Il giglio (conosciuto anche col suo nome francese fleur-de-lys) è una figura araldica, una delle quattro figure più popolari con la croce, l'aquila e il leone. È classificato abitualmente tra le figure naturali. Tra i simboli mariani per eccellenza, e anche attributo[1] di san Giuseppe,[2] il giglio in Francia è divenuto, a partire dal Medioevo, l'emblema della regalità. Fu usato come ornamento sul blasone e sul sigillo dei re francesi capetingi.[3]
Origini del Giglio reale di Francia
Sugerio di Saint-Denis reintrodusse i gigli come simbolo della monarchia francese (dopo un breve periodo nel IX secolo), collocando il simbolo nella chiesa di Saint-Denis, la necropoli capetingia[4]. Il primo utilizzo attestato del seminato di gigli è un sigillo del principe Luigi, futuro Luigi VIII, nel 1211. Il seminato nel 1375 è sostituito da tre gigli. Il giglio è correntemente rappresentato in forma stilizzata, d'oro su fondo azzurro. Il giglio araldico ha poco a che vedere con il giglio che si trova nei giardini (utilizzato in araldica con il nome di giglio di giardino). È una alterazione grafica dell'iris delle paludi (Iris pseudacorus L. o iris gialla) che, secondo la tradizione, fu scelto nel V secolo come simbolo da Clodoveo I (che abbandonò le mezze lune nel proprio blasone),[5] re dei Franchi, dopo la sua vittoria riportata a Vouillé sui Visigoti ad ovest di Poitiers e che si trova in abbondanza sui bordi dei fiumi Lys e Senne in Belgio. Gheusi dà al giglio un'origine guerriera: sarebbe una ghiera di giavellotto gallo (o ancora l'Angone dei Franchi) con punta e uncini (vedi l'analogia sorprendente con lo scettro gigliato del blasone di Trieste, che ha quattro uncini, e sarebbe la lancia di San Sergio). Un seminato di gigli è quindi un'armata numerosa, simboleggiando lance puntate verso il cielo, il cui simbolismo corrisponde all'epoca più di una visione campestre. Quanto al nome (il giglio in francese è detto "Fleur de lys"), Gheusi l'attribuisce a Luigi VII di Francia, detto il Giovane, il primo che possa con certezza essere citato per aver portato e sfoggiato «Fleurdelys», foneticamente molto vicino a «Flor de Loys» (Fiore del Re Luigi).
Quanto a Clodoveo, di lui si conosce soprattutto un blasone con tre rospi (o rane). Se il blasone moderno dei re di Francia deve qualcosa a quello di Clodoveo, è il numero 3: è possibile vedere nella riduzione del 1375 dal seminato di gigli a tre gigli un tentativo di far mettere radici più profonde alla dinastia, puntando su una ambiguità di forme (in buona fede o no, essendo dotate le rane dei fiumi belgi di capacità mimetiche notevoli, cfr. a fianco l'ipotesi della «deriva» grafica). Il museo di Arras possiede un arazzo in cui le armi di Francia portano inequivocabilmente tre rane al posto dei gigli abituali. Un'altra ipotesi tenta di collegare il fondamento della regalità al cristianesimo e fa derivare il blasone reale dal battesimo di Clodoveo, con interventi divini assai variabili a seconda degli autori, che fanno del giglio sia il simbolo della Vergine, sia quello della Trinità (con i suoi 3 lobi e/o la sua tripla presenza), ma nulla in tutto ciò spiega il «seminato».
«Di Francia»
I re di Francia hanno spesso accordato in aumento il «capo d'azzurro a tre gigli d'oro» a delle città «fedeli» alla corona, come Lione, Angers, Tours, Poitiers, Fréjus, Le Havre, Laon, e altri ancora.
La configurazione «azzurro a tre gigli d'oro» ha conosciuto una tale diffusione che il termine «di Francia» ha integrato il linguaggio del blasone con «capo di Francia» (ma anche con «scaglione di Francia», «banda di Francia», ecc.) risparmiando in questo modo una descrizione ben conosciuta da tutti. Il giglio francese in particolare rappresenta il Lilium candidum detto per questo "Giglio di San Luigi".
Il giglio, figura in figura
Il giglio interviene molto poco nelle altre figure. A fianco una croce e una cinta gigliate. La doppia cinta gigliata e controgigliata del blasone dei re di Scozia è passato nel linguaggio araldico di quel paese col nome di «cinta reale» (royal tressure). È spesso impiegata come aumento.
