sabato 30 novembre 2013

I mille volti di Johnny Depp - Nodo Windsor - tie Windsor knot



John Christopher Depp II, nome completo di Johnny Depp, (Owensboro9 giugno 1963) è un attoreregistamusicistaproduttore cinematografico statunitense.
Ha ricevuto tre candidature all'Oscar per i film La maledizione della prima lunaNeverland - Un sogno per la vita e Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street, vincendo il Golden Globe come miglior attore per quest'ultimo film, dopo essere stato candidato più volte al premio (10 nomination). Nel 2010 secondo la rivista Forbes è l'attore più pagato del mondo assieme a Sandra Bullock, guadagnando 75 milioni di dollari da giugno2009 a giugno 2010. Importanti le collaborazioni con i registi Tim BurtonGore VerbinskiMichael Mann e Terry Gilliam.


« Ho iniziato a fumare a 12 anni, ho perso la verginità a 13 e a 14 avevo già provato ogni tipo di droga. Non dico di essere stato un cattivo ragazzo, ero soltanto curioso. »
(Johnny Depp[)

Un'adolescenza decisamente poco promettente, eppure a 50 anni Johnny Depp appare fisicamente in forma e sempre pronto a nuove esperienze, come per esempio tingersi i capelli di biondo, cosa che ha sconvolto milioni di fan.



Non sappiamo se sia stato per esigenze di copione. Possiamo però notare la sua eleganza impeccabile, nell'abito nero a tre pezzi, con camicia bianca e cravatta nera con nodo Windsor.

Ma ripercorriamo la sua carriera cinematografica, partendo dal film che lo ha reso famoso, "Edward mani di forbice":

Televisione

Regista e sceneggiatore

Documentari

Doppiatore

Video musicali

Produttore


Insomma, il vecchio pirata si è dato molto da fare!

Moda uomo: la cravatta dal Settecento ai giorni nostri - Storia della moda




L'origine del nome "cravatta" deriva dal fatto che essa era stata importata in Francia dai mercenari croati della Guerra dei Trent'anni e proprio da "croato" deriva il vero nome di questo accessorio, originariamente definito croatta e poi, per estensione, cravatta.

In origine la cravatta non possedeva la silhouette odierna, lunga e affusolata, ma si trattava invece di un fazzoletto ed era spesso identificata come una sciarpa.
Essa era fatta di mussola e ornata alle estremità da pizzi e ricami importanti.Spesso era corredata da spilloni che la fermassero a diversa altezze e la impreziosivano con pietre preziose incastonate.





Sia Carlo II, Re d'Inghilterra, che il Re Sole, sovrano di Francia, furono degli appassionati di questo accessorio, spendendo per esso gran parte del loro denaro.






A quel tempo la cravatta era esclusivamente bianca. Essa poteva girare una o due volte intorno al collo (o al colletto) dell'uomo, per annodarsi poi sul davanti in modo che fossero evidenziati i ricchi ricami.
Siamo nel 1660 e la strada per questo indumento è ancora lunga e difficile per essere accettata unanimemente.  



Nella prima metà del Settecento entra ufficialmente nella vita borghese con colori più scuri, nero, blu e verde, con forme più castigate e decorazioni meno vistose.
Essa tuttavia, rimane inizialmente utilizzata in ambiti strettamente formali come cene di gala, ricevimenti importanti ecc.
Il vento della rivoluzione francese porta scompiglio anche nel guardaroba: ci si scontra pure a colpi di cravatte: di colore nero quelle dei rivoluzionari e nella tonalità bianca quella dei controrivoluzionari. La cravatta esce vittoriosa dalla battaglia e conquista l’uomo romantico dell’800. 







Dai tempi di Jane Austeen in avanti, l'accessorio si complica, nascono veri trattati sull’arte di fare i nodi e c’è chi pensa addirittura ad inventare quello alla “gastronoma”, scorrevole e per questo più sensibile ai peccati di gola.

Abbiamo anche la variante "A la Byron", con la classica dicitura francesizzante, oppure quella "Sentimentale".È questo il periodo di massimo splendore dell'accessorio. Esso viene adottato dai dandy inglesi, che ne forgiano la forma e gli stili. Essa si allunga fino a fare diverse volte il giro del collo del gentiluomo, andando poi a fermarsi appena sotto il mento con un fiocco, conferendo al damerino un'aria affettata e un po' snob.In questi decenni interi manuali vengono scritti sull'arte di annodare la cravatta, in particolare il più famoso è la Neckclothitania, di cui avete visto un assaggio all'inizio di questo post. In questo documento vengono elencati i nodi più famosi, le circostanze in cui impiegarli, il loro significato e, naturalmente, come realizzarli.







