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Secondo la madre di Vittoria, la nobildonna milanese Eleonora Visconti di Modrone, coniugata Prinsivalli, discendente per parte di madre anche dai Borromeo, nonché residente in Via Monte Napoleone a Milano, nel Quadrilatero della Moda, per una "ragazza di buona famiglia" esistevano soltanto tre possibilità di scelta, a livello di scuole superiori.
La prima in assoluto era il Liceo Classico Giuseppe Parini, il Ginnasio più vicino alla residenza centralissima dei Prinsivalli, che pertanto fu quello frequentatato da Vittoria; la seconda era il Liceo Classico Cesare Beccaria, vicino alla zona dei "nuovi ricchi" di Citylife, detta anche "Rolex-BMW-Mercedes"; la terza era il Liceo Classico Giovanni Berchet, per i ricchi della zona sud, tra Porta Romana e i Navigli.
Le argomentazioni a sostegno di quell'affermazione non riguardavano minimamente la didattica, ma le frequentazioni, ossia dove andavano gli studenti appartenenti alle "grandi famiglie" in termini di status e cioè la sacra trinità profana: "Prestigio, Potere, Denaro", qualità di cui i Prinsivalli erano ampliamente dotati da moltissimo tempo.
Questa era ciò che donna Eleonora Prinsivalli nata Visconti chiamava, con i suoi frequenti ricorsi al british english, la "legacy familiare", perché usare il termine eredità, secondo lei, non rendeva bene l'idea.
Erano ammessi inoltre a quell'Olimpo fin troppo mitizzato rispetto alla realtà, gli studenti "fenomeni", eccellenti per doti personali, o perché semplicemente si abitava nel Centro Storico milanese, ormai noto come zona ZTL, ossia zona a traffico limitato, a cui potevano accedere soltanto i residenti e coloro che lavoravano i zona.
"La mia Vittoria" diceva donna Eleonora "possiede tutti e tre i requisiti: lo status sociale, l'eccellenza personale e la residenza nel Centro più centrale possibile".
E per controprova aggiungeva che invece gli altri licei classici del centro, specie quelli con specializzazioni strane e progetti didattici stravaganti come il "baccalaureato in francese" del Setti Carraro Dalla Chiesa, erano invece frequentati da figli di famiglie che la sua stessa Vittoria, in gergo giovanile, avrebbe potuto chiamare "spanate" ossia pazze, eccentriche e chiacchierate, insomma, per donna Eleonora quelle erano persone che, persino se appartenenti ai parvenu del new money, che Dante avrebbe definito "la gente nova e i subiti guadagni", erano da evitare per non rovinarsi irreparabilmente la reputazione, ed era così fino ai tempi degli antichi romani, quando i patrizi della gens Iulia si abbassavano a stringere alleanze con gli "homines novi" come Caio Mario, un "italico che non sapeva di greco".
Tutti questi discorsi si potevano concentrare in una affermazione lapidaria con cui donna Eleonora Prinsivalli, nata Visconti di Modrone, esprimeva l'essenza della sua famiglia: "Noi siamo di Milano-Milano" tanto per far capire che e non avevano niente a che fare con quelli che non erano di puro sangue meneghino fin dai tempi di San Carlo Borromeo, della nobile stirpe dei Borromeo Arese Taverna.
Se i Prinsivalli, i Visconti, i Borromeo, e altre famiglie aristocratiche, rappresentavano il vertice della piramide sociale di riferimento di donna Eleonora, i cosiddetti "maranza" dei sobborghi e delle periferie degradate dell'hinterland ne rappresentavano il gradino più basso.
Questa era ciò che donna Eleonora Prinsivalli nata Visconti chiamava, con i suoi frequenti ricorsi al british english, la "legacy familiare", perché usare il termine eredità, secondo lei, non rendeva bene l'idea.
Erano ammessi inoltre a quell'Olimpo fin troppo mitizzato rispetto alla realtà, gli studenti "fenomeni", eccellenti per doti personali, o perché semplicemente si abitava nel Centro Storico milanese, ormai noto come zona ZTL, ossia zona a traffico limitato, a cui potevano accedere soltanto i residenti e coloro che lavoravano i zona.
