giovedì 15 dicembre 2016

Il culto del Sol Invictus

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Sol Invictus ("Sole invitto") o, per esteso, Deus Sol Invictus ("Dio Sole invitto") era un appellativo religioso usato per diverse divinità nel tardo Impero romanoHeliosEl-GabalMitra che finirono per essere assimilate, nel periodo della dinastia dei Severi, all'interno di un monoteismo "solare"[2][3].
Al contrario del precedente culto agreste di Sol Indiges ("Sole nativo" o "Sole invocato" - l'etimologia ed il significato del termine indiges sono dubbie), il titolo Deus Sol Invictus fu formato per analogia con la titolatura imperiale Pius, Felix, Invictus (Devoto, Fortunato, Invitto).

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Storia

In Egitto e Siria


Moneta dell'imperatore Marco Aurelio Probo (ca. 280), con Sol Invictus alla guida di una quadriga, con iscrizione SOLI INVICTO, "Al Sole Invitto". Notare come l'imperatore porti una corona radiata, attributo del dio.
Il culto del Sol Invictus ha origine in Oriente: ad esempio, le celebrazioni del rito della nascita del Sole in Siria ed Egitto erano di grande solennità e prevedevano che i celebranti ritiratisi in appositi santuari ne uscissero a mezzanotte, annunciando che la Vergine aveva partorito il Sole, raffigurato come un infante. In particolare, è l'apologeta cristiano Epifanio di Salamina [4] a segnalare che in alcune città d'Arabia e d'Egitto i pagani celebravano una festa dedicata al trionfo della luce sulle tenebre, e incentrata sulla nascita del dio Aîon, generato dalla vergine Kore, con un evidentissimo rimando alla dottrina dell'eterno ritorno: si noti che nella tradizione cosmologica greca "Aîon" era uno degli aspetti del Tempo, inteso nella sua valenza di eterno presente; in greco, inoltre, "kore" è la parola che designa genericamente la "fanciulla" ossia il femminile nelle sue infinite potenzialità, e Kore è anche il nome con cui è nota la figura mitologica di Persefone. La testimonianza di Epifanio è confermata anche da Cosma di Gerusalemme[5], che ancora nel sec. VII d.C. menziona la celebrazione di analoghe cerimonie nella notte tra il 24 e il 25 dicembre.

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Eliogabalo e Mitra

Caracallaantoniniano[6]
Caracalla Antoninianus 218 824365.jpg
ANTONINUS PIUSAVG GERM, testa laureata a destra, in uniforme militare (Paludamentum)P M TR P XVIII COS IIII P P, il Sole in piedi tiene nella mano sinistra un globo, la destra alzata.
23 mm, 4.95 g, coniato nel 216 durante la campagna militare in Oriente contro i Parti.
Il culto acquisì importanza a Roma per la prima volta con l'imperatore Eliogabalo (sebbene vi siano emissioni monetali antecedenti del Sole, almeno dell'epoca di Caracalla), che tentò prematuramente di imporre il culto di Elagabalus Sol Invictus, il Dio-Bolide solare della sua città natia, Emesa, in Siria. Eliogabalo fece costruire un tempio dedicato alla nuova divinità sul Palatino[7]. Con la morte violenta dell'imperatore nel 222 questo culto cessò di essere coltivato a Roma, anche se molti imperatori continuarono ad essere ritratti sulle monete con l'iconografia della corona radiata solare per quasi un secolo.
Il Sol Invictus, inoltre, compare come divinità subordinata associata al culto di Mitra. Il termine Invictus compare anche riferito a Mitra stesso e al dio Marte nelle iscrizioni private dei dedicanti e dei devoti.



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Culto solare romano


Aureliano con la corona radiata, su una moneta di bronzo argentato rinvenuta a Roma, 274-275

Mitra al centro e il Sol Invictus in alto a sinistra, Musei Vaticani
Nel 272 Aureliano sconfisse la principale nemica dell'impero (riunificandolo), la Regina Zenobia del Regno di Palmira, grazie all'aiuto provvidenziale della città stato di Emesa (arrivato nel momento in cui le milizie romane si stavano sbandando). L'imperatore stesso dichiarò di aver avuto la visione del dio Sole di Emesa, che interveniva per rincuorare le truppe in difficoltà nel corso della battaglia decisiva[8].
In seguito, nel 274, Aureliano trasferì a Roma i sacerdoti del dio Sol Invictus e ufficializzò il culto solare di Emesa, edificando un tempio sulle pendici del Quirinale e creando un nuovo corpo di sacerdoti (pontifices solis invicti).

Comunque, al di là dei motivi di gratitudine personale, l'adozione del culto del Sol Invictus fu vista da Aureliano come un forte elemento di coesione dato che, in varie forme, il culto del Sole era presente in tutte le regioni dell'impero. Anche molte divinità greco-romane, come Giove e Apollo, erano identificate con il sole. Inoltre, come riferisce l'apologista cristiano Tertulliano, molti credevano erroneamente che gli stessi cristiani adorassero il sole.
Sebbene il Sol Invictus di Aureliano non sia ufficialmente identificato con Mitra, richiama molte caratteristiche del mitraismo, compresa l'iconografia del dio rappresentato come un giovane senza barba.
Aureliano consacrò il tempio del Sol Invictus in una data ignota verso la fine del 274[9], facendo del dio-Sole la principale divinità del suo impero ed indossando egli stesso una corona a raggi.

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Si presume che a lui risalga la festa solstiziale del Dies Natalis Solis Invicti, "Giorno di nascita del Sole Invitto". La scelta di questa data poteva rendere più importante la festa, in quanto la innestava, concludendola, sulla festa romana più antica, i Saturnali.
La celebrazione del Sole Invitto proprio il 25 dicembre è testimoniata nel Cronografo del 354 insieme alla testimonianza del Natale. Durante il regno di Licinio la celebrazione del Sol Invictus si svolse il 19 dicembre, data forse più prossima al solstizio astronomico nel calendario allora in vigore.[10][11]. La festa, inoltre, del Sole Invitto era celebrata anche in altre date, ad esempio dal 19 al 22 ottobre[12].
La prima testimonianza della celebrazione del Natale cristiano successiva al Cronografo del 354 risale al 380, grazie ai sermoni di san Gregorio di Nissa. La festa del Natale di Cristo, infatti, non è riportata nei più antichi calendari delle festività cristiane in quanto i cristiani prediligevano altre feste fra cui oltre alla Pasqua anche l'Epifania/Battesimo di Gesù e il concepimento, ipotizzato 33 anni esatti prima della morte di Gesù. Fra le date festive più antiche figurano proprio il 6 gennaio e il 28 marzo (o altra data pasquale per il presunto anno di nascita di Gesù).

