martedì 24 giugno 2014

Le terme nell'Antica Roma

Le terme romane erano degli edifici pubblici con degli impianti che oggi chiameremmo igienico-sanitari. Sono i precursori degli impianti odierni e rappresentavano uno dei principali luoghi di ritrovo durante l'antica Roma, a partire dal II secolo a.C.. Alle terme poteva avere accesso quasi chiunque, anche i più poveri, in quanto in molti stabilimenti l’entrata era gratuita o quasi.

Le terme erano un luogo di socializzazione, di relax e di sviluppo di attività vive per uomini e donne che, in spazi ed orari separati, facevano il bagno completamente nudi.


Le prime terme nacquero in luoghi dove era possibile sfruttare le sorgenti naturali di acque calde o dotate di particolari doti curative





Saturnia



Le terme romane erano edifici pubblici con impianti che oggi chiameremmo igienico-sanitari. Questi edifici sono i precursori degli impianti odierni e rappresentavano uno dei principali luoghi di ritrovo durante l'antica Roma.


Esistevano due classi di terme, una povera destinata alla popolazione minuta e una destinata ai ricchi, che erano dei veri e propri monumenti e piccole città all'interno della città.
Col tempo, soprattutto in età imperiale, si diffusero anche dentro le città, grazie allo sviluppo di tecniche di riscaldamento delle acque sempre più evolute. Al riscaldamento dell'acqua provvedevano i focolari sotterranei che diffondevano aria calda dagli ipocausti, gli spazi sottostanti alle pavimentazioni sospese (suspensùra) dei vani da riscaldare.



Non a caso, larghissima parte della letteratura scientifica dedicata ai trattamenti termali ritiene che il termine spa sia un acronimo del latino "salus per aquam", letteralmente "la salute attraverso l'acqua" [termale]. Tuttavia, secondo alcuni, esso deriverebbe anche dalla cittadina belga Spa, nota fin dall'antichità proprio per le sue acque minerali di cui beneficiavano anche gli stessi soldati romani.
Sin dal XVI secolo, la parola spa divenne il termine per antonomasia del termalismo, dapprima in inglese e poi anche in altre lingue.
Il termine "spa" è ormai utilizzato per indicare le stazioni termali o in generale aziende che forniscono cure idroterapiche o anche servizi di benessere e cura del corpo. Oggi le aziende spa offrono non solo trattamenti termalibalneoterapici e idroterapici, ma anche altri servizi (ad esempio massaggisaunabagni turchi, eccetera) per la salute e l'armonia del corpo e della mente.





Veri e propri monumenti o addirittura piccole città all'interno della città stessa, esistevano due classi di terme, una più povera destinata alla plebe, e una più fastosa destinata ai patrizi.
Lo sviluppo interno tipico era quello di una successione di stanze, con all'interno una vasca di acqua fredda, la sala del frigidario, solitamente circolare e con copertura a cupola e acqua a temperatura bassa, seguita all'esterno dal calidario, generalmente rivolto a mezzogiorno, con bacini di acqua calda. Tra il frigidario e il calidario vi era probabilmente una stanza mantenuta a temperatura moderata, il tepidario, stanza adiacente al calidario in cui veniva creato un raffreddamento artificiale. Assieme al calidario veniva usata quella che ai nostri giorni viene chiamata la sauna finlandese, ovvero il passaggio repentino dal caldo al freddo e viceversa. Le natationes erano invece le vasche utilizzate per nuotare.
Attorno a questi spazi principali, si sviluppavano gli spazi accessori: l'apodyterium (uno spazio non riscaldato adibito a spogliatoio), la sauna, la sala di pulizia, la palestra. All'interno delle terme più sontuose (come le Terme di Caracalla) si poteva trovare spazio anche per piccoli teatri, fontane, mosaici, statue e altre opere d'arte, biblioteche, sale di studio e addirittura negozi.



