domenica 21 settembre 2014

Gotico

























Il gotico è una fase della storia dell'arte occidentale che, da un punto di vista cronologico, inizia all'incirca alla metà del XII secolo in Francia settentrionale, per poi diffondersi in tutta l'Europa e termina, in alcune aree, anche oltre il XVI secolo, per lasciare il suo posto al linguaggio architettonico di ispirazione classica, recuperato nel Rinascimento italiano e da qui irradiatosi nel resto del continente a partire dal XV secolo.
Il gotico fu un fenomeno di portata europea dalle caratteristiche molto complesse e variegate, che interessò tutti i settori della produzione artistica, portando grandi sviluppi anche nelle cosiddette arti minori: oreficeriaminiatura, intaglio di avoriovetrate, tessuti, ecc.
La nascita ufficiale dello stile viene identificata in architettura, con la costruzione del coro dell'Abbazia di Saint-Denis a Parigi, consacrata nel 1144. Dall'Île-de-France le novità si diffusero con modi e tempi diversi in InghilterraGermaniaSpagnaItaliaAustriaBoemiaUngheriaScandinaviaPolonia,TransilvaniaMoldavia, diversificandosi ed adattandosi ad un grande numero di committenze e scopi diversi.
Per esempio in Spagna e in Inghilterra il gotico segna la nascita delle monarchie nazionali, mentre in altre zone è espressione dei poteri feudali, o ancora dei liberi comuni dominati dalla nuova borghesia urbana. In epoca gotica vi fu uno stretto rapporto tra arte e fede cristiana, ma fu anche il periodo nel quale rinacque l'arte laica e profana. Se in alcuni ambiti si cercarono espressivi effetti antinaturalistici, in altre (come nella rinata scultura) si assistette al recupero dello studio del corpo umano e degli altri elementi quotidiani.

Storia del termine

A causa della sua provenienza francese, in età medievale l'architettura gotica era chiamata opus francigenum. A Venezia, invece, venne conosciuta come modo di costruire "alla tedesca". Il termine "gotico", propriamente "dei goti", antico popolo germanico, venne usato per la prima volta per indicare questo stile artistico e architettonico da Giorgio Vasari nel XVI secolo come sinonimo di nordico, barbarico, capriccioso, contrapposto alla ripresa del linguaggio classico greco-romano del Rinascimento.[1].
La perdita della connotazione negativa del termine risale alla seconda metà del Settecento quando, prima in Inghilterra e in Germania, si ebbe una rivalutazione di questo periodo della storia dell'arte, che si tradusse anche in un vero e proprio revival (il Neogotico), che attecchì gradualmente anche in Francia, in Italia e parte dei paesi anglo-sassoni.

Architettura

Exquisite-kfind.png

particolare dello schema costruttivo dell'Abbazia di Saint-Denis
La novità più originale dell'architettura gotica è la scomparsa delle spesse masse murarie tipiche del romanico: il peso della struttura non viene più assorbito dalle pareti, ma distribuito su pilastri e una serie di strutture secondarie poste all'esterno degli edifici. Nacquero così le pareti di luce, coperte da magnifiche vetrate, alle quali corrispondeva fuori un complesso reticolo di elementi di scarico delle forze. Gli archi rampanti, i pinnacoli, gli archi di scarico sono tutti elementi strutturali, che contengono e indirizzano al suolo le spinte laterali della copertura, mentre le murature di tamponamento perdono importanza, sostituite dalle vetrate. La straordinaria capacità degli architetti gotici non si esaurisce nella nuova struttura statica: gli edifici, liberati dal limite delle pareti in muratura, si svilupparono con slancio verticale, arrivando a toccare altezze ai limiti delle possibilità della statica.
In Inghilterra si ebbe un ulteriore sviluppo della volta a crociera con la volta a sei spicchi e poi a raggiera o a ventaglio: soluzioni che permettevano un'ancora migliore distribuzione del peso. La cattedrale gotica fu concepita come una copia del Paradiso, perciò spesso al suo ingresso fu scolpito il Giudizio Universale.[2]
L'architettura gotica continentale viene suddivisa in diverse fasi:
Esistono inoltre diverse varietà nazionali e anche regionali dell'architettura gotica:
Ognuna di queste varietà presenta caratteristiche particolari e con fasi proprie talvolta ben distinte (come ad esempio il gotico inglese), sebbene sia possibile identificare gli influssi reciproci delle varie componenti regionali. Fra tutte queste varietà la più antica è quella francese, che ha fatto da modello per le rielaborazioni, spesso estremamente originali, degli altri paesi europei.

