venerdì 23 dicembre 2016

Globalismo contro Nazionalismo: la sfida politica del nostro tempo

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La Globalizzazione è sostenuta da un'ideologia che si è definita in questi ultimi anni, il Globalismo, che unisce una politica economica neoliberista e una politica etico-sociale di tipo libertario, cosmopolita e progressista riguardo ai diritti civili, simile a quella del partito radicale transnazionale.
Non è ancora chiaro se questa fusione della Destra del Denaro (per usare un termine coniato da Diego Fusaro) con la Sinistra del Costume sia il frutto di una coerenza ideologica liberale, liberista e libertaria  (come nel caso di Milton Friedman), oppure un'applicazione del metodo del bastone e della carota, dove il bastone sono i tagli allo stato sociale e la soppressione dei diritti sociali e la carota sono i diritti civili di pochi che vengono concessi in cambio, al posto dei diritti sociali perduti da tutti.
La classe dominante neoliberista, l'elite monetarista e finanziaria e l'Oligarchia comprendente tutti gli alleati di questa elite è riuscita ad ottenere una propria legittimazione agli occhi del popolo di sinistra, per il tramite degli intellettuali, dei mass media e dell'industria culturale, facendo proprie alcune battaglie tipiche della Nuova Sinistra post sessantottina e cioè il femminismo, i diritti della comunità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali), la legalizzazione delle droghe leggere e soprattutto l'accoglienza indiscriminata dei cosiddetti migranti (termine vago che comprende sia gli immigrati regolari, i profughi e i richiedenti asilo, sia gli immigrati clandestini).
Ma esiste una terza interpretazione del perché il Globalismo ha scelto di unire il neoliberismo con l'estremizzazione di alcuni diritti civili e di alcune politiche come il cosmopolitismo e l'accoglienza dei migranti.
Questa terza teoria asserisce, in maniera fondata, che il libertarismo progressista dei diritti civili è utile allo stesso mercato neoliberista, creando nuovi tipi di consumatori e nuovi tipi di lavoratori, sempre più atomizzati e sempre più mobili, sottopagati, sfruttati e alienati dal contesto sociale, e quindi più facilmente controllabili.
<<Il "Nuovo Ordine Mondiale" non tollera Stati nazionali e famiglie, lingue nazionali e culture. Vuole vedere ovunque il medesimo, omologante piano liscio del mercato globale con gli uomini ridotti a consumatori anglofoni>> (Diego Fusaro).
Secondo quest'ottica, il Globalismo, cioè l'ideologia del villaggio globale liberale e liberista, senza frontiere e con un unico governo mondiale, fine ultimo della globalizzazione, si contrappone ad un nuovo Nazionalismo, che vuole difendere l'identità dei popoli e la sovranità degli stati, soprattutto in materia fiscale, monetaria e militare, e che vuole porre un freno alla totale liberalizzazione del mercato dei capitali, delle merci e della forza lavoro, e quindi un argine alle migrazioni, ridando un significato positivo ai concetti di confine e di frontiera.
Questo è il nuovo "cleavage", la nuova scissione, se si vuole usare la terminologia politologica di Rokkan e Lipset, che individua nelle fratture sociali la nascita dei partiti, degli schieramenti e delle coalizioni politiche contrapposte nel sistema democratico.

