I Pahlavi (persiano: دودمان پهلوی) furono la dinastia che regnò sull'Iran (Persia) dal 1925, anno della deposizione dell'ultimo sovrano della dinastia Qajar Ahmad, al 1979, quando la Rivoluzione iraniana depose l'ultimo scià Pahlavi, Mohammad Reza, mettendo fine alla millenaria tradizione monarchica del Paese del Trono del Pavone, proclamando la Repubblica.
La bandiera dell'era Palhavi si contraddistingueva per la presenza di un leone armato di sciabola con un sole sorgente: al suo posto l'attuale repubblica islamica pone un disegno stilizzato che dovrebbe rappresentare un'aquila.
Lo stemma è composto da due leoni rampanti con sciabola che reggono un cerchio su cui poggia la corona imperiale. Il cerchio è diviso in quattro parti più un altro cerchio inscritto.
Nelle quattro parti sono rappresentati i simboli dell'Impero Persiano nella storia: il Leone simboleggia la monarchia imperiale, l'uomo alato rappresenta Ahura Mazda, il dio supremo dello Zoroastrismo, la religione storica persiana che precedette la conquista araba e la conversione all'Islam, rappresentato dalla sciabola. Gli altri simboli rappresentano le altre componenti etnico-religiose tradizionali dell'Impero Persiano.
Reza Shah Pahlavi
Nel 1921 l'ufficiale dell'esercito Reza Khan attuò un colpo di Stato contro il sovrano Ahmad Qajar, e utilizzò i quattro anni successivi per consolidare il proprio potere personale sopprimendo ogni opposizione. Nel 1925 la Majlis (il Parlamento iraniano) convocata in seduta speciale depose l'ultimo rappresentante della dinastia Qajar e nominò Reza Khan, denominatosi Pahlavi, quale nuovo scià.
Ispirandosi all'azione di Mustafa Kemal Atatürk in Turchia, Reza Shah intraprese un'ambiziosa opera di modernizzazione dell'Iran. Venne dato impulso allo sviluppo dell'industria pesante e delle infrastrutture, con la costruzione di un sistema ferroviario nazionale; venne potenziato l'apparato burocratico dello Stato e migliorati i sistemi giudiziario e sanitario; vennero promossi i costumi occidentali e la parità sociale per le donne. Contemporaneamente il nuovo scià operò per indebolire il potere del clero: tolse ai religiosi il monopolio dell'istruzione con l'istituzione della scuola pubblica statale, e li bandì dai tribunali istituendo un sistema giudiziario laico.
La modernizzazione, anche se favorì il rapido sviluppo di una classe media di professionisti e di un proletariato industriale, non diede tutti i frutti sperati. Questo perché nell'attuarla lo scià cercò di reprimere ogni forma di opposizione (soprattutto tra il clero) mediante detenzioni senza processo, esili forzati, condanne a morte, che crearono malcontento e disaffezione tra la popolazione.
Nel 1935 la Persia adottò ufficialmente il nome di Iran, "Paese degli ariani", accentuando il carattere nazionalista della politica pahlavide. Seguendo tale politica, che mirava a fare dell'Iran una potenza regionale svincolata dalle potenze straniere, Reza Shah evitò di coinvolgere troppo la Gran Bretagna e l'URSS (erede della Russia imperiale) nelle vicende del regno, preferendo rivolgersi a esperti francesi, italiani e tedeschi per lo sviluppo delle tecnologie, mentre la Germania diventava il principale partner commerciale.
L'Iran durante la II guerra mondiale
Dopo l'invasione tedesca dell'URSS, britannici e sovietici divennero alleati e l'Iran acquistò un valore strategico fondamentale. Le ferrovie iraniane erano infatti indispensabili per inviare armi e rifornimenti anglo-americani dal Golfo Persico all'Unione Sovietica impegnata a respingere l'assalto nazista. Lo scià dichiarò la neutralità dell'Iran nel conflitto, ma i britannici accusarono i tecnici tedeschi residenti nel Paese di essere spie inviate a sabotare i pozzi della Anglo-Iranian Oil Company e ne chiesero l'espulsione. Lo scià rifiutò e ciò, unito ai buoni rapporti commerciali con la Germania, gli valse l'accusa di filo-nazismo. Nell'agosto del 1941, URSS e Gran Bretagna invasero l'Iran, arrestarono il sovrano e lo deportarono in Sudafrica. Sul trono salì il figlio Mohammad Reza Pahlavi, che dichiarò guerra alla Germania nel settembre 1943.
