venerdì 4 luglio 2014

Mitologia classica nella pittura di J.W. Waterhouse



 Le danaidi, Jhon William Waterhouse, 1904,olio su tela, 154,3 x 111,1 cm, collezione privata.

Le 50 figlie di Danao, re di Argo, sono obbligate ad obbedire ad una profezia uccidendo i loro mariti durante la prima notte di nozze. Tutte, tranne una, seguono l’ordine e vengono poi punite da Zeus con la perenne necessità di attingere acqua in brocche da un pozzo profondo, oppure, come nell’interpretazione dell’artista, costrette a versarla all’infinito in un recipiente dal fondo bucato (metafora dell'utero che non trattiene il seme maschile). Waterhouse è profondamente coinvolto dalla legenda, tanto da dedicarne due versioni. Qui compaiono meno figure, e quelle centrali versano acqua portandola da sinistra verso destra, creando un insieme più armonioso rispetto al dipinto conservato ad Aberdeen, dove la composizione risulta più indecisa.


 Psiche entra nel giardino di Cupido, John William Waterhouse, 1904, olio su tela,109 x 71 cm, Preston (Lancashire), Harris Museum & Art Gallery.



Psiche, letteralmente “Respiro di vita” è una ninfa talmente bella che il popolo la adora al posto di Venere. La dea, gelosa e irata, per porre fine al sacrilegio manda suo figlio Cupido per farla sposare con il mostro più brutto e miserabile che riesca a trovare. Quando Eros la vede però, se ne innamora e non ha il coraggio di eseguire l’ordine della madre. Decide di sposarla e di portarla nel suo magnifico palazzo, a patto che lei non lo guardi mai; per non farsi vedere, il dio la va a trovare solo la notte, nel buio più totale. Psiche però è curiosa e vuole vedere il volto del suo misterioso amante. Spinta dalla gelosia delle sorelle, che la stuzzicano dicendo che il marito è in realtà un grosso serpente, decide di porre fine ai suoi dubbi accendendo una lampada ad olio mentre Amore sta dormendo. Psiche scopre così che il suo amante è in realtà il bellissimo dio, ma una goccia di petrolio le scivola sul petto dell’addormentato che è costretto ad abbandonarla. La fanciulla dovrà poi subire la vendetta di Venere che la mette alla prova con numerose fatiche, fin quando i due innamorati riusciranno a ricongiungersi per l’eternità.

Amore e Psiche di Gustave Moreau (1826-1898)




Psiche apre lo scrigno d’oro, John William Waterhouse, 1903, olio su tela, 117 x 74 cm, collezione privata.



La favola di Psiche e Cupido è narrata ne “L’asino d’oro di Apuleio”, opera molto diffusa nell’Inghilterra vittoriana. L’affascinante mortale innamorata di Eros, figlio di Venere, va in contro a terribili prove per la gelosia di quest’ultima e per aver disobbedito all’amato. In una di queste deve scendere negli Inferi per sottrarre a Proserpina un po’ della sua bellezza e consegnarla a Venere in un cofanetto che non può assolutamente aprire. Ma come spesso succede in queste storie, la curiosità è tanta, troppa, e Psiche decide di aprire lo scrigno d’oro per vederne il contenuto. Ella non sa quali saranno le conseguenze del suo gesto, che sono suggerite dai papaveri, simbolo di sonno e di morte. Il vapore sprigionato infatti la farà cadere in un sonno mortale, ma Amore chiederà a Giove di esaudire il suo desiderio e trasformarla in dea. La lampada a sinistra simboleggia l’ amore eterno che li farà riunire, ma anche l’oggetto con cui Psiche ha disobbedito al dio: è proprio una goccia di cera a tradirla, quando presa dalla curiosità decide di osservare l’amato nella sua vera natura. La scatola dorata, più piccola rispetto a quella di Pandora, è decorata con due gufi, attribuiti tradizionalmente ad Hypnos, figlio della Notte e fratello della Morte.



 Circe offre la coppa a Ulisse, John William Waterhouse, 1891, olio su tela, 90 x 146 cm, Lancashire, Oldham Art Gallery.