"La mia Vittoria" diceva donna Eleonora "possiede tutti e tre i requisiti: lo status sociale, l'eccellenza personale e la residenza nel Centro più centrale possibile".
Tutti questi discorsi si potevano concentrare in una affermazione lapidaria con cui donna Eleonora Prinsivalli, nata Visconti di Modrone, esprimeva l'essenza della sua famiglia: "Noi siamo di Milano-Milano" tanto per far capire che e non avevano niente a che fare con quelli che non erano di puro sangue meneghino fin dai tempi di San Carlo Borromeo, della nobile stirpe dei Borromeo Arese Taverna.
Se i Prinsivalli, i Visconti, i Borromeo, e altre famiglie aristocratiche, rappresentavano il vertice della piramide sociale di riferimento di donna Eleonora, i cosiddetti "maranza" dei sobborghi e delle periferie degradate dell'hinterland ne rappresentavano il gradino più basso.
E tuttavia esiste una legge di natura secondo cui la persona che sente il bisogno di vantarsi lo fa quasi sempre perché è insicura di possedere realmente le doti di cui si vanta.
Per esempio un re che sente il bisogno di dire: "Io sono il re", non è un vero re, ma solo un fantoccio nelle mani dei suoi vassalli.
Cosa mai poteva rendere insicura la signora Prinsivalli?

Il cavalier Galeazzo Prinsivalli era stato nominato marchese dall'Imperatore del Sacro Romano Impero, niente meno che Federico I Barbarossa, di cui avevano adottato le insegne del Ducato di Svevia, a cui si erano aggiunti col tempo le croci dell'Ordine Teutonico e il motto spagnolo "Fortaleza Y Honor en la Eternidad", suggerito loro dal governatore don Gonzalo Fernandez de Corboba, quando il ducato era passato in mano agli Asburgo, tramite il matrimonio dell'imperatore Massimiliano I con la seconda consorte, Bianca Maria Sforza, sorella di Caterina, signora di Forlì, e tramite Filippo il Bello e Giovanna la Pazza a loro figlio Carlo V d'Asburgo, Imperatore e Re di Spagna, d'Italia, di Napoli, Sicilia e Sardegna.

Il cavalier Galeazzo Prinsivalli era stato nominato marchese dall'Imperatore del Sacro Romano Impero, niente meno che Federico I Barbarossa, di cui avevano adottato le insegne del Ducato di Svevia, a cui si erano aggiunti col tempo le croci dell'Ordine Teutonico e il motto spagnolo "Fortaleza Y Honor en la Eternidad", suggerito loro dal governatore don Gonzalo Fernandez de Corboba, quando il ducato era passato in mano agli Asburgo, tramite il matrimonio dell'imperatore Massimiliano I con la seconda consorte, Bianca Maria Sforza, sorella di Caterina, signora di Forlì, e tramite Filippo il Bello e Giovanna la Pazza a loro figlio Carlo V d'Asburgo, Imperatore e Re di Spagna, d'Italia, di Napoli, Sicilia e Sardegna.
Il padre di Vittoria e marito di Eleonora, l'avvocato Lorenzo Prinsivalli, oltre che un "patrizio di Milano", titolo che gli spettava in quanto nipote dell'attuale Marchese, era un avvocato e consulente legale molto stimato, che aveva clienti di altissimo livello, e disponeva di un patrimonio che, secondo l'opinione generale, era leggendario (la gente comune diceva: "E' ricco da far schifo").
Lo studio Prinsivalli era stato fondato dal bisnonno di Vittoria, ancora vivente, il novantacinquenne marchese Umberto Prinsivalli di Castelseprio, anche lui grande penalista, come suo figlio Carlo, il sessantasettenne nonno di Vicky.
Il Marchese aveva raggiunto anche elevate posizioni onorifiche nella carriera militare.
