Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
sabato 13 luglio 2013
L'Imperatore-Profeta di Gothian. Capitolo 59. Daemon Iceblood e Mordred Eclionner.
Daemon "Iceblood" von Steinberg, principe di Thule, era pronto alla riconquista della fortezza di Gothian, che era appartenuta a suo padre Fenrik.
Gothian non è solo un castello, è un luogo dell'anima.
Gothian è il simbolo di tutto quanto c'è di oscuro. Gli Eclionner l'hanno conquistata grazie all'alleanza di Eclion l'Oscuro con Gothar il Consigliere. Ma ora che la Dinastia ha tradito il suo fondatore, gli eredi di Gothar torneranno in possesso di ciò che gli appartiene.
Dopo che Atar aveva abbandonato l'alleanza dei tre demoni su cui si reggeva la gerarchia dei seguaci di Ahriman, i due Signori rimanenti, Eclion e Gothar, con tutte le loro schiere demoniache, avevano deciso di spartirsi il Continente Centrale in due zone di influenza.
Gothar, Signore dei Ghiacci, avrà il Nord e controllerà il regno degli Albini di Gothian, il regno degli Alfar e la parte del regno dei Keltar a nord del fiume Amnis.
Eclion, Signore delle Tenebre, avrà il controllo del Sud, dell'Impero dei Lathear, del regno dei Keltar a sud dell'Amnis e dell'Impero Ker di Jandola, dei neri discendenti dagli Zulu.
Il patto prevedeva che il Trono Imperiale, quello più ambito, sarebbe spettato a Mordred Eclionner, che insieme a sua madre Ellis era stato l'unico della Dinastia a rimanere alleato di Gothar.
Mordred è uno stupido idiota e pallone gonfiato, ma se diventerà imperatore, allora mia sorella sarà la vera regnante.
Il più era cercare di convincere Daenerys a non trasformare Mordred in vampiro. Era molto meglio che non godesse di alcuna forma di immortalità.
Daenerys dovrà generare il nuovo erede al Trono imperiale, e poi governare come Reggente. La Dinastia degli Eclionner rimarrà sotto il controllo di mia sorella per sempre.
Il problema era che Daenerys non era mai stata docile nei confronti di suo fratello.
Devo cercare di blandirla in qualche modo.
Ma per quello c'era tempo.
Adesso bisogna concentrarsi sulla guerra.
Gothian era stata quasi abbandonata a se stessa.
Ma c'è Lilieth Vorkidian, l'Imperatrice Madre, quella maledetta strega, che si è portata dietro i suoi fedeli Keltar.
Per fortuna suo nipote Arthur II non vale la corda per impiccarlo.
Dicono che abbia un'armatura d'oro massiccio. Bene. Sarà più facile individuarlo ed eliminarlo.
La strategia questa volta sarebbe stata molto più prudente rispetto alle guerre passate.
Avremo degli scudi enormi, per neutralizzare le loro armi d'argento. E manderemo avanti i nuovi draghi. I Draghi del Ghiaccio.
Uno dei motivi della sconfitta del padre di Daemon, il Conte Fenrik, era stato l'aver scagliato i draghi del fuoco contro Marvin. Il fuoco era controllato da Atar, e il Conte non poteva averne un pieno controllo. Per questo Daemon aveva creato, con l'aiuto di Gothar, una nuova razza di draghi, che invece di emettere fuoco, emettevano ghiaccio.
La consistenza delle loro scaglie gelate era tale da reggere i colpi di qualsiasi freccia, persino di quelle avvelenate o infuocate.
Aveva previsto anche uno sbarco dal mare, dato che ormai, essendo luglio inoltrato, la calotta polare si era ristretta.
Le creature Cthulhu dovevano emergere da ovest.
Ma sicuramente Atar avrà trovato qualcosa di più potente da scagliargli addosso. Se nemmeno i draghi di ghiaccio e gli Cthulhu riusciranno a conquistare Gothian, dovrò avere qualcosa di riserva. Un piano alternativo.
