giovedì 18 maggio 2017

Il culto di Iside

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Iside, o Isis o Isi,[1] in lingua egizia Aset (traslitterato 3s.t) ossia sede,[2] è una divinità egizia appartenente alla religione dell'antico Egitto. Dea della maternità, della fertilità e della magia, è originaria di Behbet el-Hagar, nel Delta del Nilo. Divinità in origine celeste, associata alla regalità per essere stata primariamente la personificazione del trono[2] come dimostra il suo cartiglio che include il geroglifico "trono", faceva parte dell'Enneade.

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Mito

Figlia di Nut e Geb, sorella di NeftiSeth e Osiride, di cui fu anche sposa e dal quale ebbe Horus. Fu colei che grazie alla sua astuzia e alle sue abilità magiche scoprì il nome segreto di Ra.[3] Secondo il mito, raccontato nei Testi delle Piramidi e da Plutarco nel suo Iside ed Osiride, con l'aiuto della sorella Nefti recuperò e assemblò le parti del corpo di Osiride, riportandolo alla vita. Per questo era considerata una divinità associata alla magia e all'oltretomba. Aiutò a civilizzare il mondo, istituì il matrimonio e insegnò alle donne le arti domestiche.

Iconografia

Solitamente viene raffigurata come una donna vestita con una lunga tunica, che reca sul capo il simbolo del trono, mentre tiene in mano l'ankh o l'uadj. Più tardi, in associazione con Hathor, è stata raffigurata con le corna bovine, tra le quali è racchiuso il sole. Nell'iconografia, per sincretismo, è rappresentata spesso come un falco o come una donna con ali di uccello e simboleggia il vento. In forma alata è anche dipinta sui sarcofagi nell'atto di prendere l'anima tra le ali per condurla a nuova vita. Frequenti anche le rappresentazioni della dea mentre allatta il figlio Horus. Il suo simbolo è il tiet, chiamato anche nodo isiaco.

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Culto

Iside, la cui originaria associazione con Osiride fu sostituita dalla Dinastia tolemaica con quella al dio Serapide, divenne, in età ellenistica e romana, una delle divinità più famose di tutto il bacino del Mediterraneo come attestato, tra l'altro, dal tempio di Deir el-Shelwit, dedicato esclusivamente alla dea mentre un altro si trova a Maharraqa[4] nella bassa Nubia e risalente sempre a epoca greco-romana.
Dalla dinastia tolemaica in avanti la venerazione per la dea, simbolo di sposa, madre e protettrice dei naviganti, si diffuse nel mondo ellenistico, fino a Roma.
Il suo culto, diventato misterico , ossia accessibile soltanto agli Iniziati, in considerazione dei legami della dea con il mondo ultraterreno e nonostante all'inizio fosse ostacolato, dilagò in tutto l'Impero romano.

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Gli imperatori della dinastia giulio-claudia si opposero sempre all'introduzione del suo culto e nel 19 d.C. Tiberio fece distruggere il tempio di Iside, gettare nel fiume Tevere la sua statua e crocifiggere i suoi sacerdoti, a causa di uno scandalo,[5][6] come riportato da Giuseppe Flavio nelle Antichità giudaiche. Ciononostante, il culto della divinità femminile si diffuse nei circoli colti della città, in particolare tra le ricche matrone.[5]
Successivamente Iside venne assimilata con molte divinità femminili locali, quali CibeleDemetra e Cerere, e molti templi furono innalzati in suo onore in EuropaAfrica e Asia. Il più famoso fu quello di Philae, l'ultimo tempio pagano a essere chiuso nel VI secolo per ordine dell'imperatore Giustiniano I [7].

