Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
venerdì 4 luglio 2014
Luoghi e personaggi del Trono di Spade
Sopra, Kingslanding, sotto Qarth
La sala del Trono di Spade nella Fortezza Rossa di Approdo del Re
Bran in Winterfell among the Crows
Casterly Rock, Castel Granito
dominio di lord Tywin Lannister
Il trono della Piovra dei Greyjoy
Pyke, Greyjoy's castle by Marc Simonetti.
Dorne
Harrenhal
il Nord oltre la Barriera
white walker
Loras Tyrell
Naiadi, sirene, lamie e altre creature mitologiche
Una Naide, John William Waterhouse, 1893, olio su tela, 66 x 127 cm, collezione privata
Secondo la mitologia greca, le naiadi sono ninfe d’acqua figlie di Zeus e varie divinità fluviali, che presiedono i ruscelli, torrenti, stagni, fiumi, pozzi, laghi e paludi.
Considerate come divinità benefiche dai poteri medicinali e profetici, venivano associate alla fertilità e alla guarigione, e onorate dai greci con offerte di fiori, latte e frutti. I loro corpi sono strettamente connessi all’acqua, e la loro stessa esistenza dipende da questo: se un ruscello si prosciuga anche la Naide muore. Le altre ninfe acquatiche sono le Nereidi (nel Mediterraneo) e le Oceanine (negli oceani e acque salate). Nel dipinto di Waterhouse una Naide è appena uscita dal suo ruscello per poter osservare meglio il giovane addormentato a riva tra gli alberi di salice, coperto solamente da una pelle di leopardo. Il formato della tela è allungato e la composizione si basa su un’armonia di verdi e rosati stemperati dai riflessi azzurri dell’acqua.
Considerate come divinità benefiche dai poteri medicinali e profetici, venivano associate alla fertilità e alla guarigione, e onorate dai greci con offerte di fiori, latte e frutti. I loro corpi sono strettamente connessi all’acqua, e la loro stessa esistenza dipende da questo: se un ruscello si prosciuga anche la Naide muore. Le altre ninfe acquatiche sono le Nereidi (nel Mediterraneo) e le Oceanine (negli oceani e acque salate). Nel dipinto di Waterhouse una Naide è appena uscita dal suo ruscello per poter osservare meglio il giovane addormentato a riva tra gli alberi di salice, coperto solamente da una pelle di leopardo. Il formato della tela è allungato e la composizione si basa su un’armonia di verdi e rosati stemperati dai riflessi azzurri dell’acqua.
Una sirena, John William Waterhouse, 1901, olio su tela, 98 x 67 cm, Londra, Royal Accademy of Arts.
“Una sirena” è il dipinto presentato per il diploma alla Royal Accademy, uno dei lavori più delicati di Waterhouse, su cui indugia a lungo per ottenere un immagine perfetta. La sirena pettina i capelli mentre le onde del mare si infrangono sulle rocce. L’artista riesce a fissare il momento con estrema naturalezza, mentre la fanciulla del mare socchiude le labbra con occhi sognanti, come se stessa cantando i suoi pensieri accompagnata dal fragore del mare. Accanto a lei sono poste delle perle in una conchiglia iridescente, come a sottolineare che questa volta la figura femminile non nasconde minacce, ma solo bellezza suggestiva.
Lamia (I), John William Waterhouse, data sconosciuta, olio su tela, 144,7 x 90,2 cm, Auckland (Nuova Zelanda), Auckland Art Gallery .