Una delle abitudini legate all'uso delle terme era quella di gettare nell'acqua profumi e vini speziati (similmente agli antichi Egizi che mescolavano nell'acqua varie sostanze).
Per lavarsi, i Romani usavano la pietra pomice e la cenere di faggio (sostanze che portavano all'inaridimento della pelle), oppure una pasta composta da polvere d'equiseto (leggermente abrasiva), argilla e olio d'oliva. Dopo il lavaggio, i fruitori delle terme erano soliti spostarsi nelle sale adibite ai massaggi, che effettuavano con oli profumati e unguenti speciali (importati per lo più dall'Oriente e dall'Egitto, come la mirra e l'olio di mandorle).

Oltre alle controindicazioni igieniche, i continui sbalzi di temperatura cui erano sottoposti i frequentatori delle terme dall'acqua calda all'acqua fredda in rapida successione, potevano generare nei canali auricolari e nasali dei fruitori, delle neoformazioni ossee globulari (tipiche ancora oggi nei nuotatori), che potevano portare alla sordità o ad una deviazione del setto nasale (ne sono state riscontrate diverse durante lo studio di crani appartenuti ad antichi romani). Spesso anche gli schiavi addetti alle terme si ammalavano per il pesante lavoro.
Nelle sue Satire, Giovenale prende in giro gli arricchiti uomini d'affari del ceto equestre, spesso liberti, che morivano in seguito a bagni freddi che seguivano pranzi luculliani.
Cionostante, durante l'età imperiale, le dinastie e i loro uomini di fiducia fecero costruire sontuosi complessi termali, sia a Roma che nelle principali città dell'impero.
Inaugurate nel Campo Marzio nel 12 a.C. ad opera di Marco Vipsanio Agrippa e alimentate dall'Acqua Vergine, sono il primo edificio termale pubblico della città, inserite nel rinnovamento urbanistico della zona in epoca augustea. Lo Stagnum Agrippae, uno specchio d'acqua ricavato dalla regolarizzazione del bacino naturale della palus Caprae, doveva svolgere le funzioni dinatatio (piscina per il nuoto) per le terme.
Le terme erano ornate dalle statue dell'Apoxyómenos e di un leone giacente di Lisippo.
Le Terme di Nerone o Alessandrine (poiché costruite da Nerone e restaurate da Alessandro Severo) erano un complesso termale di Roma antica, costruite nel Campo Marzio nel 62 e rifatte nel 227 o 229. Si trovavano nell'area delimitata dalle attuali piazza della Rotonda, via del Pozzo delle Cornacchie e via della Dogana Vecchia, per un'estensione che arrivava a coprire circa 190x120 metri.
Le Terme di Tito sono un sito archeologico di Roma, situato sulle pendici dell'Esquilino (colle Oppio), in un'area compresa tra le attuali via Nicola Salvi, via delle Terme di Tito e viale del Monte Oppio. Si tratta di uno dei più antichi esempi di terme romane di tipologia "imperiale".
Le terme di Traiano (latino Thermae Traiani o Thermae Traianae) erano delle terme dell'antica Roma, erette a pochi anni dall'incendio della Domus Aurea (104 d.C.) e concluse nel 109 d.C. da Traiano, con inaugurazione il 22 giugno. Sebbene precedute cronologicamente dalle terme di Agrippa e da quelle di Nerone e di Tito, furono le prime "grandi terme" di Roma e all'epoca infatti erano il più grande edificio termale esistente al mondo.

Le Terme di Caracalla (in latinoThermae Caracallae) o Antoniniane (dal nome della dinastia degli Antonini) costituiscono uno dei più grandiosi esempi di terme imperiali diRoma, essendo ancora conservate per gran parte della loro struttura e libere da edifici moderni. Furono volute dall'imperatore Caracalla sull'Aventino, tra il 212 e il 217, come dimostrano i bolli laterizi, in un'area nei pressi del Circo Massimo.



