sabato 21 giugno 2014

Costa azzurra



Sopra, Antibes, sotto, cartina della Costa Azzurra da Nizza fino a Toulon.



Costa Azzurra (originale francese Côte d'Azur) e Riviera Francese (originale inglese French Riviera) sono due termini non sempre intercambiabili utilizzati per riferirsi in maniera non ufficiale a una porzione della costa mediterranea francese appartenente alla regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra.
Il numero dei suoi abitanti, che si chiamano azuréens, e lecitamente cambia dunque in base all'estensione di tali definizioni: i limiti più frequenti (a parte il confine italiano) sono, da Est a Ovest, MonacoSaint TropezHyèresCassis e Martigues.
La "capitale" della regione è Nizza. Il primato di questa città come più antica stazione turistica francese è conteso da Hyères, che ha accolto i primi turisti nel 1789 ed è francese dal 1481, mentre Nizza solo dal 1860. È a Hyères, inoltre, che nel 1887 Stéphen Liégeard inventa il termine Côte d'Azur.
A sostegno di chi vuol far terminare a Cassis la Costa Azzurra si cita spesso come da Cassis si sviluppi il massiccio delle Calanche fino a Marsiglia, che tra l'altro non viene mai annoverata tra le località azzuréennes, mentre oltre tale città si distende il massiccio dell'Estaque con la sua propria Côte Bleu (Costa Blu).


La città più grande della Costa Azzurra è Nizza, con i suoi 340.735 (2009) abitanti, che arrivano a 545.000 se si prende in considerazione l'agglomerazione intercomunale Métropole Nice Côte d'Azur. Altra grande comunità amministrativa è l'agglomerazione della Riviera Francese, il cui polo centrale non è Nizza bensì Mentone.
L'agglomerazione di Mentone non fa parte della Metropoli Nizza-Costa Azzurra ma viene contemplata nelle statistiche della Grande Nizza (non organo amministrativo ma concetto elaborato dall'Istituto di Statistica di Francia), che conta circa 1.313.523 abitanti. La Grande Nizza è costituita da sei aree urbane incluso il Principato di Monaco e si stende sui dipartimenti di Alpi Marittime e del Var. Nel Var l'agglomerazione più importante, che confina con la Grande Nizza, è l'agglomerazione di Tolone-Provenza Mediterranea coi suoi 424.390 abitanti.


The Hôtel du Cap is a resort hotel in Antibes on the French Riviera. Built originally as a private mansion, it opened as a hotel in 1870. Its restaurant, Eden-Roc, ranked 82nd in the Elite Traveler World's Top Restaurants Guide 2012

Nel suo concetto più ampio, da Martigues a Mentone, questo tratto di costa presenta sostanzialmente due tipologie di climi, del tutto diverse: nell'arco dei 14 km di ampiezza del territorio hyèrois, infatti, si passa dai 600–700 mm di precipitazioni annue della parte occidentale ai 900–1000 mm della parte orientale. Il golfo di Genova presenta quindi un clima di tipo "nizzardo", più dolce e umido, mentre il Golfo del Leone ha un clima tipicamente "mistralico", caldo e secco.



Città sulla costa

Il faro di Nizza, sulla Costa Azzurra
















Luxury lifestyle
























































Preraffaelliti, Faerie realm e fairy tales



Il dipinto presenta un soggetto allegorico, ossia il cambio delle stagioni e il pellegrinaggio di un anno passato. Byam Shaw ama Tennyson, Sheakespeare e i Rossetti, ed è probabile che il titolo sia una citazione poetica di cui non è chiara la fonte. L’artista raffigura l’Autunno come la donna dall’elaborato abito arancione, che scorta l’Anno, l’anziano pellegrino in veste grigia, verso la barca del Tempo. Secondo Rex Vicat Cole, il docente di Shaw, la figura eterea che emerge dalle acque poco profonde è la Nebbia, che allunga il braccio per toccare Cupido, la figura alata che simboleggia l’Amore. Al centro, esattamente nel punto focale, si affaccia una donna cacciatrice accompagnata dal suo cane, una figura tranquilla e in abiti modesti che fissa lo spettatore.
Le altre donne sedute sulla riva rappresentano molto probabilmente le qualità feconde e produttive dell'autunno: una tiene una falce, ricordando il raccolto annuale, l’altra guarda malinconicamente in direzione della rondine in partenza, tenendo in grembo le ultime rose e le margherite Michaelmas (una pianta erbacea perenne che fiorisce in autunno). Il colore è il protagonista assoluto in quest’opera, che viene utilizzato per sottolineare le varie qualità di ogni personaggio. Shaw utilizza nelle sue opere pigmenti puri, al fine di raggiungere le tonalità più vive possibili, lavorando con la stessa sensibilità di Millais e Ford Madox Brown.