Con l'occupazione anglo-sovietica le mire delle potenze straniere sui giacimenti di petrolio iraniani si fecero sempre più manifeste. L'URSS favorì la nascita di repubbliche autonome azere e curde tra il 1945 e il 1946, e permise all'Iran di riprenderne il controllo solo dopo aver ottenuto alcune concessioni petrolifere. Il governo britannico, proprietario della Anglo-Iranian Oil Company (AIOC), continuava a controllare quasi tutta la produzione di petrolio del Paese. Nonostante gli accordi, le truppe occupanti rimasero fino a metà del 1946, mentre cresceva il movimento popolare, nato negli anni 1930, che sosteneva la nazionalizzazione dell'industria petrolifera.
Il sistema politico iraniano si fece più aperto; nacquero diversi partiti in occasione delle elezioni per la Majlis del 1944, le prime con una vera competizione elettorale dopo più di venti anni.
L'Iran durante la Guerra Fredda
Mohammad Reza Pahlavi prese il posto del padre sul trono il 16 settembre 1941 desideroso di continuarne la politica, ma trovò la forte opposizione di Mohammad Mossadeq, leader dei nazionalisti.
A dispetto del suo ruolo di monarca costituzionale che lo obbligava ad attenersi alle decisioni del governo parlamentare, Mohammad Reza Pahlavi si intromise frequentemente negli affari del potere esecutivo. Ricostruì l'esercito e si assicurò che rimanesse sotto il controllo della corona quale fondamento del suo potere. Nel 1949, dopo un fallito attentato, il partito comunista (Tudeh) ritenuto responsabile fu messo al bando e i poteri dello scià vennero ampliati.
Nel 1951, la Majlis nominò Mohammad Mossadeq nuovo primo ministro, che subito dopo decise la nazionalizzazione dell'industria petrolifera, nonostante l'opposizione dello scià che temeva l'embargo occidentale.
Dei proventi del petrolio lo Stato iraniano non otteneva che briciole: per esempio, dei 112 milioni di dollari incassati dalla AIOC nel 1947, all'Iran andarono circa 7 milioni. Questo, unito alla diffusa povertà tra la popolazione, rafforzò le posizioni dei nazionalisti, che di fronte al rifiuto del colosso britannico di ridefinire le royalties, decisero per la nazionalizzazione.
La Gran Bretagna impose l'embargo sull'Iran e ricorse alla corte dell'Aja, che però si pronunciò a favore di Tehran, quindi ruppe le relazioni diplomatiche nel 1952. Gli USA, temendo che l'embargo portasse l'Iran (e il suo prezioso petrolio) nell'orbita sovietica, decisero di intervenire. La CIA, in collaborazione con i servizi segreti britannici, organizzò un colpo di Stato, e il 13 agosto 1953 lo scià nominò il Fazlollah Zahedi primo ministro. I nazionalisti reagirono e costrinsero lo scià a fuggire a Roma, ma in pochi giorni i lealisti ebbero il sopravvento e i dirigenti del movimento nazionalista (tra i quali quelli del Tudeh) vennero arrestati e messi a morte. La condanna di Mohammad Mossadeq venne tramutata in confino perpetuo.
Mohammed Reza riprese quindi la politica del padre che intendeva fare dell'Iran una potenza regionale. Riallacciate le relazioni diplomatiche con i britannici, che rimossero l'embargo, a Tehran affluirono ingenti prestiti statunitensi che volevano garantirsi la fedeltà dello scià. La competenza sul petrolio passò ad un consorzio di cui le compagnie straniere detenevano il controllo, e le industrie statali vennero privatizzate. Migliorarono anche le relazioni con l'URSS, con la quale l'Iran firmò accordi commerciali e militari. Lo scià intraprese anche diverse riforme, come quella terriera, dell'estensione del diritto di voto alle donne e della lotta all'analfebetismo.
