Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
venerdì 24 febbraio 2017
Globo con meridiani e paralleli: simbolo della Banca Mondiale
La Banca Mondiale (acronimo BM o WB, dall'inglese World Bank) comprende due istituzioni internazionali: la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS) e l'Agenzia internazionale per lo sviluppo (AID o IDA), che si sono prefisse l'obiettivo di lottare contro la povertà e organizzare aiuti e finanziamenti agli stati in difficoltà.[1] La sua sede è a Washington D.C.; il presidente è eletto per cinque anni dal consiglio di amministrazione della banca. Fa parte delle istituzioni specializzate dell'Organizzazione delle Nazioni Unite
Storia
La banca mondiale è stata creata il 27 dicembre 1945 con il nome "Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo", dopo la firma dell'accordo di Bretton Woods, tra il 1° e il 22 luglio 1944. Il 9 maggio 1947 approvò il suo primo prestito, che è stato concesso alla Francia per $250 milioni (in termini di valore attuale, questo è il più grande prestito della Banca).[2]. La Banca Mondiale è stata creata principalmente per aiutare Europa e Giappone nella loro ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale, ma con il movimento della decolonizzazione degli anni sessanta, i paesi da finanziare aumentarono, occupandosi quindi dello sviluppo economico dei paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina.
Inizialmente la Banca Mondiale ha finanziato principalmente grandi infrastrutture (centrali elettriche, autostrade, aeroporti), ma con il recupero economico di Giappone ed Europa, la Banca Mondiale si è concentrata sui paesi in via di sviluppo. Dal 1990 si è occupata anche dei paesi post-comunisti.
- La più importante è la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (IBRD), il suo funzionamento è garantito dal versamento di un canone stabilito dagli Stati membri
- Agenzia internazionale per lo sviluppo (Ida), fondata nel 1960, i cui prestiti sono riservate per i paesi meno sviluppati
- La Società finanziaria internazionale (IFC), fondata nel 1956 per finanziare i prestiti e gli investimenti effettuati dalle imprese nei paesi a rischio
- Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti (ICSID), istituito nel 1966
- Agenzia multilaterale di garanzia degli investimenti (MIGA), istituito nel 1988 per l'ottenimento di prestiti
Gli obiettivi della Banca mondiale si sono evoluti nel corso degli anni. Si è recentemente concentrata sulla riduzione della povertà, abbandonando l'obiettivo unico della crescita economica. Supporta inoltre la creazione di imprese molto piccole. Ha sostenuto l'idea che l'acqua potabile, l'educazione e lo sviluppo sostenibile sono la chiave per la crescita economica, e ha cominciato a investire massicciamente in tali progetti. In risposta alle critiche, la Banca Mondiale ha adottato una serie di politiche a favore della tutela ambientale e sociale, per garantire che i loro progetti non peggiorino la situazione delle persone nei paesi di accoglienza. A dispetto di queste politiche, i progetti della Banca mondiale sono spesso criticati dalle organizzazioni non governative (ONG) di non lottare efficacemente contro la povertà, e trascurare gli aspetti sociali e ambientali.
Secondo la carta costitutiva, i prestiti sono pagati su base puramente economica, quindi il regime politico del paese beneficiario non viene preso in considerazione. Quest'ultimo punto, però, si è evoluto in quanto il 2000: "L'idea che l'aiuto sia concesso a un paese in difficoltà, a determinate condizioni per l'utilizzo di tale assistenza (in termini di gestione del bene, ma anche rispetto dei diritti umani, per esempio) è ora ampiamente accettata."[4] IBRD ha attualmente 185 paesi membri.[5] Ogni anno pubblica un rapporto sullo sviluppo responsabile nel mondo.
Presidenza
Secondo una regola non scritta, il direttore del Fondo monetario internazionale è designato dai governi europei, mentre il presidente della Banca Mondiale è nominato dal governo degli Stati Uniti, che rappresentano il più grande azionista della banca stessa. Il presidente è eletto per un periodo di 5 anni, rinnovabile dal consiglio di amministrazione.
Il 23 marzo 2012 il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha deciso di nominare per il quinquennio 2012-2017 il medico e antropologo di origine coreana, Jim Yong Kim[6].