Molti pachidermi corazzati erano stati creati con le alchimie di Gothar, ma non erano in numero sufficiente.
I Gravios sono lenti a crescere e lenti a muoversi. Ma non li ferma nessuno.
I primi esemplari erano piuttosto rozzi, ma mostravano la possibilità di sviluppo di una apertura alare.
Se riesco a far volare quelle bestie, nemmeno le catapulte potranno fermarli. Dovrò solo evitare che distruggano Gothian. Non voglio certo ereditare un cumulo di rovine.
Da troppi anni manco dal castello dove sono nato, ma i nemici non devono sospettare che io nutra nostalgia, altrimenti minaccerebbero di dare fuoco a tutto. Per Lilieth Vorkidian la fortezza di Gothian vuol dire ben poco. Forse è proprio per questo che Marvin le ha affidato il comando.
L'Imperatrice Madre considerava quel luogo una maledizione da estirpare. Il Conte Fenrik le aveva ucciso il primo marito, Masrek Eclionner, il Principe della Corona.
Mordred è suo nipote, ma lei lo ha sempre considerato una creatura di Ellis. Dovrò verificare una volta per tutte se è davvero così.
C'era un punto, in particolare, che lo preoccupava.
Marvin ha chiamato i suoi figli con i nomi di due eroi del passato che si sono ammazzati a vicenda. E se la Profezia fosse arrivata a vedere proprio un simile esito?
Se così fosse stato, ogni strategia di battaglia sarebbe divenuta prevedibile.
Come si può vincere contro un Profeta?
A quella domanda, nemmeno Daemon "Bloodice" era in grado di dare risposta.
Cast
Alexander Skarsgard - Daemon "Iceblood" von Steinberg
Joaquin Phoenix - Mordred Eclionner
Emilia Clarke - Daenerys "Hearteater" von Steinberg
Elizabeth Bathory - Lilieth Vorkidian
venerdì 12 luglio 2013
Le regine consorti più famose d'Inghilterra.
Eleonora d'Aquitania (1122-1204) fu la più famosa delle regine consorti d'Inghilterra. Portò al marito Enrico II Plantageneto in dote metà della Francia, permettendo la creazione di un enorme impero.
Isabella di Francia (1295-1358) fu la moglie di Edoardo II Plantageneto e la madre di Edoardo III. Essendo l'ultima erede del ramo primogenito della dinastia dei Capetingi di Francia (in quanto figlia di Filippo IV il Bello) , reclamò per suo figlio il diritto di ereditare la corona francese. Fu in base a quelle considerazioni ereditarie che Edoardo III invase la Francia, dando inizio alla Guerra dei cent'anni.
Caterina d'Aragona (1485-1536) fu la prima moglie di Enrico VIII Tudor e la madre della regina Maria I Tudor. Non essendo stata in grado di dare un figlio maschio al re, divenne protagonista del più controverso divorzio della storia. Negando fino alla morte l'assenso all'annullamento del matrimonio, grazie anche all'appoggio del nipote, l'imperatore Carlo V, figlio di sua sorella Giovanna di Castiglia detta la Pazza, Caterina fu la causa involontaria dello Scisma Anglicano.
Alessandra di Danimarca (1844-1925) fu la moglie di Edoardo VII, figlio della regina Vittoria. Divenne regina solo in età avanzata, alla morte della suocera. Per la maggior parte della sua vita fu Principessa del Galles.
Mary di Teck (1867-1953) fu la moglie di re Giorgio V Windsor. Ricoprì tutti i ruoli previsti per una consorte di un membro della famiglia reale. Fu Duchessa di York (1893-1901), Principessa del Galles (1901-1910), Regina consorte (1910-1936), Regina madre (1936-1952), Regina nonna (1952-1953).
Elizabeth Bowes-Lyon (1900-2002) fu la moglie di Giorgio V e la madre di Elisabetta II. Ha detenuto il titolo di Regina Madre per cinquant'anni, dal febbraio 1952 all'aprile 2002, quando morì a 101 anni.