Se da un lato queste misure portarono alla formazione di una ricca classe media, dall'altro le condizioni di povertà tra la popolazione non migliorarono affatto. I metodi di governo del sovrano, inoltre, erano quelli tipici dei dittatori: messa al bando dell'opposizione, elezioni controllate, limitatissima libertà di stampa, azioni frequenti della polizia segreta (SAVAK). Il malcontento venne cavalcato dalle gerarchie religiose: nel 1963, dopo un discorso di Ruhollah Khomeini, scoppiarono disordini che la SAVAK represse sanguinosamente. Khomeini venne arrestato e poi condannato all'esilio.
La fine della dinastia
Lo scià, sordo alle richieste dell'opinione pubblica, continuò a rifiutare la concessione delle libertà democratiche. Nel 1971 celebrò i 2.500 anni della monarchia persiana, della cui eredità si considerava depositario, e nel 1976 sostituì il calendario islamico con un "calendario imperiale", per cui si passò dall'anno islamico 1355 all'anno imperiale 2535.
Queste azioni, recepite come anti-islamiche, non fecero che esasperare la rabbia dei religiosi. Negli anni 1970, i leader islamici, in particolare l'ayatollah Khomeini dal suo esilio, furono capaci di catalizzare il malcontento popolare legandolo a un'ideologia fondata su principi religiosi, e guidarono la rivoluzione che rovesciò il trono e instaurò una Repubblica islamica nel 1979.
Mohammad Reza Pahlavi e la sua famiglia fuggirono in Egitto, dove lo scià morì poco tempo dopo. Con lui finì la tradizione monarchica dell'Iran.
Mohammad Reza Pahlavi
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Mohammad Reza Pahlavi
محمد رضا پهلوی
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Scià di Persia | |
In carica | 16 settembre 1941 – 11 febbraio 1979 |
Predecessore | Reza Shah Pahlavi |
Successore | monarchia abolita |
Nascita | Teheran, 26 ottobre 1919 |
Morte | Il Cairo, 27 luglio 1980 |
Sepoltura | Moschea di al-Rifa'i, Il Cairo |
Casa reale | Pahlavi |
Padre | Reza Shah Pahlavi |
Madre | Taj al-Moluk |
Coniugi | Fawzia d'Egitto (1939-1948, div.) Soraya Esfandiary Bakhtiari (1951-1958, div.) Farah Diba (1959-1980) |
Figli | Shahnaz Reza Ciro Farahnaz Ali-Reza Leila |
Religione | Islam sciita |
Firma |
Mohammad Reza Pahlavi (in persiano: محمد رضا پهلوی, in italiano spesso traslitterato Reza Pahlevi; Teheran, 26 ottobre 1919 – Il Cairo, 27 luglio 1980) è stato l'ultimo Scià di Persia; ha governato l'Iran dal 16 settembre 1941 fino alla Rivoluzione Islamica dell'11 febbraio 1979. È stato il secondo e ultimo monarca della dinastia Pahlavi. Mohammad Reza Shah Pahlavi possedeva diversi titoli: Sua Maestà Imperiale, Shahanshah (Re dei Re, Imperatore), Aryamehr (Luce degli Ariani) e Bozorg Arteshtārān (Capo dei Guerrieri, in persiano: بزرگ ارتشتاران).
