domenica 11 dicembre 2016

La Settimania, il principato ebraico nel sud della Francia

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Settimania è l'antico nome della regione francese della Linguadoca-Rossiglione. L'origine onomastica risale al periodo romano antico, allorché la Legione VII (Legio Septima) si trovava colà di guarnigione, fino all'inizio del Medioevo. La Settimania copriva all'incirca gli stessi territori della regione attuale della Linguadoca-Rossiglione, salvo alcune parti del Gard e della Lozère.
Dopo la conquista romana della Gallia mediterranea (122 a.C.), questa regione aveva ricevuto il nome di Gallia Narbonese. Il nome di Settimania fu più largamente impiegato solo dopo la sua conquista da parte dei Visigoti nel 412. Dopo la disfatta visigota nella battaglia di Vouillé nel 507, la Settimania restò la sola parte della Gallia in mano visigota, e per questo venne chiamata anche Gothia, rimanendo formalmente dipendente dal regno di Spagna fino alla conquista araba del 719.
Successivamente una comunità ebraica prese il controllo della zona.
Riporto quanto scritto presso il sito Narkive (Newsgroup Archive) free.it.storia.medioevo
"Questa zona ospitava una vasta
popolazione ebraica prima tollerata, poi perseguitata dai Visigoti. La
conquista dei Mori fu perciò ben accettata dagli ebrei locali, un pò come
era successo in Spagna.
La Settimania rimase in mano araba per circa quarant'anni, diventando un
principato moresco con capitale Narbona. Usando la zona come base di
partenza, i Mori si spinsero in Francia fino a lambire Lione. La loro
avanzata fu però fermata da Carlo Martello, che mise sotto assedio la
capitale Narbona, difesa però strenuamente da Arabi ed Ebrei.
Entro il 752 il figlio di Carlo, Pipino il Breve, aveva stretto alleanza con
gli aristocratici locali, portando così la Settimania sotto il suo dominio,
tranne Narbona, che resisteva tenacemente.
Dopo sette anni di assedio, Pipino, ormai Re dei Franchi, fece un patto con
gli ebrei di Narbona: in cambio del loro aiuto contro i Mori (e del loro
appoggio per la sua legittimazione a successore dei Merovingi, ma questo è
un'altro discorso), avrebbe concesso agli Ebrei di Settimania UN PRINCIPATO
ED UN RE ESCLUSIVAMENTE LORO.
Quindi nel 759 la popolazione ebrea si rivoltò contro gli occupanti mori,
aprì le porte a Pipino, che conquistò la città. Poco più tardi, gli Ebrei
riconobbero Pipino come sovrano nominale (e convalidarono le sue pretese ad
una legittimazione biblica). Anche Pipino mantenne gli impegni presi: nel
768 in Settimania fu creato un principato ebraicoche riconosceva
nominalmente la sovranità di Pipino, ma che in pratica era indipendente.
Fu anche insediato un sovrano, con il titolo di re degli Ebrei. Venne
accolto nei ranghi della nobiltà franca col nome di Teodorico o Thierry, ed
era il padre di Guglielmo di Gellone. Era riconosciuto tanto da Pipino
quanto dal Califfo di Baghdad come il seme della casa di Davide.
Questo Teodorico apparteneva alla dinastia Merovingia, che aveva regnato sui Franchi fino al 751, quando Pipino aveva deposto Childerico III
I Merovingi facevano risalire la loro discendenza dalla casa di Davide, probabilmente per legittimarsi agli occhi della popolazione cristiana e di quella ebraica.
Secondo i più fantasiosi, tale discendenza sarebbe stata addirittura Messianica, in quanto sarebbe avvenuta tramite un figlio che Maria Maddalena avrebbe dato allo stesso Gesù, come molti hanno scritto e romanzato, riguardo alla teoria del Sang Real divenuto Santo Graal.
nome arabo era Natronai al-Makir. Questi sposò inoltre la sorella di Pipino,
L'unica cosa accertata è che Teodorico di Settimania sposò Alda, zia di Carlomagno, imparentandosi così anche con la nuova casa reale dei Carolingi.
Lo stesso Pipino aveva sposato Berta di Laon, che era una nipote di un re merovingio.
Il Principato si estese con la donazione di molti
territori concessi dai sovrani carolingi, tra cui alcuni appezzamenti della
Chiesa, che causarono malumore al Papa Stefano III.
Il figlio di Teodorico era Guglielmo (o Guillem) di Gellone, re degli Ebrei
di Settimania, conte di Barcellona, di Tolosa, d'Alvernia e di Razés. Era
riconosciuto come discendente di Davide dai Carolingi, dal Califfo di
Baghdad e dal Papa.

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Il libro indica come prove del suo essere Giudeo il fato che parlasse
correntemente l'ebraico e l'arabo. Il suo stemma è il Leone di Giuda, lo
stesso degli esilarchi e del re David. 

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Nelle campagne militari rispetta
rigorosamente il Sabato e le feste ebraiche. Guglielmo divenne Pari di
Carlomagno e porse sul capo la corona imperiale a Ludovico, che avrebbe
esclamato "Nobilissimo Guglielmo... è la tua stirpe che ha innalzato la mia"
(william, count of Orange, a cura di Glanville Price, 1975). Inoltre come
prova si dice che nello stemma di molte città della zona figura la croce a
sei punte, la Stella di David, che compare anche nella chiesa di Santa Maria Maddalena a Rennes le Chateau"

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Il simbolismo della stella a sei punte può essere collegato a quello dell'Ape, utilizzato dai Merovingi

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Riguardo a tale simbolismo, riportiamo l'analisi La "Famiglia del Graal: Il simbolismo della "Linea di Sangue"

http://www.angolohermes.com/Approfondimenti/Graal/simboli_Stirpe.html

I Merovingi avevano come emblema anche quello dell'ape. Quando la tomba di Childerico I, supposto figlio di Meroveo, venne ritrovata ed aperta nel 1653, al suo interno, tra gli altri oggetti, vennero ritrovate 300 piccole api in oro puro. L'ape è stato simbolo della regalità sin dal tempo degli Egizi, e veniva spesso associata alla futura del Faraone. È noto che Napoleone si fece realizzare un mantello cerimoniale impreziosito da queste api e che lo utilizzò quando si auto-incoronò imperatore di Francia.
Il simbolismo di questo animale è legato alla sua caratteristica di costruire alveari in forma di cellette perfettamente esagonali. L'esagono, in tale contesto, rappresenta una manifestazione dell'armonia divina insita nella Natura, perché questa forma geometrica incorpora i due triangoli equilateri, uno retto ed uno inverso, che rappresentano la dualità e l'unione maschile-femminile (vedi l'Esagramma).
L'ape, dunque, potrebbe rappresentare un altro indizio simbolico che fa riferimento alla linea di discendenza divina. Grazie alla sua capacità di trasformare il polline dei fiori (materia grezza) in puro miele (materia perfezionata), l'ape assume anche il significato alchemico della trasformazione della materia, e quello massonico del cammino di perfezionamento che porta l'adepto da una condizione di pietra grezza e pietra squadrata. Infine, per la sua caratteristica di sparire nei mesi invernali e di tornare a primavera, l'ape è diventato nei secoli un simbolo della resurrezione divina e, talvolta, dello stesso Cristo.

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La Settimania fu riconquistata da Pipino il Breve e da Carlo Magno che le annetté amministrativamente una parte della Marca di Spagna, fino all'Ebro. Fu divisa nell'865 in due province, con due capitali: Barcellona e Narbona. La Settimania divenne allora il Marchesato di Gothia. In età feudale, si parlava di «ducato di Narbona» ma questo titolo, in mano ai conti di Toulouse, non comportava l'esercizio di alcun potere reale dei titolari, visto che il potere politico era diviso fra differenti signorotti locali (contea di Mauguio, di Saint-Gilles, vicecontee di Narbona, di Carcassonne, di Razès, di Béziers, d'Agde e di Nîmes, signori di Montpellier).