Passata la Reggenza, i colori bianchi dei girocolli Regency lasciano il posto a tonalità più scure e, per laprima volta nella sua storia, il tessuto di cui è fabbricata diventa "fantasia", ovvero adorno di disegni e trame.










Oltre a righe e pois che diventando quasi subito di gran moda, si creano anche molti nuovi nodi, alcuni adoperatissimi ancora adesso e conosciuti come il Prince Albert Knotdedicato al principe consorte d'Inghilterra.


Nell'età vittoriana la cravatta perde la sua essenza di sciarpa, mantenendo il giro intorno al colletto e il nodo davanti, a volte prefabbricato, tuttavia mantiene la forma di "fazzoletto" nella sua parte terminale, tagliata di netto in orizzontale, che veniva rimboccata nel panciotto o nella giacca, dando all'accessorio la carattetistica forma a palloncino. Sarà proprio da questo dettaglio che essa sarà soprannominata puff tie.



Parlando di nodi, non si può non menzionare una citazione di Oscar Wilde tratta da uno dei suoi libri, dove viene esaltata l'importanza di annodare bene e con gusto la propria cravatta:
Una cravatta bene annodata è il primo passo serio nella vita.
Oscar Wilde, L'importanza di chiamarsi Ernesto

Dopotutto il nodo ha sempre avuto una grande importanza nell'iconografia, essendo simbolo di unione, matrimonio e vita.

La cravatta rimase un elemento fondamentale per tutta la moda dell'Ottocento, ma subirà altri grandi cambiamenti durante i primi decenni del Novecento a causa della pressante richiesta del pubblico di avere un accessorio pratico ma elegante allo stesso tempo.

Negli anni venti nascerà la cravatta come la conosciamo oggi, composta da tre parti cucite insieme, di forma allungata, con una estremità più larga e una più sottile e dalla punta tagliata di sbieco.

Nel Novecento, ancora, essa muterà fino a diventare una semplice striscia di stoffa, senza punta, ma completamente tagliata.

Da sempre alcuni stilisti o giornalisti cercano invano di fomentare un sentimento anti-cravatta come "guinzaglio" sociale che costringe alle rigide regole del passato.
Non condivido affatto questo pensiero.




Camicia e cravatta danno un autentico tocco di classe agli uomini e sanciscono, per così dire, il passaggio dall'età scolare fatta di maglie e maglioni, a quella adulta di giacche, camicie e cravatte.


D'altro canto sono forse meglio quelle orripilanti cravatte in plastica (loro ci danno qualche nome altisonante, ma alla fine plastica è) con disegnini a ripetizione idioti e il nodo già fatto?
Personalmente le detesto, come odio quei tripudi di cravatte a zucchette la sera di Halloween, il pessimo gusto fatto abbigliamento, ma è un'opinione, certo, quindi discutibile.
Certo è che nel secolo odierno la cravatta sta avendo il suo secondo momento di declino dopo la fine dell'Impero Romano.

Ad ogni modo, utilizzata molto o poco, l'arte di annodare la cravatta è rimasta. Quando ero bambina guardavo affascinata il mio papà mentre, la mattina, si annodava la cravatta davanti allo specchio e invidiavo gli uomini che la portavano.



Trattandosi di una tradizione e, senz'altro, di un patrimonio culturale importante, mi auguro che questo accessorio non vada scomparendo del tutto, ma che anzi venga preservato oltre la classica cerimonia di nozze, quando poi il cravattino viene tagliuzzato secondo una non meglio identificata tradizione e sparso tra gli invitati che elargiscono, in cambio, una somma di denaro per gli sposi (ad un mio amico che non se l'aspettava l'hanno fatto e lui c'è rimasto davvero malissimo perché quella cravatta era fantastica e gliel'avevano annodata davvero divinamente!).