Architettura tardo gotica






Nel Trecento e Quattrocento il gotico si sviluppò in direzioni nuove rispetto alle forme dei due secoli precedenti. L'edificio dei secoli XII e XIII era caratterizzato da una navata centrale di notevole altezza e dalle due navate laterali molto più basse. Ciò comportava che la luce fosse concentrata soprattutto in alto, a livello del cleristorio.
Nel tardo gotico invece la disposizione interna più comune segue il modello della chiesa a sala, cioè con le navate laterali di uguale altezza rispetto a quella centrale. Ciò fece sì che la luce non provenisse più dall'alto, ma dalle pareti laterali, illuminando in modo omogeneo tutto l'ambiente. Anche la direzionalità tradizionale venne modificata, venendosi a perdere la forte connotazione per assi precedente, in favore di una spazialità policentrica. Questa nuova visione dello spazio è stata anche messa in relazione con la religiosità più terrena e mondana del XV secolo.
La geografia di questa nuova sensibilità presenta una mappa diversa da quella del gotico classico: le regioni più innovative furono laGermania, la Boemia, la Polonia, l'Inghilterra e la zona alpina.
La penisola iberica vide dal Quattrocento al Cinquecento la costruzione di alcune grandi cattedrali, ispirate ai modelli francesi e tedeschi dei secoli precedenti. In Portogallo un filone autonomo sfociò nella cosiddetta arte manuelina.

Scultura

Exquisite-kfind.png

Dettaglio della Visitazione nel portale della Cattedrale di Reims
La scultura gotica si mosse a partire dal ruolo che le era stato consegnato durante il periodo romanico, cioè quello di ornare l'architettura e istruire i fedeli creando le cosiddette Bibbie di pietra.
Gradualmente la disposizione delle sculture nella costruzione architettonica divenne più complessa e scenografica. Gli episodi più importanti di scultura furono, come in età romanica, i portali delle cattedrali, dove vengono rappresentati solitamente i personaggi dell'Antico Testamento e del Nuovo Testamento.
Un fondamentale passaggio è il fatto che nel periodo gotico le sculture iniziano a non essere più inglobate integralmente nello spazio architettonico ( lo stipite di un portale o un capitello...), ma iniziano ad affrancarsi venendo semplicemente addossate ai vari elementi portanti. Comparvero così le prime statue a tutto tondo, anche se non era ancora concepibile una fruizione delle medesime indipendente e isolata. Può darsi che fosse ancora latente il retaggio della lotta al paganesimo, che venerava statue a tutto tondo come divinità, comunque fino al Rinascimento italiano, le statue furono sempre collocate a ridosso di pareti, entro nicchie, sotto le architravi o come cariatidi e telamoni.
Da un punto di vista stilistico, i tratti innovativi della scultura gotica sono meno evidenti rispetto a quelli introdotti in architettura, ma non meno ricchi di conseguenze sugli sviluppi successivi della storia dell'arte. Se da una parte la figura si slancia notevolmente in lunghezza e il modellato vive di giochi totalmente nuovi come i virtuosistici e talvolta improbabili panneggi, dall'altro si tornò a rappresentazioni plausibili del movimento corporeo, delle espressioni facciali, delle fisionomie individuali, con un'attenzione dell'artista al naturalismo mai conosciuta in epoche precedenti, che negli esempi migliori (come nel portale della Cattedrale di Reims, del 1250 circa, o nelle opere di Nicola Pisano) arriva ad essere accostabile alla ritrattistica romana. Ciò è tanto più importante poiché precede di alcuni decenni gli stessi raggiungimenti in campo pittorico.
Rispetto al classicismo comunque va rilevata una diversa inquietudine espressiva, una certa spigolosità delle forme e dei panneggi, un uso irrequieto degli effetti chiaroscurali.
La scultura francese raggiunse il suo apogeo tra il 1150 e il 1250, per poi orientarsi verso raffigurazioni più lineari, astratte ed aristocratiche. I fermenti classici risvegliati dagli artisti d'oltralpe nel frattempo però attecchirono in Italia, dove proprio a partire dalla seconda metà del XIII secolo nascono importanti scuole scultoree in Emilia, in Puglia e in particolare in Toscana. Qui infatti si sviluppò prevalentemente l'opera di Nicola Pisano, del figlio Giovanni Pisano e dell'allievo Arnolfo di Cambio, che raggiunsero altissimi livelli di resa formale e drammatica nella narrazione dispiegata in opere come i pulpiti scolpiti del Duomo di Siena e di Sant'Andrea a Pistoia.
La prodigiosa fioritura figurativa dell'arte del Duecento e del Trecento trova riscontro nelle correnti di pensiero (teologia e filosofia della Scolastica) e, più in generale, nella cultura del tempo. "L'ampiezza, la complessità e la coerenza interna dei grandi cicli decorativi scolpiti e affrescati appare in rapporto con la sistematizzazione del pensiero religioso, attuata dalla filosofia scolastica; e gli aspetti allegorici e simbolici hanno un corrispettivo nelle elaborate costruzioni enciclopediche della letteratura (valga per tutte l'esempio della Divina Commedia dantesca). L'attenzione alla natura, riscoperta nella realtà dei suoi aspetti e delle sue forme (dalle arti figurative e dalla lirica del Duecento e del Trecento), l'umanizzazione dei personaggi delle storie sacre, la ricerca di espressione e di interiorità nei volti (il rapporto tra la madre ed il figlio, ad esempio, nell'iconografia della Vergine che sorride al Bambino) sono tutti caratteri riconducibili ad una concezione generale che tende a conciliare il mondo fisico, terreno con il divino e il trascendente. Alla visione di un'umanità oppressa da un destino di fatica e di espiazione del peccato in un mondo ostile (arte romanica) si sostituisce quella di una fiducia nelle possibilità dell'uomo di conoscere la realtà e agire nel mondo, sempre in vista del raggiungimento di Dio".[3] La conciliazione del mondo fisico con il trascendente è attuata nell'aristotelismo cristiano, il pensiero filosofico -teologico di Alberto Magno e del suo degno discepolo, Tommaso D'Aquino.
Nella scultura gotica troviamo rappresentazioni non solo di personaggi ed episodi della Bibbia ma anche dei Mesi e delle Stagioni, dei Mestieri (lavori agricoli e artigianali), dei segni dello Zodiaco. Va altresì ricordato che nella letteratura medievale sono presenti molte figure mitologiche ed animali che sono allegorie di peccati, vizi e virtù (si pensi alla Commedia di Dante). Troviamo così anche nell'arte le rappresentazioni delle virtù cardinali (sapienza, giustizia, fortezza, temperanza) e virtù teologali (fede, speranza, carità), ma anche delle sette Arti liberali cioè le arti del Trivio (grammatica, dialettica, retorica) e le arti del Quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia, musica). Sono altresì presenti figure fantastiche spesso da interpretarsi allegoricamente. Le fonti di queste fantastiche sculture sono molteplici: la mitologia greca e romana, il Physiologus (trattato di storia naturale moralizzata composto ad Alessandria d'Egitto alla fine del II secolo), i bestiari occidentali e quelli di origine orientale, il viluppo animalesco dell'arte dei barbari Germani (per esempio dei Longobardi) che a sua volta riprende i motivi dell'arte dei popoli delle steppe (Sciti).
Molto frequenti sono le figure mostruose e fantastiche derivate dalla fusione di teste e membra umane e animali: sono i grilli e le drôleries derivati dalla glittica greca e romana nonché dalla libera reinterpretazione di motivi dell'arte islamica, indiana e cinese (ad esempio i diavoli con ali di pipistrello sono derivati dai draghi cinesi)[4].[5] Spesso appare l'immagine del pavone che è simbolo di immortalità. In base alla credenza secondo la quale il pavone perde ogni anno in autunno le penne che rinascono in primavera, l'animale è diventato simbolo della rinascita spirituale e quindi della resurrezione; inoltre i suoi mille occhi sono stati considerati emblema dell'onniscienza di Dio e le sue carni erano ritenute incorruttibili. Il gallo invece, che canta all'alba al sorgere del sole, è ritenuto simbolo della luce di Cristo[6]. Frequenti sono anche i leoni stilofori.