Nella mitologia Lamia è un demone femminile che seduce le sue vittime in forma di splendida fanciulla per poi divorarle come mostruoso serpente. Secondo alcune leggende era inizialmente la regina della Libia, che amata da Zeus, provoca l’ira di Era sua moglie, che le uccide i figli avuti con il dio; da allora, lacerata dal dolore, Lamia divora i bambini delle altre madri e succhia loro il sangue corrompendo la sua bellezza in mostro orribile per il suo comportamento innaturale. E’ in grado però di mutare forma e apparire attraente agli uomini. La sua figura ispira un famoso poema di Keats, al quale Waterhouse si basa per il suo dipinto, che è però privo di riferimenti spaventosi (se non nel dettaglio della pelle del serpente avvolta in vita e sul braccio) e non va oltre l’iniziale seduzione. Il tocco delle mani e il profondo sguardo che si scambiano i due richiama “Hylas e le ninfe”, così come la posa di supplica e il cavaliere in armatura suggerisce un parallelismo con “La bella dama senza pietà”: l’artista vuole riprendere i suoi soggetti più toccanti, trasportandoci ancora una volta verso l’intensa attrazione per la giovane modella e allo stesso tempo provocare angoscia per l’inevitabile destino che attende il cavaliere.
Seconda versione del soggetto, molto simile alla prima se non in alcuni dettagli; il dipinto si ispira ad un poema di Keats del 1820, dove uno sposo scopre la sua prima notte di nozze che sua moglie è in realtà un mezzo serpente che conquista giovani uomini per poi divorarli o succhiargli il sangue, in una classica visione della femme fatale. — presso Lamia (II), John William Waterhouse, 1905, olio su tela, 144,8 x 91,4 cm, Londra, collezione privata.
E’ il terzo dipinto che Waterhouse dedica al tema di Lamia, ispirato alla poesia di Keats dove un uomo scopre la prima notte di nozze di avere sposato una donna-serpente che attrae gli uomini col suo aspetto seducente per poi divorarli. In questa nuova versione la maga sta contemplando il suo riflesso in un ruscello nel bosco. Lo sfondo roccioso e la posa ricorda quello di “Pandora”, “Psiche apre lo scrigno d’oro”, “La collana” e molti altri. — presso Lamia (III), John William Waterhouse, 1909, olio su tela, 91,4 x 57,1 cm, collezione privata .
Altra creatura mitologica classica è l'Ippogrifo, cavallo alato
Narciso e il narcisismo
Echo e Narcissus, John William Waterhouse, 1903, olio su tela, 109,2 x 189,2 cm, Liverpool, Walker Art Gallery.
La storia di Narciso si incrocia con quella della ninfa Eco, incontro nefasto che sarà la rovina di entrambi i giovani. Si tratta di un mito molto complesso perché riguarda lo specchio, un confronto che non è inteso solo come vedere se stessi ma conoscersi, “riflettere”. Nato dallo stupro di un fiume a una ninfa, Narciso respinge brutalmente ogni persona che ammira la sua bellezza. La stessa sorte tocca a Eco, che si innamora di lui incontrandolo in un bosco, ma che non può dimostrare a parole il suo amore perché è stata condannata dalla gelosa moglie di Zeus a ripetere solo le ultime parole dei discorsi. (La giovane aveva infatti salvato alcune concubine amanti del dio). Eco decide allora di mostrarsi allo splendido Narciso protendendo le sue braccia verso di lui e offrendosi teneramente come un dono d'amore. La reazione del giovane è spietata: fugge da lei inorridito, che a sua volta avvilita e piena di vergogna si ritira nel bosco vivendo in solitudine e struggimento, finché il suo corpo scomparirà e lascerà di lei solo la voce, un riflesso uditivo. Narciso invece è condannato a morire per il suo riflesso visivo: arrivato ad una fonte per bere, è attratto da se stesso, pensa che sia un corpo, non un ombra, e contemplandosi si innamora di sé, si da baci, si cinge il collo. Egli è l’amato e l’amante, brucia per quell’immagine senza consistenza, si guarda, si tocca, si dimentica di vivere. Al posto del suo corpo verrà ritrovato solo un narciso, che deve a lui il suo nome.
Il narcisismo è un termine che presenta una vasta gamma di significati, a seconda che venga utilizzato per descrivere un concetto centrale della teoria psicoanalitica, un disturbo mentale, un problema sociale o culturale, o più semplicemente un tratto della personalità. Ad eccezione del narcisismo secondario (o sano amor proprio), il termine viene solitamente usato per descrivere un certo tipo di problema in una persona o legato alle relazioni di gruppo con se stessi o con altri.
