venerdì 4 luglio 2014

Naiadi, sirene, lamie e altre creature mitologiche



Una Naide, John William Waterhouse, 1893, olio su tela, 66 x 127 cm, collezione privata 


Secondo la mitologia greca, le naiadi sono ninfe d’acqua figlie di Zeus e varie divinità fluviali, che presiedono i ruscelli, torrenti, stagni, fiumi, pozzi, laghi e paludi. 
Considerate come divinità benefiche dai poteri medicinali e profetici, venivano associate alla fertilità e alla guarigione, e onorate dai greci con offerte di fiori, latte e frutti. I loro corpi sono strettamente connessi all’acqua, e la loro stessa esistenza dipende da questo: se un ruscello si prosciuga anche la Naide muore. Le altre ninfe acquatiche sono le Nereidi (nel Mediterraneo) e le Oceanine (negli oceani e acque salate). Nel dipinto di Waterhouse una Naide è appena uscita dal suo ruscello per poter osservare meglio il giovane addormentato a riva tra gli alberi di salice, coperto solamente da una pelle di leopardo. Il formato della tela è allungato e la composizione si basa su un’armonia di verdi e rosati stemperati dai riflessi azzurri dell’acqua.


 Una sirena, John William Waterhouse, 1901, olio su tela, 98 x 67 cm, Londra, Royal Accademy of Arts.





“Una sirena” è il dipinto presentato per il diploma alla Royal Accademy, uno dei lavori più delicati di Waterhouse, su cui indugia a lungo per ottenere un immagine perfetta. La sirena pettina i capelli mentre le onde del mare si infrangono sulle rocce. L’artista riesce a fissare il momento con estrema naturalezza, mentre la fanciulla del mare socchiude le labbra con occhi sognanti, come se stessa cantando i suoi pensieri accompagnata dal fragore del mare. Accanto a lei sono poste delle perle in una conchiglia iridescente, come a sottolineare che questa volta la figura femminile non nasconde minacce, ma solo bellezza suggestiva.


Lamia (I), John William Waterhouse, data sconosciuta, olio su tela, 144,7 x 90,2 cm, Auckland (Nuova Zelanda), Auckland Art Gallery .

Nella mitologia Lamia è un demone femminile che seduce le sue vittime in forma di splendida fanciulla per poi divorarle come mostruoso serpente. Secondo alcune leggende era inizialmente la regina della Libia, che amata da Zeus, provoca l’ira di Era sua moglie, che le uccide i figli avuti con il dio; da allora, lacerata dal dolore, Lamia divora i bambini delle altre madri e succhia loro il sangue corrompendo la sua bellezza in mostro orribile per il suo comportamento innaturale. E’ in grado però di mutare forma e apparire attraente agli uomini. La sua figura ispira un famoso poema di Keats, al quale Waterhouse si basa per il suo dipinto, che è però privo di riferimenti spaventosi (se non nel dettaglio della pelle del serpente avvolta in vita e sul braccio) e non va oltre l’iniziale seduzione. Il tocco delle mani e il profondo sguardo che si scambiano i due richiama “Hylas e le ninfe”, così come la posa di supplica e il cavaliere in armatura suggerisce un parallelismo con “La bella dama senza pietà”: l’artista vuole riprendere i suoi soggetti più toccanti, trasportandoci ancora una volta verso l’intensa attrazione per la giovane modella e allo stesso tempo provocare angoscia per l’inevitabile destino che attende il cavaliere.

Seconda versione del soggetto, molto simile alla prima se non in alcuni dettagli; il dipinto si ispira ad un poema di Keats del 1820, dove uno sposo scopre la sua prima notte di nozze che sua moglie è in realtà un mezzo serpente che conquista giovani uomini per poi divorarli o succhiargli il sangue, in una classica visione della femme fatale. — presso Lamia (II), John William Waterhouse, 1905, olio su tela, 144,8 x 91,4 cm, Londra, collezione privata.


E’ il terzo dipinto che Waterhouse dedica al tema di Lamia, ispirato alla poesia di Keats dove un uomo scopre la prima notte di nozze di avere sposato una donna-serpente che attrae gli uomini col suo aspetto seducente per poi divorarli. In questa nuova versione la maga sta contemplando il suo riflesso in un ruscello nel bosco. Lo sfondo roccioso e la posa ricorda quello di “Pandora”, “Psiche apre lo scrigno d’oro”, “La collana” e molti altri. — presso Lamia (III), John William Waterhouse, 1909, olio su tela, 91,4 x 57,1 cm, collezione privata .




Altra creatura mitologica classica è l'Ippogrifo, cavallo alato

2 commenti:

  1. ma che belle le storie e le leggende che ispirano questi dipinti!
    Non le conoscevo e ne sono rimasta colpita, sono davvero intriganti ed affascinanti!
    I dipinti di Waterhouse poi sono straordinari, stupendo quello della Sirena, non lo avevo mai visto!
    Bellissima anche l'ultima immagine del cavallo alato, anche se è incantenato e mi fa un pò tristezza... :D

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    1. Waterhouse è stato una scoperta anche per me. Ero partito pensando di dedicargli al massimo due o tre post, poi però mi sono trovato di fronte a un'immensità di materiale e ad una enorme quantità di miti e di opere letterarie che lo hanno ispirato ed è stato difficile cercare di selezionare e sintetizzare ciò che, nella sua vastissima produzione, mi è sembrato più emozionante. Credo che se ne potrebbe parlare all'infinito, ma questo è l'ultimo post su di lui... poi vedrò in seguito se passare ad altri autori del suo periodo... devo rifletterci un po' su, perché è molto impegnativo e il tempo a disposizione è poco. Comunque sono veramente contento che tu abbia apprezzato questa rassegna e questi approfondimenti. :-)
      Eh, sì, il cavallo alato, ma in catene è un'immagine malinconica... forse perché ci ricorda che siamo tutti vincolati a qualcosa che frena la nostra creatività o comunque pone dei limiti a ciò che potremmo fare se ci fosse data più fiducia... ma, come si suol dire... c'est la vie! :-)

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