Le Terme di Diocleziano (Thermae Diocletianae), le più grandi Terme della Roma antica, furono iniziate nel 298 dall'imperatore Massimiano, nominato Augustus dell'Impero romano d'Occidente da Diocleziano, e aperte nel 306, dopo l'abdicazione di entrambi. Si trovavano tra le attuali piazza della Repubblicapiazza dei Cinquecento, via Volturno e via XX Settembre, in un’ampia area in cui sono ancora conservati cospicui resti.


Le Terme di Costantino erano un complesso termale di Roma antica, l'ultimo del suo genere, costruito sul colle Quirinale, da Costantino I intorno al 315, ma forse iniziato sotto Massenzio.

Abitazioni e giardini nell'Antica Roma: la villa rustica, la villa urbana e la villa suburbana

La villa rustica in origine era sostanzialmente il nucleo di un'azienda agraria a conduzione familiare, dove veniva prodotto ciò che era necessario al sostentamento. 

Col passare degli anni e l'accrescersi della potenza di Roma, che a ogni conquista trasferiva in Italia centinaia di migliaia di schiavi da sfruttare nei più svariati lavori, le ville rustiche si fecero sempre più grandi e sontuose (200-250 ettari sembra comunque la misura media) e la produzione agricola diventò un'attività il cui scopo non era più semplicemente quello di sfamare il padrone, ma anche e soprattutto di vendere i prodotti in eccesso anche su mercati lontani.

In particolare, la villa come azienda agricola fu una forma presente soprattutto in Italia centrale, dalla Campania all'Etruria (celebre la Villa Settefinestre ad Ansedonia) ed è stata considerata da alcuni studiosi come la forma produttiva più originale, efficiente e razionale che l'economia romana abbia prodotto, la più vicina a sfiorare un modo di produzione capitalistico. Le produzioni erano differenziate: piantagioni (soprattutto ulivi e vite), altre coltivazioni intensive, ortipascoli, impianti di trasformazione, depositi, mezzi di trasporto. Si trattava, insomma, di una vera fabbrica rurale organizzata.
Il lavoro era affidato a una massa di schiavi organizzati con disciplina militare, inquadrati da sorveglianti, schiavi anch'essi, sotto la direzione di un vicario del padrone, il villicus.
Una organizzazione così complessa necessitava di solide competenze, che i romani non esitarono a tradurre in famosi testi di agronomia, come: il De agri cultura di Marco Porcio Catone, il De re rustica di Marco Terenzio Varronee i libri di Columella.
La villa era divisa in diversi settori:
  • La Pars Dominica era la zona residenziale, destinata al dominus e alla sua famiglia;
  • La Pars Rustica era la zona destinata alla servitù, ai lavoratori dell'azienda;
  • La Pars Fructuaria era destinata alla lavorazione dei prodotti.
Le Pars Rustica e Fructuaria assieme formavano la Pars Massaricia (la suddivisione tra pars dominica e pars massaricia rimase anche nel Medioevo, seppur con un significato diverso, e divenne una caratteristica tipica del sistema produttivo curtense e poi della signoria territoriale feudale).

La progressiva riduzione degli schiavi, dovuta al concludersi della fase espansionistica dell'Impero romano (II secolo d.C.), costrinse l'aristocrazia fondiaria a cedere una parte sempre più vasta della terra a coloni. Questi ultimi, a differenza degli schiavi, erano liberi, ma legati al latifondista secondo la forma della commendatio, ovvero in cambio della protezione garantita dal padrone avevano l'obbligo di prestare servizi (corvée) e pagare canoni. Nelle ville vigeva la responsabilità collettiva del pagamento delle tasse..



Nella prima età repubblcana, il civis romanus era prevalentemente un agricoltore e la vita in campagna era la condizione dominante. Per agricoltore si può intendere sia il colonus, il coltivatore diretto, sia il proprietario terriero che faceva coltivare la terra agli schiavi. Al nobilis romano appartenente alla classe senatoria era impedita l'attività commerciale, ritenuta indegna per un senatore, e quindi il suo reddito derivava dalla rendita agricola. Da qui la centralità  della res rustica, cioè l'agricoltura. Solo sporadicamente il nobile abitava la casa di città. Catone fu un convinto assertore dell'utilità dei giardini, tanto che sosteneva che chi trascurava il giardino dovesse essere punito.