Il nome Settimania deriverebbe dalla presenza sul luogo dei veterani della Legione VII romana che avrebbero occupato la regione, o dalle sette città sedi d'importanti vescovati che erano disseminati sul territorio: ElneAgdeNarbonaLodèveBéziersMaguelonne e Nîmes. Col passaggio "storico" di Elne e degli attuali Roussillon, Cerdagne e Capcir sotto l'influenza catalana, la città d'Uzès divenne la settima diocesi.
Bernardo di Settimania, Bernardo anche in spagnolo, in portoghese e in galizianoBernard in francese e Bernat in catalano (795 – Basilica di Saint-Sernin, prima metà dell'844) fu duca di Settimania dall'820 all'831 e dall'836 alla sua morte, conte di Autun dall'826 all'830 e dall'834 alla sua morte, conte di Barcellona dall'826 all'832 e dall'836 alla sua morte e conte di Tolosa dall'836 alla sua morte.
Figlio del conte di Tolosa, duca di Narbona e marchese di GotiaGuglielmo di Gellone (755-812), che era cugino di Carlo Magno, e di Cunegonda, nobile di origine visigota[2], come è riportato anche nella vita di san Guglielmo di Gellone, scritta da un anonimo cronista, tra il X e l'XI secolo[3].


Bernardo compare, assieme al padre, alla madre alla matrigna ed ai fratelli e sorelle, in un documento del dicembre 804, inerente alla fondazione dell'Abbazia di Gellone (oggi Saint-Guilhem-le-Désert)[2].
Quando il padre si ritirò in monastero, anche Bernardo gli subentrò nella successione[4].
In gioventù, in Gotia, appoggiò il fratellastro Gocelone, conte di Rossiglione e d'Empúries, capo del partito della guerra ad al-Andalus contro il fratello, Berà, conte di Barcellona, del partito della pace coi musulmani.
Nell'820 ricevette il ducato di Settimania da Ludovico il Pio e sempre nel febbraio di quell'anno fu tra quelli che accusarono suo fratello Berà, alla dieta di Aquisgrana[5], che portò al combattimento a cavallo e alla condanna all'esilio di Berà.[6]
Il 29 giugno 824, nel palazzo di Aquisgrana, sposò Dhuoda di Guascogna[7](804-843), presunta figlia del duca di Guascogna Sancho I Lopez (772-816).
Nell'826, alla morte dello zio, Teodoino (il cronista francese Flodoardo (894966), nella sua Historiae Remensis lo ricorda come parente di Teodoino[8]), divenne conte di Autun, il suo fratellastro, Teodorico IV, che morì poco dopo e a cui successe Bernardo[9].
Sempre nello stesso anno, ottenne la contea di Barcellona (negli Einhardi Annales, nell'827, viene citato come conte di Bracellona[10]). Appena insediato, una parte della nobiltà gota, ancora fedele a Berà, capeggiata da Aissó[10], che era scappato dalla prigione di Aquisgrana si ribellò e, con l'aiuto dei mussulmani della zona (pacifisti), riuscì ad occupare parte della contea, senza che l'imperatore intervenisse validamente in suo aiuto (aveva inviato solo un piccolo contingente di Franchi).
Una parte della nobiltà visigota si schierò con Bernardo, che riuscì a contenere i ribelli.
Aissó allora chiese aiuto all'emiro di CordovaʿAbd al-Raḥmān II ibn al-Ḥakam, che inviò un contingente, che arrivò a Saragozza[10], nel maggio 827, marciò su Barcellona, a cui pose l'assedio, a cui si era unito il nipote di Bernardo, il figlio di Berà, Guillemundus, detto Guglielmo (?-dopo l'827), conte di Razès e di Conflent.
Solo dopo l'arrivo dei Mori, guidati dal generale Ubayd Allah, detto Abu MarwanLudovico il Pio ordinò al figlio, Pipino[10], re d'Aquitania ed ai conti Ugo di Tours e Matfrido d'Orléans, di allestire un esercito per portare aiuto a Bernardo.
Ma prima che l'esercito Franco si muovesse, i Mori erano già stati respinti fuori dalla contea ed i ribelli con loro[10], senza però poter recuperare il bottino che avevano razziato nei distretti di Gerona e di Barcellona (827)[10]; questa vittoria, comunque, portò ad incrementare la stima che la corte aveva per Bernardo.
Nell'828, Bernardo sventò un nuovo attacco dei Mori contrapponendogli un esercito in armi.
Nell'agosto dell'829, Bernardo, insignito del titolo di gran camerario di Francia[11] e ricevuto il feudo della marca di Spagna[12], fu chiamato a corte a sostituire il nuovo re d'Italia, Lotario I[13], inviato in Italia[11], nella custodia del figlio minore di Ludovico il Pio[14]Carlo il Calvo.
Lasciati i suoi feudi nelle mani del fratellastro, Gocelone, denominato per questo "marchese di Gotia", andò ad occupare ad Aquisgrana la posizione più vicina all'imperatore e a amministrare il palazzo ed in generale tutti i beni imperiali, portando forse eccessivi cambiamenti tra i componenti della corte di Ludovico, ed i suoi nemici lo accusarono di aver «messo sottosopra il palazzo e di aver sciolto il consiglio imperiale».
Sembra inoltre che, secondo il cronista Thegano, i parecchi nemici (Wala e tutti i collaboratori del co-imperatore Lotario in testa) non tardarono a mettere in giro la voce che Bernardo fosse divenuto l'amante dell'imperatrice,Giuditta di Baviera[14] (fu chiusa in un monastero[14]), anche perché i di lei fratelli, Corrado e Rodolfo, che furono tonsurati e chiusi in un monastero[14], con lui gran camerario, avevano fatto rapida carriera a corte.
Nell'830, secondo la Vita Hludowici Imperatoris[15], il figlio di Ludovico il Pio, il re Pipino I di Aquitania (797-838), per vendicare lo sgarbo fatto al padre, si apprestò a marciare contro l'imperatore per punire la matrigna ed uccidere Bernardo[16] che ebbe l'autorizzazione di Ludovico il Pio a mettersi in salvo[16], mentre, secondo gli Annales Bertiniani, Bernardo e l'imperatore, lasciata Aquisgrana, stavamo avanzando verso la Bretagna,[17], per una spedizione contro i Bretoni riottosi a riconoscere l'autorità dell'imperatore, per riunirsi a Parigi, col resto dell'esercito[18]. Il figlio di Ludovico il Pio, il re Pipino I di Aquitania (797-838), convinto da Wala che Bernardo volesse portargli via il regno[19], si ribellò al padre e col fratello Lotario I, proveniente dall'Italia, si avviarono verso Parigi per scalzare Ludovico il Pio ed uccidere Bernardo[18]. Bernardo sentendosi seriamente minacciato, si trovò costretto a fuggire e ritornare nei suoi domini, a Barcellona[18] ed in Settimania[20].