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Il politologo norvegese Stein Rokkan in collaborazione con Seymour Martin Lipset individua quattro fratture sociali (“cleavages” in inglese) della società moderna che secondo lui sono state la causa della nascita dei partiti come li conosciamo noi oggi. I cleavages sono delle fratture che mettono in conflitto gruppi sociali. Possiamo catalogarli secondo il tipo di conflitto che esiste tra loro in base all’asse (territoriale o funzionale) e in base alla rivoluzione (nazionale e industriale) in cui sono implicati.
Ecco i quattro cleavages:
Centro/Periferia (Asse territoriale e rivoluzione nazionale): questa frattura presenta un conflitto a livello territoriale in cui la periferia si oppone al tentativo del centro di omogeneizzare l’aspetto culturale, e rivendicano quindi la loro identità. Abbiamo dunque le condizioni necessarie per assistere alla nascita di partiti etno-regionalisti perché i gruppi periferici sono geograficamente concentrati e tendono a mantenere relazioni economiche e culturali con agenti esterni che piuttosto con il centro. Inoltre la loro dipendenza economica dal centro è minima.
Stato/Chiesa(Asse funzionale e rivoluzione nazionale): per quanto riguarda questa frattura, il conflitto è di natura funzionale perché vede un conflitto ideologico tra le elite del centro. La rivendicazione di partiti confessionali a difesa della religione provoca inevitabilmente la nascita di partiti liberali che operano in difesa degli interessi dello stato.
Città/Campagna(Asse territoriale e rivoluzione industriale): siamo di fronte ad una frattura strettamente legata alla rivoluzione industriale che ha provocato una netta crescita urbana che di conseguenza ha provocato un degrado di interesse verso i territori rurali. Da qui abbiamo la nascita di partiti agrari come è accaduto nei paesi scandinavi.
Capitale/Lavoro(Asse funzionale e rivoluzione industriale): questa frattura è una frattura senza patria. In altri termini possiamo dire che è stata presente nell’epoca post-industriale di tutti i paesi che hanno conosciuto la rivoluzione industriale. La sua politicizzazione nasce sostanzialmente con le grandi mobilitazioni di masse operaie e da vita a diversi tipi di partiti operai.

Possiamo ora stilare una lista dei tipi di partiti che si produssero in Europa secondo lo studio di Rokkan e Lipset:

Rivoluzione nazionale:
Stato/Chiesa:
Partiti confessionali
Centro/Periferia:
Partiti regionalisti

Rivoluzione funzionale:
Datori di lavoro/Lavoratori:
Partiti socialisti
Città/Campagna:
Partiti agrari

All’ombra di questo congelamento dei partiti, nuove fratture hanno visto la luce dando vita a nuovi partiti più piccoli.

Durante le crisi democratiche degli anni venti e del dopoguerra sono emersi dei partiti neofascisti che dichiaravano lealtà al vecchio regime.

Tra fine anni ’70  e  inizio anni ’80 sbocciano i così detti partiti verdi in Italia, Olanda, Francia, Germania, Belgio che operano a difesa della natura e dell’ambiente nell’ormai età post-industriale.

Dalla fine degli anni ’70 si assiste invece al ritorno dell’estrema destra  e dell'estrema sinistra.

Dopo la caduta dell'Unione Sovietica nel 1991 c'è stato un periodo di 25 anni in cui l'alternanza politica è avvenuta tra partiti di centro-destra e partiti di centro-sinistra interni al paradigma globale neoliberista.

Il 2016, con la Brexit e la vittoria di Trump ha segnato la fine di quest'epoca globalista, individuando, in ogni contesto elettorale, altri due cleavages di rilevanza fondamentale.

Quello tra Oligarchia e Populismo, basato sul contrasto tra le elites e le masse e quello, solo in parte sovrapponibile, tra:
Globalismo e Nazionalismo basato sul contrasto tra la globalizzazione e la difesa delle identità tradizionali.

Una domanda può essere legittima, ossia se esista un qualche nesso tra il Globalismo del Nuovo Ordine Mondiale e i progetti di monarchia universale del passato: quello di Napoleone, quello di Carlo V, quello dei sovrani del Sacro Romano Impero.

Nel caso dell'impero napoleonico possono esistere dei nessi, nel senso che Napoleone portava avanti un progetto basato sulla borghesia, per quanto inquadrata in un modello burocratico e militare centralista di tipo statale, laddove il Globalismo attuale fonda il suo potere sulla burocrazia interna alle banche, alle grandi imprese e alle organizzazioni internazionali.

Riguardo invece all'universalismo imperiale romano o a quello medievale e cristiano, l'attuale NWO (New World's Order, Nuovo Ordine Mondiale) dell'Oligarchia Globalista rappresenta la negazione di stampo massonico.

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