giovedì 4 giugno 2015

Estgot. Capitolo 85. I preliminari del Primo Patto.



<<Non ho idea di come si concluda un patto con un immortale, Edwina, ma ritengo essenziale la presenza di Atar>> dichiarò Waldemar.

<<Non ti fidi di me?>>

<<Non mi fido di nessuno. Quando la posta in gioco è così alta, occorre la massima prudenza.
 Al contrario, la sicurezza di sé, l'azione evidente, le dimostrazioni di coraggio e persino gli atteggiamenti eroici sono tutti campanelli d'allarme destinati a insospettire il nemico.
Se non comprendiamo questo e proseguiamo senza tenerne conto, noi diamo il benvenuto alla catastrofe>>

Edwina lo osservò con occhi nuovi:
<<Ora capisco cosa intendeva Atar quando mi ha avvertito di non sottovalutart>>



<<Quando si è soli contro il mondo intero, l'essere sottovalutati può diventare l'unica speranza di vittoria. Si induce il nemico ad abbassare la guardia e in quel momento, quando il nemico è distratto e senza protezione, si colpisce>>

<<Forse le tue doti non sono limitate alla premonizione e alla telepatia. In fondo, il Programma Genetico doveva produrre un modello nuovo. Noi tutti ci aspettavamo un supereroe, e invece sei comparso tu, che non sei in alcun modo classificabile.
Ma qual è il nemico che non dobbiamo svegliare?>>

<<Lo sai meglio di me, Edwina. Ne abbiamo parlato fino adesso. Se sottovalutiamo la minaccia di Gothar e dei suoi alleati, ne pagheremo tutti le conseguenze, te compresa>>

<<Hai visto dei rischi?>> chiese Edwina improvvisamente agitata <<Intendo dire, dei rischi per me e per i miei piani?>>

Waldemar non poteva mentire di fronte ad una domanda così esplicita, ma non era affatto entusiasta di dover parlare del futuro:
<<Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi finem di dederint, Leuconoe.
Non domandarmi che fine hanno deciso gli dei per me e per te: saperlo è proibito, e foriero di sventura>>

Lei seppe però patrocinare molto bene la sua causa:
<<Nel momento decisivo, la sorte ci dà tre segnali: un ricordo improvviso, un riconoscimento immediato e un consiglio non richiesto.  Il nostro universo non ci permette di ignorare questi segnali. Ho rivisto uno schema presente molte volte nella storia: gli esclusi vogliono rovinare la festa. Ho indovinato? Chi rischia di più, in questo scenario?>>

<<Gothar seminerà zizzania tra i regni, i popoli e le case reali. Ci potrebbero essere delle guerre, ed Arexatan, pur vittorioso, potrebbe subirne le conseguenze>>

Lei ponderò quelle parole nella sua mente e nel suo cuore, valutandone le implicazioni. Le soppesò, ma non se ne rallegrò, perché erano presagio di morte e sepoltura.
<<Non permetterò che accada! Farò tutto il possibile per evitarlo!>>

<<Non ne dubito. Ma in genere sono gli stessi atti che compiamo per evitare un danno a creare i presupposti perché esso si verifichi. In ogni caso, è essenziale che queste informazioni restino riservate>>

Edwina annuì e si mise l'indice sulle labbra, come promessa di silenzio e discrezione.



<<Dammi un consiglio, Roman! Almeno una parola!>>

<<Non lasciarti sedurre dalle lusinghe del potere. Vedi, ho sempre ritenuto che il maggior problema di tutte le strutture di potere sia il fatto che esse attirino persone che desiderano il potere fine a se stesso. Ebbene, non è il mio caso. I poteri che mi sono stati concessi saranno utilizzati soltanto per finalità difensive. Non ho ambizioni personali>>

Edwina annuì:
<<Ti sono grata per avermi parlato con franchezza. Ed è con lo stesso spirito che ora ti descriverò ciò che sta per accadere riguardo all'accordo che si dovrà concludere.
Ogni mito di fondazione si basa su un patto tra un mortale e un immortale, a prescindere da qualsiasi valutazione etica. Non esiste la differenza tra il Patto con Dio e il Patto col Diavolo: è come guardarsi allo specchio; ciò che vediamo non è la nostra immagine, ma il suo contrario, eppure siamo sempre noi. Chi può guardarsi allo specchio senza diventare nel contempo l'opposto di sé? Uno specchio non riflette un malvagio: lo crea. ed è questa la ragione per cui tale specchio sopporta al massimo un rapido sguardo, ma non un esame accurato e che gli specchi della famiglia Dracu non riflettono niente>>

