L'indice di sviluppo umano è un indicatore di sviluppo macroeconomico realizzato nel 1990 dall'economista pakistano Mahbub ul Haq, seguito dall'economista indiano Amartya Sen. È stato utilizzato, accanto al PIL (prodotto interno lordo), dall'Organizzazione delle Nazioni Unite a partire dal 1993 per valutare la qualità della vita nei paesi membri.
In precedenza, veniva utilizzato soltanto il PIL, indicatore di sviluppo macroeconomico che rappresenta il valore monetario dei beni e dei servizi prodotti in un anno su un determinato territorio nazionale e che si basa quindi esclusivamente sulla crescita e non tiene conto del capitale (soprattutto naturale) che viene perso nei processi di crescita. Questi parametri misurano esclusivamente il valore economico totale o una distribuzione media del reddito. In pratica, un cittadino molto ricco ridistribuisce la sua ricchezza su molti poveri falsando in tal modo il livello di vita di questi ultimi.
Si cercò quindi, attraverso l'indice di sviluppo umano, di tener conto di differenti fattori, oltre al PIL procapite, che non potevano essere detenuti in modo massiccio da un singolo individuo, come l'alfabetizzazione e la speranza di vita.
La scala dell'indice è in millesimi decrescente da 1 a 0 e si suddivide, in base ai quartili (dal 2010), in quattro gruppi: paesi a molto alto sviluppo umano, paesi ad alto sviluppo umano, paesi a medio sviluppo e paesi a basso sviluppo umano.
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