Diana Spencer (1961-1997) non fu regina, ma è stata probabilmente la più famosa consorte di un membro della famiglia reale. Fu la prima moglie di Carlo, Principe del Galles e la madre del principe William, duca di Cambridge e del principe Harry. Fu Principessa del Galles dal 1981 al 1997, quando morì in un incidente stradale a Parigi.
Quali sono state le regine regnanti d'Inghilterra?
Se escludiamo i casi incerti di Matilde di Normandia e di Jane Gray, la prima regina vera regnante d'Inghilterra fu Maria I Tudor la Cattolica (1516-1558), detta anche "Bloody Mary", la "sanguinaria", per le numerose esecuzioni capitali avvenute durante il suo regno. Figlia primogenita di Enrico VIII e Caterina d'Aragona, Maria tentò senza successo di restaurare il cattolicesimo nel suo regno.
Alla sua morte le succedette la sorella Elisabetta I Tudor (1533-1603), figlia di Enrico VIII e Anna Bolena. Elisabetta fu la seconda regina regnante d'Inghilterra ed è considerata la sovrana più grande della storia inglese.
La terza regina regnante d'Inghilterra fu Maria II Stuart (1662-1694).
Succedette al padre Giacomo II dopo la Gloriosa Rivoluzione del 1688.
La quarta regina regnante d'Inghilterra (e prima di Gran Bretagna) fu Anna Stuart (1665-1714).
Sorella di Maria II, Anna fu l'ultima degli Stuart, poiché nessuno dei suoi figli le sopravvisse. Dopo la sua morte ebbe inizio la dinastia degli Hannover.
La quinta regina regnante d'Inghilterra (seconda di Gran Bretagna e prima del Regno Unito di Gb e Irlanda) fu Vittoria di Hannover (1819-1901).
Il suo regno fu il più lungo della storia inglese e britannica e durò 64 anni. Vittoria fu anche la prima Imperatrice delle Indie e sotto di lei l'Impero britannico raggiunse l'apice della potenza.
La sesta regina regnante è l'attuale sovrana Elisabetta II Windsor (nata nel 1926), che regna dal 1952. Il suo regno attualmente è secondo in durata solo a quello della sua trisavola Vittoria.
Questo è il 61° anno di regno di Elisabetta II.
Post scriptum
Secondo alcuni storici la prima regina regnante d'Inghilterra sarebbe stata Matilde di Normandia, che fu nominalmente regina per alcuni mesi nel 1141.
Matilde sposò il duca Goffredo d'Angiò, detto il Plantageneto, dando così origine alla più duratura famiglia reale inglese.
Se si segue questo criterio, cioè considerando anche i regni brevi, invalidati poi dal successore, la seconda regina d'Inghilterra sarebbe Jane Gray, che regnò per soli nove giorni, tra la morte del cugino Edoardo VI Tudor e l'ascesa al trono della cugina Maria I Tudor.
Jane Gray era nipote di Enrico VIII, in quanto figlia di sua sorella e del suo migliore amico, lord Charles Brandon, duca di Suffolk.
giovedì 11 luglio 2013
Albero genealogico dei Kennedy
Nella foto qui sopra vediamo, da sinistra, Ethel (moglie di Robert), Patricia, la madre Rose Fitzgerald, il padre Joseph Kennedy, dietro di lui la figlia Jean (ultima sopravvissuta dei figli di Joseph e Rose), il presidente John Kennedy e sua moglie Jacqueline Bouvier, dietro di lei Robert Kennedy, a fianco a lei sul divano Edward "Ted" Kennedy, dietro di lui Eunice e il marito Sargent Shriver.
mercoledì 10 luglio 2013
La poesia dei legami fragili
Io gettavo nel fiume
reti da pesca
color ragnatela.
Lei camminava sull'argine,
l'altro,
e la corrente tra noi
declamava la poesia
dei legami fragili.
Tutto il nostro tempo
è passato in un lampo.
Come il vento sui prati,
come la pioggia sugli alberi,
come l'acqua sugli scogli.
E il ponte fra noi
crollò.
martedì 9 luglio 2013
L'Imperatore-Profeta di Gothian. Capitolo 58. Arthur ed Eleanor si trasferiscono a Gothian.
