Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
sabato 5 marzo 2016
Mostri del genere fantasy e science fiction
Troll di Caverna, Cave Troll
Troll d'assedio. Siege Troll
Troll da catapulta
Troll d'assalto, Battle Troll
venerdì 4 marzo 2016
Evoluzione delle armature romane
Per armi ed armature romane si intende l'insieme delle armi "da offesa" e "da difesa" utilizzate sia dal singolo individuo (miles) sia in modo collettivo da un gruppo di armati nella storia di Roma dalle forze di soldati che servirono nelle legioni dall'epoca monarchica e repubblicana a quella imperiale e tardo imperiale. Roma riuscì a imporre il suo dominio su un vastissimo territorio grazie a un esercito estremamente organizzato, discliplinato, ben addestrato ed equipaggiato. Le armi romane furono, quindi, di fondamentale importanza per ottenere i rilevanti successi contro tutti i nemici che essa incontrò durante la sua storia più che millenaria. La supremazia tecnologica di Roma fu uno dei vantaggi decisivi della superiorità romana.
L'arma da offesa meglio conosciuta fu sicuramente il gladio, che per alcuni secoli, unito alla sapienza tattica romana, rese temibile il legionario nel mondo conosciuto. Tra le armi d'assedio collettive, vale la pena invece ricordare, tra le principali, lo scorpione, l'ariete, la catapulta e la torre mobile; in quest'ultima vi erano diverse balliste, armi create per scagliare frecce ad alta velocità.
I legionari erano armati, oltre che col gladio, di lance e giavellotti (lancae, hastae, veruta, spicula, pila), mutate nel corso dei secoli. Gli scudi e learmature, antiquate in età repubblicana, furono modernizzati in età imperiale: dalle cotte di maglia si passò poi a armature composte da piastre di ferro sovrapposte. La loro resistenza era uguale quella delle cotte di maglia ma erano più leggere rispetto ad esse del 30%. Lo scudo ovaliforme, rinforzato nella parte centrale da una nervatura metallica o con al centro l'umbone, diventò rettangolare, reso resistente con bordi in ferro contro i colpi delle lame del nemico.
Nelle epoche successive, durante l'anarchia militare e poi il periodo del dominato, perso il binomio gladium-pilum, i soldati dell'esercito romano ripiegarono sull'uso di lance e armi da tiro, forse in conseguenza di mutamenti strategici profondi che non richiedevano più approcci offensivi alla guerra come era stato ai tempi delle grandi conquiste. L'armamento tipico del miles divenne la lancia e lo scudo, mentre la spatha, dopo la carica con l'hasta, era utilizzata per la fase finale del combattimento.
Evoluzione delle armature dei cavalieri dal 1100 al 1600
La base dell'armatura è generalmente costituita da una maglia di metallo "Usbergo", alla quale, furono gradualmente aggiunte piccole piastre o dischi addizionali per difendere aree vulnerabili. Nel XIV secolo le ginocchia furono coperte con acciaio e due dischi circolari furono applicati alle giunture delle braccia per fornire protezione in assetto da guerra. La piccola protezione del cranio si evolse in un grosso elmo: la parte posteriore fu infatti allungata per coprire il retro del collo e i lati della testa. Ulteriori piastre di acciaio furono poi sviluppate per proteggere stinchi, piedi, gola e il torace, e presto (a metà del XIV secolo) molte parti della maglia furono coperte da queste piastre protettive. La fase successiva vide le piastre coprire tutte le parti della maglia. Nella seconda metà del XIV secolo furono inoltre introdotti svariati tipi di elmo.
Nel XV secolo, quasi ogni parte del corpo era ricoperta da piastre d'acciaio specifiche, tipicamente portate sopra vestiti di lino o lana e attaccati tramite cinghie e fibbie. Nelle zone in cui applicare un'armatura rigida era impossibile (ad esempio il retro del ginocchio) si utilizzavano maglie (maille) di acciaio costituite da anelli fissati tra loro. Altri famosi componenti dell'armatura a piastre sono l'elmo, i mitteni (guanti), la gorgiera, la piastra frontale, i cosciali e gli schinieri.