Nell’odissea Ulisse incontra Circe mentre ritorna dalla guerra di Troia, dopo esser salpato sull’isola di Eea. Circe è una strega potente che seduce gli uomini con pozioni di erbe e li trasforma in maiali. Per questo la terra su cui sbarca Ulisse è piena di suini; la stessa sorte toccherà a tutti i suoi compagni. L'eroe però riesce a non soccombere: armato di molibdeno, un’erba donatagli da Hermes, riesce a salvarsi dalla maga mescolandolo alla sua bevanda. La donna, sconfitta, ridona l’aspetto originale a tutti gli uomini tramutati in bestie. Affascinata dall’audacia di Ulisse lo invita a rimanere con lei per un anno, e secondo alcune versioni ha da lui dei figli. Trascorso quel tempo il viaggiatore si rende conto che deve ripartire, sotto le richieste pressanti dell’equipaggio che vuole tornare a casa. Waterhouse rappresenta la mitica maga coperta da un drappo azzurro trasparente, mentre invita a bere la sua coppa di pozione. Ai suoi piedi sono disseminati mazzi di violette (associate a Venere e Priapo), un rospo e un maiale, mentre dallo specchio alle sue spalle si intravvede Ulisse che avanza affascinato.


 Circe invidiosa, John William Waterhouse, 1892, olio su tela, 179 x 85 cm, Adelaide, Art Gallery of South Australia.



Il critico d’arte Angus Trumble descrive questo dipinto come "una delle immagini più notevoli della femme fatale nell’arte vittoriana”, ed è infatti una delle opere più suggestive di Waterhouse. Il quadro appare molto diverso dalla precedente versione “Circe offre la coppa ad Ulisse”: ogni dettaglio e ogni decorazione superflua è stata eliminata, per concentrarsi sull’intensità del soggetto e il suo potere sovrannaturale. Nell’”Odissea” Circe è la strega che ha trasformato gli uomini di Ulisse in maiali, e nelle “Metamorfosi”, Ovidio racconta di un pescatore di nome Glauco che ama la ninfa Scilla, che nonostante venga corteggiata in tutti i modi continua a rifiutarlo. La maga Circe allora, innamorata del pescatore, tenta di convincerlo a disprezzare colei che lo disprezza e ad amare colei che lo ammira, ma Glauco non l’ascolta. Circe furiosa di essere respinta per una mortale, decide di vendicarsi punendo non l’uomo che ama, ma la ragazza innocente, e prepara una pozione terribile che versa nella grotta dove Scilla farà il bagno. Non appena la giovane fa qualche passo nell’acqua, vede crescere dall’inguine mostruose teste di cane che resteranno ferocemente attaccate a lei dal bacino. Nell’opera di Waterhouse vediamo Circe che con cupa determinazione svuota la ciotola di veleno verde stando in bilico su Scilla già mezza trasformata in mostro marino, che si contorce sotto la superficie. Indossa un abito mozzafiato color piuma di pavone, un turchese luminoso che corrisponde perfettamente al liquido della pozione.

 Pandora, John William Waterhouse, 1896, olio su tela, 91,4 x 152,4 cm, collezione privata di Collezione Lord Lloyd-Webber

 


Pandora nella mitologia greca è la prima donna sulla terra, creata dal dio artigiano Efesto per volere di Zeus. Quando Zeus le regala un vaso raccomandandole di lasciarlo sempre chiuso, ella non resistendo alla naturale curiosità lo apre e diffonde tutti i mali (vecchiaia, gelosia, malattia, pazzia, ec) sulla terra, che si abbattono sull'intera umanità. Pandora si affretta a richiudere il coperchio del vaso, ma l'intero contenuto è ormai sfuggito, ad eccezione di un unica cosa che rimane sul fondo: la speranza. Dopo l'apertura del vaso il mondo diventa un luogo desolato ed inospitale, finché Pandora lo apre nuovamente per far uscire anche la speranza, l'ultima a morire. 

2 commenti:

  1. Bellissimi questi dipinti (e le leggende che rappresentano - lo so te l'ho già detto, ma non ho potuto fare a meno di ripetermi - )! Mi piacciono da morire quelli di Psiche di Waterhouse! :D
    Impressionante Circe invidiosa!

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    1. Concordo in pieno! Circe invidiosa ha una potenza davvero impressionante!
      Insomma, la mia impressione, alla fine di questa rassegna, è che i testi di storia dell'arte abbiano sottovalutato in maniera ingiusta e inaccettabile un pittore come Waterhouse. Preferisco un suo quadro a tremila quadri impressionisti o peggio ancora delle avanguardie.

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