mercoledì 27 dicembre 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 95. Ilaria


Dopo un inizio abbastanza positivo del suo lavoro in banca, Riccardo ebbe alcuni mesi di tregua. L'anno successivo però si manifestarono i primi dubbi, che divennero certezze quando fu trasferito all'Ufficio Controllo Crediti. Per motivi di privacy non possiamo essere troppo espliciti nel riferire cosa accadeva in quell'ufficio: basti sapere che gran parte degli attuali problemi finanziari delle banche italiane e non solo, erano già evidenti nel 2003. 
Dopo scrupolose analisi dei bilanci delle società indebitate verso la banca per cui lavorava, Riccardo si rese conto che la maggioranza dei crediti era da considerarsi "in sofferenza", ossia sostanzialmente inesigibile, poiché i debitore erano de facto già insolventi.
I dirigenti, in maniera furbesca e illegale, facevano firmare la pratica di messa "in bonis" di questi debitori insolventi proprio ai neoassunti, specie a quelli con contratto a tempo determinato.
Riccardo si rifiutò di firmare la certificazione di esigibilità di crediti concessi ad aziende sull'orlo della bancarotta e questo provocò la reazione stizzita dei capi, con un successivo mobbing e una nota di demerito spedita all'ufficio del personale.
Per farla corta, alla fine il suo contratto di formazione e lavoro non venne rinnovato alla scadenza del termine, nel 2005, e la banca disse esplicitamente che non avrebbe fornito referenze positive. A quel punto, dopo l'ennesimo buco nell'acqua, Riccardo non sapeva più a che santo votarsi.
Fu allora che entrò in scena lo zio Lorenzo Monterovere, Docente Ordinario di Storia delle Religioni all'Università di Bologna. che lo convinse ad iscriversi al Corso di Laurea Triennale in Storia (c'era stata la riforma del 3+2) e gli promise tutto il suo appoggio per una carriera accademica nell'insegnamento delle discipline storiche.
La prospettiva sembrava molto allettante, anche perché, essendo lo zio Lorenzo senza figli e scapolo, oltre che smisuratamente ricco, c'era anche la possibilità di entrare nelle sue grazie anche come erede.
Tutta la famiglia (genitori, nonni, zie, zii, cugini di vario grado) e gli amici più intimi appoggiarono con convinzione e determinazione questa idea, che in effetti era più consona alle attitudini e agli interessi culturali del nostro "eroe".
Fu così che, nell'autunno del 2005, a 30 anni, Riccardo Monterovere si iscrisse all'Università di Bologna e incominciò a frequentare le lezioni per la sua seconda laurea.
Ritornare nell'ambiente universitario dopo tanto tempo lo fece ringiovanire nel corpo e nello spirito.
Inoltre si trattava di un'università molto diversa, e in particolare di una Facoltà, quella di Lettere, Filosofia, Storia e Scienze umanistiche, del tutto opposta rispetto a quella di economia, frequentata negli anni milanesi.
Riccardo, che era un fighetto "milanesizzato" tipo quelli descritti nella pagina Facebook del Milanese Imbruttito, si trovò circondato da un'orda di matricole di tutti i tipi, compresi i rasta, punk e alternativi vari, ma soprattutto da una marea di ragazze, perché è noto che nelle facoltà umanistiche la presenza di studentesse è maggiore.
Erano però ragazze di diciannove anni, cioè undici in meno di lui, e questo gli faceva una certa impressione, come se fosse entrato in un territorio pericoloso.
Tenne segreto fin dall'inizio tutto il suo passato, compresa la sua età: in fondo dimostrava molti meno anni di quelli che aveva e nessuno sospettava che lui fosse alla seconda esperienza universitaria.
E tuttavia l'esperienza di vita che aveva acquisito sia nei cinque anni milanesi, sia nell'anno del servizio civile, sia nei due anni del lavoro in banca, gli avevano dato una maggiore sicurezza di sé e un distacco ironico che gli conferivano un certo fascino, tanto da renderlo popolare sia tra i nuovi amici che tra le ragazze.
Le sue colleghe di studi erano tutte persone molto intelligenti e molto interessanti, e questo rinnovò in lui la speranza che tra di loro, forse, chissà, ci potesse essere la sua tanto sognata Anima Gemella.
