giovedì 24 luglio 2014

Miniature e gioielli del mondo di Tolkien











Tre anelli ai Re degli Elfi, sotto il cielo che risplende: Nenya, Narya e Vilya.



Nenya, l'anello di Galadriel, uno dei tre anelli dei re degli Elfi: è l'anello di diamante.



































« E quando si voltò e venne loro incontro, Frodo vide che Gandalf portava ora visibile al dito il Terzo Anello, Narya il Grande, e la pietra era rossa come fuoco. »
(Il Signore degli Anelli - Il Ritorno del Re - J.R.R. Tolkien)

Narya scritto in Quenya
Narya (l'Anello di Fuoco o Anello Rosso) è uno degli Anelli del Potere descritti da J.R.R. Tolkien nei suoi romanzi fantasy; uno dei tre anelli creati dagli Elfi dell'Eregion. Gli altri due sono Nenya e Vilya.
È stato portato prima da Círdan e in seguito da Mithrandir.
Creato da Celebrimbor dopo che Annatar (Sauron) abbandonò l'Eregion, era libero dalla sua influenza, in quanto gli elfi lo nascosero, consapevoli degli intenti malvagi di Sauron, così che non fu contaminato dal suo potere malvagio. Tuttavia era legato indissolubilmente all'Unico Anello. In accordo con i Racconti incompiuti, all'inizio della Guerra tra Elfi e Sauron, Celebrimbor diede Narya e Vilya a Gil-galad, Supremo Re dei Noldor. Gil-Galad affidò poi Narya al suo Tenente Círdan, Signore dei Porti del Mithlond, il quale lo custodì dopo la morte di Gil-Galad. Nella Terza Era Círdan riconosce la vera natura di Gandalf come un Maia di Valinor, e gli donò l'anello affinché potesse aiutarlo nel suo lavoro. È descritto nell'avere il potere di ispirare negli altri la resistenza alla tirannia, alla dominazione e alla disperazione, così come (in comune con gli altri due Anelli) nell'avere il potere di nascondere il possessore dai remoti osservatori (eccetto da colui che possiede l'Unico) e nel donare resistenza al logorio del tempo:
« Ecco, prendi quest'anello, » gli disse « perché le
tue fatiche saranno gravi, e in tutte esso ti
sosterrà, proteggendoti dalla stanchezza. È questo infatti
l'Anello di Fuoco, e chissà che con esso tu non riesca
a riaccendere cuori al valore di un tempo, in un mondo che
và raggelandosi.» (Círdan il Carpentiere)



« Elrond portava un manto grigio e una stella in fronte, e teneva in mano un'arpa d'argento; al suo dito brillava un anello d'oro con una grande pietra blu, Vilya, il più potente dei Tre. »
(Il Signore degli Anelli - Il ritorno del Re - J.R.R. Tolkien)
Vilya (l'Anello d'Aria o Anello Azzurro o Anello di Zaffiro) è uno degli Anelli del Potere descritti da J.R.R. Tolkien nei suoi romanzi fantasy; il più potente dei Tre Anelli creati dagli Elfi dell'Eregion. Gli altri due sono Nenya eNarya.
Assieme a Nenya e Narya, Vilya è uno dei Tre Anelli degli ElfiCelebrimbor, signore dell'Eregion forgiò tutti e tre questi anelli indipendentemente da Annatar, una delle sembianze del Signore Oscuro Sauron. Come risultato di ciò, nessuno dei Tre Anelli venne macchiato dal male. Nonostante questo, come tutti gli altri anelli magici, Vilya divenne vulnerabile all'influenza di Sauron (nel caso questi l'avesse scoperto) quando creò l'Unico Anello che dominava tutti gli altri. In seguito alla distruzione dell'Eregion da parte di Sauron, Vilya venne spedito al Re degli Elfi Gil-galad nella lontana Lindon. Gil-Galad diede Vilya a Elrond prima di incamminarsi col suo esercito per incontrare Elendil, il Re di Gondor, e di dirigersi con esso e gli uomini di Gondor al Morannon, per sfidare gli eserciti di Sauron e Sauron stesso.
Come quasi tutti gli altri (escluso l'Unico di Sauron) Anelli del Potere, quali Nenya e Narya, Vilya conteneva un gioiello, una grande pietra blu incastonata in una banda d'oro, che contribuiva a dargli il titolo di Anello di Zaffiro. Un titolo meno usato per Vilya era Anello dell'Aria, che simboleggiava la sua prominenza anche sugli altri anelli degli Elfi.
Il potere di Vilya era quello di preservare la bellezza del mondo e di conservare uno stato di pace e serenità minimo nella Terra di Mezzo. Avendolo in mano, Elrond poté rendere la sua dimora di Gran Burrone a tutti gli effetti simile a Valinor, ma il potere dell' anello svanì del tutto in seguito alla distruzione dell'Unico.