Possedimenti di Bernardo nell'836
Nel novembre dell'831, dopo che l'imperatore a febbraio, nella dieta di Aquisgrana, aveva trionfato, il re Pipino I di Aquitania, con l'appoggio di Bernardo, che non solo, non era ancora stato reintegrato nella carica di gran camerario, ma era stato esiliato in Spagna[21], si ribellò, all'imperatore; il quale, dopo aver soggiogato l'altro figlio Ludovico il Germanico, sconfisse (832) i ribelli che si dovettero presentare all'imperatore. Pipino fu imprigionato e il suo regno fu dato a Carlo il Calvo[22]; mentre, secondo la Vita Hludowici Imperatoris[15], Bernardo fu spogliato di tutti i suoi possedimenti[23], che furono concessi al conte di TolosaBerengario il Saggio, che si era schierato con l'imperatore.
Inizialmente Bernardo si oppose, ma poi, nell'833, assieme al fratellastro, Gocelone ed a Sunila, fedele luogotenente di Gocelone si decise a ritornare nelle proprietà di famiglia in Burgundia[24], nella contea di Autun, ora governata dal conte d'Alvernia, Guerino, che aiutò Bernardo a riprendersi ed insieme arrivarono sino al fiume Marna[25].
Nell'834 Pipino e Bernardo si schierarono con Ludovico il Pio contro Lotario I, che, all'assedio di Chalon-sur-Saône (Bernardo era rientrato in possesso della contea di Autun, mantenendola sino all'844[9]), fu sconfitto; nel corso dell'assedio, Lotario, dopo averli catturati, condannò al patibolo sia il fratellastro di Bernardo, Gocelone che Sunila, che vennero decapitati[26], mentre la sorella, la monaca Gerberga, in quanto strega, venne annegata, nellaSaona. Bernardo, sia per la vittoria riportata, che per il tributo di sangue della sua famiglia, chiese di essere reintegrato nei suoi titoli. Ovviamente Berengario si oppose in quanto anche lui era stato artefice della vittoria.

Possedimenti di Bernardo nell'844
Per risolvere la questione, nell'835, Ludovico li convocò entrambi ad un'assemblea che si tenne, nei pressi di Lione; ma durante il trasferimento, Berengario all'improvviso morì per cui Bernardo rientrò in possesso di quasi tutti i suoi domini a cui si aggiunse la contea di Tolosa, infatti il cronista francese Flodoardo (894966), nella sua opera lo cita come Bernardo comiti Tolosano[27].
Nell'841, dopo la vittoria riportata da Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico sull'imperatore Lotario I, Bernardo inviò il figlio Guglielmo da Carlo il Calvo per garantirgli il suo appoggio per la sottomissione del nuovo re Pipino II di Aquitania (823-864).
Ciononostante, Carlo il Calvo, nell'842, decise di destituirlo. Bernardo non accettò ed allora appoggiò Pipino II nella sua ribellione.
Dopo la pace (trattato di Verdun 843), che assegnava l'Aquitania, Tolosa e la Settimania al re dei Franchi Occidentali, Carlo il Calvo, quest'ultimo attaccò (844) la contea di Tolosa per impadronirsene, ma la spedizione si bloccò all'assedio di Tolosa; però Bernardo fu catturato (sembra per una fortunata coincidenza) e tradotto, nel maggio dello stesso anno da Carlo, che condannò colui che per due anni (829-830) era stato il suo protettore, alla decapitazione[28], per sospetto tradimento e che incautamente mai si sarebbe aspettato di essere giustiziato da Carlo il Calvo[29].
Secondo gli Annales Xantenses, dopo che Bernardo fu decapitato, il figlio Guglielmo di Settimania, con Pipino II, al comando delle truppe aquitane sconfisse Carlo il Calvo[30], il 14 giugno 844, sulle rive del fiume Agout, un affluente del Tarn.
Nella contea di Tolosa gli subentrò il figlio Guglielmo di Settimania, mentre nelle contee di Barcellona, GironaOsonaBesalúBéziersNarbona e Nîmes, invece gli subentrò il conte d'Urgell e CerdagnaSunifredo I.

Discendenza

Bernardo e Dhuoda ebbero tre figli[31]:
  • Guglielmo di Settimania (826[7]-850), conte di Tolosa, conte di Barcellona e duca di Settimania. Decapitato da Carlo il Calvo. Per lui la madre Dhuoda compose, tra l'841 e l'843 un trattato d'educazione: "Manuel pour mon fils".
  • Bernardo Pianta di Velluto (841[32]-886), conte di Tolosa
  • Regelinda, terzogenita[32] (ca.843-?), nell'860, sposò Vulgrino[33], conte d'Angoulême

Note

  1. ^ Tra l'832 e l'836 la contea fu assegnata a Berengario il Saggio
  2. ^ a b (LATestamento in latino di Guglielmo di Gellone , riga 7
  3. ^ Don Bernardo Maria Amico, Leggendario dei Santi benedettini: Vita di San Guglielmo , Pag 346
  4. ^ Don Bernardo Maria Amico, Leggendario dei Santi benedettini: Vita di San Guglielmo , Pag 349
  5. ^ (ENFoundation for Medieval Genealogy : Dinastie comitali catalane-Bero
  6. ^ (LAMonumenta Germanica Historica, Scriptores, tomus I: Einhardi Annales, Pag 206
  7. ^ a b (LALe manuel de Dhuoda ,par 5, Pag 52
  8. ^ (LAFlodoardo, Remensis canonicus, Historiae Remensis, libro III, cap. XXVI, pagg. 243
  9. ^ a b (ENFoundation for Medieval Genealogy : Nobiltà della Burgundia - Bernard
  10. ^ a b c d e f (LAMonumenta Germanica Historica, Scriptores, tomus I: Einhardi Annales, Pag 216
  11. ^ a b (LAMonumenta Germanica Historica, Scriptores, tomus I: Einhardi Annales, Pag 218
  12. ^ (ENFoundation for Medieval Genealogy : Nobiltà della Catalogna - Bernard
  13. ^ (LAMonumenta Germanica Historica, tomus I: Einhardi Fuldensis Annales, Pag 360
  14. ^ a b c d (LAMonumenta Germaniae Historica, tomus II: Thegani Vita Hludovici imperatoris, Pag 597
  15. ^ a b La Vita Hludowici Imperatoris sono due biografie, dalla nascita all'840, dell'imperatore Ludovico il Pio, scritte, in latino, da due monaci, uno anonimo, conosciuto come "l'Astronomo", mentre del secondo si conosce il nome: Thegano.
  16. ^ a b (LAMonumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris , Pag 633
  17. ^ (LAAnnales de Saint-Bertin , Pag 1
  18. ^ a b c (LAAnnales de Saint-Bertin , Pag 2
  19. ^ Wala aveva informato segretamente Pipino I di Aquitania che Bernardo, col pretesto della spedizione contro i Bretoni, pensava di volgersi contro il re d'Aquitania, per strappargliene il possesso.
  20. ^ (LANithardus, Historiae, liber I: par. 3
  21. ^ (LAMonumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris , Pag 634
  22. ^ Gli Aquitani però attaccarono la scorta che conduceva Pipino I alla prigione di Treviri e riuscirono a liberarlo. L'esercito imperiale non riuscì a ricatturarlo, anzi fu cacciato fuori dall'Aquitania e, l'anno seguente, si unirono a Pipino i fratelli Lotario I e Ludovico II il Germanico, con l'assistenza dell'arcivescovo di Reims, Ebbo, nell'833, deposero il padre e proclamarono imperatore Lotario.
  23. ^ (LAMonumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris , Pag 635
  24. ^ Il padre di Bernardo e del fratellastro, Gocelone, Guglielmo di Gellone era figlio del conte di Autun, Teodorico I
  25. ^ (LAMonumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris , Pag 637
  26. ^ (LAMonumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris , Pag 639
  27. ^ (LAFlodoardo, Remensis canonicus, Historiae Remensis, libro III, cap. XXVI, pagg. 243 e 244
  28. ^ (LAAnnales de Saint-Bertin , Pagg 56 e 57
  29. ^ (LAMonumenta Germanica Historica, tomus I: Ruodolfi Fuldensis Annales, Pag 364
  30. ^ (LAAnnales Xantenses, Pag 13
  31. ^ (ENFoundation for Medieval Genealogy : Nobiltà dei Franchi - Bernard
  32. ^ a b (LALe manuel de Dhuoda ,par 5, Pagg 51 e 52
  33. ^ (LAAdemarus Engolismensis, Historiarum , libro III, par 19, nota 8, Pag 35