Da notare che per la croce come per lo scettro di Trieste, il giglio perde la sua parte inferiore. È detto «nutrito» (non si vedono le radici, se le si vedessero, non sarebbe più «nutrito»), ma si dice talvolta anche «troncato».
Lilla, Firenze e giglio gigliato
All'origine del blasone di Lilla c'è un'iris delle paludi (d'argento in campo rosso, analogo a quello d'oro su azzurro di Bruxelles-Capitale). La trasformazione in giglio (dalla forma molto simile) sarebbe dovuta ad un intervento di Luigi XIV alla presa della città, facendone, volontariamente o no, un'arma parlante (Lilla, lilium).
Non si tratta quindi di un aumento, e d'altronde il giglio di Lilla è gigliato (forse in ricordo dell'iris originale), come quello di Firenze (con perfetta simmetria riguardo ai colori).
Il giglio gigliato dell'amministrazione delle Poste non è molto esuberante, benché i piccoli boccioli all'attaccatura delle foglie lo distinguono dal giglio reale).
Altrove
Altre località o istituzioni che utilizzano questo simbolo: Regno di Napoli, Foligno e Ferentino in Italia, Augusta, Darmstadt e Wiesbaden in Germania, Laško in Slovenia, Turku in Finlandia, Jõelähtme in Estonia, Jurbarkas in Lituania, Skierniewice in Polonia, Lincoln in Inghilterra, la banca medievale della famiglia Fugger; la Casa di Lancaster; Bosniaks in Bosnia ed Erzegovina; gli Scout (riprendendolo dal giglio spesso usato su alcune carte per indicare il Nord); New Orleans in Louisiana, Louisville nel Kentucky. In Honduras, il simbolo del Partito Anticorruzione è un giglio azzurro inserito dentro uno scudo giallo circondato da 18 stelle.
Anche Anghiari, in provincia di Arezzo, ha sullo stemma comunale il giglio fiorentino, però senza stami, di colore rosso su fondo bianco. La possibilità di usare questo simbolo, venne accordata dai Medici alla cittadinanza anghiarese dopo la famosa battaglia di Anghiari, che segnò la definitiva egemonia di Firenze sul territorio di Anghiari e su buona parte della Valtiberina. Il 29 giugno del 1440, infatti, le truppe fiorentine sconfissero quelle milanesi in una battaglia di grandissima importanza strategica perché, come scrisse il Machiavelli, se i Fiorentini avessero perso, "tutta la Toscana era persa". Come ricompensa, Firenze concesse ad Anghiari il giglio sullo stemma, affidando a Leonardo il compito di rappresentare la battaglia nel Salone de' Dugento di Palazzo Vecchio.
Note
- ^ Nell'iconografia cattolica, con attributo si intende un elemento caratteristico con cui viene identificato o rappresentato consuetudinariamente un santo o un beato nelle raffigurazioni sacre.
- ^ San Giuseppe, in Santi, beati e testimoni - Enciclopedia dei santi, santiebeati.it.
- ^ Marc Bloch, I re taumaturghi, Einaudi, 1989, p. 177, ISBN 88-06-11638-X.
- ^ Jacques Le Goff, Il tempo continuo della storia, Bari, Edizioni Laterza, pp. 118-119, ISBN 978-88-581-2834-3.
- ^ Jeanne Emard, Ikebana. L'arte di disporre i fiori nelle celebrazioni liturgiche, Paoline, 1996, p. 147, ISBN 978-88-315-1298-5. URL consultato il 29 settembre 2009.
«Secondo la tradizione, Clodoveo abbandonò le mezze lune nel proprio blasone per ostentare il giglio».
Bibliografia
- (FR) Pierre-Barthélemy Gheusi, Le Blason. Théorie nouvelle de l'art héraldique et de la science des armoiries, Paris, Henri Lefebvre, 1932.
- (FR) Michel Pastoureau, Une Fleur pour le Roi, in Une histoire symbolique du Moyen Âge occidental, Le Seuil, 2004, ISBN 9782020136112. Edizione italiana Medioevo simbolico, in Storia e Società, traduzione di R. Riccardi, Bari, Laterza, 2005, ISBN 978-88-420-8284-2.
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