L'Elessar (in Quenya "Gemma Elfica") è un gioiello di Arda, l'universo immaginario fantasy creato dallo scrittore britannico J.R.R. Tolkien. Essa fu creata per imprigionare la luce del Sole tra gli alberi di Gondolin, a somiglianza di quello che Fëanor aveva fatto con i Silmaril e gli Alberi di Valinor. L'artefice fu l'artigiano Noldor Enerdhil o secondo altre versioni Celebrimbor, nipote di Feanor e creatore degli Anelli del Potere. La gemma venne donata a Idril, che la diede al proprio figlio, Earendil. Quando questi partì per Valinor, la gemma se ne andò per sempre. Celebrimbor forgiò una nuova gemma in Eregion, (qua è specificato che è in forma d'aquila con le ali spiegate e la gemma incastonata in mezzo) e la donò a Galadriel, di cui era innamorato non corrisposto, giacché lei era sposata con Celeborn. Da Galadriel passò poi a Celebrían e ad Arwen. Secondo la versione più nota, si trattava invece della stessa gemma di Gondolin, riportata a Galadriel da Gandalf (Olorin) quando questi arrivò da Valinor. La gemma verde, simile a uno smeraldo, aveva il potere di preservare i luoghi e sanarne le ferite, un potere simile ai Silmaril e agli Anelli ma di levatura inferiore. Essa tuttavia pare non esercitasse la brama di possederla. Alla fine l'Elessar fu donata da Galadriel a colui che i Valar avevano destinato a possederla, affinché preservasse il regno degli Uomini di Numenor, cioè Aragorn il quale salì al trono di Gondor col nome di Re Elessar. La gemma passò quindi a Eldarion e appartenne così alla Casa di Elendil, discendente di Idril e Earendil. La vicenda è narrata nei Racconti incompiuti. Del gioiello si parla anche ne Il Signore degli Anelli, mentre non è menzionata nel Silmarillion.



Gli ultimi Eldar tra Terza e Quarta Era





Gildor Inglorion è un personaggio di Arda, l'universo immaginario fantasy creato dallo scrittore inglese J.R.R. Tolkien. Appare in due capitoli de Il Signore degli Anelli. È un ElfoNoldorin. Egli incontra Frodo in viaggio nella Contea, ospitandolo nel proprio campo nella notte e mettendolo in guardia dai Cavalieri Neri. Successivamente informa Tom Bombadil eAragorn, già messo in avviso da Gandalf, dei particolari del viaggio di Frodo. Gildor risiede a Gran Burrone o nel Lindon, presso i Mithlond, e parte poi per Aman lo stesso giorno diFrodoBilboElrond, Gandalf e Galadriel, nel 3021 T.E.

