venerdì 2 giugno 2017

Lo strutturalismo lacaniano

Immagine correlata


“La psicosi è la struttura”. Antecedenza dello schema I allo schema R nella clinica lacaniana delle psicosi.




  • Sommario
    Il presente contributo si sofferma sulle peculiarità delle strutture nevrotica e psicotica nella formazione del soggetto, per mettere in evidenza come la costruzione ex novo della realtà sia una pratica che accomuna entrambe le tipologie di soggetto. In particolar modo si vuole azzardare l’ipotesi che l’operatore delineato da Lacan come Nome-del-Padre sia un escamotage che entra in funzione, per rendere accessibile al soggetto il campo dell’Altro e quindi del linguaggio, sempre partendo da un terreno psicotico, e che quindi la struttura psicotica sia la primigenia faccia del mondo per ogni soggetto, sia che esso venga poi “addomesticato” dal Nome-del-Padre sia che resti nella struttura psicotica per tutta la vita. 
    Occuparsi delle psicosi non è stata la priorità della psicoanalisi, nemmeno del suo fondatore, Sigmund Freud, che a essa ha dedicato pochissimi testi: oltre al celeberrimo caso clinico del Presidente Schreber, gli unici due testi dove figura il tema delle psicosi sono Nevrosi e psicosi del 1923 e La perdita della realtà nella nevrosi e nella psicosi del 1924. Inoltre Freud non aveva studiato di persona alcun caso clinico di psicosi, infatti le Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia (Dementia paranoides) descritto autobiograficamente (caso clinico del Presidente Schreber) datate 1910 si basano non su un caso clinico realmente osservato bensì sul memoriale del suddetto Presidente pubblicate pochi anni addietro.
    A differenza di Freud, Jacques Lacan ha invece una frequentazione diretta dei soggetti psicotici, a cominciare dai suoi studi universitari (medicina con specialità in psichiatria) culminati con la tesi di dottorato su caso Aimée (Della psicosi paranoiaca nei suoi rapporti con la personalità, 1932), per proseguire poi con un percorso sul tema delle psicosi che accompagnerà tutto il suo lavoro clinico, dagli albori con il Discorso sulla causalità psichica del 1946, al Seminario III Le Psicosi del 1955-56, fino al Seminario XXIII Il Sinthomo di vent’anni dopo.
    Lungo questo decennale percorso la prospettiva di Lacan nei confronti del tema delle psicosi muta pur senza reali contraddizioni, bensì verso una continua evoluzione, fino ad arrivare, negli anni ’70 a esiti estremamente innovativi. In questo scritto ci concentreremo sulla fase di mezzo del percorso sulle psicosi elaborato da Jacques Lacan.
    Esistono due schemi nella clinica lacaniana delle psicosi degli anni 50. Sono gli anni del Seminario III[1] e della Questione preliminare[2]e proprio all’interno di questo testo Lacan introduce i suddetti due schemi, lo schema R e lo schema I.
    Si tratta di due schemi atti a mostrare la struttura del soggetto supportato da quelle colonne portanti che lo fanno sussistere come tale, nonché la medesima struttura in un soggetto privo di alcuni di questi supporti, ovvero in un soggetto con psicosi scatenata.
    Innanzitutto la presenza degli schemi mostra come per Lacan sin dall’inizio della sua pratica clinica la psicosi possedesse una struttura così come la nevrosi, e che la mantenesse anche al momento del suo scatenamento. Ricordiamo come lo scatenamento non sia essenziale per definire un soggetto in posizione psicotica ma che la stessa lo contraddistingua sin dagli albori del suo soggettivarsi. Ovvero, un soggetto si struttura nella posizione psicotica nel medesimo periodo topico nel quale in un soggetto nevrotico avviene l’accesso nell’ordine simbolico, nel campo dell’Altro, della Legge, laddove avviene l’arresto della catena metonimica. Il soggetto psicotico ha una strutturazione differente nella quale oltre alla forclusion (pignoramento) del Nome-del-Padre (e vedremo più avanti cosa significa) avviene la regressione topica allo stadio dello specchio, ovvero a quella fase dove nel soggetto avviene la prima identificazione immaginaria.
    Essere iscritti all’ordine psicotico non necessita che una vera e propria psicosi di scateni, in quel caso infatti occorre l’intervento di una figura particolare che Lacan chiama Un-Padre: l’Un-Padre sarebbe un terzo che venga a turbare una relazione consolidata tra il soggetto iscritto all’ordine psicotico e una sua identificazione immaginaria. In questo modo abbiamo delineato in cosa si differenzia la struttura psicotica da quella nevrotica, precisamente per la clinica degli anni ’50.
    All’interno del dibattito su quale possa essere la posizione di un soggetto definito “normale”, dibattito che lo stesso Lacan non ha certo evitato di alimentare, troviamo un versante potremmo dire “classico” che vede la nevrosi collimare con la normalità (poiché non esiste soggetto che, proprio a causa dell’iscrizione al mondo dell’Altro, non ne porta come conseguenza sintomi più o meno palesi e tutto l’apparato dell’inconscio); e un versante più audace che invece pone la psicosi nella medesima posizione di “normalità”, ma più che un vero e proprio versante si tratta di una possibilità alla quale Lacan solo accenna e riportata da Jacques-Alain Miller (vedasi passaggi seguenti).
    Premesso che occorrerebbe un accordo su cosa si intenda per normalità e premesso che Lacan fa sue entrambe le dichiarazioni, possiamo a nostra volta acconsentire sull’autenticità sia dell’una che dell’altra; cercheremo in queste pagine di mostrare come possa sussistere questa apparente contraddizione.
    Come già detto, il soggetto nevrotico è un soggetto iscritto (e quindi addomesticato) nel (dal) campo dell’Altro, inteso come legge, linguaggio, significato; l’operatore logico che svolge la suddetta pratica d’iscrizione è chiamato da Lacan Nome-del-Padre: esso è uno (salvo poi diventare plurale nella clinica degli anni 70), indipendente dal padre reale, assimilabile alla funzione metaforica di arresto della catena metonimica della significazione e designabile come point de capiton dell’ordine simbolico.