Nel linguaggio di tutti i giorni, il narcisismo è spesso sinonimo di egoismo, vanità, presunzione. Applicato a un gruppo sociale, il narcisismo a volte indica elitarismo o indifferenza nei confronti della condizione altrui. In psicologia, il termine è utilizzato sia per descrivere il normale amore per se stessi sia l'insano egocentrismo causato da un disturbo del senso di sé.
La parola "narcisismo" proviene dal mito greco di Narciso. Secondo il mito Narciso era un bel giovane che rifiutò l'amore della ninfa Eco. Come punizione, fu destinato ad innamorarsi della sua stessa immagine riflessa nell'acqua. Incapace di consumare il suo amore, Narciso "rivolge lo sguardo rapito nello specchio d'acqua, ora dopo ora" e infine viene mutato in un fiore che porta il suo nome, il narciso.
Il concetto di eccessivo amor proprio è stato riconosciuto e preso in esame nel corso della storia. Nell'antica Grecia tale concetto è stato inteso come hýbris. Solo in tempi recenti è stato definito in termini psicologici.
- Nel 1898, Havelock Ellis, sessuologo inglese, utilizzò il termine «narcissus-like» in riferimento all'eccessiva masturbazione, per cui la persona diventa il suo stesso oggetto sessuale.
- Nel 1899 Paul Näcke fu il primo ad usare il termine "narcisismo" in uno studio sulle perversioni sessuali.
- Nel 1911 Otto Rank pubblicò il primo documento psicoanalitico specificamente interessato al narcisismo, collegando quest'ultimo alla vanità e all'auto-ammirazione.
- Sigmund Freud pubblicò un documento esclusivamente dedicato al narcisismo nel 1914 chiamato Introduzione al narcisismo.
- Nel 1923, Martin Buber pubblicò il saggio Ich und Du nel quale sottolineò che il nostro narcisismo ci porta spesso a relazionarci con gli altri come se questi fossero degli oggetti invece che nostri pari.
- Dal 2002, all'interno dei test ideati per individuare il narcisismo, i punteggi di coloro che risiedono negli Stati Uniti sono continuamente aumentati. Gli psicologi hanno suggerito un collegamento con il fenomeno dei servizi di social network.
Tratti e segni
Thomas suggerisce che i narcisisti mostrino la maggior parte – a volte tutti – dei seguenti tratti:
- Una evidente concentrazione su se stessi negli scambi interpersonali;
- Problemi nel mantenere relazioni soddisfacenti;
- Mancanza di consapevolezza psicologica (vedi anche insight, egosintonico);
- Difficoltà con l'empatia;
- Problemi nel distinguere se stessi dagli altri;
- Ipersensibilità a qualsiasi insulto o insulto immaginato;
- Vulnerabilità alla vergogna piuttosto che al senso di colpa;
- Linguaggio del corpo altezzoso;
- Adulazione nei confronti delle persone che li ammirano e li rafforzano;
- Il detestare coloro che non li ammirano;
- L'uso di altre persone senza considerare il prezzo di tale azione;
- Il fingere di essere più importanti di quanto lo siano realmente;
- Il vantarsi (sottilmente ma con insistenza) dei loro risultati e l'esagerarli;
- L'affermare di essere un "esperto" in molte cose;
- Incapacità di vedere il mondo dal punto di vista degli altri;
- Negazione del rimorso e della gratitudine.
Una particolare forma di narcisismo è quella legata alle nuove tecnologie, ed al web, viene definita narcisismo digitale simile per certi aspetti all'egosurfing, che si caratterizzerebbe per uno smoderato culto della personalità, dell'apparire e di esibirsi sul web con i propri scritti, foto, video e messaggi; complici le applicazioni web 2.0 che consentono a qualsiasi utente di creare contenuti auto-prodotti con estrema facilità.
Mitologia classica nella pittura di J.W. Waterhouse
Le danaidi, Jhon William Waterhouse, 1904,olio su tela, 154,3 x 111,1 cm, collezione privata.