E adesso un po' di libri di approfondimento, lascio qualche titolo, sperando che possano interessare.
  • Collars, stocks and cravats: a history and costume dating guide to civilian men's neckpieces, 1655-1900
  • The bloodied cravat (A Beau Brummel Mystery) -> fa parte del ciclo di misteri che hanno come protagonista il famoso dandy
  • The art of tying the cravat
  • Daddy's Ties, monografia contenente bellissime immagini di cravatte, soprattutto moderne, ma anche qualcuna antica (niente a che vedere con quelle con le zucchette, però!)
  • 85 modi di annodare la cravatta di Thomas Fink e Yong Mao.

venerdì 29 novembre 2013

La moda femminile Hipster.



Come quella delle loro controparti maschili, è molto stravagante e colorata, ma potrebbe piacere a quelle amiche fashion blogger che amano sbizzarrirsi particolarmente alla ricerca di combinazioni originali.



Il fenomeno hipster ha raccolto un po' di tutto, dal vintage all'hippy fino alle controculture degli ultimi due decenni.





Le provocazioni possono anche essere scritte sulle t-shirt o sugli altri abiti e accessori.

Chi sono gli Hipster? Caratteristiche dello "hipster style".

Premetto che l'hipster style non mi piace e gli hipster non mi stanno particolarmente simpatici, ma siccome questo termine ultimamente è divenuto di moda, mi sono documentato per capire cosa significhi e per trovare delle immagini che rendano l'idea di questo tipo umano.



Negli anni novanta e duemila il termine hipster designava giovani di classe medio-alta, istruiti e abitanti dei grandi centri urbani, che si interessavano alla cultura alternativa (o presunta tale) - “non-mainstream” - come l'indie rock, la musica elettronica, i film d'autore e le tendenze culturali emergenti.
L'hipster postmoderno attuale si professa metrosexual se non addirittura bisessuale, è un ottimo conoscitore della lingua inglese, delle tecnologie e dell'informatica, e ama appropriarsi dei codici delle generazioni precedenti, ammantandosi di un caratteristico stile rétro. Si serve in negozi di abiti usati, mangia preferibilmente cibo da agricoltura biologica, meglio se coltivato localmente, è vegetariano o vegano, preferisce bere birra locale (o prodotta in proprio) e ama le biciclette a scatto fisso, fixed, che spesso sono ľ unico mezzo di trasporto o vengono comunque usate molto frequentemente. Spesso lavora nel mondo dell'arte, della musica e della moda, rifiuta i canoni estetici della cultura statunitense, anche se non vuole essere catalogato e elude l'attualità.
Tuttavia il termine hipster ha assunto in questo periodo un'accezione generalmente dispregiativa, per indicare persone che ostentano atteggiamenti pseudo-alternativi, perché in realtà massificati.

Origine del termine

L'etimologia del termine è discussa. Si fa risalire a hop, un termine gergale per oppio, oppure alla parola wolof hip, che significa vedere o hipi, che significa aprire gli occhi.
L'introduzione dei termini hep e hip nella lingua inglese è di origine incerta e sono state proposte numerose teorie. In origine, i jazzisti utilizzavano hep come termine generico per descrivere gli appassionati di jazz. Essi e i loro fan venivano definiti hepcats. Alla fine degli anni trenta, con la nascita dello swinghip sostituì il termine hep. Il clarinettista Artie Shaw descrisse il cantante Bing Crosby come «il primo bianco hip nato negli Stati Uniti»
Attorno al 1940, fu coniata la parola hipster, che sostituì il termine hepcat e indicava gli appassionati di bebop e hot jazz, che desideravano distinguersi dai fan dello swing, che alla fine degli anni quaranta cominciava a essere considerato fuori moda ed era stato svilito da musicisti commerciali come Lawrence Welk e Guy Lombardo.

Secondo dopoguerra

La sottocultura hipster si ampliò rapidamente, assumendo nuove forme dopo la seconda guerra mondiale, quando al movimento si associò una fiorente scena letteraria. Jack Kerouac descrisse gli hipster degli anni quaranta come anime erranti portatrici di una speciale spiritualità. Fu però Norman Mailer a dare una definizione precisa del movimento. In un saggio intitolato Il bianco negro (1967), Mailer descrisse gli hipster come esistenzialisti statunitensi, che vivevano la loro vita circondati dalla morte - annientati dalla guerra atomica o strangolati dal conformismo sociale - e che decidevano di «divorziare dalla società, vivere senza radici e intraprendere un misterioso viaggio negli eversivi imperativi dell'io».
Frank Tirro, nel suo libro Jazz: a History (1977), definisce in questo modo gli hipster degli anni quaranta:
« Per l'hipster, Charlie Parker era il modello di riferimento. L'hipster è un uomo sotterraneo, è durante la seconda guerra mondiale ciò che il dadaismo è stato per la prima. È amorale, anarchico, gentile e civilizzato al punto da essere decadente. Si trova sempre dieci passi avanti rispetto agli altri grazie alla sua coscienza. Conosce l'ipocrisia della burocrazia e l'odio implicito nelle religioni, quindi che valori gli restano a parte attraversare l'esistenza evitando il dolore, controllando le emozioni e mostrandosi cool? Egli cerca qualcosa che trascenda tutte queste sciocchezze e la trova nel jazz. »

