Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
lunedì 25 novembre 2013
Vita di Wallis Simpson, Duchessa di Windsor, Seconda Parte
Nel 1929, Wallis ed Ernest Simpson presero dimora a Mayfair, prestigioso quartiere di Londra.
Nonostante la crisi economica, i Simspon vivevano in un ampio appartamento con uno staff di personale di servizio.
Wallis aveva un'amica di nome Consuelo Thaw, la cui sorella, Thelma, lady Furness, era l'amante di Edward David Windsor, all'epoca Principe del Galles.
Il 10 gennaio 1931, Thelma Furness fece conoscere a Wallis il Principe di Galles, che la trovò simpatica e da quel momento i coniugi Simpson divennero ospiti fissi dei party che il Principe organizzava nelle sue residenze di campagna o che erano organizzati in suo onore.
Proprio in quel periodo, però, Ernest incominciò ad incontrare difficoltà finanziarie, poiché risultava chiaro che il tenore di vita dei Simpson era al di sopra delle loro possibilità.
Nel gennaio del 1934, mentre Thelma Furness era a New York, Wallis divenne sempre più intima amica del Principe e nel giro di poche settimane i due divennero amanti.
Durante una crociera nello yacht privato Rosaura, nell'agosto di quell'anno, Wallis scrisse di essere perdutamente innamorata del principe.
In un successivo party tenutosi a Buckingham Palace, il principe arrivò a presentare Wallis a sua madre, la regina Mary di Teck.
Quando il re Giorgio V lo venne a sapere, ne fu oltraggiato e avvertì l'erede di non frequentare ulteriormente la signora Simpson. L'avvertimento cadde nel vuoto.
La relazione tra Wallis ed Edward divenne ufficiale al ritorno di Thelma Furness, verso la fine del 1934.
A causa della sua origine non aristocratica e del suo burrascoso passato matrimoniale (un divorzio alle spalle e un altro in arrivo) la presenza di Wallis fu fortemente osteggiata dalla casa reale inglese.
Ciononostante, la relazione continuò.
Nel 1936, alla morte del padre Giorgio V, Edoardo salì al trono.
Vita di Wallis Simpson, Duchessa di Windsor, parte prima.
Brillante e anche molto precoce nei desideri.
Wallis Simpson, nata Bessie Wallis Warfield (Baltimora, 19 giugno 1896 – Parigi, 24 aprile 1986), Duchessa di Windsor, è stata la moglie di Edoardo VIII del Regno Unito, Duca di Windsor dopo la sua abdicazione al trono del Regno Unito. Ma come fece una donna americana, non nobile, non particolarmente bella, divorziata due volte, a conquistare il cuore dell'uomo più desiderato del mondo che per poterla sposare rinunciò ad un impero?
Trattamenti di Wallis, duchessa di Windsor | ||
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Duchessa di Windsor | ||
Trattamento di cortesia | Sua Grazia | |
Trattamento colloquiale | Vostra Grazia | |
Trattamento alternativo | Ma'am | |
I trattamenti d'onore |
Wallis era figlia unica di due giovani appartenenti a famiglie della media borghesia di Baltimora.
Il matrimonio dei genitori di Wallis non fu però approvato dalle reciproche famiglie (era già forse quello un segno del destino?), che non offrirono mezzi ai giovani sposi. Come se non bastasse il padre di Wallis morì di tubercolosi pochi mesi dopo la nascita di lei.
Per alcuni anni Wallis e la madre vissero ospiti presso lo zio Solomon Davies Warfield, che però faceva loro sentire il peso della sua carità.
La svolta si ebbe quando la zia di Wallis, Bessie Merryman, rimase vedova nel 1901 e ospitò le due parenti in condizioni di maggiore agio. Il rapporto di Wallis con la zia Bessie fu sempre molto profondo, come se quest'ultima fosse la sua vera madre.
Frequentò le migliori scuole del Maryland e divenne amica dell'ereditiera Renee du Pont che di lei ricorda:
"Era brillante, la più brillante di tutte noi".
A soli vent'anni, nel 1916, sposò Earl Winfield Spencer, Jr., un aviatore della U.S. Navy , a Pensacola, Florida, mentre era in visita a sua cugina Corinne Mustin.