Le 50 figlie di Danao, re di Argo, sono obbligate ad obbedire ad una profezia uccidendo i loro mariti durante la prima notte di nozze. Tutte, tranne una, seguono l’ordine e vengono poi punite da Zeus con la perenne necessità di attingere acqua in brocche da un pozzo profondo, oppure, come nell’interpretazione dell’artista, costrette a versarla all’infinito in un recipiente dal fondo bucato (metafora dell'utero che non trattiene il seme maschile). Waterhouse è profondamente coinvolto dalla legenda, tanto da dedicarne due versioni. Qui compaiono meno figure, e quelle centrali versano acqua portandola da sinistra verso destra, creando un insieme più armonioso rispetto al dipinto conservato ad Aberdeen, dove la composizione risulta più indecisa.
Psiche, letteralmente “Respiro di vita” è una ninfa talmente bella che il popolo la adora al posto di Venere. La dea, gelosa e irata, per porre fine al sacrilegio manda suo figlio Cupido per farla sposare con il mostro più brutto e miserabile che riesca a trovare. Quando Eros la vede però, se ne innamora e non ha il coraggio di eseguire l’ordine della madre. Decide di sposarla e di portarla nel suo magnifico palazzo, a patto che lei non lo guardi mai; per non farsi vedere, il dio la va a trovare solo la notte, nel buio più totale. Psiche però è curiosa e vuole vedere il volto del suo misterioso amante. Spinta dalla gelosia delle sorelle, che la stuzzicano dicendo che il marito è in realtà un grosso serpente, decide di porre fine ai suoi dubbi accendendo una lampada ad olio mentre Amore sta dormendo. Psiche scopre così che il suo amante è in realtà il bellissimo dio, ma una goccia di petrolio le scivola sul petto dell’addormentato che è costretto ad abbandonarla. La fanciulla dovrà poi subire la vendetta di Venere che la mette alla prova con numerose fatiche, fin quando i due innamorati riusciranno a ricongiungersi per l’eternità.
Amore e Psiche di Gustave Moreau (1826-1898)
Psiche apre lo scrigno d’oro, John William Waterhouse, 1903, olio su tela, 117 x 74 cm, collezione privata.
La favola di Psiche e Cupido è narrata ne “L’asino d’oro di Apuleio”, opera molto diffusa nell’Inghilterra vittoriana. L’affascinante mortale innamorata di Eros, figlio di Venere, va in contro a terribili prove per la gelosia di quest’ultima e per aver disobbedito all’amato. In una di queste deve scendere negli Inferi per sottrarre a Proserpina un po’ della sua bellezza e consegnarla a Venere in un cofanetto che non può assolutamente aprire. Ma come spesso succede in queste storie, la curiosità è tanta, troppa, e Psiche decide di aprire lo scrigno d’oro per vederne il contenuto. Ella non sa quali saranno le conseguenze del suo gesto, che sono suggerite dai papaveri, simbolo di sonno e di morte. Il vapore sprigionato infatti la farà cadere in un sonno mortale, ma Amore chiederà a Giove di esaudire il suo desiderio e trasformarla in dea. La lampada a sinistra simboleggia l’ amore eterno che li farà riunire, ma anche l’oggetto con cui Psiche ha disobbedito al dio: è proprio una goccia di cera a tradirla, quando presa dalla curiosità decide di osservare l’amato nella sua vera natura. La scatola dorata, più piccola rispetto a quella di Pandora, è decorata con due gufi, attribuiti tradizionalmente ad Hypnos, figlio della Notte e fratello della Morte.
Circe offre la coppa a Ulisse, John William Waterhouse, 1891, olio su tela, 90 x 146 cm, Lancashire, Oldham Art Gallery.