Durante il suo sviluppo nell'Impero, il culto di Iside si contraddistinse per processioni e ricche feste in onore della dea.
La dea Iside era venerata anche nell'antica Benevento, dove l'imperatore Domiziano fece erigere un tempio in suo onoreMolti studiosi ricollegano il culto della dea egizia della magia alla leggenda delle Janare, che fa di Benevento la città delle streghe. All'interno del Museo del Sannio, un'intera sala è dedicata alla dea, Signora di Benevento.
I sacerdoti si rasavano completamente il capo e vestivano bianche tuniche. Nelle cerimonie indossavano maschere, come quella di Anubis e agitavano dei sistri. Anche le sacerdotesse della dea vestivano solitamente in bianco e si adornavano di fiori; a Roma, probabilmente a frutto dell'influenza del culto autoctono di Vesta, dedicavano talvolta la loro castità alla dea Iside. I ragazzi dedicati a Iside, venivano rasati, salvo un ciuffo di capelli che veniva lasciato crescere, alla maniera egizia.[8]
La decadenza nel Mediterraneo del culto di Iside fu per lo più determinata dall'avvento di nuove religioni quali lo stesso Cristianesimo.[9] 

Sincretismo con altre figure


Iside che allatta il figlio Horus[senza fonte]
Iside era una dea dai molti nomi e fu assimilata con Afrodite e Demetra, la dea della fecondità.[10]
Esistono tratti comuni nell'iconografia relativa a Iside e quella posteriore della Vergine Maria,[11] tanto che alcuni hanno supposto che l'arte paleocristiana si sia ispirata alla raffigurazione classica di Iside per rappresentare la figura di Maria: comune è ad esempio l'atto di tenere entrambe in braccio un infante, che è Gesù nel caso della Madonna mentre è Horus per Iside, o gli appellativi di Madre di Dio, Regina del Cielo[12], Consolatrice degli afflitti[11].
Ancora, con il primo vero affermarsi del Cristianesimo nell'Impero romano, sotto imperatori come Costantino I e Teodosio I e con il conseguente rifiuto delle altre religioni a Roma e nei suoi domini, alcuni templi consacrati a Iside furono riadattati e consacrati come basiliche, come la Basilica di S. Stefano a Bologna.

Contaminazioni moderne

Forme riadattate di culto dell'antica dea egiziana riemersero in età illuministica negli ambienti della massoneria, soprattutto francesi, che l'assimilarono alla dea Ragione, quale divinità laica e naturalistica che impersonava,[13]incarnandoli, i principi teorici del deismo.[14] Una statua con le sue sembianze fu innalzata in suo onore in Place de la Bastille il 10 agosto 1793 a Parigi, nei giorni della Rivoluzione francese per celebrarne l'anniversario.[15]
La presenza di Iside nei culti massonici del Settecento è rinvenibile ad esempio nell'ambientazione egizia del Flauto magico di Mozart,[16] la cui religiosità rimase comunque sempre commista al cristianesimo.[17] Un secolo più tardi, sul finire dell'Ottocento, sarà la fondatrice della società teosoficaHelena Petrovna Blavatsky, a fare di Iside la chiave di accesso ai misteri dell'occultismo e dell'esoterismo con la sua prima opera fondamentale del 1877, intitolata appunto Iside svelata, che suscitò un forte impatto negli ambienti dello spiritismo.[18]

File:DiosOsiris.jpg

Inno a Iside


Iside e Osiride
Tratto dal Papiro di Ossirinco n.1380, 1. 214-216, risalente al II secolo a.C.:
[…] Dea dalle molte facoltà,
onore del sesso femminile.
[…] Amabile, che fa regnare la dolcezza nelle assemblee,
[…] nemica dell'odio […],
[…] Tu regni nel Sublime e nell'Infinito.
Tu trionfi facilmente sui despoti con i tuoi consigli leali.
[…] Sei tu che, da sola, hai ritrovato tuo fratello (Osiri), che hai
ben governato la barca, e gli hai dato una sepoltura degna di lui.
[…] Tu vuoi che le donne (in età di procreare) si uniscano agli uomini.
[…] Sei tu la Signora della Terra […]
Tu hai reso il potere delle donne uguale a quello degli uomini![19]