    L’ordigno Nome-del-Padre forgerebbe ogni soggetto come soggetto normale cioè nevrotico, e qui diventa abbastanza chiaro come nevrosi e normalità vadano di pari passo.
    Ma cosa accade/accadrebbe se questo ordigno non tanto si inceppasse, quanto piuttosto avesse un difetto di fabbricazione tale da non funzionare già dall’inizio, ovvero da quell’unico momento topico (o mitico) nel quale la sua funzione diventa essenziale?
    “Cerchiamo ora di concepire una circostanza della posizione soggettiva, in cui all’appello del Nome-del-Padre risponda, non l’assenza del padre reale, dato che questa assenza è più che compatibile con la presenza del significante, ma la carenza del significante stesso”.[3]
    Così Lacan introduce la posizione del soggetto psicotico, un soggetto per il quale il Nome-del-Padre non ha funzionato. Se l’assenza del padre reale può essere supplita dal significante che ne fa le veci, ovvero da quel Nome-del-Padre che permette l’accesso all’ordine simbolico, per il soggetto psicotico questa funzione è stata preclusa, e non è casuale che Lacan traduca il termine freudiano Verwerfung con forclusion.
    Forclusion è un termine di derivazione legale e sta ad indicare il divieto di accesso ad una proprietà (si rammenti il lender foreclosure statunitense: il creditore di fronte a un debitore che non paga ottiene di vendere il bene oggetto del credito per recuperare i crediti), allo stesso modo al soggetto psicotico è impedito l’accesso all’ordine simbolico cosicché anche il suo rimosso dovrà tornare in modo furtivo: non metaforicamente nel linguaggio (porta d’ingresso) ma direttamente irrompendo nel reale (come un ladro, magari dalla finestra).
    Nelle parole di Lacan: “Considereremo dunque la Verwerfung come preclusione, forclusion, del significante. Nel posto in cui, e vedremo come, è chiamato il Nome-del-Padre, può dunque rispondere nell’Altro un puro e semplice buco, che per carenza d’effetto metaforico provocherà un buco corrispondente al posto della significazione fallica”.[4]
    Come conseguenza logica questo buco può essere riempito da una metafora sostitutiva della metafora paterna, ovvero dalla metafora delirante, se non fosse che, come afferma Jacques-Alain Miller nel 1979: “Si potrebbe arrivare a dire che anche la metafora paterna è una metafora delirante, il che dopo tutto non è così lontano dal punto a cui Lacan è arrivato, quando si è spinto a dire che la metafora paterna effettua il taglio del campo che ci è dato come realtà”.[5]
    Siamo dunque arrivati ad una prima proposizione utile per il nostro discorso: se la metafora paterna è delirante significa che la metafora delirante dello psicotico non ne è così diversa, almeno per formazione, ovvero entrambe nascono dall’esigenza di colmare un buco. Infatti, se è scontato che per lo psicotico: “Proprio intorno a questo buco, dove al soggetto manca il supporto della catena significante, e che non ha bisogno, come si constata, di essere ineffabile per essere panico, s’è giocata tutta la lotta in cui il soggetto si è ricostruito”[6], non si può negare che anche per il soggetto normale-nevrotico si sia trattato sin dall’inizio di costruire qualcosa sul bordo di una mancanza, altrimenti non sarebbe, quale è, un soggetto al desiderio.
    schema R
    Risultati immagini per schema r di lacan
    Lo schema R delinea ciò: come un soggetto normale-nevrotico stia in piedi, a quale prezzo, con quali escamotage. Un soggetto normale-nevrotico infatti sta in piedi con un artificio, dal momento che “è in quanto rappresentante della rappresentazione nel fantasma[7], cioè come soggetto originariamente rimosso, che l’S barrato del desiderio fa da supporto al campo della realtà, e quest’ultimo non si sostiene che per l’estrazione da esso dell’oggetto a, che pertanto gli fornisce il suo quadro”.[8]
    Questa precisazione all’essenza strutturale dello schema R Lacan la scrive in una nota del 1966, anno della raccolta e pubblicazione degli Scritti, quindi in un tempo successivo nel quale vi erano già state l’introduzione del concetto di fantasma e di oggetto a.
    Abbiamo quindi un soggetto circondato da una serie di costruzioni, di maneggiamenti atti a far sussistere una realtà vivibile, comprensibile, sostenibile; un soggetto spinto da domande ignote che lo riguardano e che egli continuamente lascia cadere.
    In tutto ciò, quel poligono quadrangolare che, nello schema R, riquadra il campo del Reale (ovvero quello con i vertici iMIm) se venisse ritagliato e posto su di un piano proiettivo, ovvero un piano con un’estensione provvista di una retta impropria[9] che lo circoscrive, produrrebbe una striscia di Moebius atta a dar rappresentazione del fantasma, sul quale, come si sa, poggia tutta la struttura del soggetto. Infatti nella nota del 1966 Lacan precisa che l’equazione del fantasma  ( & a)[10] si trova collocata all’interno dello schema R nel seguente modo: “soltanto il taglio rivela la struttura dell’intera superficie, in quanto può staccare in essa i due elementi eterogenei, segnati nel nostro algoritmo  ( & a) del fantasma, che sono: l’, S barrato della striscia che ci si deve aspettare dove viene effettivamente a disporsi, cioè a ricoprire il campo R della realtà, e l’a che corrisponde ai campi I e S”.[11]
    È visibile quindi come la struttura del soggetto nevrotico stia in piedi grazie ad una costruzione fantasmatica; diversa la questione per lo schema I laddove, mancando i pilastri Φ – il fallo e P – il Nome-del-Padre, per il soggetto psicotico la realtà ha una consistenza che “è legata a ciò che gliela rende abitabile, ma che anche la distorce, e cioè a rimaneggiamenti eccentrici dell’immaginario I e del simbolico S che la riducono al campo del loro scarto”.[12]