In particolare una di loro aveva attratto la sua attenzione.
Si trattava di una ragazza "seria", di quelle che si sedevano sempre nei primi banchi e prendevano appunti con grande precisione, senza distrarsi e mantenendo una compostezza olimpica.
Già questo la rendeva speciale e misteriosa.
Il suo aspetto era in parte diverso da quello delle donne da cui Riccardo era stato attratto negli anni precedenti, ed era decisamente molto lontano da quello delle sue ex fidanzate Vittoria e Barbara.
Era il classico tipo "acqua e sapone", con la pelle fresca, i capelli castani lunghi e lisci in maniera naturale, e l'abbigliamento tradizionale da studentessa modello (maglioncino con camicetta abbottonata, gonna simile a quelle delle divise scolastiche anglosassoni o giapponesi, oppure pantaloni o jeans ampi, leggermente svasati, come andavano in quegli anni e come stanno tornando ad andare adesso, dopo il "decennio skinny").
Con lei c'erano sempre due amiche, che le stavano appiccicate come se fossero due guardie del corpo, e che copiavano tutto quello che lei scriveva sul quaderno.
Quasi tutti gli orari di lezione di Riccardo per i corsi del primo anno coincidevano con quelli della misteriosa ragazza.
Fu così che ebbe inizio una "strategia dell'attenzione" ed una manovra di lento, ma costante avvicinamento.
Quando finalmente, a fine novembre, Riccardo arrivò a sedersi esattamente dietro di lei, riuscì a carpire le prime informazioni dai dialoghi (in realtà non molti) tra la ragazza del mistero e le sue amiche.
Riuscì quindi ad ottenere la prima informazione fondamentale e cioè il nome.
La fanciulla del mistero si chiamava Ilaria Mantovani.
Aveva una voce limpida, quasi senza inflessioni, per quanto si potesse intuire che fosse nata e cresciuta in Emilia.
Osservando il suo viso, con discrezione naturalmente, Riccardo fu come folgorato da un'illuminazione edipica: c'era qualcosa, in quel volto, che le ricordava le foto, da ragazze, di sua nonna e di sua madre. 
Forse era stato quello l'elemento decisivo che aveva catalizzato la sua attenzione su Ilaria, ma faceva fatica ad ammetterlo persino a se stesso.
Ricordò il giorno in cui aveva detto a Diana: "Tu vorresti che io trovassi una come te", e sua nonna aveva riso, rispondendogli che non era una buona idea, considerando quanto travagliato era stato il suo matrimonio. Eppure quella risposta non era stata convincente, perché Diana aveva sposato l'uomo sbagliato perché costretta dal suo nobile e indebitato padre, il Conte Achille Orsini Balducci di Casemurate.
In ogni caso, anche a prescindere da quelle considerazioni, Riccardo sentiva il desiderio di conoscere meglio Ilaria, magari di fare amicizia con lei e capire la sua personalità.
Non voleva essere però in nessun modo troppo affrettato o invadente.
Occorrevano prudenza, discrezione e tatto.
Tenete conto che nel 2005 non esistevano ancora i social network così come li abbiamo conosciuti dopo la rivoluzione digitale del 2007 e l'inizio dell'era degli smartphone e di tutto il sistema di contatti ruotanti intorno a quella realtà di impatto così immediato.
Questo permetteva ancora un approccio personale "vecchio stampo", che oggi ci sembra lontano come l'Ancien Regime o il Medioevo, tanto che forse, un triste giorno, incominceranno a datare i calendari dall'anno in cui Steve Jobs vendette il primo I-Phone.
Col senno di poi, Riccardo avrebbe detto che sarebbe stato più prudente non imbarcarsi nel viaggio verso quel continente inesplorato che era Ilaria, considerando che tutta la loro tormentata e profonda neverending story (infinita solo per quel che riguarda le cicatrici lasciate nel cuore di entrambi) avrebbe avuto l'effetto di una tempesta da far felice Emily Bronte.
Ma questo discorso vale per tutti i viaggi, sia in amore che in mare: si è più sicuri rimanendo ormeggiati nel porto, ma non è per questo che sono costruite le navi.

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