Indice
Biografia
Giovinezza
Nato a Teheran nel 1919 da Reza Pahlavi e dalla sua seconda moglie, Taj al-Moluk, Mohammad Reza era il figlio maggiore dello Scià primo della Dinastia Pahlavi, e il terzo dei suoi undici figli, gemello di Ashraf Pahlavi. Quando Mohammad Reza compì 11 anni, il padre, su consiglio di Abdolhossein Teymourtash, Ministro di Corte della Dinastia Pahlavi dal 1925 al 1932, decise di iscriverlo presso l'Istituto Le Rosey, un prestigioso collegio svizzero, per continuare gli studi. Mohammad Reza Shah fu il primo principe iraniano erede al trono ad aver conseguito parte della formazione scolastica all'estero. In Svizzera rimase per i successivi quattro anni prima di tornare in Iran per conseguire il diploma di scuola superiore nel 1936. Dopo il ritorno al paese, il principe ereditario si iscrisse presso l'Accademia Militare a Teheran dove rimase fino al 1938.
Nel 1941 Stalin e Churchill, nonostante Reza Pahlavi avesse dichiarato la neutralità dell'Iran, si misero d'accordo per invadere l'Iran, cosa che avvenne nell'agosto dello stesso anno, costringendo all'esilio Reza Pahlavi. La motivazione sarebbe stata la preoccupazione per le relazioni amichevoli della nazione con la Germania Nazista, ma secondo molti autori, il timore dell'influenza nazista fu solo un pretesto e l'Iran fu occupato dagli anglo-sovietici solo per permettere il trasferimento di materiale bellico all'Unione Sovietica, allora sotto attacco nazista, lungo il cosiddetto corridoio persiano. Dopo l'entrata in guerra degli Stati Uniti la gestione logistica del corridoio persiano passò agli americani[1], mentre i britannici mantennero il controllo delle risorse petrolifere.
Mohammad Reza divenne Scià il 16 settembre 1941, a 22 anni di età, per la (forzata) abdicazione del padre, Reza Pahlavi. Dopo la Conferenza di Teheran di Stalin, Roosevelt e Churchill del 1943 gli Alleati si impegnarono a sviluppare una monarchia costituzionale. Con la fine dell'alleanza antinazista e lo scoppio della Guerra Fredda gli inglesi consentirono l'involuzione verso un governo di tipo parlamentare sulla carta, ma dittatoriale di fatto. Per Londra era essenziale mantenere il controllo sulle risorse petrolifere persiane. Mohammad Reza partecipò più attivamente all'elaborazione della linea politica del Paese, opponendosi o ostacolando l'attività di alcuni dei Primi Ministri più volitivi e sgraditi a Londra ed eliminando avversari politici. Un'altra sua preoccupazione fu quella di mantenere l'esercito sotto il controllo della monarchia. Nel 1949, a seguito di un tentativo di assassinio, si ebbe la messa al bando del partito Tudeh (di orientamento filo-sovietica e ritenuto responsabile dell'attentato) e l'ampliamento dei poteri costituzionali dello Scià.
Mohammad Mossadeq e la crisi di Abadan
Vista la politica filo-britannica del Monarca, in Persia cresceva sempre più l'avversione alla Anglo-Iranian Oil Company, accusata di sfruttare avidamente le risorse naturali del Paese. Nel 1950 la popolazione ed il Parlamento erano contrari al rinnovo della concessione petrolifera all'AIOC, caldeggiata invece dallo Scià. Il Primo Ministro Generale Ali Razmara che insisteva per il rinnovo fu assassinato nel 1951 da un fanatico religioso. Al suo posto il Parlamento (in persiano Majlis) elesse Primo Ministro Mohammad Mossadeq, il principale oppositore dell'AIOC, che fece immediatamente approvare la nazionalizzazione dell'industria petrolifera con l'attivo sostegno del clero sciita militante, guidato dall'Ayatollah Kashani. La reazione di Londra fu molto dura e provocò la crisi di Abadan. Sul piano interno l'Ambasciata britannica chiese allo Scià di sostituire Mohammad Mossadeq con un Primo Ministro più flessibile. Nel 1952 il Monarca sostituì Mossadeq con Ahmad Qavam, ma il Primo Ministro era assai popolare e scoppiarono proteste di piazza che costrinsero Mohammed Reza a richiamare al Governo Mohammad Mossadeq. Egli entrò in forte contrasto con lo Scià, sia in politica economica sia sulla delicata questione del controllo dell'esercito.