Identità

La presentazione che Gildor fa di sé a Frodo e agli Hobbit ha suscitato l'interesse di un vasto pubblico. Molti fans di Tolkien hanno suggerito, ma ciò non ha alcuna conferma, che Gildor possa essere il figlio di Finrod Felagund e Amarië (almeno in versioni abortite della storia), e che seguì il padre nell'esilio. Gildor si dichiara appartenente alla Casa di Finrod: come scrive Christopher Tolkien in una nota nei Racconti incompiuti, il primo nome di Finarfin era Finrod (e tale appariva nel contesto del Signore degli Anelli): solo successivamente, nella versione riveduta e corretta Finrod è il nome del figlio di Finarfin, fratello di Galadriel. Nella prima versione (e qua potrebbe esserci una svista di Tolkien, che spesso lavorava a memoria), sempre riferita nei Racconti incompiuti, Finrod si chiama Inglor: tale versione potrebbe essere sottintesa nel capitolo III de La Compagnia dell'Anello in cui Gildor dice di chiamarsi anche Inglorion; questo nome è un patronimico (come Thranduilion nel caso di Legolas) e significa chiaramente "figlio di Inglor". In tal caso " Gildor Inglorion della Casa di Finrod" andrebbe letto come "Gildor figlio di Finrod della Casa di Finarfin". Tale versione sarebbe chiaramente poi cambiata nella mente di Tolkien: altrimenti non si spiegherebbe l'assenza di Gildor nel Silmarillion e il perché il Nargothrond passi a Orodreth (fratello o nipote di Finrod) e non al figlio stesso di Felagund; e appare strano che tale figlio fosse giunto dopo il padre (o dopo la sua morte e il suo probabile ritorno da Mandos, sempre che non sia nato dopo questo fatto) nella Terra di Mezzo, visto che l'unico Elfo che tornò, dopo la Prima Era, fu il rinato Glorfindel (a meno che non sia stato inviato proprio come accompagnatore di quest'ultimo). Gildor sarebbe quindi un nobile elfo, figlio di un Inglor, ma non parente di Finarfin: "della Casa di Finrod" potrebbe significare "servitore", "consigliere" o "maestro d'armi" del Nargothrond, un ruolo come quello di Gwindor presso Orodreth o di Germin e Arminas che si dichiarano a Tuor come appartenenti alla Gente di Angrod o Voronwë che si presenta ai suoi compatrioti di Gondolin come "della Casa di Fingolfin".
« D'un tratto apparve un cavallo bianco che correva veloce, risplendente nelle ombre del crepuscolo. La sua bardatura scintillava e sfavillava come tempestata di gemme brillanti simili a stelle vive. La cappa del cavaliere sventolava dietro, ed il cappuccio gli ricadeva sulle spalle; i capelli dorati ondeggiavano al vento. A Frodo pareva che una luce bianca emanasse dalla figura e dalle vesti del cavaliere. [...] Il suo linguaggio e la voce limpida e squillante dissiparono gli ultimi dubbi: il cavaliere apparteneva alla Gente Elfica. Nessun altro nel vasto mondo aveva una voce così bella e soave all'udito. Ma nel suo richiamo sembrava vi fosse un non so che di timore o di fretta, ed essi videro che le parole che scambiava con Grampasso erano rapide ed urgenti. Questi fece loro cenno di avvicinarsi, e gli Hobbit lasciarono i cespugli e si precipitarono sulla Via. «Questi è Glorfindel, e vive nella casa di Elrond», disse Grampasso. »
(J.R.R. TolkienIl Signore degli Anelli.[1])
Glorfindel è un personaggio di Arda, l'universo immaginario fantasy creato dallo scrittore inglese J.R.R. Tolkien. Compare ne Il Silmarillion e ne Il Signore degli Anelli.

Biografia del personaggio

Elfo nobile d'animo e potente, ha un passato avvolto nell'ombra. Appartiene ai Noldor o ai Vanyar: potrebbe essere imparentato con Ingwë o Finwe, dato che Gandalf lo definisce "Signore Elfico di una casata principesca".[2]
Nella Prima Era combatté contro un Balrog nella difesa di Gondolin, accompagnandolo nell'abisso e morendo con lui (gli elfi si possono reincarnare nello stesso corpo di prima, conservando i loro ricordi), e allora si può ben comprendere perché persino i malvagi Nazgûl lo temessero.
Durante la Seconda Era fa ritorno nella Terra di Mezzo.
Durante la Terza Era ha avuto, in tempi ben più remoti rispetto alle vicende de Il Signore degli Anelli, una parte importante nelle guerre contro il più potente schiavo dell'Anello, il Re di Angmar, ed è lui a profetizzare che questi non sarebbe morto per mano di un uomo.[3]
« Non l'inseguire! Non tornerà nella sua terra. Lontano ancora è il suo destino, ed egli non cadrà per mano di un uomo. »
(Glorfindel, Il Signore degli Anelli - Il ritorno del Re - J.R.R. Tolkien[3])
Molti anni dopo è lui a salvare Frodo, quando era inseguito dai Nazgûl, e a condurlo a Gran Burrone prestandogli il suo cavallo, Asfaloth.