"Al compagno Sole Invitto"


Moneta di Costantino, con una rappresentazione del Sol Invictus e l'iscrizione SOLI INVICTO COMITI, "al compagno (di Costantino), il Sole Invitto".
Anche l'imperatore Costantino sarebbe stato un cultore del Dio Sole, in qualità di Pontifex Maximus dei romani. Egli, infatti, raffigurò il Sol Invictus sulla sua monetazione ufficiale, con l'iscrizione SOLI INVICTO COMITI, "Al compagno Sole Invitto", definendo quindi il dio come un compagno dell'imperatore.[13]
Con un decreto del 7 marzo 321 Costantino stabilì che il primo giorno della settimana (il giorno del Sole, Dies Solis) doveva essere dedicato al riposo:
(LA)
« Imperator Constantinus.Omnes iudices urbanaeque plebes et artium officia cunctarum venerabili die solis quiescant. ruri tamen positi agrorum culturae libere licenterque inserviant, quoniam frequenter evenit, ut non alio aptius die frumenta sulcis aut vineae scrobibus commendentur, ne occasione momenti pereat commoditas caelesti provisione concessa. * const. a. helpidio. * <a 321 pp. v non. mart. crispo ii et constantino ii conss.> »
(IT)
« Nel venerabile giorno del Sole, si riposino i magistrati e gli abitanti delle città, e si lascino chiusi tutti i negozi. Nelle campagne, però, la gente sia libera legalmente di continuare il proprio lavoro, perché spesso capita che non si possa rimandare la mietitura del grano o la semina delle vigne; sia così, per timore che negando il momento giusto per tali lavori, vada perduto il momento opportuno, stabilito dal cielo. »
(Codice giustinianeo 3.12.2)
Natale
Letteralmente natale significa "nascita". La festività del Dies Natalis Solis Invicti ("Giorno di nascita del Sole Invitto") veniva celebrata nel momento dell'anno in cui la durata del giorno iniziava ad aumentare dopo il solstizio d'inverno: la "rinascita" del sole. Il termine solstizio viene dal latino solstitium, che significa letteralmente "sole fermo" (da sol, "sole", e sistere, "stare fermo").
Infatti nell'emisfero nord della Terra tra il 22 e il 24 dicembre il sole sembra fermarsi in cielo (fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all’equatore). In termini astronomici, in quel periodo il sole inverte il proprio moto nel senso della "declinazione", cioè raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale. Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano cioè la notte più lunga e il dì più corto dell’anno. Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, in giugno, quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo. Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale e "invincibile" sulle stesse tenebre. E proprio il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo "Natale". Questa interpretazione "astronomica" può spiegare perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi così distanti tra loro. Tutto parte da una osservazione attenta del comportamento dei pianeti e del sole, e gli antichi, per quanto possa apparire sorprendente, conoscevano bene gli strumenti che permettevano loro di osservare e descrivere movimenti e comportamenti degli astri.
Dopo aver abbracciato la fede cristiana, nel 330 l'imperatore ufficializzò per la prima volta il festeggiamento cristiano della natività di Gesù, che con un decreto fu fatta coincidere con la festività pagana della nascita di Sol Invictus. Il "Natale Invitto" divenne il "Natale" Cristiano (v. sotto, Sol Invictus ed il Cristianesimo).[14]
Verso la metà del IV secolo papa Giulio I ufficializzò la data del Natale da parte della Chiesa cattolica, come tramandato da Giovanni Crisostomo nel 390:
« In questo giorno, 25 dicembre, anche la natività di Cristo fu definitivamente fissata in Roma. »
(Giovanni Crisostomo)

L'editto di Teodosio

La religione del Sol Invictus restò in auge fino al celebre editto di Tessalonica di Teodosio I del 27 febbraio 380, in cui l'imperatore stabiliva che l'unica religione di Stato era il Cristianesimo di Nicea, bandendo di fatto ogni altro culto.
Il 3 novembre 383 il Dies Solis, che era chiamato anche Dies Dominicus, giorno del Signore, in accordo con l'uso cristiano attestato da quasi tre secoli (cfr. Apocalisse 1, 16), fu dichiarato giorno di riposo obbligatorio per le liti giuridiche, per gli affari e per la riscossione dei debiti, comandando che fosse considerato sacrilego chi non ottemperava all'editto:
« Idem aaa. ad Principium praefectum praetorio. Solis die, quem dominicum rite dixere maiores, omnium omnino litium et negotiorum quiescat intentio; debitum publicum privatumque nullus efflagitet; ne aput ipsos quidem arbitros vel e iudiciis flagitatos vel sponte delectos ulla sit agnitio iurgiorum. Et non modo notabilis, verum etiam sacrilegus iudicetur, qui a sanctae religionis instinctu rituve deflexerit. Proposita III non. nov. Aquileiae Honorio n. p. et Evodio conss. »
(Codice teodosianoxi.7.13)

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Sol Invictus e cristianesimo

La terminologia relativa alla luce e alle sue fonti: lucerna, fuoco, stelle, Luna e -primo fra tutti- Sole si riferisce innanzitutto alla loro realtà fisica. In seguito all'esperienza umana questi termini si caricarono di ulteriori significati e divennero metafora o simbolo, assumendo significati più ampi e complessi. Ad es. la luce si contrappone all'oscurità, il giorno alla notte e per questo motivo la luce diventa simbolo di verità, di conoscenza, di consapevolezza che si contrappone all'oscurità dell'ignoranza e della menzogna. Questo processo è molto antico e ha portato per esempio i popoli mesopotamici ad attribuire al dio sole Šamaš il compito di garantire la giustizia e il rispetto degli accordi.Già nella stele di Hammurabi il re babilonese è ritratto mentre riceve da Shamash le leggi, che promulgherà.

Il Sole come simbolo ebraico del Messia

Un legame tra il Sole e la figura del Messia atteso dal popolo ebraico compare nella seguente profezia biblica:
« la mia giustizia sorgerà come un Sole e i suoi raggi porteranno la guarigione...il giorno in cui io manifesterò la mia potenza, voi schiaccerete i malvagi... »
(Libro di Malachia, 3, 20-21.)
Questa immagine della giustizia di Dio come un astro splendente risale al libro di Isaia (Is 30, 26 e Is 62, 1) ed è ripreso anche nel libro della Sapienza (Sap 5, 6).
L'utilizzo del Sole come simbolo messianico nel periodo immediatamente precedente la nascita del giudeo-cristianesimo si ritrova nei manoscritti del Mar Morto[15]:
« La sua parola è come parola del cielo; il suo insegnamento è secondo la volontà di Dio. Il suo eterno Sole splenderà e il suo fuoco sarà fulgido in tutti i confini della terra; sulla tenebra splenderà. Allora la tenebra sparirà dalla terra, l'oscurità dalla terraferma. »
(Apocrifo di Levi (4Q541), frammento 9, colonna 1, righe 2-6.)