Il Parlamento accettò la nomina del Ministro della Difesa e capo dell'esercito da parte di Mossadeq contro il volere dello Scià, che tuttavia infine la promulgò senza avvalersi del suo diritto di veto. Mohammad Reza Pahlavi entrò sempre più in rotta di collisione col suo Primo ministro, che nel 1952 aveva espulso l'Ambasciata britannica, accusata di ingerenza negli affari interni. Nel 1953 Mossadeq costrinse lo Scià a lasciare il paese e molti temettero che volesse proclamare la Repubblica. Mentre Mohammad Reza era in esilio a Roma, ci fu a Teheran un contro-colpo di Stato militare, sostenuto dal clero sciita e con l'appoggio dalla CIA e dal SIS britannico. Il Primo Ministro fu rovesciato e Mohammed Reza tornò trionfalmente in Iran[1].L'esercito, già largamente contro Mossadeq, si schierò con gli insorti eliminando i pochi reparti fedeli al governo legittimo[2].
Il potere assoluto e i tentativi di riforma
Rientrato a Teheran all'età 34 anni, Mohammad Reza, monarca costituzionale dell'Iran, riprese la politica di modernizzazione del paese che era stata iniziata dal padre e, interrotta la linea di moderatismo degli anni precedenti, cominciò ad operare una stretta autoritaria. Nel 1955 sottoscrisse il patto di Bagdad (poi CENTO, nell'agosto 1959) che inserì l'Iran nell'area politica delle potenze occidentali, anche se la politica petrolifera si mantenne ancora nelle mani dell'élite del paese.
Grazie alla ricchezza petrolifera, l'inizio della modernizzazione e dello sviluppo economico, messi in atto con decisione a partire dal 1962, portarono ad introdurre la riforma agraria e industriale (creazione di imprese, spinta all'inurbamento, partecipazione agli utili degli operai), il suffragio femminile e il diritto al divorzio, l'incentivo all'alfabetizzazione e alla civilizzazione del paese. Tra il fronte di rivolta alle riforme pahlavidi, soprattutto per la loro impronta giurisdizionalista, si schierò il clero sciita perché veniva privato dei benefici assolutisti, nonché gruppi religiosi che si erano opposti alla sua riforma agraria e sociale (la cosiddetta "Rivoluzione bianca"), che venivano espropriati di molti beni di manomorta, controllati dalle gerarchie religiose. Numerosi esponenti religiosi furono così costretti all'esilio perché contrari alle riforme. Nel 1963 l'Ayatollah Khomeini organizzò una congiura contro lo scià, il quale, scoperta la responsabilità di Khomeini, ne decretò il solo esilio, che lo condusse dapprima a Najaf in Iraq poi a Parigi.
Proseguì nello sforzo di accrescere il peso politico e militare della nazione sulla scena internazionale con una politica di prestigio (di rievocazione del passato achemenide) culminata nell'imponente cerimonia della sua incoronazione (1967), nelle celebrazioni fastose dei 2500 anni della monarchia persiana, nel 1971, e con una politica di accrescimento delle spese per l'armamento dell'esercito, entrambi finanziati dalle ingenti rendite petrolifere. Sul versante interno, proseguì con l'accentramento del potere nelle mani della monarchia e acuì il carattere dispotico del potere, esautorando il parlamento e servendosi di un regime poliziesco. Attraverso il ruolo della SAVAK, operò una brutale repressione di ogni tipo di opposizione. Sul fronte estero, cercò di intessere relazioni cordiali a livello internazionale e di presentarsi al mondo come "monarca illuminato", attraverso anche una forte campagna di promozione personale, concedendo interviste a quotidiani di tutto il mondo e curando la propria immagine pubblica.
