Nibiru è un presunto pianeta descritto, sulla base di una personale interpretazione delle scritture sumere, dallo scrittore Zecharia Sitchin nell'ambito della sua teoria che vorrebbe che all'origine della vita sulla Terra ci sia una presunta civiltà extraterrestre.
La teoria di Sitchin
Sitchin afferma di aver scoperto, tramite le sue traduzioni dei testi Sumeri, evidenze che la razza umana sia stata in passato visitata da gruppi di extraterrestri provenienti da un pianeta distante del nostro sistema solare. Le tesi sono state smentite in diverse occasioni dalla comunità scientifica. Negli anni recenti, il lavoro di Zecharia Sitchin ha generato molta attenzione da parte di ufologi e vari cospirazionisti.
Sitchin, sulla base di un'interpretazione personale delle scritture sumeriche, giunse alla convinzione che Nibiru sia un diverso e sconosciuto pianeta. Nella sua costruzione teorica egli affianca al pianeta Nibiru il pianeta Tiamat. Quest'ultimo sarebbe esistito collocandosi tra Marte e Giove. Egli suppone che fosse un fiorente mondo con giungle e oceani la cui orbita fu distrutta dall'arrivo di un grande pianeta e di una piccola stella che attraversò il sistema solare tra i 65 milioni e i 4 miliardi di anni fa. La nuova orbita assunta da Tiamat avrebbe fatto sì che collidesse con Nibiru. I detriti di questa collisione avrebbero dato vita alla fascia principale, alla Luna e alla Terra.
Significati di Nibiru nei testi mesopotamici
Il nome deriva dalla lingua accadica e significa punto di attraversamento o di transizione. Nibiru per gli antichi popoli mesopotamici era il corpo celeste associato al dio Marduk. Secondo un recente studio dell'assiriologo Immanuel Freedman, i testi cuneiformi a noi pervenuti mostrano che il nome Nebiru poteva essere assegnato ad ogni oggetto astronomico visibile che contrassegnasse la posizione dell'equinozio. [5] [6] Le traduzioni di Nibiru non sono sempre state coerenti e alcune di esse possono aver contribuito a indurre in errore Sitchin.
Altre interpretazioni sono le seguenti. Nella maggior parte dei testi babilonesi è identificato col pianeta Giove (nella tavoletta n. 5 dell'Enûma Eliš potrebbe essere la Stella Polare, che a quel tempo non era quella di oggi a causa della precessione degli equinozi e degli altri movimenti come la nutazione, ma Thuban o forse Kochab).
Per misurare la precessione degli equinozi, tra gli antichi Sumeri e in Babilonia, il cielo sarebbe stato diviso in 7 spicchi, ciascuno dedicato a uno dei 7 maggiori Anunnaki, ogni spicchio misurante circa 50 gradi sull'equatore celeste. Con la precessione l'equinozio di primavera si sposta nel corso dei secoli lungo l'eclittica, attraversando via via i vari spicchi in cui era diviso il cielo. Il passaggio del punto equinoziale da uno spicchio all'altro determinava l'attraversamento di una fascia di confine di circa 1,5 gradi, corrispondente a circa 3 volte il diametro apparente della Terra proiettata sulla Luna durante un'eclissi. Tale fascia di attraversamento era Nibiru, nella quale la sovranità del cielo non apparteneva ad alcun Anunnaki particolare, e dunque gli dei potevano scendere sulla Terra. Ogni 3600 anni si ripete il passaggio tra uno spicchio di cielo e l'altro, e si ha il ritorno di Nibiru.
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