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Simbolismo solare associato a Gesù

L'annuncio dell'arrivo di un Sole di giustizia presente nel libro di Malachia, che conclude il Tanakh, è stato interpretato dai cristiani come un annuncio profetico della nascita di Gesù. La presenza di un importante annuncio era resa ancora più verosimile dal fatto che Malachia non è il nome dell'autore del libro, ma significa messaggero. Questa interpretazione è implicita già nel primo capitolo del vangelo secondo Luca (Lc 1, 79-79), in cui Zaccaria, quando preannuncia che Giovanni Battista andrà "dinanzi al Signore a preparargli la via", profetizza che la misericordia di Dio "ci verrà incontro dall'alto come luce che sorge", ed infatti nel capitolo successivo Gesù è presentato come "luce per illuminare le nazioni" (cfr. Lc 2, 32).
Il simbolismo teologico "Cristo-Luce" è caratteristico del Vangelo secondo Giovanni (cfr. Gv 1, 4-9 e Gv 8, 12), che mette spesso in evidenza la contrapposizione tra luce e tenebra. Nelle epistole paoline la simbologia della luce è molto presente con una grande ricchezza di sfumature e significati (ad es. Ef 5, 8-14), tra i quali viene associato anche il Messia citato in modo simile nella letteratura rabbinica[16].
Se la simbologia della luce è ben presente nel Nuovo Testamento, il Sole non viene quasi mai associato esplicitamente a Cristo. Il Sole come termine ricorre 22 volte e solo due volte viene usato come paragone per lo splendore del volto di Gesù. La prima circostanza è la trasfigurazione, durante la quale il volto di Gesù splendeva come il Sole (Mt 17, 2). Anche nell'Apocalisse di Giovanni, quando Cristo appare all'apostolo: "il suo volto somigliava al sole quando splende in tutta la sua forza" (Ap 1, 16).
Il simbolismo solare è invece molto comune fra i primi scrittori cristiani, che distinsero il "vero Sol iustitiae da quello venerato dai pagani e dai manichei"[17]. Il simbolismo era anche stimolato dal racconto della risurrezione, di cui il risorgere quotidiano del Sole può essere considerato una metafora.

Il simbolismo solare nell'iconografia cristiana


Mosaico del III secolo nella Necropoli vaticana sotto la basilica di San Pietro, nella volta nel Mausoleo dei Giulii: è stata avanzata l'ipotesi che sia una raffigurazione di Gesù nelle vesti del dio-sole Apollo-Helios/Sol Invictus alla guida del carro.
L'iconografia cristiana delle origini utilizzò sistematicamente temi iconografici pagani, soprattutto nei primi tre secoli, quando il rischio delle persecuzioni impediva l'utilizzo di simboli troppo esplicitamente cristiani in luoghi come le catacombe. Furono perciò utilizzati anche attributi solari per alludere a Cristo come la corona radiata del Sol Invictus o, in alcuni casi, il carro solare. Un mosaico forse raffigurante Gesù come Apollo-Helios è stato scoperto in un mausoleo sotto la basilica di San Pietro e datato circa al 250, nel periodo cioè delle persecuzioni di Valeriano. La valenza cristiana del mosaico si dedurrebbe dai tralci di vite che circondano l'immagine del dio Helios[18].
Fin dagli albori del cristianesimo le chiese cristiane - dove era possibile - furono orientate con l'abside ad Oriente. Ciò potrebbe avere un'interpretazione solare dato che l'Oriente può essere considerato simbolicamente il punto dove sorge il sole (invitto dopo la lotta contro le tenebre) e sale nel cielo. La presenza di affreschi del Cristo Pantocratore nell'abside delle prime chiese rafforzerebbe l'identificazione del Risorto con il Sole. Tuttavia, già secoli prima del culto del Sol invictus, il Tempio di Salomone era orientato lungo l'asse Est-Ovest (ma con l'ingresso a Est). Anche le sinagoghe dovevano essere orientate a Est tutte le volte che non era possibile orientarle verso Gerusalemme.
L'utilizzo del sole come simbolo cristologico è durata nei secoli sino a oggi. Anche nell'abside esterna del Duomo di Milano vi è la raffigurazione della Trinità, in cui il Cristo è raffigurato non come una persona umana ma come un sole fiammeggiante di pietra. Il monogramma IHS sormontato da una croce e posto dentro una razza fiammante è uno dei più comuni cristogrammi (ripreso come simbolo della Compagnia di Gesù, per esempio). Gli ostensori, che avevano inizialmente una forma di teca (ostensori architettonici) hanno per lo più la forma di disco solare. La razza (o raggera) fiammante è considerata uno dei simboli più tipici del sole.

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Sovrapposizione fra culto solare e culto cristiano


Sol Invictus presso il Museo nazionale romano
Molto prima che Eliogabalo e i suoi successori diffondessero a Roma il culto siriaco del Sol invictus, molti romani ritenevano che i cristiani adorassero il sole:
« Gli adoratori di Serapide sono cristiani e quelli che sono devoti al dio Serapide chiamano se stessi Vicari di Cristo »
(Adriano)
« …molti ritengono che il Dio cristiano sia il Sole perché è un fatto noto che noi preghiamo rivolti verso il Sole sorgente e che nel Giorno del Sole ci diamo alla gioia »
(TertullianoAd nationes, apologeticum, de testimonio animae)
Questa confusione era senz'altro favorita dal fatto che Gesù era risorto nel primo giorno della settimana, quello dedicato al sole, e perciò i cristiani avevano l'abitudine di festeggiare proprio in quel giorno (oggi chiamato domenica):
« Nel giorno detto del Sole si radunano in uno stesso luogo tutti coloro che abitano nelle città o in campagna, si leggono le memorie degli apostoli o le scritture dei profeti, per quanto il tempo lo consenta; poi, quando il lettore ha terminato, il presidente istruisce a parole ed esorta all'imitazione di quei buoni esempi. Poi ci alziamo tutti e preghiamo e, come detto poco prima, quando le preghiere hanno termine, viene portato pane, vino e acqua, e il presidente offre preghiere e ringraziamenti, secondo la sua capacità, e il popolo da il suo assenso, dicendo Amen. Poi viene la distribuzione e la partecipazione a ciò che è stato dato con azioni di grazie, e a coloro che sono assenti viene portata una parte dai diaconi. Coloro che possono, e vogliono, danno quanto ritengono possa servire: la colletta è depositata al presidente, che la usa per gli orfani e le vedove e per quelli che, per malattia o altre cause, sono in necessità, e per quelli che sono in catene e per gli stranieri che abitano presso di noi, in breve per tutti quelli che ne hanno bisogno. »
(GiustinoII secolo d.C.)
Questa scelta liturgica era inevitabile. Il giorno del sole, infatti, non solo era proprio il primo della settimana, quello in cui Gesù era risorto, ma anche aveva una valenza metaforica teologicamente e scritturalmente corretta. L'abitudine di chiamare tale giorno "giorno del Signore" (dies dominica, da cui, appunto il nome domenica) compare per la prima volta alla fine del primo secolo (Apocalisse 1, 10) e poco dopo nella didachè, prima cioè che il culto del Sol Invictus prendesse piede.
Anche la decisione di celebrare la nascita di Cristo in coincidenza col solstizio d'inverno ha dato origine a molte controversie, dato che le date di nascita di Gesù fornite dai Vangeli sono imprecise e di difficile interpretazione. Le prime notizie di feste cristiane per celebrare la nascita di Cristo risalgono circa all'anno 200. Clemente Alessandrino riporta diverse date festeggiate in Egitto, che sembrano coincidere con l'Epifania o col periodo pasquale (cfr. Data di nascita di Gesù). Nel 204 circa, invece, Ippolito di Roma propone il 25 dicembre (e la correttezza storica di tale scelta sembrerebbe essere stata approssimativamente confermata da recenti scoperte[19]). La decisione, tuttavia, di uniformare la data delle celebrazioni proprio il 25 dicembre potrebbe essere stata stabilita in buona parte per motivi "politici" in modo da congiungersi e sovrapporsi alle feste pagane dei Saturnali e del Sol invictus.
La confusione fra i culti continuò per alcuni secoli, anche perché ovviamente l'editto di Tessalonica, che proibiva i culti diversi dal cristianesimo, non determinò la conversione dei pagani. Ancora ottanta anni dopo, nel 460, il papa Leone I sconsolato scriveva:
« È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei. »
(Papa Leone I7° sermone tenuto nel Natale del 460 - XXVII-4)
La sovrapposizione fra culto solare e culto cristiano ha dato origine a molte controversie, tanto che alcuni hanno sostenuto che il cristianesimo sia stato pesantemente influenzato dal mitraismo e dal culto del Sol invictus o addirittura trovi in essi la sua radice vera. Questa tesi si forma durante il Rinascimento, ma si è diffusa negli ultimi decenni, tanto da essere considerata se non accettata perfino negli ambienti più progressisti delle chiese cristiane. Un esempio ce lo fornisce il vescovo siriano Jacob Bar-Salibi che, alla fine del XII secolo, scrive:[20]:
« Era costume dei pagani celebrare al 25 dicembre la nascita del Sole, in onore del quale accendevano fuochi come segno di festività. Anche i Cristiani prendevano parte a queste solennità. Quando i dotti della Chiesa notarono che i Cristiani erano fin troppo legati a questa festività, decisero in concilio che la "vera" Natività doveva essere proclamata in quel giorno. »
(Jacob Bar-Salibi)
Anche l'allora cardinale Joseph Ratzinger (poi papa Benedetto XVI) parla della cristianizzazione della festa dedicata al sole e agli dei che lo rappresentavano.[21]