Pittura


Il presepe di GreccioStorie di San Francesco nella Basilica superiore di Assisi, attribuite a Giotto, 230x270 cm, 1290-1295 circa

Simone MartiniInvestitura di San Martino (dettaglio dei musici), affresco (1317 circa), Basilica inferiore di Assisi
La pittura nel periodo gotico subì uno scarto temporale notevole rispetto alle altre arti arrivando a un rinnovamento con un ritardo di tre-quattro decenni, grazie alla scuola italiana (in particolare toscana e forse romana). Solo nella seconda metà del XIII secolo, bruciando velocemente le tappe, la pittura arrivò a rinnovarsi pienamente, grazie all'opera di Giotto.
I motivi di questo ritardo furono probabilmente legati ai modelli diversi che pittura e scultura ebbero: in epoca romanica la scultura si era già rinnovata, riscoprendo in alcuni casi le opere della classicità ancora esistenti, mentre per la pittura il modello principale di riferimento era comunque la scuola bizantina. Con la conquista di Costantinopoli durante la quarta crociata (1204) e con la formazione dei Regni latini d'Oriente, il flusso di opere pittoriche e mosaicistiche bizantine si era addirittura infittito.
Nella seconda metà del Duecento, all'epoca di Nicola Pisano, lo scollamento tra vivacità narrativa, resa naturalistica e forza espressiva tra scultura e pittura giunse al culmine, con i pittori disarmati di fronte alle straordinarie novità introdotte dagli scultori. Nel giro di due generazioni però i pittori seppero bruciare le tappe, rinnovando modelli e linguaggio, fino a arrivare anche nelle arti pittoriche a recuperare spazialità, vivacità narrativa, figure credibili e ambientazioni architettoniche o paesistiche verosimili. La pittura fu anche avvantaggiata nel rinnovo dall'avere una committenza più ampia, per via dei costi decisamente più economici.
Dal romanico la pittura, specialmente in Italia centrale, aveva ereditato la diffusione delle tavole dipinte, appoggiate dagli ordini mendicanti per la loro pratica trasportabilità. I principali soggetti non erano molti:
  • Crocifissi sagomati, speso appesi al termine delle navate delle chiese per suscitare la commozione dei fedeli;
  • Madonne col Bambino, simboli dell'Ecclesia e simbolo di un rapporto madre/figlio che umanizza la religione;
  • Raffigurazioni di santi, tra i quali spiccano le nuove iconografie legate alla figura di san Francesco d'Assisi.
Tra i maestri del Duecento italiano ci furono Berlinghiero Berlinghieri e Margaritone d'Arezzo, entrambi ancora pienamente bizantini, ma che iniziano a mostrare alcuni caratteri tipicamente occidentali. In seguito Giunta Pisano arrivò al limite delle possibilità dell'arte bizantina, sfiorando la creazione di uno stile tipicamente "italiano". Questo limite venne superato da Cimabue, il primo, secondo anche Giorgio Vasari che si discostò dalla "scabrosa goffa e ordinaria [...] maniera greca". Nel cantiere della basilica superiore di Assisi si formò infine un nuovo stile occidentale moderno, con i celebri affreschi attribuiti a Giotto. Studi recenti hanno comunque in parte ridimensionato la portata innovatrice della scuola italiana, mostrando come anche in ambito bizantino la pittura si stesse evolvendo (ad esempio con gli affreschi del monastero di Sopoćani, datati 1265).
Oltre alla scuola giottesca (Taddeo GaddiGiottino, il Maestro della Santa CeciliaMaso di Banco, ecc.) ebbe in seguito grande importanza anche la scuola senese con maestri quali Duccio di BuoninsegnaPietro e Ambrogio Lorenzetti e Simone Martini. Riscoperta piuttosto recente è anche l'importanza della scuola romana con Pietro CavalliniJacopo Torriti e altri. Personalità più indipendenti furono Buonamico Buffalmacco o Vitale da Bologna.