Nell’odissea Ulisse incontra Circe mentre ritorna dalla guerra di Troia, dopo esser salpato sull’isola di Eea. Circe è una strega potente che seduce gli uomini con pozioni di erbe e li trasforma in maiali. Per questo la terra su cui sbarca Ulisse è piena di suini; la stessa sorte toccherà a tutti i suoi compagni. L'eroe però riesce a non soccombere: armato di molibdeno, un’erba donatagli da Hermes, riesce a salvarsi dalla maga mescolandolo alla sua bevanda. La donna, sconfitta, ridona l’aspetto originale a tutti gli uomini tramutati in bestie. Affascinata dall’audacia di Ulisse lo invita a rimanere con lei per un anno, e secondo alcune versioni ha da lui dei figli. Trascorso quel tempo il viaggiatore si rende conto che deve ripartire, sotto le richieste pressanti dell’equipaggio che vuole tornare a casa. Waterhouse rappresenta la mitica maga coperta da un drappo azzurro trasparente, mentre invita a bere la sua coppa di pozione. Ai suoi piedi sono disseminati mazzi di violette (associate a Venere e Priapo), un rospo e un maiale, mentre dallo specchio alle sue spalle si intravvede Ulisse che avanza affascinato.
Circe invidiosa, John William Waterhouse, 1892, olio su tela, 179 x 85 cm, Adelaide, Art Gallery of South Australia.
Il critico d’arte Angus Trumble descrive questo dipinto come "una delle immagini più notevoli della femme fatale nell’arte vittoriana”, ed è infatti una delle opere più suggestive di Waterhouse. Il quadro appare molto diverso dalla precedente versione “Circe offre la coppa ad Ulisse”: ogni dettaglio e ogni decorazione superflua è stata eliminata, per concentrarsi sull’intensità del soggetto e il suo potere sovrannaturale. Nell’”Odissea” Circe è la strega che ha trasformato gli uomini di Ulisse in maiali, e nelle “Metamorfosi”, Ovidio racconta di un pescatore di nome Glauco che ama la ninfa Scilla, che nonostante venga corteggiata in tutti i modi continua a rifiutarlo. La maga Circe allora, innamorata del pescatore, tenta di convincerlo a disprezzare colei che lo disprezza e ad amare colei che lo ammira, ma Glauco non l’ascolta. Circe furiosa di essere respinta per una mortale, decide di vendicarsi punendo non l’uomo che ama, ma la ragazza innocente, e prepara una pozione terribile che versa nella grotta dove Scilla farà il bagno. Non appena la giovane fa qualche passo nell’acqua, vede crescere dall’inguine mostruose teste di cane che resteranno ferocemente attaccate a lei dal bacino. Nell’opera di Waterhouse vediamo Circe che con cupa determinazione svuota la ciotola di veleno verde stando in bilico su Scilla già mezza trasformata in mostro marino, che si contorce sotto la superficie. Indossa un abito mozzafiato color piuma di pavone, un turchese luminoso che corrisponde perfettamente al liquido della pozione.
Pandora, John William Waterhouse, 1896, olio su tela, 91,4 x 152,4 cm, collezione privata di Collezione Lord Lloyd-Webber
Pandora nella mitologia greca è la prima donna sulla terra, creata dal dio artigiano Efesto per volere di Zeus. Quando Zeus le regala un vaso raccomandandole di lasciarlo sempre chiuso, ella non resistendo alla naturale curiosità lo apre e diffonde tutti i mali (vecchiaia, gelosia, malattia, pazzia, ec) sulla terra, che si abbattono sull'intera umanità. Pandora si affretta a richiudere il coperchio del vaso, ma l'intero contenuto è ormai sfuggito, ad eccezione di un unica cosa che rimane sul fondo: la speranza. Dopo l'apertura del vaso il mondo diventa un luogo desolato ed inospitale, finché Pandora lo apre nuovamente per far uscire anche la speranza, l'ultima a morire.
Game of Thrones fantasy art. The song of Ice and Fire.
La roccaforte degli Estranei, nell'estremo Nord (The Winds of Winter), Sotto, l'attacco alla Barriera
La città di Meeren (A Dance with Dragons)
Asshai delle Ombre, patria di Melisandre.
Finding the Direwolves (chapter one) With Winterfell on the backgroud.
Jaime Lannister siede sul Trono di Spade dopo aver ucciso re Aerys II Targaryen il Folle
Il giuramento dei Guardiani della Notte: "And now my watch begins"
Tyrion Lannister in Kingslanding
Il Colosso di Braavos
Mammut e giganti assaltano la Barriera
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