Sol Invictus nelle raffigurazioni moderne

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Note

  1. ^ Secondo vari autori la festa del Sol Invictus non fu sempre celebrata il 25 dicembre, ma anche in altri periodi dell'anno, come il mese di ottobre (Cfr. M. R. Salzman, New Evidence for the Dating of the Calendar at Santa Maria Maggiore in Rome, Transactions of the American Philological Association (111) 1981, pp. 215-227, a p. 221) o il 19 dicembre (Cfr. Lucio De Giovanni, Costantino e il mondo pagano: studi di política e legislazione, M. D'Auria Editore, 1989). Va anche considerato che, secondo Gaston H. Halsberghe, Aureliano riformò un culto, quello del dio Sol Invictus, che aveva perso seguito tra i fedeli negli anni precedenti, e lo fece per unificare l'impero e rinnovare i legami con l'autorità centrale dopo le varie guerre e i vari imperatori succedutisi rapidamente. Compì quindi non solo una riforma religiosa ma anche una vera e propria riforma amministrativa: «La Cristianità era infatti in pieno sviluppo -scrive Halsberghe- e i culti orientali avevano scosso la fede nelle antiche divinità romane e le aveva derubate della loro capacità di sostenere la devozione». Per Halsberghe quindi, in un periodo storico in cui l'aspirazione religiosa conduceva verso il monoteismo, il nuovo culto del Sol Invictus suggellò gli sforzi di Aureliano per stabilire la centralizzazione e il coordinamento dell'impero: «Lo Stato romano era tornato ad essere uno, ma aveva un leader, l'imperatore, e un unico dio per proteggerlo, il dio Sol Invictus». Il dio Sole fu lo strumento con il quale Aureliano si identificò nella divinità, e con il quale rafforzò la sua autorità. La conseguenza immediata del monoteismo del Sole, dice ancora Halsberghe, «è stata così l'unità religiosa dell'impero e la divinizzazione dell'Imperatore nella sua persona». Cfr.: Gaston H. Halsberghe, The Cult of Sol Invictus, Brill Archive, 1972, pp. 130-157
  2. ^ Cfr. a titolo esemplificativo Giovanni FiloramoChe cos'è la religione, Torino, Einaudi, 2004 p.190.
  3. ^ Per una disamina più approfondita sul "monoteismo solare" cfr., ad esempio, il capito VIII, Monoteismo solare, in Storia della religiosità greca di Wilhelm Nestle tradotto in lingua italiana dalla Nuova Italia di Firenze nel 1973.
  4. ^ Contro le eresie, 51,22,8-11, in: GCS (Die griechischen christlichen Schriftsteller der ersten drei Jahrhunderte, "Scrittori cristiani greci dei primi tre secoli"), Epiphanius, II, 285-286.
  5. ^ Discorso 51, in: PG (Patrologia Graeca, a cura dell'abate Jacques Paul Migne) 38,464.
  6. ^ Roman Imperial CoinageCaracalla, IV, 281a; RSC 358; Cohen 358.
  7. ^ Dettagli su queste vicende sono fornite dalla controversa Historia Augusta, un'opera probabilmente della fine del IV secolo, il cui autore/i sembra essere pagano e anti-imperiale, vicino alla classe senatoria: «Sed ubi primum ingressus est urbem, omissis quae in provincia gerebantur, Heliogabalum in Palatino monte iuxta aedes imperatorias consecravit eique templum fecit, studens et Matris typum et Vestae ignem et Palladium et ancilia et omnia Romanis veneranda in illud transferre templum et id agens, ne quis Romae deus nisi Heliogabalus coleretur. Dicebat praeterea Iudaeorum et Samaritanorum religiones et Christianam devotionem illuc transferendam, ut omnium culturarum secretum Heliogabali sacerdotium teneret.» (Cfr. "Heliogabalus", 3, 4-5).
  8. ^ Historia Augusta, 25, 3-6.
  9. ^ Christian Körner, De imperatoribus romanis, Online encyclopedia of roman emperors
  10. ^ L'ordine ufficiale dato all'esercito di Licinio di celebrare la festa il 19 dicembre è tramandato in una iscrizione citata a p. 480 e nota 128 di: Allan S. Hoey, "Official Policy towards Oriental Cults in the Roman Army" Transactions and Proceedings of the American Philological Association, 70, (1939:456-481)
  11. ^ Cfr. anche Lucio De Giovanni, Costantino e il mondo pagano: studi di política e legislazione, M. D'Auria Editore, 1989
  12. ^ In questo periodo si svolgevano i Ludi Solis, cioè i "Giochi del Sole", sempre secondo il Cronografo del 354. La maggiore durata delle celebrazioni sembra indicare una maggiore importanza di questa festa rispetto a quella del solstizio di dicembre. (M. R. Salzman, "New Evidence for the Dating of the Calendar at Santa Maria Maggiore in Rome" Transactions of the American Philological Association 111 (1981, pp. 215-227) p. 221.
  13. ^ E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 31.
  14. ^ vedi Treccani Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, voce Natale
  15. ^ Il testo citato è databile alla fine del II secolo a.C.; cfr. Giovanni Ibba, Qumran. Correnti del pensiero giudaico (II a.C.-I d.C.), Carocci, Roma-Urbino, 2007, p.111.
  16. ^ Grande Enciclopedia Illustrata della Bibbia, Edizioni PIEMME, Casale Monferrato, 1997, Vol. II, p.279.
  17. ^ Agostino, Enarrationes in Psalmos, 25, 2, 3.
  18. ^ Giuseppe Bovini, Mosaici paleocristiani di Roma (secoli III-VI), Pàtron ed., Bologna, 1971, pp.1-9; Maurizio Chelli, Manuale dei simboli nell'arte. L'era paleocristiana e bizantina, EDUP, Roma, 2008, p.32.
  19. ^ La nascita di Gesù è avvenuta secondo i vangeli circa quindici mesi dopo l'annuncio a Zaccaria della nascita del Battista. La collocazione di questo evento nell'ultima settimana di settembre, in accordo con la tradizione cristiana, è compatibile con le notizie oggi disponibili sul turno di servizio sacerdotale al tempio della classe sacerdotale di Abia, alla quale apparteneva Zaccaria. Cfr. Data di nascita di Gesù
  20. ^ da Christianity and Paganism in the Fourth to Eighth Centuries, Ramsay MacMullen. Yale, 1997, p. 155
  21. ^ La scelta del 25 dicembre per celebrare il Natale cristiano: dal dies natalis del Sol invictus, espressione del culto solare di Emesa (e del dio Mitra), alla celebrazione del Cristo, “sole che sorge”, GliScritti.it. URL consultato il 3 gennaio 2014.