Normalmente l'armatura completa era confezionata su misura. Spesso l'armatura recava, all'interno, mostrine militari, visibili al solo cavaliere. Chiaramente richiedeva molte ore di lavoro e grosse spese: costava, in proporzione, circa quanto una casa o una macchina di lusso del giorno d'oggi. Solo i nobili e i proprietari terrieri potevano quindi permettersela, mentre i soldati di basso rango utilizzavano corazze più economiche (quando erano in grado di comprarle, per lo meno). Di solito esse comprendevano un elmo e una piastra frontale. L'armatura completa rendeva il soldato quasi inattaccabile dai colpi di spada, fornendo inoltre una discreta protezione contro frecce, mazze e colpi dei primi moschetti. Anche se le lame delle spade non erano in grado di penetrare la piastra (di solito spessa circa 2 mm), i colpi potevano causare seri danni da concussione. La tattica che si utilizzò per contrastare i cavalieri sempre più corazzati consistette infatti nell'utilizzo di armi da impatto, come mazze e martelli da guerra. Esse erano in grado di infliggere fratture, emorragie, e traumi cranici. Un'altra tattica consisteva nel mirare agli interstizi tra le piastre, usando daghe per attaccare gli occhi o le giunture del cavaliere.
Al contrario di quanto spesso si crede, un'armatura da battaglia medievale (più pratica delle versioni iniziali "da cerimonia" e "da giostra" popolari presso la nobiltà a fine Medioevo) non ingombrava il cavaliere più delle protezioni che si utilizzano oggi. Un cavaliere corazzato (addestrato fin da bambino a portarla) poteva facilmente correre, strisciare, salire scale, montare e smontare da cavallo senza ricorrere ad argani (una leggenda probabilmente derivante da una vecchia commedia inglese risalente circa al 1830, resa popolare da Mark Twain in Un americano alla corte di re Artù). Si stima che una corazza completa a piastre medievale pesasse mediamente poco più di 27 kg, considerevolmente più leggera dell'equipaggiamento portato dalle truppe d'élite degli eserciti contemporanei (ad esempio i militari del SAS britannico sono addestrati a portare più di 90 kg per molti chilometri). In media negli eserciti contemporanei i soldati portano 30 kg di bagaglio in combattimento.
Anche per i cavalli furono sviluppate delle bardature a piastre d'acciaio allo scopo di ripararli dalle lance e dalle armi della fanteria. Oltre a fornire protezione, ciò rendeva più impressionante e intimidatorio il cavaliere. Bardature elaborate erano anche utilizzate come corazze da parata.
Armatura europea moderna
L'armatura a piastre è probabilmente il più noto esempio di corazza al mondo, essendo associata ai cavalieri dell'Europa tardo-medievale. Il suo utilizzo è continuato in tutta Europa anche nel XVI e XVII secolo. Unità di cavalleria pesante (corazzieri) continuarono a usare piastre per il torace e per la schiena fino agli inizi del XX secolo.
Normalmente si crede che l'armatura a piastre svanisca dai campi di battaglia subito dopo la comparsa delle prime armi da fuoco. Ciò non è del tutto vero. Alcuni rozzi cannoni erano infatti già utilizzati prima che l'armatura a piastre diventasse la norma. Già intorno al XV secolo, infatti, alcuni cavalieri usavano un "cannone portatile". Migliori balestre e armi a canna lunga (predecessori dei moschetti) cominciarono a infliggere serie perdite alle unità equipaggiate con cotte di maglia e corazze a piastre semplici. Anziché comportare l'abbandono di tali protezioni, il pericolo costituito dalle armi da fuoco comportò un maggiore uso e un miglioramento tecnologico delle corazze. Per circa 150 anni si continuarono quindi a utilizzare corazze, la cui efficacia era aumentata dagli accorgimenti metallurgici e dall'ottimizzazione della struttura.
All'alba del loro utilizzo, le armi da fuoco erano costituite da pistole e moschetti, che sparavano proiettili a velocità relativamente bassa. Armature complete o piastre per il torace erano in grado di assorbire colpi provenienti da una certa distanza. Una prova standard per le piastre frontali prevedeva proprio l'impatto di un proiettile. Il punto d'impatto era evidenziato da un'incisione per evidenziarlo: tale decorazione era detta "prova" ("proof" in inglese). Questa protezione permetteva l'utilizzo di tattiche piuttosto spregiudicate. Accadeva infatti che un soldato corazzato a cavallo cavalcasse quasi a ridosso del nemico (in una manovra chiamata "ruota"), per scaricare il proprio cannone portatile o, in seguito, la pistola, dritto in faccia ai nemici da distanza ravvicinata. Una buona armatura era in grado di fermare dardi di balestra e i proiettili sparati non a bruciapelo. In realtà, quindi, l'armatura a piastre sostituì quella a cotta di maglia perché relativamente "a prova di palla di moschetto". Armi da fuoco e cavalleria furono quindi avversari equilibrati sul campo di battaglia per quasi 400 anni. Durante questo periodo, corazzieri potevano combattere pur sotto il fuoco di moschettieri senza correre rischi intollerabili. Corazze complete furono inoltre utilizzate da generali e comandanti di stirpe reale fino al secondo decennio del Settecento. Questo era infatti il modo più pratico per osservare il campo di battaglia da cavallo restando protetti dal fuoco dei moschetti nemici.