Bibliografia

Fonti primarie

Letteratura storiografica

Voci correlate



Guglielmo d'Aquitania, conosciuto anche come Guglielmo di Gellone o Guglielmo I di Tolosa o ancora, in composizioni poetiche, come Guglielmo d'Orange[1] (750 circa – Gellona28 maggio 812), fu conte di Tolosa, duca di Narbona e marchese di Gotia: nell'806 si ritirò nel monastero che aveva fondato a Gellona (l'odierna Saint-Guilhem-le-Désert) guadagnandosi fama di santità. Venerato santo dalla Chiesa cattolica, la memoria liturgica è il 28 maggio.
Nato in Borgogna, era figlio del conte di Autun, Teodorico I (ca. 720 – ca. 804) di antica famiglia Merovingia e di Alda o Audana[2] (?-† 751), figlia di primo o secondo letto di Carlo Martello, come è scritto in un documento dell'804, in occasione della fondazione del monastero di Gellone. Quindi Guglielmo era cugino di Carlo Magno di cui fu anche paladino[3]

Biografia

Dal 781, fu tra i consiglieri del re d'Aquitania, Ludovico il Pio e quando, tra il 789 ed il 790Torsone venne destituito, lo sostituì come reggente d'Aquitania[4] e fu investito della contea di Tolosa[5].
Combatté sia i Baschi che i Mori.
Nel 793 l'emiro di CordovaHisham I, figlio e successore del primo emiro omayyade Abd al-Rahman I, proclamò la guerra Santa contro i Cristiani del nord; radunò due grandi eserciti che attaccarono contemporaneamente sia le Asturie che l'Aquitania, dove Guglielmo, nelle vicinanze di Narbona, fu battuto, ma dopo una strenua resistenza, che attenuò la spinta dei Mori[6]. Guglielmo passò all'offensiva e, secondoEginardo nella Vita Hludowici Imperatoris, nell'801, partecipò alla conquista di Barcellona[7], assieme ad Ademaro di Narbona[3] e divenne marchese della Marca di Spagna. Narbona fu liberata nell'803.
Ritrovò un suo vecchio amico d'infanzia, Benedetto, all'abbazia d'Aniane nel Rossiglione, ed insieme, nell'804, sempre secondo Eginardo nella Vita Hludowici Imperatoris, fondarono il monastero benedettino di Gellone a Saint-Guilhem-le-Désert, dove, nell'806, si ritirò, dopo aver abdicato da tutti i suoi titoli[3][8].
Guglielmo morì il 28 maggio 812[8] e fu canonizzato nel 1066.

Discendenza

Guglielmo si sposò due volte: secondo Le manuel de Dhuoda, scritto dalla nuora Dhuoda, prima con Cunegonda d'Austrasia († 795), nobile di origine visigota, e poi con Guitberga d'Hornbach († 804)[9], citate nel documento per la fondazione dell'Abbazia di Saint-Guilhem-le-Desert, del dicembre 804[10].
Guglielmo ebbe sette figli da Cunegonda:[3]
  • Berà († 844), conte di Barcellona e marchese di Gotia. La paternità di Berà è indicata anche nelle Europäische Stammtafeln[11], vol III[12] (non consultate), inoltre Berà è citato come figlio di Guglielmo nella Vita Hludowici Imperatoris[13], quando riceve dal padre i territori conquistati ai Saraceni[14]
  • Guitcario († prima dell'824), nominato nel documento per la fondazione dell'Abbazia di Saint-Guilhem-le-Desert, del dicembre 804[15]
  • Idelmo († prima dell'824), nominato nel documento per la fondazione dell'Abbazia di Saint-Guilhem-le-Desert, del dicembre 804[15]
  • Heriberto (ca. 785-843), citato dalla nipote Dhuoda, nel suo manuale[16], secondo Eginardo fu signore di Tortosa, dopo la presa della città, nell'809[17] e fu uno dei missi dominici di Carlomagno, nell'812[17]. Sempre secondo Eginardo fu inviato a domare una ribellione di suo cugino Hodo[18]. Catturato, nell'830, in Italia da Lotario, figlio di Ludovico il Pio, secondo gli Annales Bertiniani, fu accecato per ordine dello stesso Lotario[19]ed esiliato col cugino Hodo[18]. Heriberto da una moglie di cui non conosciamo né il nome, né gli ascendenti, ebbe una figlia, Cunegonda (ca.800- dopo l'835) che nell'813, sposò il re d'ItaliaBernardo
  • Helimbruc († prima dell'824), nominato nel documento per la fondazione dell'Abbazia di Saint-Guilhem-le-Desert, del dicembre 804[15]
  • Bernardo di Settimania, nominato nel documento per la fondazione dell'Abbazia di Saint-Guilhem-le-Desert, del dicembre 804[15] (794-844), marchese della Marca di Spagnaconte di Barcellona, duca di Settimania, e conte di Tolosa, che fu decapitato, per ordine di Carlo il Calvo.
  • Gerberga († 834), citata dalla nipote Dhuoda, nel suo manuale[16] monaca a Chalon, fu annegata nella Saône, per ordine di Lotario I[20], versione confermata anche dall'Astronomo, nella Vita Hludovici imperatoris[21].
Da Guitberga Guglielmo ebbe quattro figli:
  • Gocelone (ca. 796- † 834), nominato nel documento per la fondazione dell'Abbazia di Saint-Guilhem-le-Desert, del dicembre 804[15] e citato dalla nipote Dhuoda, nel suo manuale[16], conte di Rossiglione e d'Empúries e marchese di Gotia ed è indicato, come conte, tra i missi dominici di Ludovico il pio, nell'834[22], decapitato per ordine di Lotario I[21]
  • Teodorico († ca. 840), citato dalla nipote Dhuoda, nel suo manuale[16], conte di Autun, succedendo, dopo l'826 allo zio Teudoino
  • Guarniero († prima dell'843), citato dalla nipote Dhuoda, nel suo manuale[16]
  • Rotilde († prima dell'843), citata dalla nipote Dhuoda, nel suo manuale[16] che sposò Wala (ca. 772- † 836).

Note

  1. ^ Il ciclo di leggende epiche conosciuto come Chanson de geste de Guillaume d'Orange dit Guillaume au Court Nez si ispirò a Guglielmo di Gellone e rappresentò l'eroe delle lotte della Francia del sud contro i Saraceni.
  2. ^ (LAMonumenta Germanica Historica, tomus primus: Einhardi Annales, p.163
  3. ^ a b c d (ENNobiltà carolingia - Guglielmo
  4. ^ (LAMonumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris , Pag 609
  5. ^ (ENNobiltà della Settimania - Guglielmo
  6. ^ (LAMonumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris , Pag 612
  7. ^ (LAMonumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris , Pag 612 nota 26
  8. ^ a b (LARerum Gallicarum et Francicarum Scriptores, tomus V, Ex vita Sancti Willelmi, pag. 475
  9. ^ (LALe manuel de Dhuoda , Pag 237
  10. ^ (LATestamento in latino di Guglielmo di Gellone , riga 7
  11. ^ Le Europäische Stammtafeln sono una raccolta di tavole genealogiche delle (più influenti) famiglie europee.
  12. ^ (ENFoundation for Medieval Genealogy : Dinastie comitali catalane-Bero
  13. ^ La Vita Hludowici Imperatoris sono due biografie, dalla nascita all'840, dell'imperatoreLudovico il Pio, scritte, in latino, da due monaci, uno anonimo, conosciuto come "l'Astronomo", mentre del secondo si conosce il nome: Thegano.
  14. ^ (LAMonumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris , Pag 613
  15. ^ a b c d e (LATestamento in latino di Guglielmo di Gellone , riga 6
  16. ^ a b c d e f (LALe manuel de Dhuoda , Pag 238
  17. ^ a b (LAMonumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris , Pag 615
  18. ^ a b (LAMonumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris , Pag 633
  19. ^ (LAAnnales de Saint-Bertin , Pag 2
  20. ^ (LAAnnales de Saint-Bertin , Pag 16
  21. ^ a b dMGH | Band | Scriptores [Geschichtsschreiber] | Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum separatim editi (SS rer. Germ.) | 64: Thegan, Die Taten Kaiser Ludwigs. As...
  22. ^ (LAMonumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris , Pag 637

Bibliografia

Fonti primarie

Letteratura storiografica

  • René Poupardin, "Ludovico il Pio", cap. XVIII, vol. II (L'espansione islamica e la nascita dell'Europa feudale) della Storia del Mondo Medievale, pp. 558–582.