Bibliografia

  • Cumont, F., Le religioni orientali nel paganesimo romanoLaterza, Bari, 1967
  • Rigon, R., Il culto di Mithra tra mito e storia, Quaderno nº 1, Ed. Barbarossa, Saluzzo, 1983
  • Merkelbach, R., Mitra, Ecig, Genova, 1988
  • Altheim. F., Storia della religione romana, Settimo Sigillo, Roma, 1996
  • Arcella, S., I Misteri del sole, Controcorrente, Napoli, 2002

Voci correlate

La maggioranza del governo Gentiloni in Senato


L'esecutivo guidato da Paolo Gentiloni ed appoggiato dal PD, da UDC, da NCD, più alcuni esponenti di altri gruppi parlamentari, ha ottenuto ieri sera la fiducia del Senato con 169 voti, gli stessi con cui ottenne la fiducia il governo Renzi. La maggioranza richiesta era di 162, esclusi i senatori a vita.

Già hanno suscitato perplessità alcune scelte nella composizione del Consiglio dei Ministri.
Maria Elena Boschi è stata infatti promossa ad una carica molto influente, quella di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che le permette di essere il referente diretto di Renzi sull'operato di Gentiloni.
Promossa anche Anna Finocchiaro, che aveva collaborato col team della Boschi alla redazione della Riforma Costituzionale bocciata dal referendum.
Perplessità anche sulla promozione di Angelino Alfano a Ministro degli Esteri, per il quale non sembra avere particolari competenze, a partire da quelle linguistiche (si dice che il suo inglese sia persino peggio di quello di Renzi).
Ma la polemica maggiore riguarda il Ministro dell'Istruzione Università e Ricerca scientifica, Valeria Fedeli, che oltre a non avere alcuna competenza in materia (se non riguardo al supporto dell'educazione di genere, il famoso "gender", per intenderci), ha anche mentito riguardo alla inesistente laurea in scienze sociali, che dopo due giorni di tentennamenti e "incidenti lessicali" si è rivelata essere un normale diploma da assistente sociale. Un po' pochino per chi dovrà guidare l'Università e la Ricerca Scientifica.

Il mitraismo esoterico greco-romano e i suoi gradi di iniziazione







Il mitraismo o mithraismo fu un'antica religione ellenistica, basata sul culto di un dio chiamato Meithras che apparentemente deriva dal dio persiano Mitra e da altre divinità dello zoroastrismo. A differenza dello zoroastrismo fu una religione misterica.

Origine e diffusione

L'origine del mitraismo è da identificarsi nell'area del Mediterraneo orientale intorno al II-I secolo a.C. Questa religione venne praticata anche nell'Impero romano, a partire dal I secolo a.C., per raggiungere il suo apogeo tra il III ed il IV secolo, quando fu molto popolare tra i soldati romani. Il mitraismo scomparve come pratica religiosa in seguito al decreto Teodosiano del 391, che mise al bando tutti i riti pagani, e apparentemente si estinse poco più tardi.
Il culto di Mitra attirò l'attenzione del mondo romano soprattutto per le sue concezioni misteriosofiche, che ruotavano intorno all'idea dell'esistenza dell'anima e della sua possibilità di pervenire attraverso le sette sfere planetarie all'aeternitas.
Nonostante la religione facesse professione di universalismo, questo culto escludeva le donne e fu praticato da ristrette, anche se influenti, élites formate soprattutto dai militari e, in parte, da "burocrati" e amministratori.

Principi

Fonti sul mitraismo

Essendo una religione misterica di iniziazione, al pari dei misteri eleusini, il mitraismo non diede luogo alla diffusione di un corpo di scritture rivelate e anche i suoi rituali erano tenuti segreti e riservati agli iniziati.
Le scarne informazioni scritte sul mitraismo provengono da scrittori cristiani o pagani, ma non aderenti al mitraismo, oppure sono frutto dell'applicazione ipotetica al mitraismo di notizie sul dio Mitra provenienti dallo zoroastrismo. Il mitraismo è documentato soprattutto dalle scoperte archeologiche, iconografiche ed epigrafiche dei suoi templi, i mitrei, risalenti al tardo Impero Romano.
San Girolamo descrive i sette gradi dell'iniziazione mitriaca (epistola CVII,2 ad Laetam) . Tertulliano riferisce che l'iniziato veniva segnato in fronte come "soldato di Mitra" (De Praescriptione haereticorum, 40) e che agli adepti venivano prescritte abluzioni purificatorie, simili al battesimo cristiano (De baptismo, 5).
Il contenuto dottrinale del mitraismo, quindi, è quasi esclusivamente il prodotto di interpretazioni moderne. Nei primi decenni del XX secolo è stata accolta universalmente la ricostruzione di Franz Cumont. La ripresa degli studi mitraici negli anni settanta ha portato ad interpretazioni sostanzialmente diverse.