Il "problema" di Glorfindel

AdattamentiChristopher Tolkien dice in The Return of the Shadow[4] che suo padre "pensò molto al caso di Glorfindel" e decise che "era un uso casuale" di un nome preso da Il Silmarillion che avrebbe cambiato, se se ne fosse accorto prima. Infatti Tolkien aveva l'abitudine di cambiare spesso i nomi durante le varie stesure dei suoi racconti, e in alcuni casi rischiava di confondersi. Infatti nel caso di Glorfindel, delle note sul Consiglio di Elrond dicevano "Glorfindel parla del suo antenato a Gondolin": appare quindi evidente che a quello stadio i due Glorfindel erano, nelle sue intenzioni, due personaggi distinti. Questo si può spiegare con il fatto che Tolkien era spesso disorganizzato, perdeva i suoi appunti e doveva spesso lavorare a memoria. La modifica viene però scartata, e visto che il nome era ormai stato inserito nel racconto, Tolkien ideò una soluzione (come è documentato in The Peoples of Middle-earth): Glorfindel fu inviato nella Terra di mezzo dai Valar all'inizio della Seconda Era, come una sorta di predecessore degli Istari, e, in una versione differente, insieme agli Stregoni Blu. Ad un certo punto Tolkien pensò addirittura a Glorfindel come uno dei due Stregoni, ma rigettò l'idea in quanto gli Eldar non erano stati concepiti come possibilità per gli Stregoni, i quali Tolkien aveva deciso potessero essere solo Maiar. Probabilmente il problema di Glorfindel poteva essere risolto semplicemente cambiando il nome del Glorfindel di Gondolin, ma Tolkien era restio a farlo, così come sempre fu restio ad apportare cambiamenti alla Caduta.
Il personaggio è stato tagliato nella celebre trasposizione cinematografica del Signore degli Anelli di Peter Jackson. Il suo posto, infatti, è stato preso da Arwen che nella trasposizione ha un ruolo maggiore rispetto al romanzo. Anche nella trasposizione cinematografica del 1978 il personaggio di Glorfindel non è presente e stavolta il suo posto viene preso da Legolas.
Glorfindel è un personaggio eroe del gioco Il Signore degli Anelli: Battaglia per la Terra di Mezzo 2. Nella campagna, lui si unisce a Glóin come segno di alleanza tra nani ed elfi dopo l'assedio dei goblin a Gran Burrone (che è stato inventato per il gioco).
Note
  1. ^ J.R.R. TolkienLa compagnia dell'anello. Il Signore degli Anelli. Vol. 1. Bompiani (collana I grandi tascabili), 2004. pag. 291-292, cap. 12 (libro primo) - "Fuga al Guado". ISBN 88-452-3225-5
  2. ^ J.R.R. TolkienLa compagnia dell'anello. Il Signore degli Anelli. Vol. 1. Bompiani (collana I grandi tascabili), 2004. pag. 305, cap. 1 (libro secondo) - "Molti incontri". ISBN 88-452-3225-5
  3. ^ a b J.R.R. TolkienIl ritorno del Re. Il Signore degli Anelli. Vol. 3. Bompiani (collana I grandi tascabili), 2004. pag. 383, Appendice A - "Annali dei Re e Governatori". ISBN 88-452-3227-1
  4. ^ Inedito in italiano, è il sesto volume dell'opera in dodici volumi The History of Middle-earth e fa parte, assieme ai volumi da 7 a 9, di una ulteriore suddivisione in quattro volumi compresi sotto il titolo di The History of The Lord of the Rings (La storia del Signore degli Anelli) e dedicati ad illustrare, capitolo per capitolo, la genesi letteraria de Il Signore degli Anelli.




Gli Elfi sono descritti come le più belle creature della Terra di Mezzo, amanti dell’arte (in particolare le canzoni, che amano cantare con le loro splendide voci). Molti Elfi sono anche più forti degli Uomini e hanno sensi più sviluppati. I Noldor specialmente, tra gli Elfi, possedevano abilità e conoscenze che agli Uomini apparivano magiche. Le loro memorie e i loro ricordi sono vividi come la loro vita.