Dopo essere stati incoronati re e regina dei Keltar, Arthur II Eclionner Vorkidian e sua moglie Eleanor Eclionner d'Alfarian, chiamarono a raccolta venticinque legioni e partirono alla testa di esse in direzione del castello di Gothian, che era rimasto sguarnito dopo che Marvin e sua moglie Alice avevano deciso di marciare su Lathena.
Loro vanno a sud e noi a nord. Doveva essere così per forza: ognuno deve affrontare i propri demoni.
Eleanor, pur essendo nata a Lathena, era cresciuta a Gothian, come anche suo marito Arthur, che era anche suo cugino.
Eravamo una grande famiglia unita, ed ora ci stiamo facendo la guerra tra di noi? Era questo il tuo Sentiero Dorato, Marvin?
Istintivamente si portò le mani al grembo: il figlio che aspettava sarebbe nato sano e destinato a grandi cose, oppure no?
Marvin non ha dispensato le sue profezie a nessuno.
Per un istante fu travolta dal dubbio che si trattasse di profezie catastrofiche.
Dopotutto sta mandando Arthur a combattere Mordred, ed entrambi quei nomi sono presagio di morte e di sepoltura.
Arthur II Vorkidan procedeva sul suo destriero bianco, sfoggiando l'armatura dorata e la corona.
Fortunatamente la madre di Arthur, Igraine Pendragon Canmore di Logres, principessa delle Highlands, era rimasta a Caemlyn, a governare il regno dei Keltar con i pieni poteri di reggente.
La lontananza di Igraine era un fatto positivo, ma Gothian non era mai stata così sguarnita. Solo l'Imperatrice Madre Lilieth Vorkidian era presente.
Era stata lei a consigliare a Marvin di marciare verso sud, ma era nel contempo molto preoccupata.
Lilieth sta tessendo un disegno politico da quasi cinquant'anni. La nonna di mio marito è mille volte più forte di lui e di tutti gli altri Eclionner messi insieme. Non posso deluderla, lei conta su di me, per sostenere Arthur.
Ma questa volta le frecce d'argento non sarebbero bastate a fermare i non-morti.
Ci vogliono nuove armi, e per averle ci vuole un progresso tecnico... proprio quello che Marvin sta cercando di impedire da trent'anni. Eppure i sacerdoti di Atar devono conoscere qualcosa... un'arma segreta, qualcosa che lanci i proiettili d'argento alla velocità del fulmine. Senza questo siamo perduti.
Valyria, la figlia di Marigold, le aveva fatto pervenire un messaggio, prima di recarsi al sud.
Dietro al suo rango segreto si cela un potere supremo sul Fuoco.
La pergamena era scritta in linguaggio volutamente vago, per il timore che qualcuno potesse carpirne il segreto.
<<Mia carissima cugina,
avevo sperato di incontrarti personalmente, ma so che ora ti trovi in viaggio. Io stessa non posso trattenermi a lungo qui a Caemlyn. Ti lascio dunque questo messaggio per esprimerti il mio pensiero. I PRESUPPOSTI DA CUI MUOVIAMO NON SONO ARBITRARI. L'UNICA COSA CHE CONTA E' IL MOVIMENTO REALE CHE ABOLISCE LO STATO DI COSE DEL PRESENTE. Se Atar è passato dalla nostra parte, non è solo per illuminare, ma per trasformare. Non è necessaria la mia presenza, poiché il meccanismo, una volta ricevuto l'avvio, non si può più fermare. Gli artificieri si metteranno in contatto con te. Tutto ciò che si poteva fare è stato fatto. Ora tutto dipende dalla saggezza di ognuno di noi e dall'aiuto divino.
Mi congedo con la preghiera di benedizione. Benedetto sia Atar lo Splendente e la sua fiamma. Possa il suo passaggio purificare il mondo e illuminare le anime col suo fulgore.