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Il mitreo

Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Mitreo.
Il centro del culto ed il luogo di incontro dei seguaci era il mitreo, una cavità o caverna naturale adattata, di preferenza già utilizzata da precedenti culti religiosi locali, oppure un edificio artificiale che imitava una caverna. I mitrei erano luoghi tenebrosi e privi di finestre, anche quando non erano collocati in luoghi sotterranei. Quando possibile, il mitreo era costruito all'interno o al di sotto di un edificio esistente. Il sito di un mitreo può essere anche identificato dalla sua entrata separata o vestibolo, la sua caverna a forma di rettangolo, chiamata spelaeum o spelunca, con due panchine lungo le mura laterali per il banchetto rituale, ed il suo santuario all'estremità, spesso in una nicchia, prima del quale vi era l'altare. Sul soffitto in genere era dipinto un cielo stellato con la riproduzione dello zodiaco e dei pianeti.
I mitrei, così diversi dai grandi edifici templari dedicati alle divinità dei culti pubblici, si distinguevano anche per il fatto di essere di dimensioni modeste; il servizio di culto, che terminava in un banchetto comune, era officiato da una piccola comunità, solitamente formata da poche dozzine di persone. Nonostante il grande numero di mitrei ritrovati in ogni parte dell'impero romano la loro esigua dimensione mostra che gli aderenti al culto costituirono sempre una percentuale insignificante della popolazione.
Nel mitraismo l'acqua sembra svolgere un ruolo purificatorio importante e spesso nelle vicinanze del santuario vi era una sorgente naturale o artificiale.

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Iconografia

In ogni tempio mitraico, il posto d'onore era occupato da una rappresentazione del dio Mitra, in genere raffigurato nell'atto di uccidere un toro sacro, (tauroctonia): questa scena rappresenterebbe un episodio mitologico, più che un sacrificio animale.
Il mito, secondo la ricostruzione fantasiosa e priva di fonti di Cumont, racconta infatti che Mitra affronta un giorno il dio Sole e lo sconfigge. Il Sole allora stringe un patto di alleanza con il dio che suggella donandogli la corona raggiata. In un'altra sua eroica impresa, Mitra cattura il Toro e lo conduce in una caverna. Ma il Toro fugge e il Sole, memore del patto fatto, se ne accorge e manda al dio un corvo quale suo messaggero con il consiglio di ucciderlo. Grazie all'aiuto di un cane, Mitra raggiunge il Toro, lo afferra per le froge e gli pianta un coltello nel fianco. Allora dal corpo del toro nascono tutte le piante benefiche per l'uomo e in particolare dal midollo nasce il grano e dal sangue la vite. Ma Ahriman, che nel culto mitriatico rappresenterebbe il Dio del Male, invia un serpente e uno scorpione per contrastare questa profusione di vita. Lo scorpione cerca di ferire i testicoli del toro mentre il serpente ne beve il sangue, ma invano. Alla fine il Toro ascende alla Luna dando così origine a tutte le specie animali. Così, Mitra e il Sole suggellano la vittoria con un pasto che rimarrà nel culto sotto il nome di agape[1].
Nella raffigurazione quindi, oltre a Mitra, il Toro, il Sole, e la Luna sono presenti i quattro animali, ovvero il serpente, lo scorpione, il cane e il corvo.
Una interpretazione del mito di tipo astronomico, e quindi totalmente diversa dalla precedente è stata recentemente proposta da David Ulansey, che osservò che tutti i personaggi che compaiono nel mito corrispondono a costellazioni: Mitra sarebbe associato con Perseo, la cui costellazione si trova al di sopra di quella del Toro.
In altre iconografie viene rappresentato il dio Mitra nascente da una roccia, generato sulle sponde di un fiume all'ombra di un albero sacro, secondo il mito sulla sua nascita.
Nelle iconografie la divinità viene spesso rappresentata insieme a due personaggi, detti i dadofori o portatori di fiaccole: i loro nomi erano Cautes e Cautopates. Il primo dei due porta la fiaccola alzata, l'altro abbassata: rappresenterebbero il ciclo solare, dall'alba al tramonto, e allo stesso tempo il ciclo vitale: il calore luminoso della vita e il freddo gelido della morte.

I ranghi

I membri di un mitreo erano divisi in sette ranghi. I primi quattro livelli sembrano rappresentare un progresso spirituale, mentre gli altri tre appaiono aver avuto uffici specializzati. Ognuno di essi si trovava sotto la speciale protezione di un corpo celeste.
I sette gradi iniziatici erano:
  • Corax (il corvo; Mercurio)
  • Cryphius o Nymphus (l'occulto o lo sposo, Venere)
  • Miles (il soldato, Marte)
  • Leo (il leone, Giove)
  • Perses (il Persiano, Luna)
  • Heliodromus (il corriere del sole, Sole)
  • Pater (il Padre, Saturno).
Secondo altre versioni del mito, a ogni grado era associata una porta, una sfera planetaria, un giorno della settimana e un metallo. Le varie versioni a volte differiscono per l'associazione dei pianeti. Una molto comune associa alla prima porta la Luna e l'argento, alla seconda il Mercurio e il ferro, alla terza Venere e lo stagno, alla quarta il Sole e l'oro, alla quinta Marte e la lega, alla sesta Giove e il bronzo e alla settima Saturno e il piombo. Queste differenze si spiegano col fatto che essendo un culto iniziatico, e quindi per pochi e sostanzialmente segreto, è pensabile che nel tempo e in luoghi diversi i misteri abbiano subito alcuni cambiamenti.
I sette gradi dell'iniziazione mitriaca sono raffigurati nel mitreo di Felicissimus ad Ostia e nel mitreo di Santa Prisca a Roma.

Mitologia

Una immagine bronzea di Mitra, che emerge da un anello zodiacale a forma di uovo, trovata associata ad un mitreo lungo il Vallo di Adriano, ed una iscrizione trovata a Roma, lasciano supporre che Mitra possa essere stato visto come il dio-creatore orfico Phanes che emerse dall'uovo cosmico all'inizio del tempo, dando vita all'universo. Tale visione è rafforzata da un bassorilievo al Museo Estense di Modena, che mostra Phanes che esce da un uovo, circondato dai dodici segni dello zodiaco.
Mitra è anche descritto a volte come un uomo nato, o rinato, da una pietra (la 'petra genitrix), intorno alla quale è attorcigliato il serpente Ouroboros. Secondo lo scrittore Porfirio la caverna descritta nella tauroctonia rappresenterebbe un'immagine del cosmo, e quindi la roccia sarebbe il cosmo visto dall'esterno.
Uno dei motivi centrali del mitraismo è il mito del sacrificio di un toro sacro, creato dalla divinità suprema Ahura Mazda, che Mitra uccide nella caverna, secondo quanto consigliato da un corvo, mandato da Ahura Mazda. In questo mito, dal corpo del toro morente spuntano piante, animali e tutti i frutti della terra. La figura del dio aveva anche una valenza di mediatore tra l'Uomo e il Dio supremo del mondo superiore ed inferiore.
Secondo James Frazer il mitraismo è una religione misterica che adorava una divinità che resuscita dopo la morte, comparabile ad Osiride-Horus o alla Persefone-Demetra dei misteri eleusini. Questa interpretazione è però priva di riscontri iconografici o documentali.