Gradualmente, a partire dalla metà del XVI secolo, un elemento dopo l'altro fu rimosso per ridurre il peso per la fanteria; piastre frontali e posteriori furono utilizzate dal XVIII secolo (ai tempi di Napoleone) fino all'inizio del XX secolo in molte unità di cavalleria pesante europee. Fucili e moschetti da circa metà del XVIII secolo in avanti erano in grado di penetrare le corazze, quindi la cavalleria era costretta a stare più attenta al fuoco nemico. All'inizio della prima guerra mondiale migliaia di corazzieri francesi cavalcarono contro la cavalleria tedesca, anch'essa recante elmo e corazza. A quell'epoca, la piastra luccicante era coperta da vernice scura e una copertura di tessuto copriva gli elaborati elmi di stile napoleonico. L'armatura era progettata per proteggere solo controsciabole e lance leggere. La cavalleria doveva prestare attenzione ai fucili ad alta velocità e alle mitragliatrici come i soldati appiedati, che avevano però trincee per proteggersi. Anche i mitraglieri di quel periodo portavano occasionalmente semplici tipi di armatura pesante.
Albero genealogico dell'Unione Europea
Il Regno di Prussia sposa la Baviera e genera l'Impero Tedesco, il quale a sua volta genera lo stato germanico attuale, che unito alla Francia, dà vita all'Unione Europea. Tutti gli altri sono i domestici della situazione...
Idrovie
Recentemente l’Aipo ha stanziato 1 milione di euro, metà di provenienza Ue, per l’ennesimo studio di fattibilità sull’idrovia che servirà a collegare Milano a Cremona. Considerando che il primo di questi studi risale al 1902, e che fino ad ora nulla di simile è stato realizzato, fa ben sperare l’enorme interesse che al parlamento europeo di Bruxelles ha suscitato il progetto. Il tratto Milano-Cremona è di 60 km costeggiando anche Trucazzano, Lodi e Pizzighettone; 7 conche e 60 metri di dislivello. Per le navi merci si è pensato alle classe V Europa lunghe 110 metri e larghe 11,40, con un pescaggio di 2,50-2,80 per 2500-3000 tonnellate di carico (ognuna porterebbe l’equivalente di 70 vagoni ferroviari o di 100 Tir). La spesa complessiva prevista sfiora i 2 miliardi di euro, cifra altissima però sostenuta dalla stessa Ue.
Tuttora sono in molti a pensare che sia impossibile la navigazione fluviale da Milano a Cremona, e ancor più ardo collegarsi da qui a Venezia, passando per Mantova, Fissero-Tartaro-Canalbianco-Porto Levante.
Immancabili le critiche scaturite al solo annuncio del progetto, discusso il mese scorso in un convegno a Viadana e già messo in rete dall’Unioncamere del Veneto. Per Alessandro Rota, presidente della Coldiretti di Milano-Lodi, “L’idea è come quella del ponte sullo stretto di Messina; se ne discute da più che cento anni e l’unico risultato è stato quello di buttare miliardi di vecchie lire in opere parziali e abbandonate nel tempo”.
Massimiliano Barison, capogruppo di Forza Italia nel consiglio regionale veneto ha presentato una mozione, approvata all’unanimità, che impegna la giunta Zaia ad inserire il tratto polesano dell’idrovia Mantova-Porto Levante, o Fissero-Tartaro-Canalbianco, molto più lungo di quello mantovano, nel Piano Regolatore Portuale.
Intanto il governo Renzi sta riformando le governance dei porti, dimezzandoli e trasformandoli in Distretti Logistici, che comprendono anche i loro retroterra, come l’autostrada d’acqua rodigino-mantovana. I porti marittimi saranno trasformati in piattaforme logistiche con adeguati collegamenti ferroviari, autostradali e canali navigabili; al proposito sono già disponibili 5 miliardi. Riccardo Nencini, vice ministro a Infrastrutture e Trasporti, ha confermato che “il porto italiano su cui si concentreranno i maggiori traffici mediterranei ed europei sarà Venezia” per cui il Fissero-Tartaro-Canalbianco diventerà sempre più strategico.
giovedì 3 marzo 2016
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