Le grandi ville romane si svilupparono, anche dal punto di vista estetico, a partire dal periodo dell'ultima età repubblicana (II secolo a.C). 


È di questo periodo la distinzione tra villa rustica e villa urbana.


La prima era più di una fattoria, una vera e propria azienda agricola,



La villa urbana può essere considerata come la sede del prestigio e del benessere dei romani più ricchi, il luogo delle relazioni sociali. Col tempo le ville urbane andarono ampliandosi, diventando pian piano simili alle residenze cittadine.


Dotate di ogni comodità, spesso erano più grandi delle domus di città ed erano autosussistenti. Potevano avere biblioteche, sale di lettura, stanze per il bagno caldo, freddo e tiepido, una piscina scoperta ed una palestra. Ampi porticati permettevano passeggiate all'aperto. Erano circondate da parchi e giardini molto curati.
Era dunque una dimora cittadina signorile, paragonabile a ciò che i francesi chiameranno maison de plaisance.




 Esiste anche la locuzione villa suburbana, che definiva probabilmente una dimora di campagna senza coltivazioni agricole, con giardino, e vicina alle comodità della città. 



Ecco un esempio di villa suburbana di lusso


Nella Roma repubblicana tuttavia la distinzione tra villa rustica e villa urbana non è ancora pienamente delineata: le fattorie e i giardini continuavano ad essere chiamati hortus o heredium, ovvero "terreno recinto che fa parte della dimora, quota di terreno che segue l'erede". Con le Guerre Puniche l'economia non può limitarsi alla scala familiare, ma deve impegnarsi a sostenere la nazione. da qui l'importanza della produzione agricola in campagna che doveva sostenere la città. 
Riguardo ai giardini di utilità non si fa menzione della disposizione delle piante, ma solo delle recinzioni. Le ville rustiche si trovavano per necessità vicino a pozzi o corsi d'acqua. 


Sembra che la disposizione degli alberi in filari sfalsati (quincunx - quinconce) sia un'invenzione dei romani (anche se per errore venne attribuita da Cicerone ai persiani e agli assiri). Una estensione della villa rustica era la villa fructuaria, che comprendeva dei magazzini per lo stoccaggio di frutta e (presumibilmente) anche di ortaggi. 




Dalla tarda Repubblica in poi si diffonde l'uso del giardino ornamentale, e anche in questo caso Cicerone è un nome ricorrente. Le ville di piacere romane erano costituite da un parco in cui elementi architettonici (porticati, colonnati), si fondevano con la vegetazione.
Questo insieme fornì più tardi il modello a cui si ispirarono i parchi neoclassici nel secolo XVIII.
La villa poteva essere anche sulla costa, specie nel litorale campano.


È con Lucullo (60 a.C.) che si afferma l'arte dei giardini e per tutta Roma si gareggia nel trasformare e abbellire le proprietà familiari, la cultura del giardino era molto avanzata, tanto che esistevano delle regolamentazioni piuttosto articolate sulle servitù urbane: ad esempio non era possibile togliere luce ai vicini piantando alberi sul tetto. Da questa normativa si può facilmente dedurre che i moderni roof garden hanno origini antiche. Esistevano diversi livelli di giardini: gli abitanti delle insulae si accontentavano di fiori alle finestre, in periferia c'erano gli hortuli (giardini o piccoli parchi), e le tabernae, luoghi per la sosta e il riposo. I giardini romani sono carichi di influenze della Grecia ellenistica e della civiltà alessandrina Basti pensare ai giochi d'acqua presenti in molti giardini privati e pubblici, la cui conoscenza era stata tramandata dai tempi di Erone di Alessandria che li inventò. Altre introduzioni provenienti dalla Grecia furono il portico e la passeggiata alberata. Dopo il 60 a.C. anche le termae si arricchiscono di giardini che si affiancano al grandioso complesso di edifici e strutture messo in opera dai romani per l'otium

Abitazioni e giardini nell'Antica Roma (periodo repubblicano): la domus



giardini romani presentano molte affinità col giardino greco, nei confronti del quale ci fu un consapevole "ripescaggio", specie nella raffinata cerchia di letterati e filosofi del circolo degli Scipioni, fino a Cicerone e a Sallustio, per arrivare poi ai fasti dell'età imperiale che toccano il vertice nella meravigliosa Villa Adriana. Ma andiamo con ordine, partendo dall'età repubblicana.