Sinceramente tua
Valyria, lady Eclionner, onorata Ataris, Principessa del Sangue Imperiale>>
Cast
Uma Thurman - lady Eleanor Eclionner d'Alfarian
Arthur Pendragon (re Artù di Camelot) - re Arthur II Eclionner Vorkidian
Joely Richardson (Elisabetta I) - lady Igraine Canmore Pendragon di Logres
Alice Krige - lady Lilieth Vorkidian, Imperatrice Madre
Melisandre di Asshai - lady Valyria Eclionner Ataris
venerdì 5 luglio 2013
Violeta Parra went to heaven - Recensione
Nel 1967, a cinquant'anni, dopo un'esistenza intensa, di impegno e di successo, di arte e musica, dopo due matrimoni, quattro figli, milioni di innamoramenti, ma un solo grande amore, l'ultimo, Violeta Parra, la più celebre cantautrice cilena e sudamericana, scrive e incide la sua canzone più famosa, "Gracias a la vida", uno degli inni alla vita più potenti, convincenti e indimenticabili che si possano ascoltare, e poi si spara un colpo in testa, consegnando il suo corpo alla terra, il suo nome al mito e la sua musica all'immortalità.
Non fu un atto di incoerenza, anzi: a volte è proprio quando si sente che dalla vita si è avuto tutto che si guarda alla morte senza paura e senza rimpianti. Non solo: una vita intensa brucia e consuma, risplende al massimo nel momento stesso in cui esaurisce il suo carburante e si spegne all'improvviso. Nessuno ha il permesso di chiedere: "Perché lo hai fatto?", nemmeno un figlio.
E' sulla base di questo rispetto e di una venerazione orgogliosa, ma onesta e per nulla incondizionata, che Angel Parra scrive la biografia di sua madre, "Violeta se fue a los cielos", offrendo una solida e sicura cornice per la realizzazione di questo splendido film di Andrés Wood, magistralmente interpretato da Francisca Gavilàn.
La rassomiglianza tra l'attrice protagonista e il personaggio reale non è solo fisica: Francisca Gavilàn interpreta con una tale passione e convinzione questo ruolo da riuscire a suonare e a cantare in un modo così travolgente che sembra riportare in vita non solo la voce, ma la persona stessa di Violeta Parra, come se non fosse mai morta, ed in fondo è questo uno dei fili conduttori del film: chi ci lascia qualcosa di immortale "va in cielo", a prescindere dalle sorti del suo corpo e della sua anima.
"Prima di Bob Dylan, nel sud del mondo, c'era Violeta Parra, madre del folk latino-americano" così recita la locandina, ben sapendo che la categoria del genere "folk" non è sufficiente ad esprimere una potenza vocale e creativa che era nata da un incontro unico tra la tradizione degli Indios e quella della canzone ispanica, fiorito all'interno di una famiglia di artisti, musicisti e poeti: non occorre infatti ricordare che il grande Nicanor Parra, che spesso si contrappone a Pablo Neruda nei dibattiti di poesia, è il fratello maggiore (a tutt'oggi vivente e quasi centenario) di Violeta, cresciuto come lei a contatto con la terra, con la campagna, con la dura vita contadina, per quanto il loro padre fosse un insegnante di musica.
"Mio padre mi ha lasciato la sua chitarra e la sua musica" dice Violeta in una intervista che fa da collante all'intera pellicola, costruita sapientemente su flash-back e flash-forward, accrescendo il pathos senza confondere (una lezione che molti registi che si ritengono grandi non hanno mai imparato).
Vediamo così nel contempo la bambina che impara la musica insieme alla parola, che sopravvive alla morte precoce del padre, alla povertà e alla malattia del vaiolo, che segnerà il suo viso, con una ferita mai del tutto accettata; la giovane donna passionale che insieme alla sorella Hilda e ai figli va alla ricerca delle canzoni popolari e le reinventa, esibendosi nei più sperduti villaggi di contadini e minatori, per un tozzo di pane e un bicchiere di vino; l'artista all'apice del successo, che va in turnée in Europa, espone dipinti e arazzi al Louvre, incanta francesi, polacchi, sovietici e ama un giovane musicista svizzero, Gilbert Favre (ben interpretato da Thomas Durand), ispiratore delle sue canzoni di maggior successo e causa sia della felicità che della disperazione di Violeta.