    Risultati immagini per lacan diagram

    schema I

    Lo schema I infatti delinea a sua volta la medesima situazione: come un soggetto psicotico stia in piedi, a quale prezzo, con quali escamotage. Quindi vediamo che se gli escamotage non sono pochi (ma perché il riferimento è all’umanità fallogocentrica[13]), è non di meno innegabile che anche il soggetto psicotico stia in piedi. Se dunque scrive Lacan: “Questo schema dimostra che lo stato terminale della psicosi non rappresenta il caos irrigidito in cui si risolve la ricaduta di un sisma, ma piuttosto quella messa in luce di linee di efficienza che fa parlare quando si tratta di un problema a soluzione elegante”[14], possiamo trovarci d’accordo pienamente con le sue parole solo laddove si possa omettere il vocabolo “terminale” oppure introdurlo anche nella dicitura dello schema R in relazione al soggetto nevrotico; ovvero la realtà viene ricostruita, rimaneggiata, sempre, sia che si tratti di soggetto nevrotico, sia di soggetto psicotico.
    E se Freud, nel suo La perdita della realtà nelle nevrosi e nelle psicosi, afferma che “Nella nevrosi una parte della realtà viene evitata con la fuga, nella psicosi essa viene ricostruita ex novo. (…) La nevrosi non rinnega la realtà e semplicemente di essa non ne vuole sapere nulla; la psicosi invece rinnega la realtà e cerca di rimpiazzarla”[15]; noi invece riteniamo che non esista una realtà a sé stante che il soggetto possa cogliere nella sua immediatezza, al contrario che in lui si compia sempre un’operazione mediatrice che renda la stessa vivibile; come scrive Carlo Viganò “la realtà è (…) il frutto di un’organizzazione simbolica dell’immaginario e l’operatore che estrae la realtà dal caos è il Nome-del-Padre”.[16]
    Del resto lo stesso Lacan aveva colto questa accezione leggendo il testo di Freud, infatti scrive: “Nel 1924 Freud scrive un incisivo articolo, La perdita della realtà nelle nevrosi e nelle psicosi, in cui porta l’attenzione sul fatto che il problema non è quello della perdita della realtà, ma di ciò che dà impulso a ciò che le si sostituisce”.[17] Quindi che la realtà vada perduta è un dato di fatto che, in sostanza, non fa problema, è piuttosto la forza e la carica delle spinte che creano la nuova parvenza reale a distinguere un soggetto nevrotico da uno psicotico, ed è quello che gli schemi R e I mettono in evidenza.
    Riteniamo ovviamente che, tra tutte quelle possibili, l’operazione Nome-del-Padre non solo sia la più diffusa, ma anche la più riuscita; ciò non toglie che altre operazioni accompagnano l’umano e che forse, non essendoci mai stata un’età d’oro dell’infante beato nel suo rapporto con la realtà, lo schema I non stia solo a mostrare una modalità per la quale “la realtà si è ristabilita”[18], ma la primigenia modalità dell’umano di rapportarsi al mondo prima che l’operatore Nome-del-Padre si metta in funzione rendendolo meno angusto e ostile. Solo così avrebbe senso la proposizione sostenuta da Lacan nelle sue presentazioni dei malati (e riportata da Jacques-Alain Miller) che “la psicosi è la normalità”[19]; la psicosi è la normalità nel senso che “è la struttura. Niente di più certo, a partire dalla formula della comunicazione intersoggettiva, che fa ricevere all’emittente il suo proprio messaggio dal ricevente”.[20] La psicosi è la struttura ovvero è la base dell’interazione uomo-mondo, proprio a causa del fatto che il soggetto nasce già in un mondo abitato dal linguaggio, il quale, tarandolo, imponendogli di desiderare il soddisfacimento dei suoi bisogni e quindi rendendoglieli agognati, lo obbliga a una costruzione fantasmatica che non lo abbandoni già dall’inizio nell’angoscia (per quella c’è tempo).
    Struttura psicotica come primigenia modalità di rapportarsi al mondo non in un’infanzia supposta mitica, bensì primigenia in ogni secondo, ad ogni risveglio, in ogni incontro/scontro con le proprie peculiarità: in ogni singolo rapporto con la realtà c’è sempre la posizione dello schema I come primigenia e solo da lì le cose del mondo, ogni volta s’accamperanno di gitto – per l’inganno consueto[21].