Note

  1. ^ Isis è la forma grecolatina, Iside è l'adattamento italiano della forma grecolatina; Isi è un tentativo di ricostruire il nome originale utilizzando le vocali tramandate dai Greci ma eliminando le desinenze che il greco aveva aggiunto al nome per poterlo declinare (-s per il nominativo, -d- come consonante da interporre fra radice e desinenze; il latino ha ereditato lo stesso sistema)
  2. ^ a b Mario Tosi, p. 60.
  3. ^ Giuseppina Capriotti Vittozzi, p. 21.
  4. ^ Maurizio Damiano-Appia, pag. 171.
  5. ^ a b Stefania Schettino, Iside e Maria di Nazareth attraverso mito e stregoneria, Stefania Schettino, 17 maggio 2014, p. 72, ISBN 978-605-03-0466-4.
  6. ^ Religione
  7. ^ Edda Bresciani, p. 177.
  8. ^ Donald Engels, Storia del Gatto, L'affascinante storia del più prezioso alleato dell'uomo, Asti, Piemme, 2001, p. 189.
  9. ^ James Frazer, capitolo 41.
  10. ^ Citato in Salvatore Epifani, I "talebani" tra di noi, Youcanprint, 27 agosto 2013, p. 126, ISBN 978-88-911-1897-4.
  11. ^ a b Citato in Françoise Dunand, Isis, mère des dieux, Arles, Actes Sud/Babel, 2008, ISBN 978-2-7427-7715-0.
  12. ^ Citato in Apuleio, Le Metamorfosi, 26 aprile 2015.
  13. ^ Bruna Consarelli, 1789: la Rivoluzione e i suoi "miti", Pesaro, Flaminia, 1993, p. 71.
  14. ^ Anche il filosofo tedesco Immanuel Kant ne fece la personificazione dei concetti razionali che esprimevano la legge morale: «L'approccio che personifica questa legge e che di una ragione che impartisce ordini morali fa una dea Iside velata [...] è un modo estetico di rappresentare lo stesso oggetto» (Kant, citazione da Henri Pena-Ruiz, Dio e la Repubblica. Filosofia della laicità, Effepi, 2008, p. 219).
  15. ^ Remo Ceserani, Lidia De Federicis, Il materiale e l'immaginario: La crisi dell'antico regime riforme e rivoluzioni, Loescher, 1981, p. 425.
  16. ^ Degna di nota, all'interno dell'opera, è l'aria O Isis und Osiris, un'invocazione alla dea ispirata ad un'analoga supplica presente nel romanzo francese Sethos di Jean Terrasson, risalente al 1731.
  17. ^ Lidia Bramani, Mozart massone e rivoluzionario, Pearson, 2005, p. 292.
  18. ^ Bruce F. Campbell, Ancient Wisdom Revived: a history of the Theosophical Movement, Berkeley, University of California Press, 1980, pp. 32-35.
  19. ^ Enrichetta Leospo - Mario Tosi, p. 31.

Bibliografia

Voci correlate

martedì 16 maggio 2017

Quadri

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The Lily Pool - 1905 | Tom Clifton Butterfield #UnitedKingdom, 1856-1937

Lillies by Walter Crane (1845–1915).

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Legh Mulhall Kilpin, Gate of the Infinite; c. 1910 

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John William Waterhouse "The Lady of Shalott" (1894).

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Love’s Messenger, 1885, Marie Spartali Stillman (1884-1927)

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John William Waterhouse "The soul of the rose"

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Victor Nizovtsev - Mermaid

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Le Pho (French-Vietnamese, 1907-2001): Nostalgie, 1938. Silk, 60.5 x 46 cm

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Foto

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Oriental Poppies - circa 1915 | Laura Muntz Lyall #English, 1860-1930

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Evelyn De Morgan, "Hope in a Prison of Despair"

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Forest Path | Mikhail Konstantinovich Klodt#Russian, 1832-1902

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William Morris:

Francesco Hayez, Malinconia (dal 1840 al 1841)



René Magritte _ Il Castello dei Pirenei, 1959 

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Vite quasi parallele. Capitolo 65. Tre cugini e una Galassia