Gli Elfi di Tolkien furono una rappresentazione di cosa gli umani sarebbero potuti diventare, non avendo commesso il peccato originale. Mentre questo faceva loro molto morali e giusti (nessun Elfo servì mai Morgoth o Sauron, i Nemici, potevano essere comunque ingannati. Per esempio, Maeglin tradì Gondolin per avere salva la vita e per amore di Idril, sua cugina), li rendeva anche meno abili degli Uomini mortali di adattarsi ad un mondo al contrario caduto e in continua mutazione.
È da notare che gli Elfi di Tolkien si discostano di molto dagli elfi dell’antica mitologia, come del resto dalla maggior parte degli elfi della fantasy moderna; i suoi Elfi erano molto umani.
Oltre ad essere uguali o più alti in statura degli Uomini, la speciale affinità con la natura è in gran parte un incidente, risultante dal fatto che il personaggio elfico più importante ne Il Signore degli Anelli, Legolas, è un elfo dei boschi e un arciere. Il viaggio a Lórien fa percepire che molti Elfi vivevano negli alberi e portavano archi, mentre apprendiamo dagli altri racconti di Tolkien che i suoi Elfi abitavano semplicemente in caverne (Nargothrond) o fortezze rocciose (Gondolin), e i Noldor erano più conosciuti per le loro terribili spade.
Oltretutto non ci sono riferimenti espliciti alle “orecchie a punta” ne Il Signore degli Anelli o ne Il Silmarillion. Noi sappiamo quello che i Quendi fecero, infatti, avevano orecchie a punta soltanto a causa di un passaggio nell’Etimologia, dove Tolkien afferma che “le orecchie degli Elfi erano più allungate e a forma di foglia di quelle degli Uomini”. Ad ogni modo, considerazioni pratiche, che includono molte occasioni dove gli Uomini sono confusi per Elfi, suggeriscono che la punta deve essere sottile, abbastanza differente dalle larghe orecchie di Elfquest e dalle lunghissime e strette orecchie degli elfi di alcuni anime.
I racconti della Prima Era sono legati principalmente agli Elfi, che abitano in vari regni sparsi per il Beleriand, e gli Uomini appaiono soltanto nelle storie più tarde. Gli Elfi sono qui nella loro gioventù, e sono abbastanza potenti da sfidare realmente Melkor. Dopo la fine della Prima Era, gli Elfi della Terra di Mezzo sono ancora abbastanza forti da tenere a bada Sauron, e creare gli Anelli di Potere che hanno il potere di rallentare il tempo. Comunque, durante Terza Era (il periodo de Il Signore degli Anelli), l’importanza degli Elfi negli affari del mondo sta diminuendo, e solo pochi di loro sono rimasti, nei rifugi di Gran Burrone, Lothlórien e Bosco Atro. Molti di loro potevano essere visti dirigersi all’Ovest, partendo dai Porti Grigi, per lasciare la Terra di Mezzo per sempre, e quelli che rimanevano sapevano che il loro destino era di “svanire e andare all’Ovest”. Quindi pochi di loro rimasero nella Terra di Mezzo dopo la fine della Terza Era, e quelli che vi rimasero erano destinati a “scomparire”


Addio a Lorien. Farewell to Lorien.





Nel momento dell'addio, Galadriel offre ai membri della Compagnia alcuni importanti doni: ad Aragorn ella dona una spilla d'argento a forma di aquila che incastona una grande pietra verde, dono per le future nozze con Arwen (di cui lei è la nonna);





Legolas un arco di Lórien; 








Gimli, che (ormai perdutamente innamorato di lei) osa chiederle un solo e semplice capello, ella concede graziosamente quanto richiestole (l'enorme valore simbolico di ciò si rivela tenendo presente che Galadriel concede volentieri questo dono a Gimli, un Nano, mentre lo rifiutò più volte, molte ere prima, a Fëanor in persona); 




BoromirMeriadoc Brandibuck e Peregrino Tuc dona delle preziose cinture; a Samvise Gamgee una scatolina con polvere di Lórien, per concimare al suo ritorno a casa la terra della Contea, ed una corda elfica;







E infine, a Frodo, una fiala d'acqua dello specchio, nel cui interno è stata catturata la luce della stella di Eärendil, la Stella del Vespro: essa dovrà servire al Portatore dell'Anello per le ore più buie del suo viaggio. 



"Ti dono la luce di Earendil, la nostra stella più amata. Possa essere per te una luce in luoghi oscuri, quando ogni altra luce si spegne".







Giunge poi il momento dell'Addio. Nell'Alto Elfico, il quenya, "addio" si dice Namarie.



Il Namárië (in quenya "Addio") altrimenti conosciuto come Lamento di Galadriel è un poema in versi composto dallo scrittore e filologo J. R. R. Tolkien nella sua lingua artificiale quenya. Composto inizialmente nel 1931 è stato poi rimodellato dall'autore in occasione dell'uscita della sua opera più importante Il Signore degli Anelli.