    Bibliografia

    Freud, S.  (1989) OSF (VI, IX, X) Opere complete (Torino: Bollati Boringhieri).
    Lacan, J.:
    -         (1974) Scritti, 2 voll, ed. It. a cura di G. Contri (Torino: Einaudi).
    -            (2006) Il Seminario, Libro XXIII, Il Sinthomo, 1975-1976, ed. It. a cura di A. Di Ciaccia (Roma: Astrolabio).
    -           (2010) Il Seminario, Libro III, Le psicosi, 1955-1956, nuova ed.it. a cura di A. Di Ciaccia (Torino: Einaudi).
    Miller, J.-A. (2001) Supplemento topologico a “Una questione preliminare”, in I paradigmi del godimento, ed. It. a cura di A. Di Ciaccia (Roma: Astrolabio).
    Viganò, C. (2009) Psichiatria non psichiatria. La follia nella società che cambia (Roma: Borla).




    [1] J. Lacan, Il Seminario, Libro III, Le psicosi, 1955-1956, ed. It. a cura di A. Di Ciaccia, Einaudi, Torino 1985.
    [2] J. Lacan, Una questione preliminare ad ogni possibile trattamento delle psicosi, in Scritti, trad. it. di G. Contri, Einaudi, Torino 1974, pp. 527-579.
    [3] Ibid., p. 553.
    [4] Ibid., p. 554.
    [5] J.-A. Miller, Supplemento topologico a “Una questione preliminare”, in I paradigmi del godimento, ed. It. a cura di A. Di Ciaccia, Astrolabio – Ubaldini, Roma 2001, p. 177.
    [6] J. Lacan, Una questione…, cit., p. 560.
    [7] Il fantasma, nella clinica lacaniana, è un meccanismo singolare messo in scena da ogni singolo soggetto per addomesticare il proprio godimento entro una rappresentazione smorzata dello stesso, che quindi lo trasformi in piacere.
    [8] Ibid., p. 550.
    [9] “Nella geometria ordinaria dei punti e delle rette, due rette parallele non si intersecano. Nella definizione di piano proiettivo viene aggiunto ai punti propri di ciascuna retta un solo punto ‘improprio’, punto di intersezione di tutte le rette parallele alla retta data, detto punto all’infinito. Ne segue che tutte le rette del piano hanno sempre un punto di intersezione. In tal modo alle rette proprie del piano viene aggiunta una retta ‘impropria’, detta retta all’infinito del piano, contenente tutti e soli i punti impropri del piano”. J.-A. Miller, Supplemento topologico… cit., p. 184.
    [10] $, S barrato, nell’algebra lacaniana, è il soggetto diviso, ovvero il soggetto abitato da una parte di sé a lui sconosciuta, l’inconscio.
    [11] J. Lacan, Una questione… cit., p. 550.
    [12] Ibid., p. 569.
    [13] Riferimento al paradigma di Jacques Derrida che vede l’uomo maschio e dotato di linguaggio al centro della mentalità e della cultura occidentali.
    [14] J. Lacan, Una questione… cit., p. 568.
    [15] S. Freud, La perdita della realtà nelle nevrosi e nelle psicosi, trad. it. in Opere vol X, Bollati Boringhieri, Torino 1978, p. 41.
    [16] C. Viganò, Psichiatria non psichiatria. La follia nella società che cambia, Borla, Roma 2009, p. 128.
    [17] J. Lacan, Una questione… cit., p.539.
    [18] Ibid., p. 569.
    [19] J.A. Miller, Supplemento topologico… cit., p. 187.
    [20] Ivi.
    [21] E. Montale, Forse una mattina andando in un’aria di vetro, in Ossi di seppia, 1925.

    Lo Schema I di Lacan o "grafico del desiderio"