Waldemar sospirò:
<<Conosco i rischi di tutto questo, ma non ho altra scelta>>

Edwina lo fissò:
<<C'è sempre un'altra scelta, e tu lo sai. In fondo sei sempre rimasto un ribelle>>

Waldemar la fissò a sua volta  :
<<Sarebbe stato facile, e consono al mio carattere irrequieto nonostante l'età, condurre la ribellione fino in fondo, disobbedire agli Immortali. Ma poi?
Se i Varchi verranno chiusi, dove andremo quando saremo in troppi?>>

Edwina parve meravigliata:
<<Ci sarebbe la selezione naturale. I più capaci ad adattarsi al cambiamento sopravvivono e si riproducono. E si passa al gradino successivo dell'evoluzione. Credevo che ti fosse chiaro che il motivo della crisi che state attraversando è che la vostra evoluzione biologica è ferma da troppo tempo.
Ma non è una cosa che si può dire in giro>>

Lui si oppose:
<<L'umanità ha fatto moltissima strada, senza alcun bisogno di evoluzione genetica>>

Lei insistette:
<<Un asino può fare tutta la strada che vuole, ma resterà sempre un asino! Atar invece vuole solo cavalli di razza>>

Waldemar rise:
<<Ah ah, chissà che delusione deve essere stata, per lui, vedere che il suo bramato "cavallo di razza" era soltanto un vecchio ronzino!>>

Edwina, disorientata, tagliò corto:
<<Destriero o ronzino, servirai comunque allo scopo per cui sei nato.
Tu sei il primo esemplare di una nuova specie, con capacità cognitive e intelletive superiori. 
I tuoi discendenti daranno vita a dinastie millenarie, sulla Nuova Terra.
Avresti forse il coraggio di rifiutarti di essere il patriarca di queste dinastie?>>

<<Dinastie fantoccio, se tu manovrerai i troni per migliaia di anni>>

<<Non "se", ma "quando"!>>

<<Non esserne così sicura, Edwina. Se Gothar dovesse avere successo, saremo costretti a cambiare la natura del nostro Patto>>

Lei fece un gesto di impazienza:
<<Per il momento è sufficiente che il Patto sia siglato. 
E poiché si tratta di un accordo tra un mortale e un Immortale, deve essere siglato col sangue. Nel caso del divino Atar, Signore del Fuoco, si dovrà far cadere qualche goccia del proprio sangue nel focolare, dopo aver pronunciato un solenne giuramento>>

Waldemar individuò subito un problema:
<<Fuoco e sangue! Peccato che qui siamo in una Visione indotta dall'Acqua della Vita e che quindi nella realtà io stia dormendo. Vale anche il sangue versato nel fuoco in un sogno?>>

Edwina gli rivolse il suo consueto sguardo vagamente diabolico:
<<Ora ti muoverai come un sonnambulo, grazie alla mia guida
E' stato tutto già messo in preventivo. Alzati e va' verso il camino. Lì troverai un coltello appuntito: pungiti il dito indice della mano sinistra, poiché il Patto che stiamo per siglare rientra nella magia, e dunque percorre la Via della Mano Sinistra, che è quella di tutti gli Iniziati agli Arcani Supremi>>










Giardini e fiori




















Curb Appeal. Seattle, WA.


































mercoledì 3 giugno 2015

Parchi










abbaye de Lessay (Manche)abbey of Lessay (Manche)

Drummond Castle Gardens, Scotland 













Giardino zen




Il più noto dei giardini zen è il karesansui 枯山水, è un giardino tipico della cultura giapponese, i cui elementi (acqua, piante, pietre) sono rappresentati in maniera simbolica da pietre e ghiaia. L'acqua viene rappresentata da "fiumi" di ghiaia il cui moto si scontra con l'emergere dal suolo di grosse pietre dalle forme naturalmente disordinate, allo scopo di simboleggiare il dinamismo delle forme della natura.
Sono usati dai monaci zen giapponesi durante la meditazione. Talvolta ridotti ad una forma da interni in una struttura in legno, i giardini zen in miniatura sono chiamati Bonseki.

Tempio di Ryoan-ji

Il più celebre giardino zen è quello di Ryoan-ji, tempio di Kyōto.
Il giardino di ghiaia è stato creato per offrire ai monaci un posto dove meditare, ed è conosciuto per il suo effetto calmante.