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Era la Notte di San Lorenzo del 1983 quando i tre nipoti di Ettore Ricci e Diana Orsini, ossia Fabrizio Spreti, Alessio Zanetti e Riccardo Monterovere, figli delle tre considerevoli sorelle Ricci-Orsini, Margherita, Isabella e Silvia, trascorsero un'intera notte ad osservare le stelle, sotto la guida esperta del professor Francesco Monterovere, padre di Riccardo, e in compagnia di sua moglie Silvia e della madre di lei, Diana.
Si erano sistemati in mezzo ad una radura, in un grande prato dove Diana lasciava liberi di crescere i fiori di campo, in maniera completamente naturale e spontanea.
Misero una coperta sul prato e un cesto con alcune provviste, poi attesero che il crepuscolo sfumasse nell'oltremare concavo, nell'indaco, nei passi freddi delle tenebre.
E tornarono nel cielo ad ardere le favole...
Fabrizio e Alessio, che adoravano lo zio Francesco, si erano già messi a fargli domande di astronomia.
Alessio poi era il più appassionato di fantascienza e spesso indicava il cielo stellato dicendo:
<<Quello è l'Impero Galattico>>
Riccardo, pur essendo un fan di Guerre Stellari e dei cartoni animati giapponesi, era anche, tra i tre cugini, quello più interessato agli elementi estetici e simbolici, e per questo colse un discorso di sua nonna Diana: 
<<Per ogni stella cadente dovete esprimere un desiderio. Anche io lo feci da bambina, quando avevo più o meno la vostra età. Espressi un desiderio, chiedendo tanti anni di vita quante stelle nel cielo, ma dimenticai di chiedere che fossero anni di giovinezza>>
Silvia recitava la poesia di Pascoli, X agosto, che ricordava la notte in cui era stato ucciso il padre del poeta:
 <<San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle nell'aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla.
Tornava una rondine al tetto, l'uccisero, cadde tra spini, portava nel becco un insetto, la cena dei suoi rondinini...
Tornava un uomo al suo nido, l'uccisero, disse: "Perdono!" e restò negli aperti occhi un grido. Portava due bambole in dono...
E tu cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del male>>

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Riccardo, che era fortunatamente ancora troppo piccolo per poter sviluppare una qualsiasi forma di pessimismo, chiese: <<Perché il poeta chiama la Terra "Atomo opaco del Male"?>>
Silvia gli scompigliò i folti capelli: <<Un giorno capirai, ma spero sarà il più tardi possibile>>
Fabrizio era un naturalista e frequentava già il liceo scientifico, per cui era molto preparato:
<<Quella è l'Orsa Maggiore. La riconosco dal Carro>>

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Francesco Monterovere annuì:
<<Il Carro comprende la zona della schiena e della coda dell'Orsa Maggiore. 
Ora, se consideriamo la punta più avanzata del Carro, procedendo da essa verso l'ultima stella della coda del Carro dell'Orsa Minore, si arriva alla Stella Polare, quella che indica dove si trova il Nord>>

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Fabrizio annuì e poi indicò un altro gruppo di stelle:
<<Quelle sono le Pleiadi>>
A Silvia venne in mente il Gelsomino Notturno, sempre di Pascoli ("E s'aprono i fiori notturni nell'ora che penso ai miei cari") e ricordava che le Pleiadi erano rese poeticamente con una metafora agreste: "La chioccetta per l'aia azzurra va col suo pigolio di stelle"
Ma i nomi ricordavano più che altro le raccolte poetiche dannunziane: Maia, Alcyone, Elettra, Merope e Asterope.
Alle altre il Vate non era giunto.