Durante gli anni settanta la protesta dei movimenti giovanili coinvolse anche molti giovani iraniani agiati inviati a perfezionarsi in Europa, i quali parteciparono alle rivolte studentesche del '68 e degli anni seguenti, chiedendo delle riforme democratiche anche per il loro Paese, ma scontrandosi, anche in questo caso, con una dura repressione che contribuì ad alienare le simpatie della borghesia urbana per il regime.[3]
La rivoluzione
Nel 1978 iniziarono in Iran una serie di manifestazioni di protesta e scioperi che, a fronte della repressione da parte di Mohammed Reza, continuarono a crescere d'ampiezza fino a diventare un movimento rivoluzionario. Il 19 agosto del 1978 circa 430 persone persero la vita nella città di Abadan, a causa di un incendio di origine dolosa scoppiato all'interno di un cinema. La strage venne attribuita allo scià e al SAVAK. In tutto l'Iran scoppiarono sommosse e manifestazioni, represse duramente dalla polizia, finché l'8 settembre in Piazza Jaleh a Tehran intervenne l'esercito che aprì il fuoco sulla folla di manifestanti mietendo numerose vittime.
Verso la fine dell'anno lo scià cercò, molto tardivamente, di avviare una politica di dialogo che calmasse la marea di proteste. Dall'esilio in Francia l'Ayatollah Khomeini, ormai riconosciuto come leader indiscusso della rivoluzione, esigeva solo la sua deposizione. Il 16 gennaio del 1979 lo scià, già malato, abbandonò l'Iran per evitare un bagno di sangue tra i suoi sostenitori e i rivoluzionari i quali, preso il potere, provvidero a uccidere indiscriminatamente tutti coloro che erano appartenuti al regime imperiale, attraverso processi sommari. Il tribunale islamico condannò a morte in contumacia nel giugno del 1979 sia Pahlavi che la moglie Farah. L'immensa fortuna dello scià passò in parte al nuovo regime di Teheran e da questo ai nuovi dignitari.
Le nuove istituzioni iraniane rappresentarono un'esperienza senza precedenti in tutto il mondo islamico: fu infatti creato un "Consiglio di giurisperiti" cui era affidato ogni potere di veto sulle norme non ritenute in linea con gli assunti dell'Islam sciita (vilāyet-e faqih) che decretò il pieno allineamento del paese alla Sharīʿa islamica sciita, reintroducendo la pena di morte per l'adulterio e la bestemmia e imponendo l'obbligo del velo muliebre.
Morte
Nonostante la vittoria della Rivoluzione, quando Mohammed Reza si recò negli Stati Uniti, molti a Teheran temettero che l'America stesse tramando qualcosa per farlo tornare come già fatto nel 1953 al tempo di Mohammad Mossadeq. Nel novembre 1979 studenti universitari, influenzati dalle idee di Khomeyni, occuparono allora l'ambasciata americana e per un anno tennero in ostaggio i 52 statunitensi che costituivano lo staff diplomatico, minacciando di ucciderli se gli Stati Uniti non avessero consegnato lo Scià. A fronte di questa crisi degli ostaggi, Carter e il Congresso si rifiutarono di cedere per rispetto al diritto di asilo che gli era stato concesso per motivi umanitari (lo Scià era malato terminale di cancro e voleva farsi curare a New York). Dopo oltre un anno sotto sequestro, gli ostaggi furono rilasciati dopo l'insediamento di Ronald Reagan a Presidente degli Stati Uniti, avvenuto il 20 gennaio 1981.
L'esilio, dopo aver portato Reza Pahlavi a soggiornare in diversi paesi in pochi mesi, terminò in Egitto, l'unico paese che si dichiarò disposto ad accoglierlo. Lo Scià trovò infatti ospitalità presso Sādāt, che lo accolse nonostante il fatto che la sua permanenza negli Stati Uniti fosse stata utilizzata come pretesto per assaltare l'ambasciata americana di Teheran. Mohammad Reza Pahlavi non sopravvisse molto alla sua deposizione: morì infatti l'anno dopo, nel luglio del 1980, in Egitto per complicazioni di una macroglobulinemia di Waldenström, un tipo di linfoma non Hodgkin. Venne sepolto al Cairo, nella moschea di al-Rifāʿī.