 I romani utilizzarono il modello di giardino greco (kepos)  e lo trasformarono in qualcosa di estremamente più raffinato, l' hortus, che nonostante l'etimologia rustica, non è affatto un orto, ma un vero e proprio giardino, per quel che riguarda la domus urbana se non addirittura un parco per quel che riguarda la villa, cioè la residenza di campagna, al centro di un possedimento terriero.



La domus era l'abitazione di città dei ceti abbienti, cioè la classe senatoriale e quella degli equites, il ceto equestre. 
Dall'apertura dell'atrio (compluvium) entrava la luce e l'acqua piovana, raccolta in una cisterna sotterranea (impluvium). La tecnica costruttiva è ancora caratterizzata da muri in scheggioni di tufo lavorati in opera quadrata irregolare. Questo modello di abitazione durò tre secoli. Si può affermare che il primo esempio di casa ad atrio a Roma sia quella di Tarquinio Prisco, sul Palatino, poi domus publica
Nella domus di medie dimensioni c'erano due cortili, uno era l'atrium e comprendeva la vasca dell' impluvium dove si raccoglieva l'acqua piovana.

 







Il secondo cortile era il peristilylium che comprendeva il portico colonnato (cioè il peristilio vero e proprio) e l'hortus, cioè il giardino. Vi poteva essere, ma solo nelle domus più grandi anche un terzo cortile, senza il tetto e il peristilio, ma circondato da mura, dove vi era spazio per un giardino alberato.



Il peristilio era un cortile contornato da colonne sulle quali si poneva un tetto che si appoggiava alla casa. Veniva così a crearsi un portico le cui pareti erano spesso finemente decorate con pitture e mosaici. L'interno del peristilio conteneva piante di fiori, fontanestatue ed anche vasche con pesci, dette piscinae.





Nelle domus più piccole vi era solo l'atrio con l'impluvio, oppure c'era solo il peristilio, con l'impluvio e l'hortus.



La domus media comprendeva atrio e peristilio.


 
1 Atrium
2 Peristylium
3 Vestibulum
4 Fauces
5 Impluvium
6 Ala
7 Triclinium
house1e.jpg - 16524 Bytes8 Tablinum
9 Exhedra/Oecus
10 Taberna
11 Cubiculum
12 Andron
13 Posticum
14 Bathroom
15 Cucina (kitchen)
|Vestibulum|Fauces|Atrium|Ala|Tablinum|Peristylium|
Model of a two storey Roman house.
Museo della Civilta, Rome

Nelle domus più grandi poteva esserci invece un secondo impluvio, più grande, nel peristilio, al centro dell'hortus. Questo secondo impluvio era alimentato anche da una fontana o da un pozzo, in modo tale che vi fosse sempre l'acqua e vi potessero vivere i pesci. Per questo fu chiamato piscina.