Vetrate


le preziose vetrate cinquecentesche della Cattedrale di Metz in Francia

particolare delle antiche vetrate della Cattedrale di Chartres
Lo sviluppo della pittura tra il XII secolo e XIV secolo è condizionato dal rapido affermarsi dei sistemi costruttivi gotici. In gran parte delle nuove cattedrali le superfici vetrate sono ormai preponderanti rispetto a quelle in muratura e la necessità di decorare le pareti diventa quindi sempre più marginale. È per questo motivo che le antiche e consolidate tecniche del mosaico e dell’affresco vanno incontro ad un inevitabile declino. A tale declino fa riscontro il contemporaneo raffinarsi della pittura su vetro e la pittura su tavola, che già in epoca romanica aveva cominciato a svilupparsi con un certo successo. La sua realizzazione non è subordinata ad alcuna esigenza di carattere architettonico e ciò consente agli artisti di esprimersi in assoluta libertà. La pittura su vetro consiste nella realizzazione di vetrate colorate da applicare alle finestre e ai rosoni delle cattedrali. Essa costituisce uno dei prodotti più originali e caratterizzanti di tutta l’arte gotica.
Poiché nel medioevo non si potevano ottenere lastre di grandi dimensioni, ogni finestra doveva essere composta da più pezzi messi insieme. Per questo motivo si pensò di utilizzare dei vetri colorati uniti tra loro mediante delle cornici formate da listelli di piombo a forma di “H”. Per prima cosa i vetri venivano tagliati con delle punte metalliche arroventate seguendo i disegni fatti in precedenza, poi i vari pezzi si incastravano tra le due ali del listello di piombo. Ogni listello veniva saldato a quello contiguo in modo da ricomporre il disegno previsto dal cartone.
Il tutto veniva infine inserito in un telaio di ferro e murato. Questa tecnica consentiva di ottenere figurazioni di grande effetto.
Per poter dipingere delle figure era necessario disporre di colori che potessero far presa direttamente sul vetro. In Francia venne sperimentata la grisaille, una sostanza ottenuta da miscuglio di polveri di vetro e di ossidi ferrosi macinati e impastati con acqua e colle animali. L’uso della grisaille era assai semplice.
Essa veniva spalmata sui vari pezzi di vetro da decorare e, una volta secca, aveva la particolarità di renderli opachi. Poi mediante uno stilo di legno si graffiava la grisaille riportando alla luce la trasparenza del vetro sottostante. Per fissare il dipinto era necessario ricuocere i singoli vetri in modo che la grisaille finisse di fondersi e amalgamarsi nella pasta stessa del vetro. Così facendo i contorni tracciati diventavano opachi, mentre le parti graffiate conservavano la trasparenza del vetro colorato.
Il modo di trattare i temi della pittura risente della mutata situazione storica, sociale ed economica. La borghesia cittadina è ormai animata da uno spirito di sempre maggiore concretezza e anche la loro visione del mondo e della vita cambia in modo radicale.
Si assiste a una progressiva attualizzazione delle narrazioni sacre, nelle quali i personaggi delle sacre scritture appaiono vestiti con indumenti del tempo e i luoghi corrispondono a luoghi esistenti.
In Italia, diversamente da Francia, InghilterraGermania e Paesi Bassi, l'affresco, e in parte anche il mosaico, continuarono ad avere una vastissima diffusione. Nella simbologia religiosa la finestra permette il passaggio della luce soprannaturale, metafisica. Le vetrate richiamano, secondo la escatologia cristiana, gli splendori della Gerusalemme celestedell'Apocalisse. La luce è lo spirito di Dio e la finestra è simbolo di Maria che brilla di luce divina. Spesso il numero delle vetrate ha una valenza simbolico-religiosa: sono a gruppi di tre (la Trinità), di quattro (gli Evangelisti), a spicchi di sette (i sette sacramenti, i sette doni dello Spirito Santo, i sette giorni della Creazione secondo la Genesi).[7]

