martedì 15 aprile 2014

Noah (film): un'occasione sprecata.



Gli elementi per fare un buon film c'erano tutti, ma il modo in cui sono stati utilizzati non è solo deludente, ma a tratti diventa ridicolo. 
Il regista David Aronofsky ha tentato, non riuscendoci, di copiare il lavoro di Peter Jackson e fare un film che fosse a metà strada tra la Bibbia e Il signore degli anelli. Tolkien, che era cattolico, se ne era ben guardato dal mescolare il fantasy con la storia sacra, non tanto per motivi religiosi, quanto perché sono due generi troppo diversi. Non si possono mettere Hobbit o Ent nella Bibbia, e questo non per motivi religiosi, ma proprio perché sarebbe ridicolo.
Dal primo fotogramma si capisce subito che si sta cercando di copiare, senza riuscirci, lo ribadisco, il lavoro geniale di Peter Jackson sul romanzo di J.R.R. Tolkien.
Il tracollo poi c'è nel momento in cui i misteriosi Vigilanti, di cui la Bibbia fa solo un cenno, sono presentati come una caricatura degli Ent e dei giganti di pietra de La storia infinita.
Segue un primo tempo lento, in cui si spera ancora che il film riesca a decollare.
Nel momento in cui arriva finalmente il diluvio, c'è un miglioramento della qualità che potrebbe persino salvare le sorti dell'intero film, che tocca, nel momento in cui Noè (Russel Crowe) racconta la storia della Creazione, riportando le esatte parole bibliche, e le immagini mostrano l'evoluzione dell'universo, della galassia, del sistema solare, della Terra e della vita sulla Terra, cercando di conciliare la visione religiosa con quella scientifica.



Non era di per sé malvagia l'idea di utilizzare un conflitto all'interno della famiglia,  per giustificare la non altrimenti esplicabile vicenda che vede, nella Bibbia, un Noè vecchio, ubriaco e nudo, cacciare e maledire il figlio Cam per la sola colpa di averlo visto in quelle condizioni.
Il problema è che questa idea è stata realizzata male, non per colpa degli attori, i quali fanno la loro parte fin troppo bene, ma per la confusione mentale del regista, che trasforma Noè in un misto tra il folle padre assassino di Shining e una specie di Bud Spencer imbufalito.
E' un peccato perché, proprio nei momenti dove ci sarebbe stato bisogno di sobrietà, il regista rovina tutto cercando di strafare, col risultato di far sorridere, per non dire ridere sul serio, in punti che potevano essere invece epici, tragici o commoventi. 
Si finisce involontariamente nella parodia, con errori macroscopici, come per esempio il fatto di non valorizzare adeguatamente le potenzialità del cast.
Il grande Anthony Hopkins, che nel film è un improbabile Matusalemme, nonno di Noè, sarebbe potuto riuscire a dare un senso a quel personaggio, se il regista lo avesse lasciato lavorare, invece di costringerlo a fare la parte di un vecchio rimbambito, a metà strada tra una parodia del mago Merlino e un inevitabile riferimento a Yoda di Guerre Stellari (che ha 900 anni come Matusalemme). Ci mancava solo che si mettesse a parlare del lato oscuro della forza e avrebbe superato in comicità Balle Spaziali di Mel Brooks.



Un altro esempio è aver costretto il giovane attore che interpreta il personaggio di Cam in una specie di paresi facciale (che ricorda involontariamente l'esordio di Christian Slater ne "Il nome della rosa", ma sempre con esito parodistico) e in un comportamento banalizzato.
L'idea giusta della ribellione di Cam contro il padre per non aver salvato la ragazza che lui amava, viene ridicolizzata facendo poi comportare il personaggio come, mi si passi il termine, un comune "morto di figa".
Per restare in tema, la debordante passionalità di Emma Watson poteva funzionare se la sceneggiatura fosse stata scritta meglio, con dialoghi meno scontati e scelte che evitassero i luoghi comuni da soap opera.
Il massimo del ridicolo viene toccato nella scena dove Emma Watson fa una specie di test di gravidanza che somiglia in modo imbarazzante a quelli di una Brooke Logan Forrester di Beautiful.
Peccato, perché la trama nel finale era buona. Il concetto che si voleva esprimere era valido: Dio lascia a Noè la scelta se far sopravvivere o meno la sua discendenza, anticipando e migliorando l'episodio, biblicamente successivo, del sacrificio di Isacco. La scelta di lasciar sopravvivere i bambini avviene perché in loro la malvagità umana è ancora arginabile.
C'era quasi la possibilità di arrivare sfiorare lo spirito con cui Dostoievskij fa dire a Ivan Karamazov che tutto l'universo non vale la sofferenza di un bambino.
E invece veniva in mente Shining e Jack Nicholson con l'accetta, in preda alla pazzia, che cerca di fare a pezzi la moglie e il figlio.
Sarebbe bastato poco per evitare questi svarioni.
Persino io sarei riuscito a scrivere meglio la sceneggiatura.
Qualcuno dica al buon Aronovfsky che la prossima volta, prima di passare alla realizzazione, passi da me: gliela correggo anche gratis la sceneggiatura. 
Non sarebbe necessaria molta fatica.




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