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Ma Silvia preferiva comunque Pascoli, il Veggente, e ricordò La mia sera:
<<Là, voci di tenebra azzurra, mi sembrano canti di culla che fanno ch'io torni com'era. Sentivo mia madre, poi nulla, sul far della sera>>
Ma la notte ormai era avanzata.
Il buio del cielo era perfetto, grazie all'assenza di inquinamento atmosferico e di luci artificiali.
Per questa ragione le "placide stelle" si vedevano con un'incredibile nitidezza, come oggi non è più possibile neppure lontanamente immaginare, a meno che non ci si trovi nel bel mezzo di un deserto. 
Oggi, notti magiche come quella, non ce ne sono più.
Era come essere in un planetario.
E la Via Lattea assumeva realmente le forme di una Galassia.
Quella notte rimase nella memoria dei tre cugini come una sorta di magica iniziazione ai misteri dell'universo, in quell'oscuro silenzio, illuminato solo dalle stelle.
Francesco Monterovere disse:
<<Osservate la Via Lattea. E' la nostra Galassia, ma nell'universo ce ne sono altri milioni. E forse esistono altri universi>>
Riccardo non capiva bene, ma poneva domande interessanti:
<<In che senso?>>
Francesco era impressionato:
 <<Nessun filosofo e nessuno scienziato ti darebbero sull'argomento la stessa risposta. Del resto, non sappiamo nemmeno cosa significhi il concetto stesso di esistenza. Cosa vuol dire "esistere"?>>
Alessio allora intervenne:
<<Tu che risposta daresti, zio?>>
Francesco era nel suo centro:
<<Cartesio diceva: "Penso, dunque sono". Altri dicevano che essere significava essere percepiti da altri. Io dico che è un compromesso tra la coscienza di sé e il principio di realtà>>
A quel punto intervenne Diana:
<<Non sempre la realtà è all'altezza delle aspettative>>
Francesco ne convenne:
<<E' vero, ed è per questo che molti si creano i loro mondi immaginari utopici, per sfuggire alle proprie convinzioni eccessivamente distopiche. Ma può essere pericoloso.
La realtà è lì ed è quella che è. Non possiamo sostituire un'illusione con un'altra illusione>>
Silvia allora chiese:
<<Tra le illusioni ci metti anche la religione?>>
Suo marito rispose:
<<Non tutte le religioni. Solo quelle rivelate, quelle cioè che non prevedono una conoscenza superiore per gli Iniziati.
Le religioni rivelate non hanno svelato il mistero. Le domande più importanti sono rimaste senza risposta. Il mistero è oltre e può essere qualsiasi cosa: qualunque bene, qualunque male, qualunque dio, qualunque diavolo>>
Questa frase ispirò sua suocera:
<<Per quel che può valere, secondo me la risposta è una sola e cioè che la vita è una fregatura, ideata da una mente sadica e folle, anche se devo ammettere che c'è del metodo in questa follia>>
I tre cugini si scambiarono un'occhiata di intesa, perché avevano già sentito molte frasi simili dalla loro nonna materna, e persino alcune più catastrofiste e blasfeme.
Si poteva sempre fare affidamento sul pessimismo radicale di nonna Diana.
Ma sapeva anche mostrare la saggezza di Fabio Massimo il Temporeggiatore:
<<Sopravviviamo oggi per combattere domani, da una posizione di forza>>
Lei aveva visto la guerra vera, e aveva combattuto innumerevoli battaglie per tenere in piedi la propria famiglia.
Percepiva l'avvicinarsi di altre battaglie, anche se non subito.
Quella notte era tutto ancora perfetto.
Forse fu l'ultima notte completamente felice, per tutti loro, (dopo quella dell'anno precedente in cui l'Italia aveva gloriosamente vinto i Mondiali di Calcio in Spagna).
Una notte senza l'ombra di una nuvola, nemmeno in senso metaforico.
Ancora  le stelle non erano velate. 
Nulla si scuoteva a est.
Nessun insonne malanimo. 
L'occhio del nemico, per il momento, non si era ancora fissato sul clan Ricci-Orsini-Monterovere.
A distanza di oltre trent'anni, Riccardo avrebbe ricordato, riguardo a quella notte, soprattutto la comprensione di trovarsi in un minuscolo punto dell'universo, un'aiuola "che ci fa tanto feroci", una "cellula di miele di una sfera lanciata nello spazio", apparentemente così trascurabile da far apparire meschine tutte le sue preoccupazioni.
Ricordava la voce di sua madre che era ancora così giovane e così bella, e lo sguardo di suo padre, che contemplava l'immensità dell'universo, sostenendone il peso.
Si sentiva scivolare dolcemente nel sonno, o forse era soltanto una magia, in quella valle di elfi e fate, e la voce di sua madre, come una nenia, ripeteva in sogno gli ultimi versi del X Agosto:
"E tu cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, d'un pianto di stelle lo inondi, quest'atomo opaco del male",