Questa è la versione "ufficiale" e più conosciuta dell'opera. Contenuta all'interno del VIII capitolo, del secondo libro de La Compagnia dell'Anello è probabilmente il testo più famoso e studiato tra i vari testi redatti in quenya. Ne Il signore degli Anelli si ritrova la forma errata "Namarië"
(ART)
« Ai! laurië lantar lassi súrinen,
yéni únótimë ve rámar aldaron!
Yéni ve lintë yuldar avánier
mi oromardi lissë-miruvóreva
Andúnë pella, Vardo tellumar
nu luini yassen tintilar i eleni
ómaryo airetári-lírinen.
Sí man i yulma nin enquantuva?
An sí Tintallë Varda Oiolossëo
ve fanyar máryat Elentári ortanë
ar ilyë tier undulávë lumbulë
ar sindanóriello caita mornië
i falmalinnar imbë met,
ar hísië untúpa Calaciryo míri oialë.
Sí vanwa ná, Rómello vanwa, Valimar!
Namárië! Nai hiruvalyë Valimar!
Nai elyë hiruva! Namárië! »
(IT)
« Ah! come oro cadono le foglie al vento,
lunghi anni innumerevoli come le ali degli alberi!
I lunghi anni sono passati come rapidi sorsi
del dolce idromele in alti saloni
oltre l'Occidente, sotto le azzurre volte di Varda
ove le stelle tremolano
alla voce del suo canto, voce sacra di regina.
Chi riempirà ora per me la coppa?
Per ora la Vampa, Varda, la Regina delle stelle,
dal Monte Semprebianco levò le mani come nuvole
ed ogni sentiero è immerso nella profonda oscurità;
e fuori dalla grigia campagna l'ombra si distende
sulle onde spumeggianti poste fra di noi,
e la bruma ricopre i gioielli di Calacirya per sempre.
Ed ora persa, persa per chi è in Oriente è Valimar!
Addio! Forse un giorno troverai Valimar!
Anche tu forse un giorno la troverai! Addio! »
(J.R.R. Tolkien, La Compagnia dell'Anello, libro II, cap. VIII, pp. 467-468)


Lo specchio di Galadriel











Lo specchio di Galadriel (The Mirror of Galadriel)
La Compagnia dell'Anello fa il suo ingresso nel cuore del reame elfico, a Caras Galadhon, una città di alberi immensi tra le cui fronde il popolo degli immortali ha costruito i suoi edifici (flats) e il palazzo reale della regina Galadriel e di sire Celeborn. Aragorn e i suoi compagni vengono accolti dalla benevolenza e dall' amore della dama, che è a conoscenza dei piani di Elrond e degli scopi che muovono i viaggiatori verso Mordor. Il potere della dama è nella sua capacità di leggere profondamente e inesorabilmente nel cuore dei suoi interlocutori; ed è così che ella avvince col fascino della sua bontà Gimli, riportando la pace tra elfi e nani, ma anche ferisce profondamente l'orgoglio di Boromir, costretto a confessare a sé stesso prima che a lei la brama che lo rode nei confronti dell'anello. Tuttavia l'ospitalità di Galadriel è colma di attenzione verso la fatica e il dolore dei suoi ospiti, che possono, sotto la sua protezione, riposare a lungo nella meravigliosa città immersa tra le foglie d'oro di Lothlorien.


Nella malinconia del ricordo di Gandalf i viaggiatori trascorrono quasi un mese di riposo, finché, una sera, Galadriel convoca a sé Frodo e Sam.


Ella conduce gli hobbit in una conca nel cui centro si erge una vasca che la dama si appresta a riempire con l'acqua di una cascatella che corre lì accanto. Sam e Frodo sono invitati a guardare nello specchio d'acqua della vasca: essa è come una finestra che si apre sul passato e sul futuro, ma ciò che mostra è indecifrabile. 


Entrambi gli hobbit vedono frammenti di cose che accadranno, ma di cui non comprendono appieno il significato (è così che Sam vede la futura rovina della Contea, e la morte apparente di Frodo; mentre a Frodo sembra di scorgere Gandalf lungo una strada notturna). All'ultimo, a Frodo appare l'occhio felino e infuocato di Sauron, evocato dall'anello e dal potere dello specchio. 


Egli comprende allora la durezza della lotta che Galadriel deve condurre ormai senza sosta contro il potere dell'occhio di Sauron, e in un impeto di generosa pietà offre alla regina degli elfi l'anello del potere. La tentazione dell'anello scuote il cuore di Galadriel, ma ella sa che il suo tremendo potere potrebbe corrompere anche il suo cuore e trasformarla in una terribile regina della notte. Ed è così che rifiuta l'offerta di Frodo e decide di rimanere Galadriel, e di accettare il destino di decadenza e di oblio che in un futuro ormai molto vicino colpirà tutto il suo popolo.