Lista dei presidenti
Nome | Incarico | Paese | Background |
---|---|---|---|
Eugene Meyer | 1946–1946 | Editore di quotidiano | |
John J. McCloy | 1947–1949 | Giurista e US Assistant Secretary of War | |
Eugene R. Black, Sr. | 1949–1963 | Dirigente di Chase Manhattan Bank e direttore esecutivo della World Bank | |
George Woods | 1963–1968 | Direttore esecutivo della First Boston Corporation | |
Robert McNamara | 1968–1981 | Segretario alla Difesa degli USA, business executive di Ford Motor Company | |
Alden W. Clausen | 1981–1986 | Avvocato e dirigente di Bank of America | |
Barber Conable | 1986–1991 | Senatore dello Stato di New York e membro del Congresso degli Stati Uniti | |
Lewis T. Preston | 1991–1995 | Dirigente di JP Morgan Chase | |
Sir James Wolfensohn | 1995–2005 | Avvocato e banchiere | |
Paul Wolfowitz | 2005–2007 | Diversi incarichi per il governo federale degli USA; Ambasciatore statunitense in Indonesia, Deputy Secretary of Defense degli USA | |
Robert Zoellick | 2007–2012 | Dirigente di Goldman Sachs, Deputy Secretary of State e US Trade Representative | |
Jim Yong Kim | 2012–in carica | Medico e antropologo, cofondatore di Partners in Health e 17º presidente del Dartmouth College.[7] Eletto il 16 aprile 2012. |
José Antonio Ocampo, Ngozi Okonjo-Iweala e Jim Yong Kim erano candidati all'elezione del 2012. Il 16 aprile 2012 fu annunciato che Jim Yong Kim sarebbe succeduto a Robert Zoellick alla carica di presidente, continuando la serie di nomine alla presidenza della Banca Mondiale degli Stati Uniti d'America.[8]
Note
- ^ (FR) Sito ufficiale, go.worldbank.org. URL consultato il 26 aprile 2011.
- ^ (FR) Storia sul sito ufficiale, go.worldbank.org. URL consultato il 26 aprile 2011.
- ^ (FR) Sito ufficiale, go.worldbank.org. URL consultato il 26 aprile 2011.
- ^ la documentation française : Critiques des institutions financières internationales et propositions de réforme
- ^ (FR) Paesi membri sul sito ufficiale, go.worldbank.org. URL consultato il 26 aprile 2011.
- ^ Banca Mondiale, Obama a sorpresa sceglie Jim Yong Kim, scienziato asiatico, in Corriere della Sera, 23 marzo 2012.
- ^ Reuters, Jim Yong Kim chosen to head World Bank, CNN IBN, 16 aprile 2012. URL consultato il 16 aprile 2012.
- ^ US choice Jim Yong Kim is new World Bank chief, BBC, 16 aprile 2012. URL consultato il 16 aprile 2012.
Voci correlate
La cultura del Narcisismo e il declino di una civiltà
Christopher Lasch - La cultura del narcisismo
Christopher Lasch, sociologo e storico statunitense, prematuramente scomparso nel 1994, è uno dei dodici maestri irregolari proposti da Filippo La Porta.
La sua opera più importante è un saggio sociologico del 1979, che gli ha dato fama mondiale: La cultura del narcisismo. “In questo saggio - leggiamo nella quarta di copertina del tascabile Bompiani - Christopher Lasch offre una severa e corrosiva analisi dei modelli culturali dominanti nella società americana dagli anni Settanta in avanti, condizionata da un individualismo esasperato che si diffonde a livelli di massa e trasforma stili e comportamenti della vita quotidiana… La diffusa caduta della tensione politica, l’esasperata pratica dell’autocoscienza, il culto del corpo, l’ossessione della vecchiaia e della morte, la liberalizzazione sessuale sono le manifestazioni più importanti dell’edonismo statunitense”.
Ci sono intellettuali che, più di altri, hanno indagato e descritto i cambiamenti del costume in quell’epoca che va simbolicamente dal 1968 al 1989, che è all’origine del mondo contemporaneo. Le strutture sociali, culturali e politiche delle società occidentali si sono ridefinite in quel ventennio. Per capire noi stessi e la società in cui viviamo dobbiamo tornare lì e leggere autori come Lasch. Non è una scelta snobistica, è un’esigenza pratica se vogliamo possedere una coscienza critica del nostro presente. La Porta titola il capitoletto dedicato a Lasch “Non educare al successo”, poichè è attratto soprattutto dalla sua critica all’ossessione per l’autorealizzazione. “La caratteristica di Lasch - scrive La Porta - è di fare un discorso di sinistra, impegnato cioè a criticare l’ideologia dei consumi, della pubblicità, del successo ecc.., all’interno di un quadro concettuale antiprogressista. All’ottimismo progressista, basato sulla negazione dei limiti che la natura pone all’uomo, contrappone un’idea tragica della storia, che però recupera meraviglia e fiducia nella bontà della vita”.