I misteri di Rennes-le-Chateau

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Rennes-le-Château è un comune francese situato nel dipartimento dell'Aude nella regione della Linguadoca-Rossiglione.


Pur contando solo una manciata di abitanti, questo piccolo paese dell'Aude ogni anno è meta di migliaia di amanti del mistero e cercatori di tesori, attirati sul luogo da un corpus leggendario creatosi nel corso di un secolo dal sovrapporsi di tematiche provenienti da ambienti culturali molto diversi. Centro delle ricerche è un presunto "tesoro" che sarebbe nascosto in paese o nei dintorni, presumibilmente ritrovato dal parroco che resse la locale chiesa di Santa Maddalena a cavallo del XIX e XX secoloBérenger Saunière (1852-1917).

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Il nucleo da cui la leggenda ha preso spunto è un fatto documentato sul quale si è a lungo favoleggiato, arricchendolo di particolari del tutto inverosimili. Durante i lavori di ristrutturazione della parrocchia, infatti, eseguiti tra il 1887 e il 1897, l'abate Saunière si imbatté in una serie di reperti di cui è rimasta una debole traccia documentale e qualche testimonianza da parte di suoi contemporanei. Troppo poco per identificare con certezza la natura degli oggetti ritrovati. Uno dei diari del parroco parla infatti della scoperta di un sepolcro[2], che potrebbe aver trovato sotto il pavimento della chiesa, trattandosi dell'antico sepolcro dei Signori del paese il cui accesso era stato murato. Testimonianze oculari parlano del ritrovamento di un contenitore di oggetti preziosi, da Saunière sbrigativamente definite "medaglie di Lourdes"[3]; forse qualche reperto lasciato sul posto da Antoine Bigou, parroco di Rennes durante la Rivoluzione Francese che fu costretto a fuggire in tutta fretta dal paese per rifugiarsi inSpagna; all'interno dell'altare o in una fialetta di vetro Saunière avrebbe trovato delle piccole pergamene, con ogni probabilità - e seguendo una consolidata tradizione cattolica - legate alla cerimonia di consacrazione della Chiesa.
Dopo i restauri della parrocchiale, Saunière spese enormi quantità di denaro per costruire una serie di eleganti costruzioni tra cui una villa (Villa Betania), dei giardini, una balconata panoramica, una torre-biblioteca e una serra per gli animali esotici. Il suo tenore di vita non passò inosservato al vescovo De Beauséjour che, dopo un lungo braccio di ferro per vie legali, sospese Saunière dalle funzioni sacerdotali.
Sin dagli anni quaranta del XX secolo Rennes fu visitata da un giovane esoterista francese chiamato Pierre Plantard (1920-2000), che fece amicizia con il curatore delle eredità lasciate da Saunière, Noel Corbu (1912-1968), e raccolse molte informazioni sulla vita del parroco[4]. Corbu, che aveva fatto delle proprietà del parroco un ristorante, era solito favoleggiare sull'origine delle ricchezze di quello che - in seguito ad alcuni articoli sulla stampa locale - fu chiamato Le Curé aux milliards: nei racconti di Corbu, tra l'altro romanziere dilettante, Saunière aveva ritrovato, grazie alla decifrazione delle pergamene ritrovate nell'altare, il tesoro di Bianca di Castiglia.
Gli articoli usciti sull'argomento sul giornale La Dépêche du Midi[5] fecero accorrere nella zona decine di cercatori di tesori, tra i quali Robert Charroux, che nel 1962 nel suo libro Trésors du monde parlò del presunto ritrovamento di Saunière.[6] Delle voci che iniziarono a circolare si occupò il custode della Biblioteca di Carcassonne, René Descadeillas: la sua posizione gli consentiva di accedere ai documenti originali intorno alle vicende descritte da Corbu. Nella sua Notice sur Rennes-le-Château et l'abbé Saunière lo studioso smontò gran parte delle "voci" diffuse da Corbu, pubblicando i documenti che dimostravano la vera origine delle ricchezze di Saunière: una monumentale impresa di vendita di messe per corrispondenza[7]. Sebbene la Notice contenesse diverse imprecisioni (e più di recente si scoprirà che le ricchezze di Saunière non provenivano solo dalle messe ma anche da finanziamenti occulti da parte di filomonarchici che si opponevano alla Repubblica), il lavoro di Descadeillas poteva già fornire una prima ricostruzione corretta delle vicende.
Mentre i cercatori effettuavano i primi scavi nei dintorni del paese, rivelando molti reperti che testimoniano la secolare storia del paese, nel 1956 Pierre Plantard fondava in Svizzera, insieme a tre amici, un gruppo di ispirazione esoterica chiamato Priorato di Sion, il cui nome si ispirava ad un monte nei pressi della città di Annemasse, il monte Sion. Come molti altri gruppi esoterici, anche il Priorato di Sion - nella persona di Plantard - fece enormi sforzi per crearsi un passato glorioso e antico: falsificando una serie di documenti e collegando con personaggi fittizi moltissimi alberi genealogici separati, Plantard intendeva proporsi come discendente dai re Merovingi, e quindi possibile erede di un ormai anacronistico trono francese. Molto del materiale creato a tavolino da Plantard e soci venne depositato alla Biblioteca Nazionale di Parigi sotto molti pseudonimi, tra cui quello di Henri Lobineau, pseudo-autore dei Dossier Secrets che raccoglievano le su citate genealogie collegate ad arte.
Per supportare questa teoria, oltre a tenere una serie di conferenze nella Chiesa di Saint Sulpice a Parigi, Plantard contattò lo scrittore Gérard de Sède che, nel 1967, pubblicò L'or de Rennes[8]. Nel libro veniva raccontato il ritrovamento da parte di Saunière di alcune pergamene, corredato da alcune testimonianze. Più di recente gli abitanti di Rennes si sono lamentati che le testimonianze fornite all'epoca erano state gravemente alterate; in particolare, gli scrittori implicati nella macchinazione, intendevano "provare" il ritrovamento di quattro pergamene che fornivano la base documentale dell'invenzione di Plantard. Una signora così si espresse: "Loro non riportavano mai sui loro giornali quel che avevo detto loro, citavano sempre delle pergamene trovate nel pilastro dell'altare sebbene io non avessi mai detto una cosa del genere!". In realtà, le pergamene riprodotte nel libro di De Sède erano state disegnate da Philippe De Cherisey, amico di Plantard, che si ispirò alla letteratura di Maurice Leblanc e ai suoi romanzi su Arsène Lupin, colmi di codici segreti e giochi di parole. Il messaggio nascosto nelle pergamene faceva riferimento ad un tesoro che apparteneva a Sion (dunque al Priorato) e a Dagoberto II e a qualcuno che era "morto là" (a Rennes). Il personaggio che sarebbe morto a Rennes era, nella macchinazione di Plantard, Sigisberto IV. Presunto figlio di Dagoberto che storicamente si ritiene essere deceduto molto giovane e senza figli insieme al padre, nel racconto di Plantard divenne invece l'anello di congiunzione tra i Merovingi e i signori di Rennes, dai quali - a sua volta - lui affermava di discendere.[9]
Il libro di De Sède fu letto alla fine degli anni sessanta del XX secolo da un giornalista della BBCHenry Lincoln, che - sconvolto dalle rivelazioni dello scrittore francese - ai misteri di Rennes-le-Chateau dedicò tra il 1972 e il 1981tre documentari della serie "Chronicle": The Lost Treasure of Jerusalem? ("Il tesoro perduto di Gerusalemme"), The Priest, the Painter and the Devil ("Il prete, il pittore e il diavolo") e The Shadow of the Templars ("L'ombra deiTemplari"). Per il terzo documentario, Lincoln si avvalse della collaborazione di Richard Leigh, romanziere appassionato di esoterismo, e di Michael Baigent, giornalista e psicologo; il successo della serie assicurò al libro che raccoglieva gli studi presentati vendite da capogiro. The Holy Blood and the Holy Grail ("Il Sacro Sangue e il Sacro Graal") fu pubblicato anche in Italia, con il titolo di Il Santo Graal.
Nelle pagine del libro, le vicende raccontate da Plantard vennero ulteriormente distorte dai tre autori: attraverso i Merovingi, il fondatore del Priorato di Sion discendeva addirittura da Gesù Cristo, che non era affatto morto in croce, ma si era sposato con Maria Maddalena e aveva raggiunto Marsiglia per dar via a una discendenza che avrebbe poi conquistato il trono francese. Secondo la loro versione della storia, il tesoro che arricchì Bérenger Saunière non era di natura materiale ma documentale: i tre autori sostennero, infatti, che il parroco avesse trovato documenti che provavano la terribile verità della discendenza di Gesù, conosciuta storicamente come dinastia del Sang Real, il "Sangue Reale", termine in seguito corrotto in San Greal o più precisamente Santo Graal.
Dietro le ricchezze di Saunière ci sarebbe dunque stata l'ombra del Vaticano, che stava comprando il silenzio del curato sulla scottante scoperta. Era proprio questa "conoscenza" il tesoro maledetto cui avrebbe fatto riferimento De Sède nel suo libro. Essa sarebbe giunta dall'oriente tramite i Catari che a loro volta l'avevano ricevuta dai Templari. Costoro sarebbero stati l'emanazione di un'ipotetica organizzazione segreta chiamata Priorato di Sion, fondata da Goffredo di Buglione nel 1099. Questo fantomatico gruppo avrebbe avuto a capo, nel corso dei secoli, personaggi sorprendenti: furono Gran Maestri di Sion tra gli altri Sandro BotticelliLeonardo da VinciRobert BoyleIsaac NewtonVictor Hugo e Jean Cocteau. Il Priorato avrebbe avuto come scopo quello di purificare e rinnovare il mondo intero, radunando tutte le nazioni sotto una monarchia illuminata retta da un sovrano merovingio dello stesso lignaggio di Cristo. I tre studiosi citarono a sostegno delle loro teorie l'indole bizzarra di Bérenger, singolarmente attenta alle allegorie e al simbolismo esoterico, ma - nonostante sulla scia di una tradizione locale dell'epoca, non parrebbe così strano ritrovarvi un modesto interesse per l'esoterismo - non esiste alcuna prova di suoi contatti con ambienti occultistici parigini, come da loro affermato. È sufficiente un'analisi sommaria del libro dei tre autori per riconoscere la firma di Plantard dietro la finta storia del Priorato di Sion.