Famiglia
Mohammad Reza Pahlavi si sposò tre volte. Le sue tre mogli furono:
- Fawzia d'Egitto (5 novembre 1921 - 2 luglio 2013), figlia di Fu'ad I d'Egitto e sorella di Faruq I d'Egitto, sposata il 15 marzo 1939. Divorziarono dieci anni dopo ed ebbero un'unica figlia:
- Principessa Shahnaz Pahlavi (27 ottobre 1940).
- Soraya Esfandiary Bakhtiari (22 giugno 1932 - 25 ottobre 2001), figlia di un importante membro della tribù dei Bakhtiyari (Farsan) sposata in seconde nozze il 12 febbraio 1951, la quale non riuscì a dargli un erede al trono e dalla quale si separò.
- Farah Diba (14 ottobre 1938), figlia di un capitano dell'esercito imperiale, sposata dallo Scià Reza il 21 dicembre 1959, e che gli dette due figli e due figlie:
- Principe ereditario Reza Ciro Pahlavi (31 ottobre 1960); è, per i monarchici iraniani, il principe ereditario e pretendente al trono dell'Iran.
- Principessa Farahnaz Pahlavi (12 marzo 1963).
- Principe Ali-Reza Pahlavi (28 aprile 1966 - 4 gennaio 2011).
- Principessa Leila Pahlavi (27 marzo 1970 - 10 giugno 2001).
Onorificenze
Onorificenze iraniane
Gran Maestro e Cavaliere di Grande Stella dell'Ordine del Leone e del Sole | |
Gran Maestro e Gran Collare dell'Ordine dei Pahlavi | |
— 1932 |
Gran Maestro e Cavaliere di Gran Stella dell'Ordine della Corona | |
— 1926 |
Gran Maestro e Gran Cordone dell'Ordine di Zulfiqar | |
— 1949 |
Gran Maestro e Cavaliere di I classe dell'Ordine del ritratto imperiale | |
Sovrano dell'Ordine delle Pleiadi | |
Onorificenze straniere
Gran Collare di Badr (Arabia Saudita) | |
— 1966 |
Membro di I classe dell'Ordine del Re Abd al-Aziz (Arabia Saudita) | |
— 1955 |
Collare dell'Ordine del liberatore San Martín (Argentina) | |
— 1965 |
Grande Stella dell'Ordine al Merito della Repubblica Austriaca (Austria) | |
— 1960 |
Gran Cordone dell'Ordine di Leopoldo (Belgio) | |
— 1960 |
Collare dell'Ordine di Khalifa (Bahrain) | |
— 1966 |
Gran Collare dell'Ordine Nazionale della Croce del Sud (Brasile) | |
— 1965 |
Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata (Casa Savoia) | |
— 1976 |
Cavaliere di gran croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro (Casa Savoia) | |
— 1976 |
Cavaliere di gran croce dell'Ordine della Corona d'Italia (Casa Savoia) | |
— 1976 |
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Leone Bianco (Cecoslovacchia) | |
— 1943 |
Cavaliere dell'Ordine dell'Elefante (Danimarca) | |
— 14 maggio 1959[4] |
Gran Cordone dell'Ordine del Nilo (Egitto) | |
— 1965 |
Commendatore di Gran Croce dell'Ordine del Leone di Finlandia (Finlandia) | |
— 1970 |
Croix de guerre francese 1939-1945 con palma (Francia) | |
— 1945 |
Collare dell'Ordine del Crisantemo (Giappone) | |
— 1958 |
Collare dell'Ordine di Hussein ibn' Ali (Giordania) | |
— 1949 |
Gran Cordone dell'Ordine Supremo del Rinascimento (Giordania) | |
— 1949 |
Cavaliere dell'Ordine di Salomone (Impero d'Etiopia) | |
— 1964 |
Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana (Italia) | |
— Roma, 26 agosto 1957[5] |
Cavaliere di Grande Stella dell'Ordine della Grande Stella di Jugoslavia (Jugoslavia) | |
— 1966 |
Collare dell'Ordine di Mubarak il Grande (Kuwait) | |
Membro di Classe Eccezionale dell'Ordine al Merito (Libano) | |