Note

  1. ^ Enciclopedia europea, Garzanti, Vol. V, lemma "Gotico".
  2. ^ Garzantina dei Simboli, p. 374
  3. ^ Arte in Italia, Eleonora Bairati e Anna Finocchi, Loescher, 1988, vol. 1, p.386.
  4. ^ Garzantina di Arte, 2002, p. 502-503.
  5. ^ J. BaltrušaitisMedioevo fantastico
  6. ^ Dizionari dell'arte, La natura e i suoi simboli, ed. Electa
  7. ^ Garzantina dei Simboli, p. 190

Bibliografia

  • Giulio Carlo ArganStoria dell'arte italiana, vol. 1 e 2, Firenze 1968-2000.
  • Carlo Bertelli, Giuliano Briganti, Antonio Giuliano, Storia dell'arte italiana, vol 2, Milano 1990.
  • John RuskinThe Stones of Venice (1853) - trad. it. Le pietre di Venezia, Rizzoli BUR 1987.
  • Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.

Gothian. Capitolo 65. Marvin incontra Masrek Eclionner, suo padre



Erano in viaggio da quattro giorni quando furono raggiunti da un cavaliere con lo stemma degli Eclionner sull'armatura, un sole rosso radiante su sfondo bianco.
Si presentò mostrando una pergamena tenuta ferma dal sigillo dell'ex imperatrice reggente Ellis Eclionner, dichiarando che il messaggio era stato scritto dal principe Masrek Eclionner  in persona ed era destinato esclusivamente alla lettura di Marvin Vorkidian.



Marvin si chiese perché il sigillo fosse di Ellis e non di suo padre, ma la risposta era ovvia.
Mio padre non ha con sé il suo sigillo. Lo lasciò in custodia alla famiglia di mia madre.
In ogni caso, quello era il primo messaggio che riceveva dagli Eclionner.
Il primo in tutta la mia vita.
Un tempo si sarebbe lasciato trasportare dalle emozioni, ma ormai le cose erano molto cambiate.
Strappò il sigillo con freddezza, e lesse in silenzio:
"Figlio mio, 
avrei preferito che fossero altre le circostanze per il nostro incontro, ma purtroppo le preoccupazioni della guerra in questo momento sono più gravi di ogni altra cosa. 
A nord le truppe del conte di Gothian si stanno ammassando lungo il confine.
A sud è in atto una guerra civile all'interno dell'Impero. 
Dobbiamo prepararci a difendere Federazione Keltar. 
Ti offro il comando di cinque legioni imperiali che hanno dichiarato la loro lealtà verso di me. Solo se uniremo le nostre forze potremo sconfiggere gli invasori. Per questo ti chiedo di incontrarci al più presto. Mi troverai alle sponde del fiume Adum, procedendo lungo questa via. 
Lì ti aspetterò.
Tuo padre
Masrek Eclionner"

Marvin non si aspettava certo una lettera sentimentale e accorata dal tono "paterno". Sarebbe stata ipocrita e fuori luogo.
In questo, almeno, lui e suo padre si trovavano d'accordo.
Tuttavia, dentro di lui si fece strada, insinuante, la voce di Vorkidex, che parlava in nome della sua stirpe materna:
"Tuo padre è un Eclionner, in fin dei conti! Cosa ci si può aspettare da un Eclionner?"
Anch'io sono un Eclionner!
"Tu sei prima di tutto un Vorkidian! Sei cresciuto come tale, ed hai raccolto la mia eredità! Fintanto che io terrò a bada Arexatan, tu dovrai rendere conto a me!"
Io devo rendere conto soltanto alla mia coscienza! Nessuno potrà manovrarmi, né gli Eclionner, né i Vorkidian!
Dopo aver riflettuto alcuni secondi, Marvin prese una decisione:
<<Yvain, Gwydion, Grizinga! Seguitemi!>> e fece cenno ad una una decina di guardie di avvicinarsi, poi si rivolse agli altri: <<dobbiamo incontrare una persona importante presso il guado dell'Adum. Generale Tork, credo sia meglio che voi rimaniate qui al comando delle truppe a mantenere il controllo della foresta. Se entro stasera non dovessi tornare, proseguite verso ovest!>>
Detto ciò si avviarono a cavallo verso il luogo convenuto.
<<Si tratta di un incontro molto delicato. Una delegazione degli Eclionner ci attende. Le sorti della guerra dipenderanno dall'esito di questo colloquio>>
Marvin sapeva che quello era prima di tutto e soprattutto un vertice politico e militare
"Avrei preferito che le circostanze del nostro incontro..." ... maledizione, padre! Allora dovevi mandare un mediatore, almeno avremmo evitato inutili imbarazzi.
"Ricorda quello che ti ho detto: tuo padre resta sempre un Eclionner, un irresponsabile... è sempre fuggito da tutto, non ha mai avuto la giusta percezione dei sentimenti altrui!"
Questa volta però non sta fuggendo.
Sentì che c'era ancora qualche speranza.
Quando arrivarono nelle vicinanze del fiume, videro un gruppo di uomini, tra cui un sacerdote dalla pelle nera.
<<E' il Priore Ulume!>> disse padre Grizinga con soddisfazione <<possiamo stare tranquilli! Questa trattativa sarà onorevole!>>