Pensatore complesso, spesso scomodo, partito da posizioni neomarxiste (fu uno dei primi a organizzare negli USA un convegno su Gramsci), Lasch è approdato a una teoria apertamente ostile alla cultura liberal, alla sua fiducia nella crescita illimitata del capitalismo, ai suoi modelli consumistici di massa, alla sua demolizione della tradizione, della famiglia, delle comunità locali. Quella costruita dalla sinistra liberal americana (solo americana?) è una democrazia funzionale alla conquista del potere delle èlite, che gestiscono un intervento intromissivo dello Stato nella vita privata. Mentre “la democrazia funziona - secondo Lasch - soprattutto quando gli uomini e le donne agiscono per se stessi, con la collaborazione degli amici e dei vicini, invece di dipendere dallo Stato“. E’ pensiero molto vicino alla cultura federalista e, nello stesso tempo, molto esposto a derive populiste. Ma è un pensiero critico necessario, perche ci mette in guardia dalla perdità delle identità individuali e collettive, sotto la spinta omologante del facile appagamento consumistico e della deresponsabilizzazione offerti dalla società di massa, controllata e gestita da imponenti burocrazie statali.
La vittima principale delle politiche progressiste è la famiglia, svuotata di funzioni dall’ideologia dominante che tende sempre più a delegare a medici, psicologi, assistenti sociali l’educazione dei figli. Ma è in famiglia, innanzitutto, che si costruisce un argine alla banalizzazione dell’esistenza: il trionfo dei modelli televisivi, la cultura del facile e subito, la rimozione vittimistica degli insuccessi, il rifiuto per le onerose assunzioni di responsabilità. C’è molta old america nella sua etica della responsabilità, qualche rischio conservatore e un pò di velleità. Ma prendete Lasch come un anticorpo e non vi pentirete dei dubbi che vi avrà inoculato.
Maestri irregolari, di Filippo La Porta, critico letterario e saggista.
Sottotitolo: Una lezione per il nostro presente.
Il testo contiene brevi profili di undici intellettuali del secolo scorso, preceduti da una introduzione che “lega” i temi affrontati negli undici profili, ricavandone, appunto, una lezione per il presente. Gli undici “maestri irregolari” (irregolari rispetto alle ideologie dominanti del Novecento) sono Nicola Chiaromonte, George Orwell, Simone Weil, Albert Camus, Ignazio Silone, Arthur Koestler, Carlo Levi, Hannah Arendt, Christopher Lasch, Pier Paolo Pasolini e Ivan Illich.
La sua opera più importante è un saggio sociologico del 1979, che gli ha dato fama mondiale: La cultura del narcisismo. “In questo saggio - leggiamo nella quarta di copertina del tascabile Bompiani - Christopher Lasch offre una severa e corrosiva analisi dei modelli culturali dominanti nella società americana dagli anni Settanta in avanti, condizionata da un individualismo esasperato che si diffonde a livelli di massa e trasforma stili e comportamenti della vita quotidiana… La diffusa caduta della tensione politica, l’esasperata pratica dell’autocoscienza, il culto del corpo, l’ossessione della vecchiaia e della morte, la liberalizzazione sessuale sono le manifestazioni più importanti dell’edonismo statunitense”.
Ci sono intellettuali che, più di altri, hanno indagato e descritto i cambiamenti del costume in quell’epoca che va simbolicamente dal 1968 al 1989, che è all’origine del mondo contemporaneo. Le strutture sociali, culturali e politiche delle società occidentali si sono ridefinite in quel ventennio. Per capire noi stessi e la società in cui viviamo dobbiamo tornare lì e leggere autori come Lasch. Non è una scelta snobistica, è un’esigenza pratica se vogliamo possedere una coscienza critica del nostro presente. La Porta titola il capitoletto dedicato a Lasch “Non educare al successo”, poichè è attratto soprattutto dalla sua critica all’ossessione per l’autorealizzazione. “La caratteristica di Lasch - scrive La Porta - è di fare un discorso di sinistra, impegnato cioè a criticare l’ideologia dei consumi, della pubblicità, del successo ecc.., all’interno di un quadro concettuale antiprogressista. All’ottimismo progressista, basato sulla negazione dei limiti che la natura pone all’uomo, contrappone un’idea tragica della storia, che però recupera meraviglia e fiducia nella bontà della vita”.