Non pare che questo suo primo matrimonio sia stato felice, considerando anche il fatto che Spencer era un alcolista e un violento.
Durante la prima guerra mondiale, Spencer fu spesso assente e dopo la guerra fu distaccato presso il comando di una nave militare in estremo oriente e Wallis decise di seguirlo, prendendo residenza ad Hong Kong, all'epoca colonia britannica.
Qui pare che abbia avuto la sua prima avventura extraconiugale con un diplomatico argentino.
Un diplomatico italiano disse che lei in quegli anni era riuscita a creare ottimi rapporti tra i delegati delle ambasciate presso la colonia inglese e ce la descrive in questo modo:
<<La sua conversazione era brillante ed ella era in grado di sostenere una conversazione su qualunque argomento le venisse proposto>>
Secondo alcune ricostruzioni in quel periodo Wallis ebbe una gravidanza che non andò a buon fine in seguito alle percosse del marito violento e geloso. Da quel momento la futura duchessa non fu più in grado di concepire figli.
Nel 1925 gli Spencer si spostarono a Pechino dove conobbe l'ambasciatore italiano Galeazzo Ciano e la moglie di lui Edda Mussolini.
Voci non confermate parlano di una amicizia profonda o persino di una relazione tra Wallis e Galeazzo, che l'avrebbe introdotta negli ambienti fascisti. Circa le presunte idee fasciste di Wallis si è scritto moltissimo, ma non ci sono prove.
Nel 1926 gli Spencer tornarono negli Stati Uniti e l'anno successivo divorziarono.
Nel 1927 Wallis si fidanzò con quello che sarebbe divenuto il suo secondo marito, Ernest Simpson, un uomo d'affari americano che risiedeva principalmente a Londra per affari.
Wallis Warfiled Spencer sposò Ernest Simpson il 21 giugno 1928 con rito civile presso l'Ufficio del Registro di Chelsea, a Londra.
Il significato degli Hobbit nella mitologia di J.R.R. Tolkien
"In a hole in the ground there lived an hobbit": con questa frase, scritta distrattamente in un foglio mentre interrogava uno dei suoi studenti, dal professor John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973), docente di letteratura medievale inglese all'università di Oxford, ha inizio non solo il primo romanzo che renderà famoso Tolkien in tutto il mondo, e cioè "Lo Hobbit", ma sarà creata una nuova razza all'interno del mondo fantasy della Terra di mezzo, destinato ad ambientare le avventure contenute negli altri due romanzi considerati come fondativi del genere fantasy stesso.
Il "buco nel terreno" diventa una caverna hobbit, che al suo interno è del tutto simile ad una casa di campagna, un cottage, di età vittoriana.
Da qui l'ambientazione di Hobbiton, una delle loro città, in una campagna idilliaca, come se ne potevano osservare solo prima della rivoluzione industriale.
L'idea del "rintanarsi" in un luogo comodo e sicuro era tipica di un intellettuale sostanzialmente pantofolaio come l'ottimo Tolkien, il quale pur avendo combattuto durante la prima guerra mondiale, non si identificava certo con i personaggi di guerra, quanto piuttosto con gli Hobbit, tanto che li creò apposta per dare a se stesso un ruolo all'interno dell'universo da lui creato.
Ma cos'è un hobbit?
Gli Hobbit sono di aspetto simile agli Uomini, ma molto più minuti: la loro corporatura è infatti simile ai bambini degli Uomini e la statura di uno Hobbit adulto si assesta tra gli 80 e i 120 cm; dotati di grandi piedi pelosi e resistenti, non indossano mai calzature a causa della loro spessa e coriacea pelle.
Il loro aspetto è buffo, come anche il loro modo di vestire.
Tolkien, con una buona dose di autoironia trasferì negli Hobbit alcune sue caratteristiche bizzarre o buffe, come ad esempio il suo amore per i vestiti dai colori accesi, o per i panciotti che male si abbinavano con la giacca o il cappello, oppure l'amore per il fumo della pipa, per la birra e il buon cibo, con la conseguente tendenza alla pinguedine, oltre che per la vita tranquilla e abitudinaria.
Lo Hobbit in cui Tolkien trasferisce la maggior parte delle sue caratteristiche è Bilbo Baggins.