— 1956 |
Membro dell'Ordine della Corona del Reame (Malesia) | |
— 1968 |
Membro di Classe Eccezionale dell'Ordine della Sovranità (Marocco) | |
— 1966 |
Collare dell'Ordine dell'Aquila Azteca (Messico) | |
— 1975 |
Membro dell'Ordine di Ojaswi Rajanya (Nepal) | |
— 1960 |
Cavaliere di Gran Croce con Collare dell'Ordine Reale Norvegese di Sant'Olav (Norvegia) | |
— 1961 |
Membro di I classe dell'Ordine militare dell'Oman (Oman) | |
— 1973 |
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Leone dei Paesi Bassi (Paesi Bassi) | |
— 1959 |
Cavaliere di I Classe dell'Ordine del Pakistan (Pakistan) | |
— 1959 |
Gran Collare dell'Ordine dell'Infante Dom Henrique (Portogallo) | |
— 27 luglio 1967 |
Collare dell'Indipendenza (Qatar) | |
— 1966 |
Collare dell'Ordine di Mohammed Ali (Regno d'Egitto) | |
— 1939 |
Gran Cordone dell'Ordine del Sole Supremo (Regno dell'Afghanistan) | |
— 1965 |
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Salvatore (Regno di Grecia) | |
— 1960 |
Gran Cordone dell'Ordine di Idris I (Regno di Libia) | |
— 1958 |
Gran Cordone dell'Ordine degli Hashemiti (Regno d'Iraq) | |
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Bagno (Regno Unito) | |
— 1942 |
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale Vittoriano (Regno Unito) | |
Royal Victorian Chain (Regno Unito) | |
— 1948 |
Classe speciale della Gran Croce dell'Ordine al Merito della Repubblica Federale Tedesca (Repubblica Federale Tedesca) | |
— 27 febbraio 1955 |
Cavaliere dell'Ordine dello Speron d'Oro (Santa Sede) | |
— 1948 |
Gran Collare dell'Ordine dell'Arco e delle Frecce (Spagna) | |
— 1957 |
Collare dell'Ordine di Isabella la Cattolica (Spagna) | |
— 22 maggio 1957[6] |
Collare dell'Ordine di Carlo III (Spagna) | |
— 19 aprile 1975[7] |
Commendatore Capo della Legione al merito (Stati Uniti) | |
— 1947 |
Collare dell'Ordine della Collana d'Onore del Sudan (Sudan) | |
— 1966 |
Cavaliere dell'Ordine dei Serafini (Svezia) | |
— 29 aprile 1960 |
Cavaliere di Classe speciale dell'Ordine delle Nuvole Propizie (Taiwan) | |
— 1946 |
Cavaliere dell'Ordine della Casata Reale di Chakri (Thailandia) | |
— 1968 |
Gran Cordone dell'Ordine dell'Indipendenza (Tunisia) | |
— 1965 |
Note
- ^ a b Beltrame
- ^ S. Kinzer, All the Shah's men.An American coup at the roots of Middle East terror, Hoboken (2003)
- ^ B. Nirumand, Iran, the new imperialism in action, New York (1969)
- ^ Jørgen Pedersen: Riddere af Elefantordenen 1559–2009, Odense: Syddansk Universitetsforlag, 2009. ISBN 87-7674-434-5
- ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
- ^ Bollettino Ufficiale di Stato
- ^ Bollettino Ufficiale di Stato
Bibliografia
- A.M. Ansari, Modern Iran since 1921, the Pahlavi and After, Londra, 2003.
- M.R. Pahlavi, Mission for my Country, Londra, 1960.
- S. Beltrame, Mossadeq. L'Iran, il petrolio, gli Stati Uniti e le radici della Rivoluzione Islamica, Rubbettino, 2009, ISBN 978-88-498-2533-6.
- Ryszard Kapuściński, Shah-in-shah, Milano, Feltrinelli, 2001, ISBN 88-07-01598-6.
- M. Emiliani, M. Ranuzzi de' Bianchi, E. Atzori, Nel nome di Omar. Rivoluzione, clero e potere in Iran, Bologna, Odoya, 2008, ISBN 978-88-6288-000-8.