Marvin aveva sentito parlare molto di quell'uomo, soprattutto dopo che era succeduto al defunto Mollander nel ruolo di Priore dell'Ordine dei Canonici.
Forse è lui il vero mediatore, e mio padre è più che altro il simbolo della Dinastia.
Quando si avvicinò cercò di riconoscere quale, tra gli altri uomini, potesse essere Masrek Eclionner.
Erano tutti vestiti allo stesso modo, non c'era un segno esteriore che distinguesse il principe eremita dagli altri uomini del suo seguito.
E' forse una prova? 
"No, sa che ci sono io nella tua mente. Ed io riconoscerei un Eclionner anche al buio! Il loro sguardo è sfuggente, il loro volto tormentato. C'è come un'ombra che grava su di loro"
Marvin capì.
L'ombra di Eclion, il Signore delle Tenebre...
"E' così, mio principe! E' un'ombra che non lo abbandonerà mai. Ma tu ne sei stato risparmiato!"
Non ne sarei tanto sicuro.
Marvin incominciò a percepire quell'ombra intorno all'uomo che se ne stava in disparte, e non osava nemmeno alzare gli occhi verso di lui.



Allora mi farò avanti io!
E si avvicinò a Masrek, gli pose una mano sulla spalla e sussurrò:
<<Padre, sebbene il mio cuore sia lieto per la gioia di poterti finalmente conoscere, non posso tacere la gravità del pericolo che incombe su di noi. Tu sai meglio di me ciò che intendo. La tua venuta tra noi è come le orme della rovina. Rechi un grande male con te, erede di Eclion! Posso percepire la tenebra che scorre nel tuo sangue, perché è la stessa melanconia che scorre nel mio. Me l'hai trasmessa nel momento stesso in cui mi hai generato. Io sono sangue del tuo sangue, ed il nostro sangue è nero>>
Masrek Eclionner mantenne il capo chino:
<<Non il tuo, Marvin, almeno, non completamente. Tu sei anche l'erede della stirpe di Belenos, Signore della Luce, per il tramite di tua madre. Con lei ti ho generato nelle Nozze Sacre per riportare in questo mondo l'equilibrio tra luce e tenebra. Era destino che fosse così: il tuo avvento fu predetto dai profeti. Io e tua madre abbiamo adempiuto ad un dovere che andava oltre le nostre singole vite. Purtroppo non ci è stato permesso di esserti vicini. Sono tuo padre, ma non sogno degno del nome di padre>>
Marvin percepì sincerità e dolore in quel nobile discorso, e avrebbe voluto abbracciare Masrek senza esitazioni, ma Vorkidex, dentro di lui, lo fermò.
"Sei un uomo, Marvin: agisci da uomo!"
Rivolto a Masrek, allora, Marvin dichiarò:
<<Di certo tuo padre ti diede di meno. Eppure so che l'hai perdonato, e che collabori con lui>>
Masrek capì che quella era una mano tesa:
<<La rivalità tra padri e figli è stata da sempre la maledizione degli Eclionner. Arexatan fu ucciso da suo figlio. Wechtigar esiliò Sephir perché era stato sconfitto da Fenrik di Gothian. Sephir ha segregato me in eremitaggio perché non intralciassi i suoi piani. Ed io non ho potuto restare con te...  >>
Marvin scosse il capo:
 <<Non fu una tua decisione. E persino Sephir aveva le sue ragioni, a tenerci nascosti e separati, poiché era l'unico modo per garantire la sopravvivenza della Dinastia.  Ciò che conta, ora, è la volontà di porre fine alla maledizione degli Eclionner, fin da adesso. Io sono nato anche per questo>>
Suo padre lo guardò e c'era speranza nei suoi occhi.
E ammirazione.
Marvin si avvicinò a lui:
<<Poniamo fine alla catena dell'odio. Avvicinati, padre, ti prego, e abbracciami!>>
Masrek gli pose prima una mano sulla spalla, poi, sebbene con timidezza, cedette all'abbraccio del figlio.
Sottovoce, Marvin gli sussurrò:
<<Padre, ora è meglio che parliamo in privato>>
Masrek annuì e fece cenno alle sue guardie di allontanarsi, così come avevano fatto i compagni di Marvin.
Quando finalmente furono soli, seduti sulle rocce a fianco a fiume Adum, l'atmosfera divenne meno tesa.
<<Io ti rispetterò e credo che imparerò a volerti bene>> disse Marvin <<ma prima dobbiamo chiarire alcune questioni. Che rapporto c'è tra te ed Ellis? Sono vere le voci che circolano sul vostro conto? Quale parentela intercorre tra te ed Elner XI?"
Suo padre guardò il fiume, con volto sofferente, come se il corso dell'acqua potesse suggerigli le risposte.