Bilbo, dietro al suo aspetto pantofolaio da borghese rispettabile, vive un profondo conflitto interiore tra quella parte di sé, ereditata dal padre e dalla famiglia Baggins, che ama la comodità, la vita tranquilla, i piccoli piaceri quotidiani (e una buona dose di pigrizia) e quell'altra parte di sé ereditata dalla madre e dalla famiglia di lei, i Tuc, che amano l'avventura, le novità. le scoperte, le grandi narrazioni epiche e fiabesche, popolate di guerrieri, di elfi, di stregoni, di nani e orchi e draghi e creature leggendarie.
Anche Tolkien viveva dentro di sé un conflitto simile.
Amava scherzare sul fatto che da bambino, quando ancora viveva con i genitori nella Colonia del Capo, in Sudafrica, era stato morsicato da una tarantola, che aveva innestato qualcosa di esotico ed eccentrico nel suo solido e rispettabile pedigree anglosassone.
C'è inoltre un altro dato rilevante che collega Tolkien a Bilbo ed è il fatto che anche lo scrittore dovette abbandonare la propria vita tranquilla e sicura quando fu chiamato a combattere nel fronte franco-tedesco durante la prima guerra mondiale.
In quel momento egli si dovette confrontare con un pericolo enorme e quotidiano ed apprese cosa voleva dire rischiare la vita.
Ma al di là delle analogie personali, esiste una considerazione sociologica e storica necessaria per capire come il mito della Contea degli Hobbit deve essere contestualizzato nel contesto dell'Inghilterra tra le due guerre per essere pienamente compreso.
La Contea rurale degli Hobbit rappresenta, come si è detto, la campagna inglese prima che l'industria ne trasformasse irrimediabilmente i connotati.
Tolkien guarda con nostalgia a quel mondo che stava morendo per sempre, a causa delle nuove ondate di industrializzazione, urbanizzazione e modernità.
Il professore di Oxford non ha mai nascosto di essere un nostalgico di quel tipo di Inghilterra e di società.
La società degli hobbit è pre-moderna e questa caratteristica è diventata la cifra distintiva dell'intero genere fantasy.
La Contea è l'Inghilterra premoderna, situata in una zona protetta della Terra di Mezzo che ricorda l'Europa, e il suo senso di minaccia da tutto ciò che proviene dalle sconfinate terre selvagge dell'est o dai mari del sud.
Tolkien scrisse, in una lettera al figlio, che il suo amore andava alla "vecchia Inghilterra", mentre poco egli amava il Regno Unito, perché teneva insieme realtà troppo diverse, ognuna delle quali meritava l'indipendenza nazionale, e per nulla amava l'impero britannico o almeno ciò che ne restava, il Commonwealth.
Ecco quindi come la Contea hobbit diventa anche un riferimento politico: l'Inghilterra prima che diventasse un Regno Unito di più nazioni, e a maggior ragione prima che diventasse un Impero coloniale.
Se applichiamo queste condizioni alla storia, vediamo che bisogna risalire indietro all'epoca precedente i Tudor.
Non deve stupirci quindi il fatto che Tolkien non amasse particolarmente Shakespeare.
L'Inghilterra shakespeariana era già troppo basata sul commercio e sulla tensione espansionistica e modernizzatrice voluta dalla dinastia Tudor.
Non dimentichiamo che Tolkien era cattolico e quindi legato all'epoca dei Plantageneti, quando ancora l'Inghilterra non aveva reciso il suo legame con la chiesa romana.
Insomma tutto ci riporta al Medioevo, l'epoca che Tolkien, come studioso, amava più di ogni altra.
C'è in Tolkien una nostalgia tutta romantica per il medioevo cavalleresco e cortese dei romanzi arturiani.
I valori della cavalleria emergono chiaramente nelle sue opere e persino i pacifici Hobbit come Bilbo e Frodo mostrano di amare questi valori non solo come letture amene, ma anche come avventure a cui prendere parte in maniera centrale.
Gli Hobbit sono come dei gentiluomini inglesi di campagna dell'età vittoriana che nutrono una segreta attrazione per il medioevo e decidono di prendere parte a quel tipo di imprese che leggono nei libri dei loro antenati.
Bilbo è come un inglese ottocentesco catapultato nell'Inghilterra medievale che ancora non ha perso parte della propria eredità barbarica.