L'uccisione del Toro

Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Tauroctonia.
Secondo alcuni storici, il culto di Mitra potrebbe simboleggiare la forza del Sole all'uscita dell'equinozio di primavera dalla costellazione del Toro verso la costellazione dell'Ariete, avvenuta nel XIX secolo a.C. La morte del toro genera la vita e la fecondità dell'universo, il quale essendo pure il segno di Venere, mostra come l'astro con la sua energia, rigenera la natura.
In effetti, in molte rappresentazioni della tauroctonia (uccisione col toro), la scena comprende anche i simboli del Sole, della Luna, dei sette pianeti, delle costellazioni zodiacali, dei venti e delle stagioni.

Storia

Origini

Il mitraismo è generalmente ritenuto essere di origine persiana, specificatamente una emanazione della cultura zoroastriana. Non può tuttavia essere messo in relazione con gli insegnamenti di Zoroastro, in quanto questi era un monoteista e per lui Ahura Mazda era l'unico dio. Dario il Grande fu ugualmente rigido nel monoteismo ufficiale del suo regno: al di fuori di Ahura Mazda nessun dio è menzionato nelle numerose iscrizioni del VI secolo a.C. rinvenute.
Comunque raramente il culto ufficiale è la sola religione professata in un'area geografica. La seguente iscrizione da Susa di Artaserse II Mnemone (404-358 a.C.) dimostra che non tutti i re Achemenidi furono puramente Zoroastriani come Dario:
"Artaxerxes il Grande Re, [...] dice: [...] per il favore di Ahura Mazda, Anahita, e Mitra, ho costruito questo palazzo. Possano Ahuramazda, Anahita, e Mitra proteggermi da ogni male, e possa ciò che ho costruito non cadere in rovina né essere danneggiato."
Il tentativo di identificare il Mitra romano con quello persiano è complicato dal fatto che non esistono testi o leggende persiane che facciano riferimento a Mitra che uccide un toro o in relazione con altri animali. D'altra parte, esiste un racconto di Ahriman, il dio del male in sviluppi popolari dello Zoroastrismo, nel quale uccide un toro. Rimane arduo, altresì, spiegare come una divinità solare possa essere diventata oggetto di culto per i Romani nei mitrei, luoghi bui e cavernosi.
Un possibile legame tra la Persia e Roma, che potrebbe aver fatto da tappa per questi mutamenti, potrebbero essere stati i regni dei Parti e del Ponto in Asia Minore. Alcuni dei loro regnanti furono chiamati mitridate, che significa "dato da Mitra", a cominciare da Mitridate I (morto nel 138 a.C.). Fu, inoltre, a Pergamo, nel II secolo a.C., che scultori Greci iniziarono la produzione di raffigurazioni a bassorilievo di Nike tauroctona. Anche se il culto di Mitra non fu mai presente nel mondo greco, queste sculture potrebbero far parte del percorso che portò il Mitra persiano a Roma.
Verso il I secolo, lo storico greco Plutarco scrive che i pirati della Cilicia praticavano riti mitraici intorno al 67 a.C., quando furono deportati da Pompeo in Grecia. Probabilmente dai primi contatti tra l'esercito romano ed i pirati cilici, il culto del Mitra persiano, confuso con Ahriman, il dio che uccise un toro, passò in occidente, dove è attestato solo dal secolo successivo.

Nella Roma dell'età del Principato

Il mitraismo arrivò completamente maturo a Roma con il ritorno delle legioni dall'Oriente nel I secolo a.C. Come dio delle armi e campione degli eroi, Mitra attrasse i soldati romani, che portarono il suo culto in IberiaBritannia e Dacia.
Il culto di Mitra a Roma iniziò ad attrarre attenzione verso la fine del I secolo, probabilmente in corrispondenza con la conquista dell'allora zoroastriana Armenia. La più antica testimonianza archeologica di un culto romano di Mitra data a quel periodo; si tratta di uno stato di servizio di soldati romani che provenivano dal presidio di Carnuntum sul Danubio, nell'attuale Austria (la provincia romana della Pannoniasuperiore). Questi soldati avevano combattuto contro i Parti ed erano stati coinvolti nella soppressione delle rivolte a Gerusalemme dal 60 al 70 circa. Ritornati in patria, si dedicarono al culto di Mitra, probabilmente nel 71 o 72.
Stazio fa menzione del tipico rilievo mitraico nella Tebaide scritta intorno all'80; anche la Vita di Pompeo di Plutarco testimonia che in quel periodo il culto di Mitra fosse ben conosciuto.
Intorno al 200, il mitraismo si propagò all'interno di tutto l'esercito romano, come anche tra commercianti e schiavi. Le frontiere germaniche hanno reso molte testimonianze archeologiche di questa diffusione: piccoli oggetti cultuali connessi con Mitra sono stati trovati in scavi archeologici dalla Romania al Vallo di Adriano.

Durante l'epoca del Dominato

Gli imperatori romani nel III secolo incoraggiarono il mitraismo , per il sostegno che esso offriva alla natura divina dei monarchi. Mitra divenne perciò datore di autorità e vittoria alla casa imperiale. Dal tempo di Commodo, che partecipò ai misteri mitriaci, seguaci del culto si trovavano in tutte le classi della società.
Vari templi mitraici sono stati scoperti alle frontiere dell'Impero romano: nell'Inghilterra settentrionale sono stati identificati tre mitrei a Housesteads, Carrawburgh and Rudchester. Recenti scavi a Londra hanno messo in luce strutture di un tempio mitraico vicino al centro di un insediamento fortificato romano. Altri mitrei sono stati trovati lungo il Danubio ed il Reno, nella provincia di Dacia (dove nel 2003 fu scoperto un tempio ad Alba-Iulia), come anche in Numidia nel Nordafrica.
Come è naturale aspettarsi, rovine mitraiche sono state trovate anche in Italia: a Napoli, ad Ostia a Roma e a Santa Maria Capua Vetere, dove sono stati identificati una dozzina di mitrei. L'importanza del culto nella città di Roma è testimoniata dall'abbondanza dei resti monumentali: più di 75 statue, 100 iscrizioni mitraiche, oltre a resti di templi ed altari in ogni parte della città e nel suburbio. Un mitreo ben conservato del II secolo, con altare e panchine di pietra, originariamente costruito al di sotto di una casa romana (com'era pratica comune), sopravvive nella cripta sopra la quale fu costruita la chiesa di San Clemente.