Frontone della Chiesa della Santa Maddalena
Le conclusioni cui giunsero sono ormai oggetto di scherno da parte degli storici più seri. Perfino alcuni studiosi di esoterismo come Mariano Bizzarri e Francesco Scurria scrissero: "Dopo anni di ricerche sappiamo, ora, che la tesi di Lincoln e soci riposa su un cumulo di inesattezze, falsità e manomissioni. […] I pretesi manoscritti sono un falso palese e dichiarato. Non esiste discendenza di Dagoberto II, né tantomeno vivono Merovingi pretendenti a un trono che è caduto con Luigi XVI [...] L'Ordine di Sion non è mai esistito; quanto al Priorato, le sue tracce nascono e muoiono con l'atto di registrazione depositato nel 1956. Né l'uno né l'altro sono stati fondati da Goffredo di Buglione, e con i Templari e la Massoneria esoterica hanno tanto a che vedere quanto un terrestre con un marziano".[10]
Nel 1989 Pierre Plantard, in seguito all'imprevista evoluzione della sua storia dovuta al best seller inglese, rinnegò tutto quanto aveva affermato in precedenza e propose una seconda versione della leggenda, sostenendo che il Priorato non era nato durante le Crociate ma nel 1781 a Rennes-le-Chateau. Finirà processato nel 1993 dal giudice Thierry Jean-Pierre per aver coinvolto un finanziere morto nel 1989 nelle sue fantasticherie sui Gran Maestri del Priorato di Sion[11]. Durante il processo, di fronte a una quantità di materiale falsificato trovato nella sua abitazione, ammetterà di aver inventato tutto[12] e chiuderà in questo modo una carriera costantemente in bilico tra la beffarda ironia e le anacronistiche aspirazioni monarchiche.
Il romanzo di Dan Brown Il codice da Vinci riporterà al centro della scena mondiale - diffondendone ulteriormente il mito - il Priorato di Sion, affermando - all'interno delle note storiche che precedono il romanzo - che la descrizione storica dell'organizzazione è vera. Sono tali e tanti i punti di contatto con Il Santo Graal che Michael Baigent e Richard Leigh denunciarono Brown per plagio, perdendo però la causa. Henry Lincoln, invece, dichiarerà di non credere più minimamente alle teorie proposte da lui stesso nel libro.
Più recenti studi[13] hanno dimostrato connessioni del corpus leggendario di Rennes con i romanzi di Maurice Leblanc del ciclo di Lupin, aprendo nuovi orizzonti alle analisi storiche degli avvenimenti occorsi nell'Aude di fine Ottocento, che rappresentano il vero enigma di Rennes-le-Château.

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La chiesa di Santa Maria Maddalena

Nel frontone della chiesa v'è scritto "Terribilis est locus iste" e ciò ha fatto pensare a significati arcani ed esoterici. La frase però è tutt'altro che incongrua in una chiesa, è presente infatti nell'Antico Testamento nella scena della visione di Giacobbe (Genesi, 28; 17) ed il termine latino "terribilis", comunemente tradotto nell'italiano "terribile", ha anche il significato di "cosa che incute rispetto", concetto che richiama il "timore di Dio". Pertanto, si può benissimo tradurre la frase nella seguente maniera: "Questo luogo incute rispetto", cioè quello che si deve normalmente portare per un luogo religioso, e infatti la stessa frase si trova all'ingresso di molte altre chiese (ad esempio quella di San Michele a Monte Sant'Angelo, quella dei Santi Stefano e Margherita ad Arcola e quella della Maria SS Annunziata a Termini Imerese)[14]. La stessa frase è anche l'incipit della preghiera di dedicazione delle chiese (In dedicatione ecclesiae) e molti sono i canti liturgici intitolati Terribilis est[15].