E infatti l'altra radice del primitivismo tolkieniano è nel "barbaricum" degli antichi Anglosassoni e Norreni.
Gli Elfi, i Nani, i draghi e gli orchi sono quelle creature fiabesche che ritroviamo nei poemi epici come il Beowulf, che Tolkien studiò e commentò per anni come docente di filologia anglosassone, e che sono presenti nella mitologia germanica e norrena fin dai tempi dell'Edda.
Qui c'è il legame con la tradizione legata al Canto dei Nibelunghi, l'epopea germanica riportata in auge da Wagner, con il tema dell'Anello al centro di tutto.
domenica 24 novembre 2013
Gli Arcani Supremi. Capitolo 52. La mano sinistra delle tenebre.
Mentre osservava la carta dei tarocchi rappresentante il Diavolo, lord Robert Oakwood, duca di Albany, comprese che anche l'architetto Richard Stocker, priore della setta degli Iniziati agli Arcani Supremi, era in errore.
Lui crede che al di là del Varco ci sia l'Inferno, ci siano solo i demoni. Ma si sbaglia. I Grandi Anziani non sono necessariamente malvagi. Certo quelli di cui ha parlato Lovecraft non sono raccomandabili, e nemmeno altri il cui nome compare nel Necronomicon, come Eclion o Gothar.
Ma vi sono anche nomi che portano in sé del bene, come Atar, il signore del fuoco che può illuminare e scaldare così come può bruciare e distruggere. E così è la maggioranza delle cose, un groviglio inestricabile di bene e di male.
Ma poi come potevano essere definiti, in modo assoluto, i concetti di Bene e di Male?
Nell'immaginario collettivo Bene e Male erano spesso accostati rispettivamente alla Luce e alla Tenebra.
Ma una Luce perenne era da considerarsi un bene? La Tenebra era sempre qualcosa di negativo?
Se non ci fosse la notte, il mondo diventerebbe troppo caldo, desertico, invivibile. E senza la tenebra ci sarebbe più difficile il sonno, indispensabile per la nostra salute. Abbiamo bisogno sia di luce che di tenebra, perché nessuna delle due ha il monopolio del Bene o del Male.
Lo avevano capito bene i Cinesi che rappresentavano il Tao come una compenetrazione reciproca tra il bianco e il nero, tra il principio luminoso, lo Yang e il principio tenebroso, lo Yin.
Quel circolo meritava di stare accanto a quelli di Alhazred nel suo testo, perché rispondeva meglio degli altri alla domanda sulla natura di coloro che si trovavano al di là del Varco.
C'erano nomi che evocavano la luminosità, come Belenos o Lug, ma la maggior parte dei nomi non segnalava la dominanza dell'un principio sull'altro, anzi pareva suggerire che anche la luce più pura ha un cuore di tenebra.
E nel contempo, anche la Tenebra ha un cuore di luce, o forse, per esprimersi meglio, citando il titolo di un famoso romanzo, la Luce è la mano sinistra delle tenebre.
Forse sarebbe stato giusto far presenti queste cose a Richard Stoker, ma c'era un dubbio profondo che stava nascendo nel cuore di Robert Oakwood.
Fino ad ora ho dato per scontato che i Burke-Roche fossero i Cattivi e gli Stoker fossero i buoni. Ma se mi fossi sbagliato? Se fosse il contrario? Oppure, più probabilmente, se nessuno dei due era da considerare prevalentemente buono?
Ma si tornava da capo alla domanda sulla natura del Bene e del Male.
Su alcune cose si poteva certamente asserire che fossero un male: la malattia per esempio.
Ma su tutto il resto, costruire un'etica era qualcosa di completamente aleatorio per chi avesse, come nel caso di Robert, pochissima fede nel libero arbitrio, nelle religioni tradizionali e nelle ideologie.
In fin dei conti, a 30 anni, mi ritrovo ad essere un cinico. Un specie di gatto randagio attaccabrighe, spelacchiato e pieno di cicatrici. Questa è stata la mia vita. Molte lotte, in nome di cause che si sono rivelate fallimentari. Il disincanto è arrivato come una doccia fredda ed ha cacciato via anzitempo tutti gli entusiasmi. Io non credo in me stesso... io non credo in niente!
sabato 23 novembre 2013
Gli Arcani Supremi. Capitolo 51. Giochi di ombre.