Infine poteva esserci un terzo tipo di giardino, un hortus senza perystilium, posto sul retro e circondato da alte mura.
A volte era presente nelle domus più piccole al posto del peristilio.
La domus si sviluppava in orizzontale ed era composta da molte stanze con funzioni diverse: l'ingresso bipartito in vestibulum e fauces (da cui si accedeva all'atrium, che era la stanza centrale subito dopo l'ingresso, da cui si poteva accedere agli altri ambienti che vi si affacciavano), le stanze da letto dette cubicula, la sala dei banchetti detta oecus tricliniare o triclinium(dove gli ospiti potevano mangiare sdraiati sui letti tricliniari), alcuni ambienti laterali detti alae, il tablinum (locale adibito a salotto solitamente posto in fondo all'atrium) e il lararium (stanza con funzioni religiose per il culto dei LariMani e Penati).
Le stanze che si affacciavano direttamente sulla strada erano solitamente affittate a terzi per essere adibite a negozi o botteghe artigiane ed erano denominate tabernae.
Nel retro della casa all'aperto c'era l'hortus, il giardino domestico.
Le domus romane erano dotate di finestre molto piccole per evitare che dall'esterno potessero entrare rumori o, peggio, ladri. Per questo motivo l'illuminazione delle varie stanze era fornita dalla luce solare che entrava dal soffitto aperto (compluvium) dell'atrio e illuminava di riflesso le stanze ad esso adiacenti. Dal compluvium entrava, oltre che la luce anche l'acqua piovana che veniva raccolta in una vasca o cisterna quadrangolare al centro dell'atrio detta impluvium.


Pianta e assonometria di una tipica domus romana.
1. fauces (ingresso)
2. tabernae (botteghe artigiane)
3. atrium (atrio)
4. impluvium (cisterna per l'acqua)
5. tablinum (studio)
6. hortus (orto/giardino)
7. oecus tricliniare (sala da pranzo)
8. alae (ambienti laterali)
9. cubiculum (camera)

Le domus più prestigiose avevano il balneum, il bagno, che era l'esatta copia delle terme (c'erano all'interno di esso infatti l'apodyterium, lo spogliatoio, il calidarium, la piscina dell'acqua calda, il tepidarium, piscina dell'acqua tiepida, per arrivare al frigidarium che era la piscina con l'acqua fredda).
In alcune abitazioni delle persone più benestanti c'erano anche la bibliotheca, la diaeta, un padiglione per intrattenere gli ospiti ed il solarium, una terrazza che poteva anche essere coperta. Oppure era presente nelle abitazioni signorili più grandi come terzo cortile, in aggiunta all'atrio e al peristilio. In questo caso il terzo giardino recintato da alte mura, detto hortus conclusus, (destinato a diventare la forma tipica di giardino nel medioevo) poteva diventare di  dimensioni maggiori, benché fosse più caratteristico della villa urbana e suburbana, specie in età imperiale, di cui parlerò nei prossimi post. (Qui sotto vediamo gli affreschi della Villa di Livia, la moglie di Augusto, in cui sono rappresentati i giardini delle ville romane della prima età imperiale).







Culti romani del giardino
Il giardino era per i romani, parte integrante della casa, del focolare domestico, ed era dedicato al culto dei Lari (Lares familiares), antenati, defunti, protettori della casa e della famiglia. Ai Lares familiares venivano affiancati  iLares agrestes, delle divinità del giardino. I Lari erano collegati a Priapo, divinità della fecondità. Nei periodi dei riti dionisiaci o dedicati ad altre divinità della fertilità, nel giardino (viridarium), venivano disposte delle statuette di satiri. Priapo diventava il Ruber Custos (il Rosso Custode), molto simile ad uno spaventapasseri dipinto di rosso. Sembra anche che nel periodo del solis invictus, i Lares agrestes venissero spostati lungo il perimetro del giardino, usanza da cui sarebbe originato il presepe (da "praesepere", vicino alla siepe).
Alcuni studiosi hanno ipotizzato che sia da quest'uso che derivino i moderni nani da giardino. Alla figura maschile di Priapo si affiancano diverse divinità femminili. Una Venere rustica protettrice dei produttori di vino, che diverrà in seguito Venus JuliaFlora, di origine sabina, che presiedeva a tutto ciò che fioriva, e Pomona, antica divinità italica, che presiedeva a tutto ciò che fruttificava.
Vedremo successivamente come nel Medioevo l'hortus conclusus fosse legato soprattutto a monasteri e conventi.


Nel periodo tardo medievale e poi umanistico-rinascimentale, l'hortus conclusus ebbe una fortuna anche artistica e letteraria, di cui parlerò in seguito nell'ambito della storia del giardinaggio.