Disegno


Il giardino zen al tempio Ryoan-ji
Ci sono stati molti tentativi di spiegare il disegno dei giardini zen. Alcuni di questi sono:
  • La ghiaia rappresenta l'oceano e le pietre rappresentano le isole del Giappone
  • Le rocce rappresentano una mamma tigre con i cuccioli che nuota verso un drago
  • Le rocce formano parte del kanji per cuore o mente
Si veda Ryōan-ji per una analisi matematica di un giardino zen
Un recente suggerimento dei ricercatori Gert van Tonder dell'Università di Kyoto e di Michael J. Lyons degli ATR Intelligent Robotics and Communication Labs è che le pietre formino un'immagine subliminale di un albero. Questa immagine non può essere percepita consciamente quando la si guarda; i ricercatori sostengono che la mentesubconscia sia in grado di vedere una sottile associazione tra le pietre. Essi ritengono che ciò sia responsabile dell'effetto calmante del giardino.

Adattamenti per la progettazione paesaggistica

I concetti della progettazione di un giardino Zen sono stati adattati per la creazione di un paesaggio piantumato in maniera più naturale. Nella foto sottostante, un piccolo giardino "Zen" che è parte del Japanese Tea Garden a San Francisco Golden Gate Park. Non visibile in questo scorcio, sul lato sinistro, ci sono numerosi sassi sulla riva del letto di pietruzze, racchiusi da arbusti di bordura.

Critiche

Lightmatter zen garden.jpg
Il concetto di giardino zen viene considerato un mito da molti importanti esperti giardinieri giapponesi e da molti esperti di buddismo. Essi sostengono che si tratta di una creazione occidentale della fine del XX secolo, che non ha niente a che fare con la tradizione del giardinaggio giapponese. L'estetica del karesansui o "giardino secco" non è affatto unica dei giardini che si trovano vicino ai templi zen. I giardini secchi si possono trovare fuori da case, ristoranti e alberghi. Similarmente, i giardini attorno ai templi zen possono avere molti stili differenti, e i giardini secchi sono solo uno di questi.
Il termine "giardino zen" apparve per la prima volta nel libro del 1935 di Loraine Kuck, intitolato One Hundred Kyoto Gardens. Il primo uso del termine in lingua giapponese non apparve su stampa fino al 1958. Ciò può implicare che qualche studioso giapponese possa aver semplicemente seguito l'uso occidentale, adottando il concetto in voga di "giardino zen", perché già utilizzato dagli stranieri.
Il libro Themes, Scenes & Taste in the History of Japanese Garden Art di Wybe Kuitert, pubblicato nel 1988, contesta fortemente la correlazione fra Zen e karesansui:
« Kuck confonde la sua interpretazione del giardino Zen (XX secolo) storicamente determinata, con un antico giardino appartenente ad una cultura completamente diversa. Questo falsa la sua interpretazione.
... (il giardino medievale) trovava la sua collocazione nei templi Zen e nelle residenze dei guerrieri perché ne aumentava il prestigio culturale. Che la sua valutazione fosse determinata da elementi religiosi, piuttosto che di 'forma' è discutibile. »
Inoltre Kuitert parla del giardino Zen da una prospettiva Buddista: "(dal punto di vista di Dogen) il miglior giardino per rappresentare il Sermone del Buddha sarebbe il nulla. O perlomeno non sarebbe sicuramente stato un giardino esteticamente gradevole, il quale avrebbe solamente distratto da una reale ricerca dell'Illuminazione." Kuitert si mostra ancora più critico traducendo i commenti a Toh-ji di un monaco dell'era Muromachi: “Chi pratica lo Zen non deve costruire giardini. In una sutra è detto che il Bodhisattva Makatsu, volendo meditare, per prima cosa abbandonò totalmente le cose di questo mondo, tanto il far affari e ottenere profitti quanto il coltivare piante..."
L'opinione che i monaci Zen usino i giardini per la meditazione è smentita dal fatto che in Giappone i monaci Zen meditano quasi sempre al chiuso, sia di fronte ad un muro (Soto Zen) sia di fronte al centro della stanza (Rinzai Zen), e non di fronte ad un paesaggio. Dunque le foto di monaci giapponesi che meditano su giardini di ghiaia sono verosimilmente delle messe in scena.

Avviso per il lettore

Le note citate sopra presuppongono un'interpretazione troppo letterale del termine Giardino Zen. Il termine si riferisce al fatto che questo stile di giardino si è sviluppato nei templi Rinzai Zen con alcuni dei più importanti progettisti, come Muso Soseki e Soami, i quali erano monaci o praticanti lo Zen. Inoltre lo stile dei giardini Zen tradizionali si è sviluppato durante un periodo della storia giapponese in cui le pratiche culturali associate al buddismo Zen, come la calligrafia e la pittura di paesaggi, influenzavano sempre di più l' arte giapponese. C'è naturalmente una varietà di opinioni sul rilievo che questi giardini assumono nella pratica Buddista, tuttavia non si può negare che il loro sviluppo è strettamente associato con i templi Rinzai Zen, in particolare modo gli enormi e intricati templi di Kyoto.

Immagini

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