martedì 6 agosto 2019

Vite quasi parallele. Capitolo 11 Chi viene e chi va


Pochi giorni dopo la nascita del primogenito di Romano Monterovere e Giulia Lanni, nell'ottobre 1938, le condizioni di salute della madre di Giulia si aggravarono.
La signora Elisa Lanni soffriva infatti di un'insufficienza cardiaca e dissezione aortica.
All'epoca non si poteva intervenire chirurgicamente, pertanto la situazione poteva precipitare da un momento all'altro.
Giulia sapeva che a sua madre restavano solo pochi giorni di vita: le portò il bambino appena nato, a cui era stato dato il nome di Francesco, in onore dell'ingegner Lanni.
Enrico Monterovere non aveva nascosto il suo disappunto e pretese che il prossimo figlio si sarebbe dovuto chiamare Enrico, o Enrichetta nel caso, per lui malaugurato, che fosse nata una femmina, come poi, per l'appunto, avvenne.
Nonostante l'estrema debolezza, la signora Elisa accarezzò il piccolo nipote.
Poi, con grande fatica, a voce bassa e roca, disse:
<<Una vita incomincia e una vita finisce. Una vita per un'altra vita. E' una ruota che gira. Ora tocca a te, piccolo mio>>
Essendo una donna istruita e interessata ai grandi temi della vita e della morte, volle prendere congedo con parole che rispecchiavano il suo pensiero.
Così, rivolgendosi alla figlia, al marito e al genero, sussurrò:
<<Come disse un antico saggio: è tempo di andarsene, io a morire e voi a vivere. Quale sia la sorte migliore, nessuno lo sa. Pertanto non piangete per coloro per i quali è giunta l'ora. Riservate le lacrime per i vivi, perché ci sono cose ben peggiori della morte>>
Quel discorso l'aveva stancata.
Chiuse gli occhi e si assopì.
Poco dopo entrò in un sonno sempre più profondo, e gli unici suoni che emetteva furono i terribili rantoli che soltanto chi ha accudito un moribondo può riconoscere come segnale della fine.
Giulia rimase a vegliare la madre fino a che non si spense, il mattino dopo.
Non poteva sapere che un giorno anche lei, prematuramente, sarebbe andata incontro alla stessa sorte, per la stessa malattia.
Né poteva sapere che si trattava di una malattia ereditaria, che si trasmetteva con elevata probabilità dai genitori ai figli.
E mai avrebbe immaginato che anche il figlio che teneva in braccio, un giorno, si sarebbe ammalato allo stesso modo, ma a differenza della madre e della nonna, si sarebbe salvato più volte, grazie alle nuove cure e agli interventi chirurgici, riemergendo dalle anestesie felice per essere ancora in vita e poter vedere il futuro.
A differenza di suo padre e nonostante le difficoltà a cui andò incontro, Francesco era un amante della vita, forse perché riusciva a rimuovere facilmente i brutti ricordi.
Giulia si trovava a metà strada tra la concezione radicalmente pessimista della madre e del marito, e quella possibilista e curiosa del figlio.
Ripensò spesso alle ultime parole di sua madre.
Le ponderò con attenzione nella sua mente, serbandole nel suo cuore, ma non le condivise del tutto, perché sperava per suo figlio e i gli altri figli e nipoti che sarebbero arrivati col tempo, potessero vivere in tempi migliori, e avere più opportunità, e forse, chissà, magari anche un destino importante.
In fondo i Monterovere avevano, nonostante suo marito volesse negarlo, una strana vocazione per le avventure e le epopee dinastiche.
Pensò ai discorsi di suo suocero sul castello di Monterovere Boica, vicino al villaggio di Querciagrossa: secondo il vecchio Enrico, la sua famiglia discendeva da un ramo decaduto degli antichi castellani, di origine longobarda e prima ancora celtica.
E a questo discorso si mescolavano le leggende del bisnonno Ferdinando disarcionato all'Orma del Diavolo, l'apparizione degli elfi dei boschi, le peregrinazioni raminghe di Enrico, la sabbia del deserto portata da Romano, dopo la guerra d'Africa, con gli occhi ancora pieni del colore dell'Oceano Indiano e del Golfo di Aden.
Verso dove faceva rotta una simile Odissea?
Qual era la Terra Promessa verso cui si dirigeva la nuova generazione della famiglia Monterovere?
E infine, dove avrebbe fatto naufragio questa nave?
Perché prima o poi, nella vita, si fa sempre naufragio.

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