    Risultati immagini per lacan diagram

    Immagine correlata

    Fonte: http://www.psychomedia.it/pm/indther/psan/radicati.htm

    Lo schema I è un’evoluzione dello schema R che mostra le trasformazioni della struttura del soggetto psicotico. Tale schema si basa sull’analisi del caso di Schreber, non nel momento dello scatenamento, ma al termine del processo psicotico, dopo il tentativo di ricostruzione attraverso il delirio. Possiamo definirlo come lo schema della soggettività di Schreber al termine della sua ricostruzione delirante.Nelle giornate della sezione clinica di Antibes, come ci ricorda Alexandre Stevens, Jacques-Alain Miller afferma che si potrebbe definire la psicosi di Schreber una psicosi straordinaria oppure straordinariamente tipica.
    Il lato sinistro dello schema I è un asintoto che va dal godimento transessualista al futuro della creatura. Il godimento transessualista di Schreber è attuale, lui si guarda allo specchio vestito da donna, ma il suo delirio è asintotico, cioè un giorno genererà le generazioni future nel suo accoppiamento con Dio. La trasformazione in donna è anticipata dal transessualismo, ma è rimandata ad una data futura.
    Secondo Lacan questo permetterebbe di ripristinare il lato immaginario dell'io e del rapporto con l'altro, e ciò sarebbe confermato dall'amore per la moglie.
    Il lato destro dello schema I è il lato della simbolizzazione della madre M, e lui viene lasciato cadere, mentre dal lato del creato c'è qualcosa che si sostiene con il simbolico; i due poli comportano una diacronia. Cioè dal lato della M c'è solo una simbolizzazione come pura presenza e assenza, quindi un invadere e un lasciar cadere, mentre dal lato della I funziona una idealizzazione e quindi qualcosa che ripristina la funzione simbolica. Quindi mentre il lato sinistro dello schema I è sincronico, cioè i due poli vanno visti insieme, il lato destro è diacronico, cioè prima Schreber veniva invaso e lasciato cadere, e dopo invece riesce a costituire una idealizzazione che ripristina il simbolico.
    Quello che in fondo non si vede bene in questi schemi è che il corpo deve trovarsi tra simbolico e immaginario e la teorizzazione sul fallo serve in fondo a situare il corpo, e il godimento, tra simbolico e immaginario.
    Il godimento transessualista è il lato immaginario, in cui viene messo in gioco il corpo, il futuro della creatura è il lato simbolico del delirio.
    La forclusione del Nome-Del-Padre ha come effetto logico il mancato funzionamento della metafora paterna, ciòè manca anche la significazione fallica.
    Nell’articolo del 1958 “La signification du phallus”,Lacan ci mostra l’importanza simbolica del fallo nell’inconscio e il suo posto nel linguaggio. Il fallo nella dottrina freudiana non è un fantasma (nel senso di un effetto immaginario), non è un oggetto parziale (buono,cattivo,interno), ed è ancor meno l’organo che rappresenta. Il fallo è un significante, è il significante destinato a designare nel loro insieme gli effetti di significato, poiché il significante li condiziona per la sua presenza di significante..
    Poiché è chiamato il Nome-Del-Padre, può rispondere nell’Altro un puro e semplice buco- che Lacan chiama Po – che per mancanza dell’effetto metaforico provocherà un buco al posto della significazione fallica.
    Questo buco è situato nello schema I dalla parte dell’immaginario, ed è rappresentato da Fo. Possiamo a questo punto estrarre due implicazioni: se nel caso della nevrosi l’implicazione Po  è ciò che costituisce la base del soggetto e il suo rapporto con il mondo, l’implicazione Po o scrive quello che precisamente fa difetto nella psicosi.
    Consideriamo Fo un effetto di Po, si tratta di un effetto dell’assenza di un significato nell’immaginario, risposta alla non funzionante metafora simbolica.
    In conclusione, possiamo affermare che la forclusione del Nome-del-Padre significa dire che manca un significante che svolga quella funzione di punto di capitone che regola edipicamente il simbolico, significa escludere il Nome del Padre dalla sua posizione di significante.

    Fonte  http://www.psychomedia.it/pm/indther/psan/radicati.htm

    Interpretazione dello Schema R di Lacan



    Fonte http://www.borghero.it/0a08_schemaR.php

    j fallo immaginario
    S soggetto
    i immagine speculare
    M figura immaginaria della madre
    a oggetto causa di desiderio
    P metafora del nome del padre
    A Altro
    I ideale dell'io
    a' oggetti sostitutivi
    moi io

     Lo schema R è un piano proiettivo la cui rappresentazione in due dimensioni (il piano) è soltanto una "messa in piano" ottenuta con un taglio che apre la striscia, vale a dire un taglio che permette di ritornare al poligono fondamentale di partenza con i suoi due bordi vettorizzati . 
    Questo permette di capire come il Simbolico e l'Immaginario sono legati tra loro per mezzo del Reale, in modo tale che si possa passare dall'uno all'altro e dall'altro all'uno in modo continuo. La dinamica edipica mette particolarmente bene in evidenza questa proprietà mostrando quanto la conquista del Simbolico rinvii pur sempre all'Immaginario. Infatti, appena entrato nel Simbolico, il soggetto si aliena nell'Immaginario dividendosi. Da questo punto di vista, la striscia del reale concepita nella sua rappresentazione möbica, appare come una rappresentazione essenziale alla comprensione dell'organizzazione strutturale del soggetto. 

    Fonte http://www.borghero.it/0a08_schemaR.php


    Come si giunge alla sua costruzione


    1) Lacan circoscrive il campo di quest'esperienza a "Tre registri, che sono proprio i registri essenziali della realtà umana, registri ben distinti e che si chiamano : il simbolico, l'immaginario e il reale"
    Da una parte, l'interazione di queste tre istanze si dimostra strutturalmente isomorfa alla dialettica edipica della quale Lacan, nel solco di Freud, specifica la dinamica a partire dallo stadio dello specchio, dalla funzione fallica, dal complesso di castrazione e dalla metafora del Nome-del-Padre . Dall'altra parte, l'andamento di questi tre registri delinea il modo di strutturazione della soggettività che Lacan non cesserà di approfondire nel prosieguo della sua opera. Così appare subito la disparità intrinseca dalla costituzione del soggetto: vale a dire la separazione irriducibile dall'oggetto del desiderio attraverso la mediazione del fantasma.
    Il principio della strutturazione soggettiva è fornito a partire dalla costruzione dello schema R di cui Lacan espone la logica nel suo articolo del 1957-58: "Una questione preliminare ad ogni possibile trattamento della psicosi" . L'approccio alla psicosi ne risulta sempre più chiaro nella misura in cui Lacan si impegna in questo studio al fine di delineare il processo psicotico simbolizzandolo con la trasformazione dello schema R in schema I, altrimenti detto "schema di Schreber" .
    La densità concettuale dello schema R si coglie profondamente solo a livello della sua infrastruttura interna. Di qui la necessità di sviluppare in modo logico le diverse fasi che concorrono alla sua costruzione. Questa costruzione si può ordinare schematicamente nel modo che segue .
    Alle soglie di questa situazione originaria, abitualmente chiamata relazione di indistinzione fusionale, il bambino è impegnato in una dinamica desiderante alienata al desiderio della madre, dato che è esattamente identificato al suo fallo. Si osserva questa alienazione tipica che rappresenta l'identificazione fallica a livello dell'esperienza della fase dello specchio . 
    Schematizziamo questa relazione con il disegno seguente:



    2)  L'interazione dinamica del desiderio tra la madre ed il bambino non è, tuttavia, coerente se non interviene il concetto di mancanza. Difatti, la madre sentita come mancante può sempre immaginariamente essere colmata con l'oggetto del desiderio che le fa difetto. È per questo che, in modo non meno immaginario, il bambino si identificherà più volentieri all'oggetto che manca all'Altro. Lo spazio di questa relazione non traduce dunque l'esperienza di una pura e semplice dualità, e ancor meno si tratta di "simbiosi", come molto spesso si trova scritto.
     L'indistinzione fusionale si attua perché le preesiste un terzo termine: la mancanza e l'esistenza immaginaria di un oggetto capace di colmarla: il fallo. Ne consegue dunque che è proprio l'oggetto della mancanza in quanto tale, che chiama e nutre la dinamica della relazione fusionale. Di qui la necessità di modificare lo schema originario facendo posto all'intercessione del fallo immaginario j.
    Questa prima configurazione triangolare che fonda la logica del desiderio nell'edipo, non mette in gioco che una serie di componenti immaginarie. All'oggetto fallico immaginario, che è supposto colmare la mancanza dell'Altro, risponde l'identificazione immaginaria del bambino a tale oggetto della madre. 
    Questo primo triangolo madre-bambino-fallo, che rappresenta lo spazio stesso del registro immaginario, costituisce la cellula di base dello schema R. Da questo livello arcaico possiamo già cogliere come l'oggetto del desiderio interferisca nell'organizzazione potenziale del soggetto considerato, in questo stadio, come "assujet" [termine usato da Lacan].


    3) Se il bambino non è tutto per la madre - prova ne è il suo interesse per il padre - è dunque chiaro che non potrà neanche essere l'oggetto che colmerà la sua mancanza. Così la madre si rivela tanto più sprovvista del fallo, nello spazio immaginario della relazione d'indinstinzione fusionale, quanto più il padre si pone come polo d'attrazione che mobilita il suo desiderio. Queste due circostanze significanti bastano, per un certo tempo, a sostenere l'incarnazione del padre immaginario, come fallo rivale del bambino presso l'Altro. Soltanto questa figura del padre può supportare una serie di spostamenti decisivi nella logica desiderante del bambino ormai sospesa alla domanda. «essere o non essere "to be or not to be", il fallo?» [della madre] .
    In primo luogo un nuovo protagonista, il padre, si inserisce nella triangolazione immaginaria madre-bambino-fallo.
    In secondo luogo, il fallo circola a partire dalla rimessa in questione dell'identificazione fallica. [Il bambino arriva a rappresentare con qualcosa ciò che manca all'altro (Edipo)].
    D'altronde, questo vacillamento del posto del fallo induce uno spostamento della madre stessa, nei confronti dello spazio della configurazione immaginaria originale.
    Infine tutte queste traslazioni vengono a distribuirsi in funzione della consistenza che assumono le contingenze della realtà, alle quali ormai il bambino non può più sottrarsi.
    Lo spostamento dal luogo primitivo immaginario della madre, correlato, sotto l'influenza della realtà, all'intrusione del padre, può essere schematizzato nel modo seguente:





    4) La prima fase caratterizzata da questi diversi spostamenti sarebbe tuttavia inoperante nella strutturazione psichica del soggetto, se restasse fissata allo stadio della rivalità fallica immaginaria tra il bambino e il padre presso la madre. La dinamica che permetterà al bambino di superare la rimessa in gioco della sua identificazione fallica, e di conseguenza, di separarsene, presuppone che egli stesso effettui uno spostamento. Ciò è determinato non solo da diverse evenienze della realtà, al di là del campo immaginario originale, ma è anche - addirittura soprattutto - richiesto dall'incidenza di una mediazione significante operata dalla madre [staccarsi dal bambino]. Per altro, è attraverso questa mediazione che la dimensione simbolica fa irruzione nella dialettica edipica.
    Quali sono i moventi di tale mediazione?
    Quello che importa è che la madre, sia nel suo modo d'essere, sia nel discorso che fa al bambino, si dia da fare per fargli sentire il ruolo privilegiato svolto dal padre nei confronti del suo - di lei - desiderio. In questo modo è in gioco una prescrizione simbolica che consiste nel significargli, senza equivoci né ambiguità, che è da lui - dal suo uomo - che lei conta di ottenere l'oggetto che le manca. Il bambino riceve così, dal discorso materno, la sicurezza che egli non ha nulla da attendersi dalla sua identificazione immaginaria al fallo, nella misura in cui la madre sa simbolicamente significarsi dipendente dal padre e non da lui, quanto all'oggetto del suo desiderio.
    Infatti - questo accade quando la significazione simbolica di questa dipendenza materna ha l'aria di una parodia - possono risultare compromesse certe vie di strutturazione psichica ulteriormente aperte al bambino. Lacan vi ritrova esattamente il "punto di ancoraggio" delle perversioni in cui ambiguità simboliche ed equivoci, diventando regole nella realtà, fissano il bambino nel luogo del godimento della rivalità fallica .
    La mediazione indotta da questa prescrizione simbolica è strutturante nella misura in cui l'esistenza intrusiva del padre vi fa, lei stessa, simbolicamente eco. Tanto la madre deve significare al bambino la sua dipendenza desiderante nei confronti del padre, tanto quest'ultimo non deve mancare di confermarne l'incidenza ponendosi come colui "che fa da legge per la madre" .
    Un notevole avanzamento può allora essere fatto nella logica degli spostamenti evocati precedentemente. Un elemento supplementare esige d'essere preso in esame: l'incursione del registro simbolico che interviene, ormai, nelle nuove relazioni istituite dal bambino tra il padre e la madre. Questa dimensione fa precipitare in effetti il bambino verso un altro luogo in cui il suo desiderio sarà messo alla prova in una nuova posta in gioco: la dialettica dell'avere. Questo suppone che il bambino abbia rinunciato ad identificarsi all'oggetto del desiderio della madre, che abbia quindi accettato di riconoscere il padre non solo come colui che ha il fallo, ma anche come colui che può darlo alla madre, che quindi è dipendente da lui sotto questo punto di vista, perché lei non lo ha.



    5) Questo riconoscimento testimonia del fatto che il bambino è costretto a passare sotto le forche caudine della castrazione. Inoltre illustra uno spostamento caratteristico. Cessando di assoggettarsi al desiderio della madre, egli abbandona la sua posizione iniziale di assujet a vantaggio della posizione, che viene delineandosi, di soggetto desiderante. Di conseguenza, questo spostamento modifica il tipo di legame madre-bambino, che quindi non partecipa più esclusivamente allo spazio immaginario della triangolazione d'origine. Al di là della prova di realtà, questo legame si fissa nello spazio simbolico in cui si trovano ormai collocati il padre e la madre.
    Questi diversi spostamenti comportano delle relazioni interattive nella strutturazione soggettiva del bambino. Se la linea di collegamento madre-bambino (fig. 3) traduceva graficamente un tipo di relazione strettamente originaria, lo spostamento rispettivamente della madre e del bambino lascerà due luoghi vacanti, in cui si cristallizzeranno, nell'organizzazione psichica, delle vestigia sempre presenti di questi luoghi immaginari anteriori. Nel luogo primitivo in cui il bambino aveva situato la madre, si costituirà una rappresentazione immaginaria dell'oggetto fondamentale del desiderio (la madre), cioè l'immagine speculare i. Quanto al posto in cui il bambino si era inizialmente collocato, esso darà luogo ad una rappresentazione immaginaria di se stesso: il suo io m, richiamando così alla memoria lo statuto alienato di assujet che egli era. All'altro polo, corrispondente alla nuova posizione del bambino, si delinea, in compenso, qualcosa del soggetto che egli verrà ad essere sotto l'istanza dell'Ideale dell'io I che non può avvenire se non con l'incidenza simbolica del padre. Per questa ragione, l'Ideale dell'io, I, viene ad iscriversi logicamente in opposizione all'io, m, nello spazio simbolico.


    6) L'organizzazione dello schema ne viene modificata in egual misura. Ormai il triangolo immaginario e il triangolo simbolico si dispongono rispettivamente da una parte e dall'altra della striscia di realtà [il parallelogramma R che rappresenta la realtà], che Lacan chiamerà poi con l'appellativo di reale .
    L'ultima tappa della costruzione dello schema R rinvia direttamente al punto d'arrivo della dinamica edipica dialettizzata per intercessione della metafora del Nome del Padre. Tutti gli spostamenti innescati dopo lo spazio immaginario iniziale, sono stati indotti, infatti, dalla portata strutturante della funzione simbolica del padre, inauguralmente introdotta con la mediazione del discorso materno. La sinergia delle diverse figure paterne - padre frustrante, privatore, castrante, donatore - non può assicurare il passaggio strutturante dall'essere all'avere se non nella misura in cui il padre è investito, in ultima analisi, dell'attribuzione fallica. In quanto tale, vale a dire in quanto padre simbolico, egli è così supposto dare alla madre l'oggetto che le manca .
    In altri termini, la traslazione dallo spazio immaginario allo spazio simbolico traduce la circolazione dell'oggetto fallico senza la quale il bambino non saprebbe reperire il posto esatto dell'oggetto del desiderio della madre, che gli permette di passare dallo stato di assujet allo stato di soggetto. Questo riferimento, sotteso dal significante Nome del Padre, giustifica l'introduzione sistematica del simbolo P come luogo d'iscrizione del fallo simbolico F. L'oggetto del desiderio della madre si trova così collocato da parte del bambino, che ha la possibilità di divenire allora come un soggetto - al posto della sua identificazione primordiale immaginaria all'oggetto del desiderio materno j - da qui l'iscrizione del simbolo S al posto del fallo immaginario j.
    Al termine di questa strutturazione soggettiva, sussiste non di meno, la pregnanza dell'immaginario incarnata dai luoghi i ed m, vale a dire "i due termini immaginari della relazione narcisistica, cioè l'io e l'immagine speculare" .
    Così possiamo anche trascrivere sullo schema l'espressione risultante da tutte le rappresentazioni immaginarie dell'altro, che trovano il loro fondamento più importante nella figura primordiale immaginaria della madre M. Il [vettore] iM metaforizza così tutte le diverse figure dell'altro immaginario con l'espressione generale dell'immagine speculare i(a).
    Di qui l'opportunità di scrivere l'altro a al posto di M.
    All'opposto, sul [vettore] mI verranno ad iscriversi tutte le identificazioni immaginarie formatrici dell'io assogettate all'identificazione paterna dell'Ideale dell'io, I . È dunque legittimo situare al posto di I, il simbolo a', correlativo di a nella relazione immaginaria del soggetto con i suoi oggetti.
    D'altra parte, P non simbolizza il Nome-del-Padre se non riguardo ad un'operazione significante inaugurale che è, a dirla giusta, una metafora. Un tale significante non può dunque situarsi se non nel luogo dell'Altro in cui il bambino incontra il significante di un padre per lui. Di conseguenza, il simbolo A trova dunque la sua collocazione al posto di P.
    Nella struttura stessa dello schema R, viene così ad integrarsi quella dello schema L della dialettica intersoggettiva, che richiama all'ordine dell'alienazione del soggetto nell'Io come conseguenza diretta dell'accesso al simbolico attraverso la metafora paterna .
    Ritroviamo allora la configurazione completa dello schema R quale Lacan ce la propone nel suo studio "Una questione preliminare per ogni possibile trattamento della psicosi" .




