lunedì 21 luglio 2014

Cortile





































bussola

Corte dei Leoni (Patio de los Leones) dell'Alhambra (XIV secolo),Granada

Cortile di palazzo Medici Riccardi(1444-1452 circa), Firenze

Cortile porticato del Korniakt Palace(1580 circa) a Leopoli, in stile italiano
La corte o cortile è uno spazio scoperto di un edificio, al fine di dargli maggior luce e aerazione.

Storia

Già esistente nella struttura della villa romana (peristilio), in occidente visse in epoca medievale alterne fortune, anche per la scarsa disponibilità di spazi all'interno delle mura delle città europee. In ambito islamico, la corte continuò rivestire un'importanza centrale nella creazione dei palazzi, spesso ravvivate da fontane e giochi d'acqua. Corti non porticate si trovano nei maggiori palazzi pubblici medievali d'Europa e raro è l'uso di archi e porticati, magari presenti su un solo lato, spesso per sorreggere la scalinata per i piani superiori.
Nel Rinascimento le corti con porticato vennero riscoperte, nel quadro del recupero di tutti gli elementi della civiltà classica. Non si conosce quale sia il primo cortile porticato pienamente rinascimentale, che sicuramente si ispirò, regolarizzandone l'impianto, alle corti dei palazzi pubblici medievali ed ai chiostri dei monasteri. A Firenze si fanno di solito gli esempi di Palazzo Busini-Bardi (anni 1430), attribuito a Brunelleschi, e di palazzo Medici-Riccardi di Michelozzo (incertamente datato al 1444-1452 o al 1460). A Roma si cita il cortile "del Palazzetto" a Palazzo Venezia (1467-1471), dove si ripresero motivi dell'architettura romana desunti dal Colosseo e dal Teatro di Marcello, mentre a Urbino spicca il Cortile di palazzo Ducale (1466-1472), emblematico della cultura prospettica urbinate.

Corti rurali

È anche lo spazio tra la casa colonica e la stalla.
In Lombardia è diffusa la corte come spazio aperto di un edificio abitabile (talora "corte" indica la stessa abitazione). Tale costruzione è chiusa, e la corte si trova al suo interno, o più spesso è a forma di U aperta verso la stalla ("bassacorte") e/o i campi.

Patio

È caratteristico dell'architettura coloniale dei paesi dell'America latina, contraddistinto da uno spazio coperto (porticati e loggiati), verso il quale si aprono gli ambienti dell'edificio, e da una parte scoperta, coltivato a giardino, spesso arricchito da fontane. In italiano è sinonimo di corte.

Saqīfa

La saqīfa era lo spiazzo intorno al quale gravavano gli edifici arabi, come nel caso degli āṭām (pl. uṭum) di Yathrib / Medina.
Famosa la Saqifa dei Banu Sa'ida, dove dagli astanti fu identificato come primo califfo islamico Abū Bakr, il giorno stesso della morte di Maometto.

Bibliografia

  • Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7212-0 (per la parte storica)

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Chiare, fresche e dolci acque







Chiare, fresche et dolci acque è la canzone numero CXXVI (126) del Canzoniere di Francesco Petrarca. Fu scritta tra il 1344 e il 1345 e il poeta venne ispirato, molto probabilmente, dal fiume Sorgue che scorre nei pressi dell'attuale comune francese di Fontaine-de-Vaucluse (Fonte di Valchiusa).



La canzone, da molti ritenuta il capolavoro del poeta aretino, è divisa in 5 stanze di 13 versi ciascuna (4 endecasillabi e 9 settenari). Ogni stanza è divisa in fronte (contenente due piedi) esirma (indivisa). Il componimento termina con un congedo di tre versi (2 endecasillabi e 1 settenario).
Lo schema delle rime è: abCabCcdeeDfF (DfF per il congedo).
La canzone ha la forma di un dialogo rivolto al luogo, Valchiusa, che ha visto gli incontri del poeta con Laura e nel quale egli si augura di potere un giorno essere sepolto.
I vari elementi della natura (acque, erbe, fiori e così via) sembrano recare ancora l'impronta della donna e la evocano con intensità alla memoria (v.41). L'animo del poeta oscilla tra il ricordo dolce di giorni passati e l'anticipazione dolce-amara di quando sarà già morto: allora forse Laura tornerà in questo luogo, lo cercherà invano e, scoprendone la tomba, implorerà dal Cielo pietà verso di lui.
Nella canzone perciò si alternano il passato (strofe 1,4,5) e il futuro (2,3). Alle strofe, come è consuetudine nella canzone, segue un "congedo" o "commiato" di tre versi, con cui l'autore saluta la sua poesia nel momento in cui l'affida alla lettura del pubblico ("la gente").
Il poeta si rivolge ai luoghi che hanno accolto in passato la presenza di Laura. È questa una canzone celeberrima del Canzoniere, composta probabilmente tra il 1340 e il 1341. Al centro dell'attenzione sta il paesaggio intimamente legato e segnato dalla presenza di Laura e dall'abbandono del poeta, il quale, proprio nel paesaggio trova il corrispettivo più adeguato del proprio mondo interiore. Sia il paesaggio sia la figura di Laura sono visti nella prospettiva del ricordo, altro elemento decisivo della lirica petrarchesca.