C'erano poi molti altri avvocati di valore che lavoravano nello studio Prinsivalli, alcuni dei quali avevano sposato le sorelle dei fondatori, che erano molte in quel clan numeroso.
Due caratteristiche tipiche dei Prinsivalli erano quelle di avere una bellezza nordica (alti, biondi e con gli occhi azzurri) e di generare principalmente figlie femmine.
Della prima qualità andavano molto fieri, perché a loro volta avevano sposato donne altrettanto "nordiche"; il bisnonno aveva sposato Elisabetta Vimercati, la novantaduenne bisnonna di Vittoria, una nobildonna glaciale e con una salute di ferro, e a sua volta il loro figlio Carlo aveva sposato un'altra nobile bionda e con gli occhi azzurri, Gloria Maria Aldobrandi di Montescudo, che aveva sessantacinque anni, portati divinamente, ed era la nonna preferita di Vicky.
Il matrimonio tra i nonni paterni di Vittoria, Carlo e Gloria Prinsivalli non era particolarmente felice e i due, pur fingendo di essere ancora una coppia affiatata, erano di fatto separati in casa, una villa così grande che potevano riuscire a non vedersi per intere settimane.
I genitori di Vittoria, Lorenzo ed Eleonora, avevano avuto quattro figlie e solo un figlio maschio, che era l'ultimogenito, un adolescente scapestrato e godereccio.
In questa numerosa schiera di figli, Vittoria era la secondogenita: la prima si chiamava Isabella e aveva 25 anni, la terza Caterina e aveva 20 anni, la quarta Lucrezia, di 18 anni, e il maschio tanto bramato si chiamava Enrico, 16 anni.
La signora Eleonora era stata dunque molto prolifica, soprattutto per le insistenze del marito che voleva un erede maschio, ma questo non aveva danneggiato in alcun modo la sua linea perfetta e la sua bellezza aristocratica.
C'era però una cosa che turbava i sonni di Lorenzo Prinsivalli, e cioè che suo filgio Enrico, oltre ad essere un fannullone dedito alla bella vita, era inspiegabilmente castano e con gli occhi nocciola pur avendo tutti gli antenati biondi e con gli occhi azzurri.
Questo fatto rattristava l'avvocato Lorenzo molto più dei problemi comportamentali di Enrico, e nell'ordine le ragioni di tale afflizione paterna erano, in ordine di priorità, che l'erede tanto desiderato non fosse esteticamente "ariano" come i suoi ascendenti patrilineari e secondo che questa mancanza di somiglianza avesse generato molte dicerie sulla sua paternità, per quanto il test avesse confermato che il dna corrispondeva: aplogruppo del cromosoma patrilineare Y tipico degli Indoeuropei, ossia l'R1b, clade U106, tipica dei discendenti di genitori germanici, nel caso specifico sicuramente Longobardi, e quindi, apparentemente, tutto era in regola, anche se i più sospettosi ritenevano che il test fosse stato truccato.
Lorenzo Prinsivalli era un grande conoscitore della storia meneghina e rimpiangeva i tempi del Ducato di Milano dei Visconti del ramo primogenito e quelli degli Sforza.
Essendo poi stata la famiglia Prinsivalli molto legata agli Asburgo fin dai tempi di Massimiliano I, erano anche nostalgici dei tempi del Regno Lombardo-Veneto, quando gli Asburgo-Lorena dominavano sul Nord Italia, direttamente su Lombardia, Veneto, Friuli e Granducato di Toscana ed esercitando una notevole influenza sullo Stato Pontificio e persino sul regno borbonico del sud, tramite i soliti matrimoni combinati.
Essendo poi stata la famiglia Prinsivalli molto legata agli Asburgo fin dai tempi di Massimiliano I, erano anche nostalgici dei tempi del Regno Lombardo-Veneto, quando gli Asburgo-Lorena dominavano sul Nord Italia, direttamente su Lombardia, Veneto, Friuli e Granducato di Toscana ed esercitando una notevole influenza sullo Stato Pontificio e persino sul regno borbonico del sud, tramite i soliti matrimoni combinati.