<<Dal modo in cui hai posto le domande, capisco che conosci già le risposte... eppure per me è egualmente difficile parlarne... è un'altra delle ragioni della mia vergogna... un altro dei motivi per cui fatico ancora a guardarti negli occhi>>
Marvin annuì.
Allora  è vero. Ma in fondo l'ho sempre saputo. Perché questo dovrebbe cambiare le cose?
Cercò di porre le domande in termini più semplici:
<<Ellis ti ha consegnato cinque legioni di fedelissimi, e tu le offri a me. Ma è chiaro che loro continuano a rispondere ad Ellis. Mi posso fidare di lei? Come mi considera tua sorella? Non sono forse una minaccia per suo figlio... per vostro figlio?>>
Masrek continuò a fissare le rapide del guado.
<<Mia sorella ha commesso molti errori, anche gravi. Alcuni di essi sono imperdonabili, ed ella ne è consapevole. Sta cercando di cambiare vita e di fare ammenda, ma una cosa in lei è rimasta uguale, ed è l'affetto che prova per me>>



<<Solo affetto?>>
Marvin pose quella domanda con la massima delicatezza possibile, eppure sapeva che era come una freccia nel cuore.
A questo punto, Masrek trovò finalmente il coraggio di guardare il figlio negli occhi:
<<Per vent'anni ho vissuto come un ramingo, cercando di porre rimedio ai miei sbagli e di estirpare dalla mia mente e dal mio cuore il ricordo di lei, ma non ci sono riuscito. 
Mio padre mi disprezza per questo, e tu hai tutto il diritto di fare altrettanto. Eppure io ho il dovere di risponderti con sincerità. Tra me ed Ellis fu amore, nel significato pieno del termine. Un amore proibito, ma ricambiato. Un amore che dura ancora oggi>>
Marvin annuì, ed espresse con chiarezza il suo pensiero sulla questione:
<<Amare non è mai è un errore>>
Masrek lo guardò con sorpresa, come se si stesse chiedendo da dove fosse derivata tanta saggezza in quel figlio così giovane, e cresciuto senza genitori. Non era stato certo il rancoroso Vorkidex ad suggerirgli quella risposta:
<<Hai la saggezza e la generosità di Lilieth. Lei meritava un marito migliore>>
Marvin sospirò:
<<La sua fu una scelta consapevole. Non ho ricordi di lei, ma credo che, quando la rivedrò, non leggerò ombre di risentimento sul suo volto. Ognuno di noi ha dovuto assumersi responsabilità che andavano ben oltre le sorti individuali e private. Alla luce di questo, tutto è perdonato>>
Suo padre sospirò.
Era destino che generassero quel figlio, il Principe Promesso.
Ed era giunto il momento di entrare nel vivo della questione:
<<La tua saggezza è motivo di grande sollievo per me, sia come principe che come padre. Sappi che ripongo in te una piena fiducia, e per rispondere alla tua domanda, riguardo alla fedeltà delle legioni, ti comunico, in nome della Dinastia imperiale, che ritengo che Elner XI debba essere deposto, in quanto illegittimo e indegno, e che il Trono dei Lathear debba spettare a te. Sephir ed Ellis sono d'accordo. E padre Ulume è qui per testimoniare l'appoggio della parte sana del clero e delle forze politiche e sociali di Lathena>>
Marvin non voleva il Trono.
Quel Trono è maledetto. La pazzia e la sventura hanno colpito tutti coloro che vi si sono assisi.



La voce di Vorkidex confermò i suoi timori:
"Il potere corrompe! Il potere assoluto corrompe in modo assoluto! Nemmeno Arexatan, al culmine della sua gloria, poté vantare un potere grande come quello che ti viene offerto:Imperatore dei Lathear e Re dei Keltar, contemporaneamente e in caso di vittoria, il tuo potere si estenderà anche sugli Alfar e sugli Albini. Tutto il Continente sarà ai tuoi piedi. Riuscirai, di fronte a tutto questo, mantenere integra la tua umanità?"
<<Padre, io non cerco il potere... >>
Masrek annuì:
<<Ne sono consapevole. E lo è anche mio padre Sephir, che pur non avendoti mai visto, ha sempre riposto in te ogni fiducia, ed ha fatto in modo di proteggerti dai Conti di Gothian e dalle loro spie, come il Duca di Amnisia>>
Marvin sorrise ironicamente:
<<Sono cresciuto sentendomi ripetere che Sephir lo Sciancato era un criminale e che il duca Gallrian era un grande amico. Ora scopro che è l'esatto contrario...>>
Suo padre sospirò:
<<La vita fa scherzi di pessimo gusto... ma tu sei stato iniziato agli Arcani Supremi, e conosci queste cose molto meglio di me. Là dove io ho sbagliato, tu saprai riconoscere ciò che è giusto. Per questo io mi metto ai tuoi ordini. Tua madre ha già il mio sigillo. Ora io ti cedo l'anello di zaffiro degli Eclionner, che mi diede mio padre: da questo momento, tu sei il capo della Dinastia!>>
E dopo avergli messo l'anello al dito, si inginocchiò in segno di obbedienza.
Quel gesto antico venne riconosciuto anche dalle altre guardie e dal suo seguito, che si misero silenziosamente in fila per baciargli l'anello.
Era un rituale antico come il mondo.
Il passaggio delle consegne tra le generazioni e l'investitura del sole nascente.
<<Vostra Maestà>> pronunciarono a turno, suggellando così, di fatto e di diritto, l'avvenuta successione.
Marvin avrebbe voluto farli alzare e dire che tutto quel formalismo era una sciocchezza, ma sentiva che non ne aveva il diritto.
Se un rituale durava da tanti millenni, non poteva essere abolito con leggerezza, e certo non sull'onda delle emozioni.
E' la nostra ora più disperata. E tutti mi vedono come la loro ultima speranza. 
Come posso sopportare questo peso? Non posso farcela da solo!
La risposta, come sempre, gli giunse dalla scomoda voce di Vorkidex:
"Hai accettato il potere, Marvin. Essere al vertice del potere vuol dire essere soli.Questo incarico è stato affidato a te e se tu non troverai il modo, allora nessuno lo troverà."
Mi state dando tutti troppa importanza. 
"Anche la persona più piccola può cambiare il corso della storia. Tu puoi innalzarti al di sopra di tutti i tuoi padri, oppure cadere con loro nell'oscurità".