    La striscia del Reale [che ha per vertici le lettere] "MimI", non solo separa il triangolo immaginario dal triangolo simbolico, ma anche li lega altrettanto bene. Questa particolarità dinamica non può essere compresa altrimenti che accordando alla striscia MimI la struttura del nastro di Möbius . Se Lacan non ha proseguito su questo terreno nel suo seminario Les Psychoses, nondimeno egli evoca questa particolarità in una nota aggiunta nel 1966 al suo testo Una questione preliminare…. Più generalmente Lacan assimilerà, nella stessa epoca, lo schema R alla stesura di un piano proiettivo. La striscia del reale diviene in questo modo come il taglio di Möbius da cui dipende tutta la struttura del cross-cap:

    Forse ci sarebbe dell'interesse a riconoscere che cosa di enigmatico allora, ma perfettamente leggibile per chi ne conosce il seguito, come è il caso in cui si voglia prenderlo come riferimento, quello che lo schema R mostra è un piano proiettivo. Precisamente i punti dei quali non a caso (è per gioco) abbiamo scelto le lettere uguali [maiuscole e minuscole] mM, con cui si corrispondono, e che sono quelli da cui si inquadra il solo taglio valido in questo schema (cioè il taglio [vettore] mi, [vettore] MI), evidenziando che questo taglio isola nel campo un nastro di Möbius .

    Dilungarsi un po' sulla funzione di questa striscia del reale sembra tanto più importante in quanto sono proprio certe modificazioni strutturali di questo trapezio miMI a permettere di rappresentare quello che avviene nelle psicosi così come lo schema I mette in evidenza.
    Per ottenere un nastro di Möbius, basta suturare i due bordi di un poligono fondamentale (un rettangolo) vettorizzati in modo opposto riconducendoli in una stessa direzione, vale a dire effettuando una torsione. Otteniamo così una superficie monolaterale (con una sola faccia e con un solo bordo) che si può percorrere completamnte senza superare mai alcun bordo .
    Sullo schema R, se uniamo i ad I e m ad M, conferiamo alla striscia del reale una struttura möbica. Di conseguenza gli spazi dell'Immaginario e del Simbolico costituiranno una sola "rondella" completamente suturata dalla striscia del reale lungo l'unico bordo che costituisce la superficie del nastro di Möbius. In questo senso lo schema R è un piano proiettivo la cui rappresentazione in due dimensioni (il piano) è soltanto una "messa in piano" ottenuta con un taglio che apre la striscia, vale a dire un taglio che permette di ritornare al poligono fondamentale di partenza con i suoi due bordi vettorizzati .
    Questo permette di capire come il Simbolico e l'Immaginario sono legati tra loro per mezzo del Reale, in modo tale che si possa passare dall'uno all'altro e dall'altro all'uno in modo continuo. La dinamica edipica mette particolarmente bene in evidenza questa proprietà mostrando quanto la conquista del Simbolico rinvii pur sempre all'Immaginario. Infatti, appena entrato nel Simbolico, il soggetto si aliena nell'Immaginario dividendosi. Da questo punto di vista, la striscia del reale concepita nella sua rappresentazione möbica, appare come una rappresentazione essenziale alla comprensione dell'organizzazione strutturale del soggetto.











    Fonte:  http://www.borghero.it/0a08_schemaR.php

    Algebra lacaniana

    Risultati immagini per lacanian algebra



    Risultati immagini per lacan theory
    Risultati immagini per lacan theory

    Semiotica e logica lacaniana

    Risultati immagini per lacanian symbology

    Sotto, la Matrice Logica Lacaniana
    Risultati immagini per lacanian algebra

    Risultati immagini per schema l lacan