Tra XX e XXI secolo

Il termine è stato riattualizzato negli anni novanta e duemila, per designare giovani di classe medio-alta, istruiti e abitanti dei grandi centri urbani, che si interessano alla cultura alternativa (o presunta tale) - “non-mainstream” - come l'indie rock, la musica elettronica, i film d'autore e le tendenze culturali emergenti.


L'hipster postmoderno è un ottimo conoscitore della lingua inglese e ama appropriarsi dei codici delle generazioni precedenti, ammantandosi di un caratteristico stile rétro. Si serve in negozi di abiti usati, mangia preferibilmente cibo da agricoltura biologica, meglio se coltivato localmente, è vegetariano o vegano, preferisce bere birra locale (o prodotta in proprio) e ama le biciclette a scatto fisso, fixed, che spesso sono ľ unico mezzo di trasporto o vengono comunque usate molto frequentemente.. Spesso lavora nel mondo dell'arte, della musica e della moda, rifiuta i canoni estetici della cultura statunitense e sperimenta in campo sessuale. Non vuole essere catalogato e elude l'attualità.
Tuttavia il termine hipster ha assunto in questo periodo un'accezione generalmente dispregiativa, per indicare persone che ostentano atteggiamenti pseudo-alternativi, perché in realtà massificati.
« Gli hipster sono quelli che sogghignano quando dici che ti piacciono i Coldplay. Sono quelli che indossano t-shirt con citazioni tratte da film di cui non hai mai sentito parlare e sono gli unici negliStati Uniti a pensare ancora che la Pabst Blue Ribbon sia un'ottima birra. Indossano cappelli da cowboy o baschi e tutto in loro è attentamente costruito per darti l'idea che non lo sia »
(Time, July 2009)

« Il concetto di ipnagogia ci aiuta a capire o fraintendere qualcosa in più del fenomeno hipster. È ipnagogica l’esperienza subconscia, quasi allucinata, per la quale immagazziniamo, sviluppiamo e tradiamo diverse suggestioni esterne. Nel senso che molti di noi hanno avuto un cugino o un amichetto metallaro che ci violentava con cazzate allora molto affascinati come i dischi dei Sepultura et similia, o abbiamo ascoltato distrattamente motivetti Euro-Dance di scandalosa fattura. Bene, anche se siamo convinti di aver rifiutato in tronco queste influenze, e di seguire altri e più nobili modelli stilistici, ipnagogicamente ne siamo gravidi e presto o tardi le esprimeremo. Perché misceliamo tutto e giochiamo con i fantasmi del passato. »
(Music Addiction, marzo 2012)

Aree geografiche

Nel Regno UnitoHoxton e Shoreditch sono rinomate aree hipster di Londra, dove gli hipster vengono indicati con il termine spregiativo di shoreditch twats.
Parigi va menzionato il quartiere di Belleville, mentre a Berlino la subcultura hipster fa da padrona a Prenzlauer Berg.
Negli Stati Uniti, troviamo Williamsburg a Brooklyn,Echo Park a Los Angeles, Mission District a San Francisco, Uptown a Minneapolis, Wicker Park a Chicago e la parte nordorientale di Portland, Oregon.

Italia

Il Sunday Times di Londra ha definito Bologna la città italiana degli hipster. Grazie alla presenza di numerosissimi studenti italiani e stranieri, è facile incontrare per strada o nei locali notturni ragazzi inquadrabili con questo termine, in particolar modo in luoghi come la zona universitaria o la "bohemienne via del Pratello".



Prossimamente dedicherò un post alla moda femminile hipster... e credo che sarà piuttosto interessante, perché nelle donne questo trend funziona decisamente meglio!