sabato 20 settembre 2014

Gothian. Capitolo 64. Il conte di Gothian e la cintura di Vivien.



Lord Fenrik Steinberg, conte di Gothian e re degli Alfar, si stagliava come una statua possente davanti al piccolo muro di frontiera tra il suo regno e quello dei Keltar.
Piccolo, sì, ma invalicabile!
Era stato fatto costruire dall'imperatore Adrian Eclionner, al tempo della massima espansione dell'Impero Lathear, con la benedizione della Signora delle Acque, la ninfa Vivien, alleata dei Keltar, che con un incantesimo aveva reso inaccessibile la valle dell'Amnis a chi avesse intenzioni ostili. 
Per questo era stato chiamato La cintura di Vivien.
Persino Albini di Gothian lo sapevano.
E Lord Fenrik lo sapeva meglio di tutti.
Il sortilegio della Dama del Lago ci impedisce l'accesso alla Valle del suo popolo.
Il potere di metamorfosi dei Vampiri e dello stesso Fenrik non era sufficientemente forte per varcare quella barriera.
Ma il Conte di Gothian non era solito fermarsi davanti agli ostacoli.
Aveva un piano.
Erano secoli che lo elaborava e lo perfezionava. Tutto era stato previsto nei minimi dettagli.
Nemmeno Vivien avrà la forza di respingere la mia avanzata!



Il piano era complesso e rischioso, ma il Conte aveva fiducia nelle proprie qualità.
Riuscirò a far credere a Vivien e a Marvin Vorkidian che sono disposto ad allearmi con loro pur di vendicarmi del tradimento di Marigold.
Era una motivazione credibile.
La mia reputazione di vendicatore è ben nota.
Una volta convinti loro, lui e il suo esercito avrebbero potuto finalmente entrare nella Federazione Keltar.
A quel punto, prima combatterò a fianco dei Keltar per distruggere l'Impero Lathear, mantenendo così il mio impegno e saldando il mio debito. Dopo avrò tutto il tempo per soggiogare tutti gli altri.


 Aveva un'ottima argomentazione per convincere Marvin e Vivien.
Mi basterà pronunciare il nome di Arexatan Eclionner, risvegliatosi nel corpo di Elner XI.
La sua brama di conquista renderà ben presto necessario il mio intervento in difesa dei Keltar, così come accadde diciotto anni fa, durante la Primavera di Sangue!
Anche all'epoca nessuno avrebbe mai voluto chiamare Lord Fenrik e i suoi Albini  in aiuto, ma era l'unico modo per fermare Sephir Eclionner e le truppe imperiali.
Ora la storia si ripeteva identica con il nipote di Sephir.
Non poteva fare a meno di pensare con nostalgia al suo trionfo nell'anno della Primavera di Sangue, quando, sotto le mura di Elenna sul Dhain, aveva umiliato le truppe imperiali e il principe della corona.
Ah, che grande momento fu quello in cui sconfissi Sephir Eclionner in duello!
Avrebbe voluto ucciderlo, ma il Patto glielo impediva, e così si era accontentato di renderlo uno storpio.
Ma ora che il Patto era scaduto, avrebbe potuto finalmente sterminare tutti gli Eclionner, specie quelli che Marigold amava di più!
L'idea che sua moglie avesse preferito il nipote di Sephir Eclionner a lui, il Conte di Gothian, lo riempiva di sdegno.
Te ne pentirai, Marigold! Hai scelto di sposare un idiota che senza saperlo farà il mio gioco!
Elner infatti aveva fretta di attaccare la Federazione da sud, dove il potere di Eclion aveva impedito a Vivien di proteggere i confini con un altro incantesimo.
Quando le truppe imperiali attaccheranno, i Keltar si troveranno con le spalle al muro. E dietro questo muro ci sarò io ad aspettarli. 
E nel frattempo, Gothian sarebbe stata difesa dai suoi fedeli Ogres.
Osservò con espressione impassibile le terre dei Keltar oltre la cintura di Vivien.
Imploreranno il mio aiuto. E nel momento stesso in cui varcherò questo confine, nessuno potrà più fermarmi.

Giardini, fiori e parchi. Colori autunnali.