Le scene d'amore sono infuocate come il carattere della protagonista, che non si accorge di ferire l'orgoglio del suo uomo, trattandolo a volte come un toy-boy, per poi rendersi conto solo dopo la fine della loro relazione, di quanto fosse potente il suo sentimento, la cui sublimazione, "in absentia" dell'amato, le permette di creare e cantare al meglio le sue creazioni più toccanti, con un senso del tragico che non concede nulla al sentimentalismo.
Lui, che all'inizio è solo un ragazzo sedotto da una donna adulta e insaziabile, diventa alla fine il predatore che di fatto la uccide: "el Gavilàn", lo sparviero che fin dall'inizio del film incombe dal cielo, come l'Angelo della Morte.
Non è dissacratorio il fatto che la preda sia rappresentata, fin dalla prima scena, da una gallina: è la stessa Violeta Parra a parlane, nell'intervista, attribuendo anche un valore politico al ruolo del predatore (l'aristocrazia terriera) e della preda (il popolo contadino). Il suo impegno civile, sempre, coerentemente, dalla parte di chi soffre e di chi è sfruttato, le valse l'appoggio non trascurabile dell'intellighenzia comunista, in primis di Pablo Neruda: un sostegno che ella ricambiò investendo tutte le sue forze e le sue sostanze nell'utopia (che anticipa con un'incredibile intuizione le comunità hippies) dell'Universidad del Pueblo, a cui partecipano attivamente i suoi figli, conquistandosi sul campo, con fatica e duro lavoro, l'eredità artistica della madre.
Non dimentichiamo che questa è la trasposizione cinematografica di una biografia scritta, come si è detto all'inizio, con tutto l'amore conflittuale che solo un figlio maschio può esprimere nei confronti di una madre adorata, affettuosa, ma anche severa, esigente e a volte distratta dalla sua missione di divulgatrice della tradizione musicale di un intero popolo.
Angel Parra non regala niente a sua madre, ma la assolve dal suo capo di imputazione principale, e cioè essersi sottratta, col suicidio, al suo ruolo di genitrice.
E' un'assoluzione che mette in primo piano la musica e ci regala una colonna sonora eccezionale, interamente tratta dalle venti canzoni più famose di Violeta, perfettamente inserite ognuna al punto giusto, nella scena giusta, e quindi era naturale che "Gracias a la vida" ci regalasse l'ultimo brivido, nei titoli di coda, dopo lo sparo.
Certo la scena del falco che ghermisce la gallina ci fa soffrire, e turba la nostra coscienza animalista, anche se ha l'accortezza di inserire il tutto in un contesto di ineluttabilità e legge di natura, che, usando una metafora cruda, ma scelta dalla stessa Violeta Parra, permette di rappresentare la disperazione di una donna che si sente piombare addosso, con l'età, anche la solitudine di un amore finito e di un progetto utopistico che si spegne di fronte all'ingratitudine di un pubblico distratto, che come sempre, santificherà l'artista-idolo solo dopo la morte prematura, quasi che la fama, questo mostro spietato, richieda troppo spesso, in ultimo, il sacrificio umano.
giovedì 4 luglio 2013
To the Wonder (2012) - Recensione
L'unico vero punto di forza di questo film è ciò che si vede: la fotografia, i colori, i paesaggi, gli orizzonti. Tutto questo, se fosse qualcosa a sé stante, sarebbe ottimo.
Purtroppo c'è tutto il resto, e tutto il resto non funziona.
Potremmo anche accettare che i pensieri della donna francese (il cui nome non si capisce vedendo il film, ma leggendo i riassunti) siano detti in francese e sottotitolati in italiano, ma il problema è che sono banali. Frasi che nemmeno nei Baci Perugina... insomma, il Maestro Terrence Malick aspira al capolavoro e lo infarcisce di luoghi comuni alla Moccia. Per questa ragione, dopo un quarto d'ora, verrebbe voglia di arrendersi, ma le immagini sono così belle che ci tengono incollati alla sedia, nonostante tutto.