« I raggi della Stella si rifrangevano su un anello che brillava al dito di Galadriel, come oro lucido placcato di luce argentata; una pietra bianca sfavillava, e pareva che la Stella del Vespro si fosse posata sulla sua mano. »
(La Compagnia dell'Anello, p.452, Bompiani 2001.)

Nenya al dito di Galadriel nel film La Compagnia dell'Anello
Nenya (l'Anello d'Acqua o Anello di Diamante) è uno degli Anelli del Potere descritti da J.R.R. Tolkien nelle opere letterarie ambientate nell'universo immaginario fantasy diArda. Si tratta di uno dei tre anelli creati dagli elfi noldorin dell'Eregion. Il nome Nenya trae origine da nén che in lingua quenya significa acqua.
Nenya fu forgiato da Celebrimbor e dalla corporazione degli artigiani (Gwaith-i-Mírdain) di Eregion durante la Seconda Era, insieme agli altri due Anelli ElficiNarya e Vilya. Poiché Sauron non aveva avuto alcun ruolo nella loro creazione, i Tre Anelli non ne avevano subito l'influenza malvagia (benché legati al potere dell'Unico), di conseguenza coloro che li portavano non potevano essere assoggettati alla volontà dell'Oscuro Signore[1].
Nenya è descritto come costituito da mithril con incastonata una "pietra bianca", presumibilmente un diamante[2].
L'anello era portato da Galadriel di Lórien, e normalmente era invisibile; Nell'episodio de Lo specchio di Galadriel contenuto nel romanzo Il Signore degli AnelliFrodo è in grado di scorgere Nenya indossato al dito della dama elfica solo in quanto portatore dell'Unico Anello, mentre Samvise Gamgee, nella stessa occasione riferisce all'elfa di non averlo visto e di aver notato solo una luce brillare fra le dita[3].
« Tu hai visto il mio anello?», domandò [Galadriel], rivolgendosi a Sam. «No, Dama», rispose Sam. «A dir la verità, non capivo di che cosa parlaste. Ho visto una stella brillare attraverso il vostro dito. »
(Il Signore degli Anelli, libro II, finale del capitolo VII.)
Il potere di Nenya era quello di preservare e proteggere i luoghi abitati dagli elfi e le loro creazioni, nonché di occultarli agli occhi di Sauron. Dama Galadriel usò questi poteri per creare e preservare il reame di Lothlórien, ma accrebbero in lei anche la brama per il mare e il desiderio di fare ritorno alle Terre Immortali.
Dopo la distruzione dell'Unico Anello e la sconfitta di Sauron, il potere di Nenya diminuì o scomparve del tutto insieme a quello degli altri Anelli del Potere. Galadriel portò Nenya con sé sulla nave che dai Porti Grigi l'avrebbe condotta ad Ovest, accompagnata dai portatori degli altri due anelli. Con l'allontanamento dell'anello, anche la magia e la bellezza di Lórien sbiadirono e la regione si spopolò gradualmente, tanto che nell'anno 121 della Quarta Era, quando Arwen vi si recò per morire, era ormai abbandonato: «Galadriel era partita, e anche Celeborn se n'era andato, e tutto era silenzio.»[4].

Note

  1. ^ Vedi Anelli del Potere per un trattazione più approfondita del legame fra l'Unico e i vari anelli minori.
  2. ^ La natura della pietra non viene chiarita, tuttavia l'uso della parola inglese "adamant" - un sinonimo arcaico per diamante o, genericamente, per ogni sostanza estremamente dura - è fortemente suggestiva.
  3. ^ La traduzione italiana è concorde con molte edizioni inglesi in cui viene usata la parole "finger" (dito) al singolare che rende la frase più suggestiva poiché suggerisce che il dito dell'elfa fosse diventato in qualche modo trasparente. Ma in The Treason of Isengard (settimo volume di The History of Middle-earth), cap. 13, nota 34, Christopher Tolkien lo indica come un refuso in luogo di fingers (dita).
  4. ^ La morte di Arwen è narrata in Annali dei Re e dei Governatori, appendice A, parte 5, de Il Signore degli Anelli.