Pensatore complesso, spesso scomodo, partito da posizioni neomarxiste (fu uno dei primi a organizzare negli USA un convegno su Gramsci), Lasch è approdato a una teoria apertamente ostile alla cultura liberal, alla sua fiducia nella crescita illimitata del capitalismo, ai suoi modelli consumistici di massa, alla sua demolizione della tradizione, della famiglia, delle comunità locali. Quella costruita dalla sinistra liberal americana (solo americana?) è una democrazia funzionale alla conquista del potere delle èlite, che gestiscono un intervento intromissivo dello Stato nella vita privata. Mentre “la democrazia funziona - secondo Lasch - soprattutto quando gli uomini e le donne agiscono per se stessi, con la collaborazione degli amici e dei vicini, invece di dipendere dallo Stato“. E’ pensiero molto vicino alla cultura federalista e, nello stesso tempo, molto esposto a derive populiste. Ma è un pensiero critico necessario, perche ci mette in guardia dalla perdità delle identità individuali e collettive, sotto la spinta omologante del facile appagamento consumistico e della deresponsabilizzazione offerti dalla società di massa, controllata e gestita da imponenti burocrazie statali.
La vittima principale delle politiche progressiste è la famiglia, svuotata di funzioni dall’ideologia dominante che tende sempre più a delegare a medici, psicologi, assistenti sociali l’educazione dei figli. Ma è in famiglia, innanzitutto, che si costruisce un argine alla banalizzazione dell’esistenza: il trionfo dei modelli televisivi, la cultura del facile e subito, la rimozione vittimistica degli insuccessi, il rifiuto per le onerose assunzioni di responsabilità. C’è molta old america nella sua etica della responsabilità, qualche rischio conservatore e un pò di velleità. Ma prendete Lasch come un anticorpo e non vi pentirete dei dubbi che vi avrà inoculato.
Maestri irregolari, di Filippo La Porta, critico letterario e saggista.
Sottotitolo: Una lezione per il nostro presente.
Il testo contiene brevi profili di undici intellettuali del secolo scorso, preceduti da una introduzione che “lega” i temi affrontati negli undici profili, ricavandone, appunto, una lezione per il presente. Gli undici “maestri irregolari” (irregolari rispetto alle ideologie dominanti del Novecento) sono Nicola Chiaromonte, George Orwell, Simone Weil, Albert Camus, Ignazio Silone, Arthur Koestler, Carlo Levi, Hannah Arendt, Christopher Lasch, Pier Paolo Pasolini e Ivan Illich.
Insieme con il trasferimento del reddito, si è però interrotto il canale di trasmissione di molti altri beni dai padri ai figli. Di valori, per esempio; di conoscenza storica, di credi religiosi, di senso comune, perfino di lingua (si diffonde un italiano sempre più maccheronico). Si è aperto un vuoto di tradizione, insomma; parola la cui etimologia viene per l’appunto dal latino «tradere», trasmettere. I ragazzi vivono così in un mondo in cui le cose che contano sono diverse da quelle che contano per i genitori. Ma il guaio è che è il loro mondo a essere quello ufficiale e riconosciuto, vezzeggiato e corteggiato, perché sono loro i nuovi consumatori.
Al centro di questo mondo c’è una cultura del narcisismo, per usare l’espressione resa celebre da Christopher Lasch. Lo spirito del tempo ripete come un mantra slogan da tv del pomeriggio: «sii te stesso», «realizza tutti i tuoi sogni», «non farti condizionare da niente e nessuno», «puoi avere tutto, se solo lo vuoi». Più di un’educazione sentimentale è un’educazione al sentimentalismo. Al culto del sé, del successo facile, e del corpo come via al successo, sul modello dei calciatori e delle stelline. I genitori, anche i migliori, sono rimasti soli. È finito il tempo in cui «i metodi educativi in famiglia non venivano smentiti o condannati dal contesto», protesta Massimo Ammaniti ne Il mestiere più difficile del mondo, il libro scritto con Paolo Conti e pubblicato dal Corriere. Oggi invece la smentita è continua.
Nessun rifiuto, nessun limite, nessun «no» che venga detto in famiglia trova una sua legittimazione nel mondo di fuori. Il fallimento educativo che ne consegue è una delle cause, non una conseguenza, della crisi italiana. Ne è una prova il fatto che a parlare del disagio giovanile oggi siano chiamati solo gli psicologi e gli psicanalisti, e non gli educatori: come se il problema fosse nella psiche dell’individuo e non nella cultura della nostra società, come se la risposta andasse cercata in Freud e non in Maria Montessori o in don Bosco. È dunque perfino ovvio che l’epicentro di questo terremoto sia la scuola. E che il conflitto più aspro con i nostri figli avvenga sul loro rendimento scolastico. A parte una minoranza di dotati e di appassionati, per la maggioranza dei nostri figli lo studio è inevitabilmente sacrificio, disciplina, impegno, costanza. Tutte cose che non c’entrano niente con il narcisismo del tempo.