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All'ingresso della chiesa è situata l'acquasantiera, sotto la quale si trova un orrendo demone solitamente identificato con Asmodeo. Molti autori che si sono occupati di Rennes-le-Château, a partire dai soliti Baigent, Leigh e Lincoln, hanno scritto che si tratterebbe di una raffigurazione incongrua e misteriosa, così come la disposizione delle stazioni della Via Crucis in senso antiorario[16]. Anche questi particolari però sono spiegabili nell'ambito dell'ortodossia cristiana: l'acquasantiera con il demone schiacciato e sconfitto dal battesimo si trova anche in altre chiese (ad esempio San Paolo fuori le Mura a Roma, la chiesa parrocchiale di Santa Lucia di Piave in Veneto, Saint Malo a Dinan in Bretagna o Montréal nell'Aude, peraltro non molto lontano da Rennes-le-Château) a ricordo della domanda alla quale devono rispondere i padrini: "Rinunci a Satana?"; così come in ogni città si trovano equamente distribuite Vie Crucis sia in senso orario che antiorario, non essendovi alcuna prescrizione liturgica in merito. Addirittura in Francia la maggioranza delle vie crucis risulta essere disposta in senso antiorario.[17]
Il 17 gennaio di ogni anno la chiesa di Santa Maria Maddalena è meta di pellegrinaggio da parte di molti studiosi e curiosi per assistere al fenomeno delle "mele blu", un albero di luci creato dai raggi del sole attraversando le vetrate della chiesa. Un fenomeno simile è stato rinvenuto lo stesso giorno in una chiesa poco distante da quella di Santa Maria Maddalena nel paesino di Brenac. Fenomeni luminosi di rifrazione e trasparenza di quel tipo, con colori e disegni variabili a seconda dei soggetti delle vetrate, sono però molto comuni e osservabili in moltissimi altri edifici che presentano vetrate rivolte verso il sole.[18]

Curiosità

Il videogioco Gabriel Knight 3: Il mistero di Rennes-le-Chateau si svolge interamente nel villaggio e nei suoi dintorni, ed illustra una serie di eventi sovrannaturali legati alla leggenda del paesino mescolandoli ad un'analisi storica molto accurata.

Note

  1. ^ INSEE popolazione legale totale 2009
  2. ^ Nei diari di Berenger Sauniere alla data 21 settembre 1891 si trova l'appunto: "Lettre de Granes, découverte d'un tombeau, le soir pluie" (Lettera da Granes, scoperta di una tomba, la sera pioggia). In: Claire Corbu, Antoine Captier, L'héritage de l'Abbé Saunière, Nice: Bélisane, 1995, page 95.
  3. ^ Claire Corbu, Antoine Captier, L'héritage de l'Abbé Saunière, Nice: Bélisane, 1995, p.77
  4. ^ René Descadeillas, Mythologie du Trésor de Rennes, Editions Collot, 1974. Lo stesso Plantard nel 1978 raccontò di una sua visita a Rennes-le-Chateau avvenuta quarant'anni prima, per recuperare alcune lettere che il nonno avrebbe scritto a Sauniere. (P. Plantard, Souvenirs Reconstitués, prefazione al libro di Boudet La Vraie Langue Celtique, ed Belfond, 1978)
  5. ^ (FR)  Albert Salamon. «La fabuleuse découverte du curé aux milliards de Rennes-le-Chateau», La Dépêche du Midi, gennaio 1956.
  6. ^ Robert Charroux, Trésors du monde, Paris, Fayard, 1962, pp.259-267.
  7. ^ Il traffico di messe è documentato e fu il principale capo d'accusa nei processi a cui fu sottoposto Sauniere. Tutta la vicenda è descritta in questa Guida a Renne-le-Chateau
  8. ^ Il contratto della casa editrice che indica i rispettivi diritti di Plantard e de Sède è riprodotto in: Philippe de Chérisey, L'énigme de Rennes, 1978. Vedi anche: B. Putnam, J.E. Wood, Il tesoro scomparso di Rennes-le-Chateau, Newton Compton, 2005, pag. 160.
  9. ^ Plantard fece queste dichiarazioni nel 1979, nel programma televisivo della BBC "L'ombra dei Templari" di Henry Lincoln, uno degli autori di "Il Santo Graal". Il testo dell'intervista è pubblicato in: Bill Putnam e Edwin WoodIl tesoro scomparso di Rennes-Le-ChateauNewton & Compton, 2005, pag. 157).
  10. ^ M. Bizzarri - F. Scurria, Sulle tracce del Graal, alla ricerca dell'immortalità, Edizioni Mediterranee, Roma, 1996.
  11. ^ Marie-France Etchegoin, Enquête sur les sources de «Da Vinci Code», Le Nouvel Observateur, 9 septembre 2004.
  12. ^ Affaire Pelat: Le Rapport du Juge", Le Point, no. 1112 (8–14 January 1994), p. 11.
  13. ^ Mario Arturo Iannaccone, Rennes-le-Chateau, una decifrazione. La genesi occulta del mito, SugarCo Edizioni, Milano, 2004
  14. ^ Ma è davvero Terribile questo luogo?" di D. Migliaccio
  15. ^ Johann Heinrich Schmelzer (1620-1680), In dedicatione ecclesiae Introitus: Terribilis Est Locus Iste.
  16. ^ Baigent, Leigh, Lincoln, Il Santo Graal, pag. 21.
  17. ^ "Dans la plus part des églises et des chapelles, on trouve un chemin de croix. Il consiste en 14 croix en bois, fixées sur les murs de l'église, accompagnées habituellement d'une peinture ou d'une sculpture représentant le sujet de la station. Les croix sont disposées à des intervalles tels qu'elle jalonnent un chemin et pour qu'en les parcourant les fidèles fassent le tour complet de l'église. Le tour va habituellement en sens inverse des aiguilles d'une montre, mais ce n'est pas une règle générale." (tratto da una pagina della Diocesi di Nanterre: http://catholique-nanterre.cef.fr/faq/priere_devotions.htm#CROIX )
  18. ^ In questa pagina web alcuni esempi di riflessi simili : Le Mele Blu

Bibliografia

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

L'Ultimo Eretico. Capitolo 3. Monterovere.

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Luca Bosco aveva già parlato con un gran numero di conoscenti, membri della Confraternita, quando finalmente apparve il Professor Lorenzo Galli, Conte di Monterovere.
Appariva più serio, più severo, persino più arcigno di come Luca se lo ricordasse.
I suoi capelli erano diventati completamente bianchi e gli occhi celesti si erano come sbiaditi, divenendo quasi grigi. Il volto era pallido e flaccido.

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Le tracce che il tempo lascia su di noi dovrebbero far riflettere quelli che investono tutto sull'esteriorità.
Era una battaglia persa in partenza, come quella con la morte.
Quando gli occhi di Luca Bosco incontrarono quelli del Professor Monterovere, lo sguardo di quest'ultimo parve illuminarsi e subito gli si avvicinò, tendendogli la mano.
Ha usato il ricordo di Virginia per ottenere una riconciliazione con me. Ma che cosa vuole, esattamente, da me?
La stretta della mano di Monterovere fu floscia e debole, ma la sua voce pareva allegra:
<<Dottor Bosco! Sono davvero lieto di rivederla>>
La cosa non era reciproca, ma Bosco cercò di essere educato:
<<La ringrazio. Mi tornano in mente molti momenti felici trascorsi qui>>
Una felicità perduta, il che rendeva insopportabili quei ricordi.
<<Nel mio invito c'era una promessa a cui intendo mantenere fede, questa sera stessa, nella certezza che lei vedrà quei felici momenti rinnovati>>
Luca inarcò le sopracciglia:
<<Intende dire che Virginia è qui?>>