Robert incontrò Maggie Burke-Roche all'uscita della biblioteca.
Lei notò il suo sguardo sconvolto e non se ne meravigliò.
<<Hai scoperto qualcosa?>>
Lui la fissò severamente:
<<Ho scoperto la tua interpretazione del mistero, ma non la condivido. Si tratta di un gioco di ombre molto più complicato di quello che pensiate tu e le tue amiche della Wicca>>
Lei si aspettava questa reazione:
<<Ah, capisco. E allora il grande genio a quale soluzione è arrivato?>>
Lui si rabbuiò ulteriormente:
<<Per il momento sto seguendo una pista, ma sarebbe prematuro parlarne. Ed ora se non ti dispiace vorrei tornarne a casa mia, perché sono molto stanco>>
Lei annuì.
<<Spero che la notte ti porti consiglio>>
Era una chiara allusione al fatto che Robert faceva ultimamente sogni molto strani, da quali traeva ispirazione per contribuire a risolvere il mistero degli Arcani Supremi e del Varco di Hollow Beach.
Era già sera tarda quando uscì e la villetta degli Oakwood di Albany gli pareva ancor più cadente e tetra del solito, tanto da fargli venire in mente un racconto di Edgar Allan Poe, "Il crollo di casa Usher".
Era come se sulla casa gravasse lo spirito di Vivien Oackwood, duchessa di Albany, la nonna di Robert.
Gli pareva quasi che i grandi occhi di lei lo osservassero nella foschia, come sospesi in una nuvola sopra al tetto.
Si sentì come Jonathan Harker in Transilvania davanti al castello di Dracula.
Eppure un tempo quel rudere era stato uno dei luoghi a lui più cari.
Ma c'era un altro personaggio la cui memoria gravava su quel luogo, ed era quello di H.P. Lovecraft, che aveva divulgato buona parte dei segreti del Necronomicon.
A Robert pareva di vedere il volto cupo di quello scrittore dall'aria malinconica ed inquietante.
La notte si fece più buia.
Si avvicinò al cancello, sperando quasi di trovare una delle carte dei Tarocchi che Richard Stoker era solito lasciargli quando aveva compiuto un passo in avanti nell'iniziazione.
La trovò, ma l'Arcano Maggiore che vi era rappresentato non gli piacque per niente.
Era il Diavolo.
I dandy del primo Novecento
Durante la Belle Epoque (1895-1914) e in particolare nell'Età edoardiana (1901-1910), Parigi e Londra videro l'apogeo del dandismo.
Ce lo raccontano scrittori del calibro di Marcel Proust, che si ispirò al dandy Robert de Montesquiou per uno dei suoi personaggi più importanti, Palamède Guermantes, barone di Charlus.
Nel ritratto di Montesquiou che ho messo come prima immagine, possiamo vedere elementi che sono tornati di moda di recente, come il panciotto a doppio petto e la cravatta ascot di tipo plastròn oltre ad altri elementi che non sono mai passati di moda, come i gemelli ai polsini, i guanti bianchi e il bastone da passeggio, che è quasi un simbolo del dandismo, la pochette, il fiore all'occhiello e l'orologio da taschino con la catenella appesa ad un bottone del panciotto.
Vediamo un esempio di come questo stile è stato recentemente ripreso da personaggi più o meno noti.
L'attore Jude Law (con cravatta annodata col doppio nodo Windsor, il più elegante in assoluto) e l'attore Charles Dance, famoso per il suo ruolo di lord Tywin Lannister ne Il gioco del trono.
Si sta quindi, proprio in questi anni, riproponendo un'eleganza che era propria dell'alta società londinese durante il regno di Edoardo VII, un secolo fa.
Un altro dandy dell'epoca fu lo scrittore e premio Nobel per la Letteratura André Gide.
Da giovane Gide si vestiva ispirandosi al personaggio di Dorian Gray ed in uno dei suoi romanzi, "I sotterranei del Vaticano", è presente un personaggio molto simile a Dorian, e cioè Lafacdio.
Prossimamente tratterò dei dandy del periodo successivo alla Prima Guerra Mondiale.
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