Ai tempi della Lega di Bossi erano stati sostenitori di una particolare forma di indipendenza del Nord Italia, che chiamavano Grande Lombardia, o Lombardia Maior, ossia i territori del nord dominati dal re Astolfo dopo la conquista dell'Esarcato di Ravenna nell'anno Domini 791.
Tale posizione era stata però giudicata troppo estrema da sua moglie Eleonora, che pur era una Visconti, ma pur sempre più astuta del marito, cosa che l'aveva spinta, anche in virtù della sua personale amicizia con Letizia Moratti, ad avvicinarsi al partito di Silvio Berlusconi, per molto tempo, pur prendendone le distanze dopo il 2011, quando le sue simpatie politiche erano divenute opache ed oscillanti come le sorti politiche di Milano.
Non si era spinta fino a diventare una radical-chic, ma aveva sostanzialmente appoggiato l'opera di rilancio urbanistico milanese da parte del sindaco Sala.
Come molti residenti nella ZTL aveva dunque ritenuto saggio avvicinarsi ad una posizione di liberalismo centrista alla Renzi-Calenda, aperto a tutte le alleanze purché non si introducessero tasse patrimoniali o altre simili "eresie".
Con l'avvento al potere del centro-destra di Giorgia Meloni, aveva mostrato apprezzamento nei confronti della nuova Presidente del Consiglio, definendola "una donna rimarchevole e di grande ispirazione".
Insomma, era stata abilissima nell'assicurarsi di essere sempre col piede su due staffe.
Si era persino ipotizzato per lei una candidatura elettorale a qualche carica di rilievo, in stile Elisabetta Casellati, sua grande amica, ma poi non se ne era fatto niente, perché per una discendente dei Visconti e dei Borromeo, coniugata Prinsivalli, destinata a diventare Marchesa di Castelseprio
E mettendola a confronto con sua figlia Vittoria parevano sorelle, specie quando indossavano abiti simili.
Vittoria però era diversa da sua madre nello spirito, se così si può dire: la sua aspirazione sarebbe stata quella di fare la modella, seguendo l'esempio di Beatrice Borromeo, che poi era diventata anche giornalista, seppur per breve tempo, prima dell'esilio monegasco.
Ma donna Eleonora diceva alla figlia prediletta: "Beatrice Borromeo era sì figlia di suo padre, ma è nata fuori dal matrimonio, e sua madre, Paola Marzotto, era pur sempre la figlia di una mondina, perché tale era Marta Marzotto, anche se utilizzò il cognome del marito anche dopo il divorzio, e aveva posato muda per quel pittore comunista i cui quadri non appenderei nemmeno nel bagno del seminterrato".
Ricordo che Vittoria mi chiese: <<Ma chi era quel pittore comunista che era intimo con Marta Marzotto>>.
Confesso che nemmeno io ero un suo grande ammiratore: <<Renato Guttuso. I suoi quadri che ebbero la contessa Marzotto come modella sono in effetti discutibili. Si disse che non la ritraesse in maniera riconoscibile per evitare uno scandalo di cui in realtà tutti erano a conoscenza, per primi i rispettivi consorti dei due amanti. Ma secondo i maligni, la compianta Marta non era poi questa grande bellezza da ritrarre in viso in maniera realistica>>
Ma Vittoria mi rimproverò dicendo: <<L'amore non è mai da deridere, in nessuna delle sue forme>> ed erano queste le frasi che aumentavano la mia stima per lei, perché io, oltre ad amarla e a volerle bene, la stimavo profondamente e ritenevo che dovesse essere libera di esprimere la sua personalità, invece di dover sottostare alle ambizioni di sua madre, o peggio ancora a quelle di suo padre che voleva fare di lei l'erede dello Studio Legale Prinsivalli, condannandola per questo a studiare "Giuri-in-Bocconi", come dicono adesso i milanesi DOC, quelli "di Milano-Milano" per usare le parole della stessa Eleonora Prinsivalli di Castelseprio, nata Visconti di Modrone.







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