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Monterovere sorrise:
<<E' arrivata proprio ieri dall'Inghilterra. Tra poco scenderà in sala>>
Allora era vero... era viva...
<<Com'è possibile? Perché per tutti questi anni Virginia ci ha fatto credere di...>>
Il Professore gli fece cenno di abbassare la voce e di avvicinarsi:
<<Si tratta di una questione molto difficile da comprendere. La situazione è più complessa di quel che potevamo immaginare. E' tutto molto complicato... Ci sono elementi che io stesso fatico ad accettare. Vede, fintanto che si parla di qualcosa in termini di letteratura o di fantasia, allora può essere persino divertente, ma quando questo "qualcosa" mette piede nella nostra realtà, allora non sembra più così piacevole>>
Luca sospirò:
<<Sempre meglio dell'insignificanza di una vita trascorsa nell'attesa di qualcosa che non arriva mai>>
Gli occhi del Professore si illuminarono:
<<Mi è mancato molto il suo pessimismo integrale. C'è troppa gente soddisfatta nella Confraternita, e questo è pericoloso>>
<<Ma sono realmente soddisfatti? Oppure è il solito orgoglio che rende tanta gente così intenta a fingere di sembrare felice?>>
<<Vedo che ha conservato la sua vis polemica>>
<<Sì, ma ora prevale la stanchezza. Forse è una stanchezza collegata alla vita stessa. Del resto ci sono cose ben peggiori della morte, ed io riservo la mia pietà per i vivi, e soprattutto per quelli che vivono senza amore>>
Il Professore parve lievemente a disagio:
<<Forse non è troppo tardi per porvi rimedio. Ma, mi dica, dottor Bosco, dov'è stato, lei, in tutti questi anni?>>
Luca preferì rimanere sul vago:
<<Sono fuggito>>
<<Da cosa?>>
<<Da tutto quanto>>
<<Sì, ma dove?>>
<<Lontano>>
<<Ma lontano da dove?>>
<<Da tutto quanto>>
<<D'accordo, ma dove, di preciso?>>
<<In posti tranquilli, quieti, in cui fosse possibile riflettere>>
<<Riflettere su cosa?>>
Luca sorrise:
<<Su tutto quanto>>
Non si aspettava che l'altro capisse.
La comprensione richiedeva tempo. 
Dopo un grave danno, per rimediare, è necessario lasciar passare del tempo.
Dovetti attendere. Ho atteso. Bisogna saper attendere.
Ma chi ha subito un grave danno e non ne è stato completamente travolto, sa una cosa che gli altri non sanno. Sa di poter sopravvivere.
Mi chiesero qual era il Sentiero Dorato. Credevano che fosse una strada ben precisa, forse è per questo che non capirono la mia risposta. Se c'è l'equilibrio interiore, ogni sentiero è il Sentiero Dorato.
Monterovere si rese conto che non sarebbe stato facile riconquistare la fiducia del suo ex pupillo:
<<Be', spero che le sue riflessioni non siano state eccessivamente profonde. Chi va troppo in profondità rischia di annegare>>
Luca, che conosceva bene quel rischio, sollevò le spalle, in un gesto di leggerezza disinvolta:
<<Io so quando fermarmi. Forse è l'unica cosa che so. Vede, ci sono momenti di estremo pericolo in cui è necessario che ognuno rinunci a qualcosa, per il benessere generale. Ognuno di noi si ritiene un irriducibile seguace di qualche verità o quantomeno di una cosa giusta, ma ci sono certe verità, certe cose giuste che potrebbero provocare la fine del mondo e noi non abbiamo il diritto di provocare la fine del mondo in nome di una cosa che riteniamo giusta. Ecco: quello è il momento di fermarsi, il momento di rinunciare.
Io sentivo il dovere di farmi da parte, di lasciare la Confraternita>>
Monterovere capì cosa significavano realmente quelle parole:
<<Non credo sia stata una decisione saggia>>
Luca lo fissò:
<<E' stata la decisione più saggia della mia vita. Voi siete troppo elitari. Disprezzate la gente comune. Non capite che è la gente comune a salvare il mondo>>
Il Professore non si diede per vinto:
<<Le circostanze, adesso, sono cambiate. Non stiamo facendo più dell'accademia, mi creda. Ci siamo resi conto anche noi di cosa sta succedendo laggiù, fuori dalla Torre eburnea>>
Luca sospirò:
<<Quando ero a io dirvelo, però, non ci credevate, non mi credeva nemmeno Virginia, con le sue frequentazioni di personaggi altolocati legati all'Oligarchia>>

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<<Ritenevamo che l'Oligarchia fosse in grado di gestire la situazione, ma ora è evidente ci sbagliavamo. Mi assumo la responsabilità di aver contribuito a questo errore>>
Luca gli rivolse uno sguardo severo:
<<Il fatto è che adesso è troppo tardi: l'asse socialisti-popolari-liberali ha preso il peggio delle tre tradizioni. Socialisti che non credono più nello Stato Sociale, liberali che non credono più nella Libertà e nella Proprietà, e democristiani che non difendono più il Cristianesimo dall'Islam. Questa è diventata l'Europa dei Tecnocrati: registi freddi, impenetrabili, senza dubbi, senza palpiti. Senza un momento di autentica pietà umana verso i loro concittadini. In questi ultimi anni di crisi economica, sono rimasti indifferenti, lividi, assenti, chiusi nel loro cupo disegno di potere. Cosa significava la sofferenza dei popoli europei rispetto alla loro avidità? Cosa significavano i suicidi di coloro che avevano perso tutti i risparmi e gli investimenti a causa del diktat dell'austerity? Ebbene per loro tutto questo non significava niente>>

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Monterovere annuì, come per una tardiva comprensione e per una ancor più tardiva speranza:
<<Forse non è tutto perduto! E' per questo che l'ho richiamata! Lei deve sentire tutto ciò che Virginia ha scoperto in questi anni. Ed io sapevo che al richiamo di un antico amore lei non avrebbe resistito>>
Luca si sentiva usato e manovrato, e questo non poteva perdonarlo:
<<Un amore a senso unico è qualcosa di straziante. Non è questo tipo di amore a salvarci. No,  quell'amore non ricambiato può solo finire in odio. E chi non ci ricambia non merita nemmeno quello. No, la migliore risposta sarebbe l'indifferenza, il totale disinteresse e il totale oblio. Ma questo è un dono degli Dei, non dei comuni mortali.
Lei sa che io soffro di profonde emicranie. Virginia è come una seconda emicrania ancora più lancinante che non mi dà tregua. Non riesco a togliermela dalla testa.
Non posso fare a meno di rimproverarle il fatto di avermi sottratto la libertà di non amare>>
Il vecchio professore probabilmente si aspettava un'altra disposizione d'animo:
<<Non l'ha ancora perdonata? Dopo tutto questo tempo?>>
Luca assunse un'espressione ferma nella sua risposta:
<<Mai!>>
E nemmeno lei l'avrebbe perdonato.
Certe parole non si perdonano, anche quando sono dettate da un cuore infranto.
Ed io ti accuso, Virginia! Domani anche tu piangerai, come l'amante da te abbandonato tanti anni fa. Da qui sul monte sto guardando finire un'illusione nata lungo il nostro fiume e lì perduta, e la corrente la trascina via verso l'eterno. 
Si erano detti addio vicino al ponte sul fiume che scorreva nella valle di Monterovere: lui era tornato indietro, Virginia era andata avanti. Una distanza li aveva divisi, un confine mai varcato.
Al ricordo si aggiunse una riflessione triste e dolce nel contempo, su quel poco che c'era stato tra loro (e avrebbe potuto non esserci) e su tutto quello avrebbe potuto esserci, e non c'era stato.
Questo è l'amore che non abbiamo mai avuto. E questo è il mio ultimo ricordo di te, che nasce su un confine, e non lo supera.