Chiare, fresche et dolci acque, 
ove le belle membra 
pose colei che sola a me par donna; 
gentil ramo ove piacque 
(con sospir mi rimembra) 
a lei di fare al bel fianco colonna; 
erba e fior che la gonna 
leggiadra ricoverse 
co l'angelico seno; 
aere sacro, sereno, 
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse: 
date udienza insieme 
a le dolenti mie parole estreme.
S'egli è pur mio destino, 
e 'l cielo in ciò s'adopra, 
ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda, 
qualche grazia il meschino 
corpo fra voi ricopra, 
e torni l'alma al proprio albergo ignuda. 
La morte fia men cruda 
se questa spene porto 
a quel dubbioso passo; 
ché lo spirito lasso 
non poria mai in più riposato porto 
né in più tranquilla fossa 
fuggir la carne travagliata e l'ossa.
Tempo verrà ancor forse 
ch'a l'usato soggiorno 
torni la fera bella e mansueta, 
et là ' ov' ella mi scorse 
nel benedetto giorno 
volga la vista disiosa et lieta, 
cercandomi: et, o pieta!, 
già terra infra le pietre 
vedendo, Amor l'inspiri 
in guisa che sospiri 
sì dolcemente che mercé m'impetre, 
et faccia forza al cielo, 
asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da' be' rami scendea 
(dolce ne la memoria) 
una pioggia di fior sovra 'l suo grembo; 
et ella si sedea 
umile in tanta gloria, 
coverta già de l'amoroso nembo. 
Qual fior cadea sul lembo, 
qual su le trecce bionde, 
ch'oro forbito et perle 
eran quel dì, a vederle; 
qual si posava in terra, e qual su l'onde; 
qual, con un vago errore 
girando, parea dir: Qui regna Amore
Quante volte diss'io 
allor pien di spavento: 
Costei per fermo nacque in paradiso. 
Così carco d'oblio
il divin portamento 
e 'l volto e le parole e 'l dolce riso 
m'aveano, et sì diviso 
da l'imagine vera, 
ch'i' dicea sospirando: 
Qui come venn'io, o quando?; 
credendo esser in ciel, non là dov'era. 
Da indi in qua mi piace 
questa erba sì, ch'altrove non ho pace.
Se tu avessi ornamenti quant' hai voglia, 
poresti arditamente 
uscir del bosco e gir in fra la gente.

PARAFRASI

Limpide, fresche e dolci acque
dove immerse le sue belle membra
colei che unica per me merita il nome di donna
delicato ramo al quale le piacque
di appoggiare il suo bel corpo
( me ne ricordo sospirando )
erba, fiori che ricoprirono
il suo leggiadro vestito ed il suo corpo,
atmosfera limpida, fatta sacra dalla sua presenza
dove Amore attraverso i suoi begli occhi mi trafisse l'animo
ascoltate voi tutti insieme
le mie tristi ultime parole.
Se è mio destino dunque,
ed in ciò si adopera il volere del cielo,
che Amore chiuda questi occhi piangenti,
qualche favore divino faccia sì
che il mio corpo sia sepolto tra voi,
e l'anima ritorni sciolta dal corpo al cielo.
La morte sarà meno dolorosa
se reco questa speranza in vista di quel pauroso momento:
poiché l'anima stanca
non potrebbe in più riposata quiete
né in più tranquillo sepolcro
abbandonare il corpo travagliato da mille angosce.
Verrà forse un giorno
in cui all'abituale meta
ritornerà la donna bella e crudele,
e a quel luogo dove ella mi vide
nel benedetto giorno dell'incontro
volga i suoi occhi pieni di desiderio e di letizia,
cercando di me, e, divenuta pietosa,
vedendomi polvere tra le pietre del sepolcro,
venga ispirata da Amore
così da sospirare
tanto dolcemente e ottenere la misericordia divina
piegando la giustizia celeste,
asciugandosi gli occhi con il suo bel velo.
Dai rami scendeva ( dolce nel ricordo )
una pioggia di fiori sul suo grembo;
ella sedeva umile in tanta festa della natura,
coperta da quella pioggia di fiori, ispiratrice d'amore.
Un fiore cadeva sull'orlo della veste,
un altro sulle bionde trecce,
che quel giorno a vederle.
parevano oro fino e perle 
Un altro si posava in terra ed un altro ancora sull'acqua;
infine un fiore 
volteggiando nell'aria
pareva suggerire: "Qui regna Amore "
Quante volte dissi,
preso da grande stupore:
costei certo è nata in Paradiso.
Il suo modo di procedere quasi divino; 
il suo volto, la sua voce e il suo sorriso
mi avevano fatto dimenticare a tal punto dove mi trovavo
e fatto allontanare talmente dalla realtà,
che  mi chiedevo sospirando come
fossi potuto pervenire in un luogo simile e quando vi ero giunto.
Perché credevo di essere giunto in Paradiso
non in Terra dove mi trovavo
Da quel momento in poi amo questo luogo
così che non ho pace in nessun altro.
Se tu, mia canzone, fossi bella e ornata, quanto desideri,
potresti coraggiosamente
uscire dal bosco e andare tra gli uomini


The River Brue originates in the parish of Brewham in Somerset, England, and reaches the sea some 50 km west at Burnham-on-Sea. It originally took a different route fromGlastonbury to the sea, but this was changed by the monastery in the twelfth century.
The Brue Valley Living Landscape is a conservation project based on the Somerset Levels and Moors and managed by the Somerset Wildlife Trust. The project commenced in January 2009 and aims to restore, recreate and reconnect habitat. It aims to ensure that wildlife is enhanced and capable of sustaining itself in the face of climate change[1] while guaranteeing farmers and other landowners can continue to use their land profitably. It is one of an increasing number of landscape scale conservation projects in the UK.