Insopportabile è il totale silenzio di Ben Afflek, che non riesce nemmeno a muovere i tratti del volto, è completamente fisso in una costante espressione da bietolone che rende del tutto inspiegabile come abbia fatto ad attrarre due bellissime donne, ma che spiega fin troppo bene il motivo per cui entrambe poi lo abbiano mollato.
La donna francese (non mi viene da chiamarla Marina, il nome non è mai usato e quindi non lo uso nemmeno io) è un personaggio che a parte la statuaria bellezza che ha moltissimo di slavo (l'attrice è l'ucraina Olga Kurylenko) e quasi niente di parigino, per quanto si sforzi di arrotare la "r" uvulare, non ha consistenza. Saltella, morde, si imbroncia, ha continue crisi isteriche ed umore bipolare, si sposa per prendere il permesso di soggiorno, poi si accorge di annoiarsi a morte (e te credo!) nel nulla dell'Oklahoma e dopo aver combinato sconquassi e rovinato la vita di almeno tre persone (il marito, la figlia avuta da un precedente rapporto e l'altra donna che inspiegabilmente il marito molla per sposare lei) se ne torna a Parigi, sicuramente alla ricerca di altri bietoloni che la portino "to the Wonder", verso la meraviglia, a Mont Saint-Michel.
Molto più appetibile è l'altra donna, quella americana (una splendida Rachel McAdams). Oltre che essere bellissima, mostra di avere un equilibrio mentale molto superiore alla somma di quello di lui e dell'altra.
Il bietolone oscilla tra le due donne e naturalmente fa la scelta sbagliata e verrà giustamente cornificato.
L'unico personaggio che si salva anche nella sua dignità di attore è naturalmente il grande Javier Bardem, che da solo quasi riesce a tenere in piedi tutta la baracca.
E' noto che Bardem dà il meglio di sé in tre tipi di ruolo: il prete, lo psicopatico e il grande amatore. Qui è una prete leggermente psicopatico e con represse doti amatorie (le suore e le vecchiette se ne accorgono!) e quindi domina perfettamente il personaggio, lo rende un gigante rispetto a tutti gli altri, ruba la scena a tutti e le sue omelie sono sicuramente le uniche parti ascoltabili del film.
Più Bardem dubita dell'esistenza di Dio, nel suo spagnolo da Gesuita missionario in una terra di nessuno, più ci verrebbe quasi voglia di credere e di andare a sentire la messa da lui.
"Amare significa accettare il rischio del fallimento". Ecco, questa è la frase più importante del film, e siccome gli sceneggiatori devono essersene accorti, l'hanno messa in primo piano nel trailer, illudendo gli spettatori che le altre frasi sarebbero state dello stesso tenore. E invece no.
Bardem però, da grande attore qual è, sa recitare da fuoriclasse anche con un copione traballante, e il suo viso severo da ipnotizzatore di serpenti riesce a bucare lo schermo e a tener sveglio il pubblico.
Quando si capisce che (finalmente!) ci si avvicina alla conclusione, la trama si sfilaccia e diventa incomprensibile. Il che di per sé, in astratto, non pregiudicherebbe la qualità di un film, se il resto funzionasse. Il problema è che qui ci ritroviamo con un finale dove non si capisce niente, una voce francese fuori campo che ci "insegna" grandi ovvietà sull'amore "che ama se stesso" (ma non ci si illuda che sia una citazione dantesca tipo "L'Amor che move il sole e l'altre stelle") e i dubbi amletici in spagnolo del prete che nel finale perde intensità invece di guadagnarne. Ogni tanto compaiono dei bambini, ma non si sa di chi siano.
Forse inconsciamente consapevole dell'inconsistenza del finale, Torrence Malick ci sorprende con immagini di una bellezza mozzafiato che, come si è detto, riescono a far guadagnare la sufficienza a questo film che però aveva ben altre ambizioni.
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