Chiunque abbia figli sa quanto sia dolorosa questa tensione. I ragazzi fanno cose inaudite pur di sottrarsi. L’aneddotica è infinita. C’è la giovane che riesce a ingannare i genitori per anni, fingendo di fare esami che non ha mai fatto ed esibendo libretti universitari contraffatti. C’è il ragazzone che scoppia a piangere come un bambino ogni volta che il padre accenna al tema dello studio. C’è quello che dà in escandescenze. Quello che mette il cartello «keep out» sulla porta della cameretta. Quello che non toglie le cuffie dell’iPod. Padri e madri non sanno che fare: fidarsi dei figli e del loro senso di responsabilità, rischiando di esserne traditi? O trasformarsi in occhiuti sorveglianti, rischiando di esserne odiati? Lo spaesamento è testimoniato dall’espressione che usiamo correntemente nelle nostre conversazioni: «Ciao, che fai?». «Sto facendo fare i compiti a mio figlio». «Far fare», un unicum della lingua italiana, una costruzione verbale che si applica solo alla lotta quotidiana con gli studi dei figli.
Bisognerebbe invece fare qualcosa. Ci vorrebbe una santa alleanza tra genitori, insegnanti, media, intellettuali, idoli rock, stelle dello sport, per riprendere come emergenza nazionale il tema dell’educazione, e sottoporre a una critica di massa la cultura del narcisismo. Ma i miei figli cantano, insieme con Fedez: «E ancora un’altra estate arriverà/ e compreremo un altro esame all’università/ e poi un tuffo nel mare / nazional popolare/ La voglia di cantare non ci passerà».
Al Bab: la Battaglia delle Cinque Armate
1) e 2) In verde sono indicate le armate della Turchia e degli islamisti del Fronte Al-Nusra (attualmente chiamato Fateh Al-Sham, Ahrar al-Sham, Faylaq al-Sham ).
3) In giallo sono indicate le armate dei Curdi
4) In rosso sono indicate le armate dell'esercito del governo della Siria
5) In grigio scuro sono indicate le armate dell'Isis
Map of the wider Turkish-led operations and the wider campaigns in northern Aleppo | ||||||||
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Belligerents | ||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Turkey Free Syrian Army Support: Russia (against ISIL only; since 29 Dec. 2016)[1] United States(against ISIL only, since 17 Jan. 2017)[2] | Islamic State of Iraq and the Levant |
Syrian Democratic Forces(until 27 November 2016)
Support: Russia (against ISIL only)[8] | ||||||
Commanders and leaders | ||||||||
Lt. Gen. Zekai Aksakallı[33]
Zakariya Wali[42] (WIA)(Operations chief commander) Lt. Gen. İsmail Metin Temel[34][35] (Second Armycommander) Col. Ahmed Othman[36] (Sultan Murad Division commander) Fehim İsa (Sultan Murad Division commander)[37] Mahmoud Abu Hamza[38] (Descendants of Saladin Brigade commander) Capt. Yussuf Shibli[39] (Qabasin Military Council commander) Capt. Abdel Salam Abdel Razaq[38](Nour al-Din al-Zenki Movement commander) Capt. Mohammed Abu Mustafa[40] (Sham Legion commander) Abu Jafer[41](Brigade of Conquest commander) (Mehmed the Conqueror Brigade military commander) |
Abu Khalid al-Urduni † (ISIL Governor of al-Bab)[43]
Jonathan Jeffrey (a.k.a. Abu Ibrahim Al-Francy) (POW)[46][47]Abu Husen Tunisi †[44] (ISIL emir) Abu Ansari †[45] (ISIL emir) (French ISIL leader in al-Bab) |
Adnan Abu Amjad[48] (Manbij Military Council & Northern Sun Battalion commander)
Anwar Khabat[49] (Euphrates Liberation Brigade commander) | ||||||
Units involved | ||||||||
Other Syrian rebels:
|
|
Syrian Democratic Forces
| ||||||
Strength | ||||||||
1,300 soldiers,[65][66][67] 40 tanks originally, 10 reinforcements[68] 15+ APCs[69] 2,000–3,000 rebel fighters[70][71] | 3,000–5,000 militants[70][72] |
Unknown
10,000 soldiers[6] | ||||||
Casualties and losses | ||||||||
57 killed[73]
428+ killed[74] | 1,348+ killed (Turkish and SAA claims)[75] |
46 killed[76]
16+ killed[77] | ||||||
444 civilians killed[78] 30,000+ civilians fled[79] |
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