Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
lunedì 16 dicembre 2013
Paganesimo nordico, cristianesimo e manicheismo in Tolkien - Parte prima
Una diatriba che dura da mezzo secolo e che ancora non si è risolta riguarda la natura della religiosità implicita nell'universo fantasy di Tolkien.
In realtà una tesi non esclude l'altra.
Possiamo dire che l'universo tolkieniano è in una fase intermedia tra un paganesimo al tramonto ed un cristianesimo che ancora non è sorto.
Gli elementi "pagani" si possono riscontrare nella riedizione della mitologia germanica e norrena, con la presenza di Elfi, Nani, Troll, Draghi e Orchi e anche con un possibile parallelismo tra gli Ainur e gli Aesir e tra i Valar e gli dei Vani.
Tolkien era un filologo germanista e anglosassone, affascinato dalla letteratura epica del mondo barbarico nordico nelle sue varie tradizioni.
Riguardo alla tradizione anglosassone, si pensi al poema Beowulf, il più antico composto in volgare europeo, risalente alla metà dell'VIII secolo, oppure alla Battaglia di Maldon dell'XI secolo. Riguardo ad entrambi, Tolkien portò avanti non solo studi filologici, ma anche interpretazioni originali e persino riscritture, che coinvolsero alcuni suoi scritti importanti come "Il Medioevo e il Fantastico" e "Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm", che possiamo ritrovare sia in edizione singola che uniti nell'antologia "Albero e foglia".
Questi scritti sono di straordinario interesse, sia perché sono di carattere divulgativo e quindi fruibili anche da un pubblico di non addetti ai lavori, sia perché mostrano come Tolkien non fosse un ammiratore pedissequo di quel mondo barbarico, basato su valori puramente guerreschi e basati sul coraggio fine a se stesso, ma anzi sapesse prenderne le distanze, quando quelle guerre e quel coraggio non fossero finalizzati al bene della popolazione che doveva essere difesa dalle incursioni del nemico.
Riguardo alla tradizione norrena, legata all'Edda poetica e all'Edda in prosa, Tolkien riprende, anche qui ritraducendo e ricreando secondo una propria logica coerente, uno dei capisaldi di quel tipo di letteratura: La leggenda di Sigurd e Gudrun, che è un'opera in cui si polemizza con la versione riduttiva che Wagner avrebbe tratto dal Nibelungenlied per fornire le basi ai libretti delle sue opere della tetralogia L'anello del Nibelungo.
Molto importante è anche l'apporto della tradizione celtica, rivista in chiave cristiana attraverso il ciclo bretone arturiano nell'ambito della letteratura cortese e del poema cavalleresco.
Anche qui Tolkien si occupa di due opere di grande importanza: Sir Gawain e il Cavaliere Verde...
...e La caduta di Artù, entrambi editi postumi sotto la supervisione del figlio Christopher.
I valori cristiani della pietà, della compassione, della carità, del perdono, dell'umiltà, sono fortemente presenti in Tolkien, anche se il tipo di società che egli descrive nei suoi romanzi è ancora essenzialmente pre-cristiana.
Tornerò sull'argomento nei prossimi giorni, anche introducendo il discorso su elementi di manicheismo interni al sistema mitologico e mitopoietico tolkieniano.
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