Apogeo e declino

All'incirca nel III secolo, i culti popolari di Apollo e Mitra iniziarono a fondersi nel sincretismo romano e nella stessa epoca comparve il culto del Sol Invictus; nel 274 l'imperatore Aureliano (la cui madre era una sacerdotessa del Sole) rese ufficiale il culto di questa divinità, costruendogli un nuovo tempio e dedicandogli un nuovo corpo di sacerdoti (pontifices solis invicti): l'imperatore attribuì al dio le sue vittorie in Oriente. Poco dopo il Mitraismo confluì nel culto del Sol Invictus, ottenendo un riconoscimento ufficiale e al massimo livello. Ciò avvenne a Carnunto, dove gli Augusti e i Cesari si ritrovarono nel 308 per ristabilire la coesione dell'Impero e posero una lapide al "Dio Sole Invitto Mitra". La dedica era temporalmente opportuna proprio perché Mitra era il dio della fedeltà ai patti e puniva chi li avesse trasgrediti.
L'inizio del IV secolo segnò anche l'inizio del declino del mitraismo : poco dopo l'Impero romano perse la Dacia e le invasioni dei popoli del nord distrussero molti templi lungo la frontiera dell'Impero, la principale roccaforte del culto. La diffusione del Cristianesimo all'interno dell'Impero, sostenuta dal favore di Costantino verso la nuova religione, fece la sua parte.
Il regno dell'imperatore Giuliano, che cercò di restaurare il culto e di limitare l'avanzata della religione cristiana, e l'usurpazione di Flavio Eugenio rinnovarono le speranze dei seguaci di Mitra, ma il decretostilato da Teodosio nel 391, che vietava qualsiasi culto non cristiano, sancì definitivamente la fine del mitraismo .
Tarde sopravvivenze del culto mitriaco si possono trovare fino al V secolo in alcuni luoghi delle Alpi e nelle regioni orientali. Il suo posto, come religione persiana passata poi in Occidente, fu preso dal manicheismo.

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Cristianesimo e mitraismo

Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Cristianesimo e mitraismo .
È possibile che esistano connessioni tra mitraismo e cristianesimo, come farebbero supporre alcune similitudini tra le due religioni, la questione, però, è controversa, sia perché alcune somiglianze fanno parte di un patrimonio culturale antecedente entrambi i culti, sia perché le testimonianze mitraiche sono successive ai vangeli e la contaminazione potrebbe aver avuto luogo dal cristianesimo al mitraismo e non viceversa[2]. Molte, inoltre, fra le somiglianze normalmente citate non riguardano il dio Mitra attestato nei mitrei romani, ma l'analoga divinità anatolica e sono basati su tarde versioni dell'Avesta. I due culti mitraici, però, sembrano molto diversi fra loro. Nel culto romano Mitra è nettamente distinto dal dio Sole, che viene spesso rappresentato inginocchiato davanti a Mitra o a lui accostato durante il banchetto rituale e il viaggio sul carro solare. Nel culto orientale del periodo ellenistico, Mitra sembra essere una divinità solare.

Note

  1. ^ Ivana Della Portella, Roma sotterranea, 1999, Arsenale editrice, ISBN 88-7743-188-1, pagg. 16-17.
  2. ^ Si veda per esempio quanto scrive Ilaria Neri a p. 231 dell'articolo Mithra petrogenito. Origine iconografica e aspetti cultuali della nascita dalla Pietra, accessibile nel collegamento esterno segnalato. Ilaria Neri afferma che gli studi di P. Testini hanno evidenziato "come ambedue i culti abbiano attinto ad un repertorio figurativo comune, composto di segni e simboli di lunga tradizione, interpretato in modo funzionale ai nuovi contenuti che ciascuno intendeva esprimere. Le somiglianze iconografiche si ridurrebbero quindi a semplici coincidenze tematiche, completamente avulse da un qualunque tipo di dipendenza, in quanto entrambe espressioni artistiche derivate dallo stesso patrimonio iconografico." In particolare la presenza dei dadofori alla nascita di Mitra, un dettaglio assente nel 92% dei casi, potrebbe essere una "anomalia iconografica" inserita in analogia al racconto dei Magi.

Bibliografia

Testi in italiano:
  • Franz CumontLe religioni orientali nel paganesimo romano, Laterza, Bari, 1913; riediz. 1967; nuova ediz. Libreria romana (I libri del Graal), Roma, 1990.
  • Testini P., Arte mitriaca e arte cristiana, in U. Bianchi (ed), Misteria Mithrae. Atti del Seminario internazionale su «La specificità storico-religiosa dei misteri di Mithra, con particolare riferimento alle fonti documentarie di Roma e Ostia», (Atti Convegno Roma Ostia 1978), Roma 1979.
  • Walter BurkertAntichi culti misterici, Laterza, Roma-Bari, 1987; rist. 1991
  • Reinhold MerkelbachMitra, ECIG, Genova, 1988; II ediz. 1998.
  • Fritz GrafI culti misterici in (a cura di) Salvatore SettisI Greci: storia, cultura, arte, società, Einaudi, Torino, 1997 (vol. II, tomo 2); ripubblicata anche come AA.VV. Storia Einaudi dei Greci e dei Romani, Ediz. de "Il Sole 24 Ore", Milano, 2008 (vedi il vol. 5º)
  • Ruggero Iorio, Mitra. Il mito della forza invincibile, Marsilio, Venezia, 1998.
  • Pavia, C., Guida dei Mitrei di Roma Antica, 1999.
  • Neri, Ilaria, Mithra petrogenito. Origine iconografica e aspetti cultuali della nascita dalla pietra, in Ostraka IX, 1, (2000), pp. 227– 245.
  • Arcella, Stefano, I misteri del sole. Il culto di Mithra nell'Italia antica, Napoli 2002
  • Julien RiesIl culto di Mithra. Dall'India vedica ai confini dell'Impero romano, Jaca Book, Milano, 2013.
Atti di convegni:
  • Hinnels, John. R. (ed.), Mithraic studies. Proceedings of the First International Congress of mithraic studies, I-II, 1975.
  • Duchesse-Guillemin, J. (ed.), Études mithriaques. Actes du Deuxième Congrès International, 1978.
  • Hinnels, John. R. (ed.), Mystery, Metaphor and Doctrine in the Mysteries of Mithras. Studies in Mithraism, Rome: L'Erma di Bretschneider, 1994.
Monografie in lingua straniera:
  • Cumont, Franz, Textes et monuments figurés relatifs aux mystères de Mithra, Voll. I-II, 1896-1899.
  • Cumont, Franz, Les mystères de Mithra, 1913 (trad. inglese: The Mysteries of Mithra, New York, Dover Publications, 1956).
  • Cumont, Franz, Les religions orientales dans le paganisme romain, 1929
  • Vermaseren, M., Mithra, the secret God, 1963.
  • Wikander, St., Études sur les mysthères de Mithra, 1950.
  • Turcan, R.A., Mithra et le mithriacisme, 1981.
  • Beck, Roger, Mithraism Since Franz Cumont, Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt II.17.4 (1984), pp. 2002–2115.
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  • Lincoln, Bruce, Myth, Cosmos and Society: Indo-European Themes of Creation and Destruction, Cambridge, MA: Harvard University Press, 1986.
  • Ulansey, David, The Origins of the Mithraic Mysteries: Cosmology and Salvation in the Ancient World, New York: Oxford University Press, 1989.
  • Richard Gordon, Image and Value in the Greco-Roman World, Aldershot, Variorum, 1996.
  • Clauss, Manfred, The Roman Cult of Mithras: The God and his Mysteries, tr. Richard Gordon. New York: Routledge, 2001.

Voci correlate