Con la morte di Eliogabalo nel 222, il betilo di El-Gabal venne inviato nuovamente ad Emesa[9]

Note

  1. ^ (NL) Devlaminck, Pieter, De Cultus van Sol Invictus: Een vergelijkende studie tussen keizer Elagabalus (218-222) en keizer Aurelianus (270-275), University of Ghent, 2004. URL consultato il 7 agosto 2007.
  2. ^ Erodiano, Storia romana v.3
  3. ^ a b c Cassio Dione, lxxx.11.
  4. ^ Halsberghe, p. 36.
  5. ^ Van Zoonen
  6. ^ a b Erodiano, v.6.
  7. ^ a b Erodiano, v.5.
  8. ^ Historia Augusta - Vita di Eliogabalo, iii.
  9. ^ Erodiano, VI.6

Bibliografia

Fonti primarie

Fonti secondarie

  • Gaston H. Halsberghe, The Cult of Sol Invictus, Leiden, Brill, 1972, p. 36.
  • Lauren van Zoonen, Heliogabaluslivius.org, 2005. URL consultato il 18 agosto 2007.