L’artista ha solo 23 anni quando realizza questo dipinto ispirato ad una poesia di Rossetti, “Damigella beata”, scritta nel 1850. (qui la trovate per intero: http://qohelet.altervista.org/pagine/damoiselle_rossetti.htm) La fanciulla è immaginata dal suo amante nel paradiso in cielo, dove riecheggiano canti d’amore e musica di liuti e cetre. I due amanti vestiti di un candido bianco stanno nello spazio a sinistra, mentre al centro
“Vedremo estatici per meraviglia,
le ancelle della dolce Maria,
che la circondano, basse le ciglia,
cinque bei nomi in sinfonia?
La Maddalena, Geltrude e Cecilia
e Margherita e Rosalia.

Sedute in circolo, soavi e candide,
ben ravviate e inghirlandate,
tessono il filo (con vesti fiammee)
d’oro, a foggiarne le desiate
vesti di nascita per tutte l’anime
che, morte al mondo sono qui nate.”
I critici elogiano il suo dipinto per la colorazione sapiente e la composizione romantica, che deve molto all'influenza dei preraffaelliti. Il quadro viene appeso in una posizione privilegiata alla Royal Academy Summer Exhibition.


Nel Libro dei Re, Gezabele è la moglie del re d'Israele Acab, personaggio affascinante e controverso. La donna convince il marito ad abbandonare la religione dei padri per venerare Baal, una sorta di Dio fenicio dei raccolti più vicino alle donne rispetto a Jeova, dio sanguinario venerato in un’Israele nomade dove il ruolo della donna è molto più debole. Gezabele viene per questo contrastata energicamente dal profeta Elia, che fa massacrare tutti i preti del dio Baal; Gezabele infuriata tenta di uccidere Elia che riesce a rifugiarsi nel regno di Giuda. Dopo la morte del re Acab, la donna continua a regnare con i due figli, finchè si compie il suo destino profetizzato da Elia: Ieu rovescia il palazzo e ordina che ella venga lanciata dalla finestra e il suo corpo usato come cibo per cani. Il fatto che la donna prima della morte si sia acconciata e abbellita con trucchi ha fatto sì che passasse alla storia come “prostituta” e “fornicatrice”. Il dipinto di Shaw la rappresenta proprio nel momento in cui sta per andare incontro alla morte, mentre si pettina i capelli rossi (associati al desiderio sessuale e alla stregoneria) ornandosi con fiori e gioielli aiutata dai servi. Quando il dipinto viene esposto per la prima volta Gezabele è nuda, ma in seguito Shaw le dipinge una vestaglia rossa, pur lasciandole ancora i piedi nudi. I gigli arancioni allineati in primo piano alludono la morte mentre il pavone simboleggia l’orgoglio. Un gatto nero, presagio di sventura, si strofina sulle gambe di Gezabele, a ricordare che verrà gettata ai cani. 




Due anni dopo il dipinto basato sul poema di Rossetti “La beata donzella”, Byam Shaw fa un nuovo omaggio al’artista illustrando la poesia “Gingilli d’amore” (traduzione Angiolo Bandinelli):
Io ero dove amore a colme braccia portava
Delicati capricci di fiori e bagatelle di frutta:
intorno a lui, dame accalcate in corteo ardente
trillavano e lambivano e offrivano la strana messe.
E, dalla mano di una, i petali e la corolla
Sapevano di sonno; e i grappoli e un ricciuto germoglio
In mano all’altra apparivano quasi omaggio impudico-
Doni per cui sentivo le mie guance arrossire.




Due anni dopo “La regina di cuori” Shaw realizza quella che può essere considerata una sua gemella, la regina di picche. Come nel primo dipinto la composizione è triangolare e sui toni del rosso e del nero, ma questa volta rappresenta la regina (che nel gioco delle carte è considerata sfortunata) seduta sul trono affiancata da due guardie mentre una giovane dama, posta a destra per spezzare la simmetria, la intrattiene suonando e cantando.



L’acquerello illustra una poesia di Christina Rossetti, “Il cammino del principe”, che era stata pubblicata per la prima volta nel ’66, accompagnata dai disegni di Dante Gabriel. Il poema racconta di un principe che si attarda così a lungo durante un viaggio per incontrare la sua dolce e malata promessa sposa, che al suo ritorno trova senza vita. L’acquerello è ancora nella sua cornice originale, progettata dall’artista e da lui decorata o comunque realizzata sotto la sua supervisione, ed è un chiaro esempio del suo stile neo-rossettiano. Nella parte inferiore sono riportati gli ultimi versi della poesia, dove le assistenti della principessa descrivono la vana attesa. L’acquerello è uno dei 39 piccoli quadri esposti alle Dowdeswell Galleries di New Bond Street nel ’99, ispirati a brani di poeti britannici. Christina Rossetti era una dei suoi poeti preferiti, e alla mostra erano stati esposti non meno di 11 opere ispirate ai suoi lavori, di gran lunga il più grande gruppo da un solo autore.



Il quadro è accompagnato da un sottotitolo che è una citazione di Christina Rossetti: “La scorsa estate era tutto più verde / meno rovi, l’azzurro del cielo più blu”. I versi sono un riflesso dello stato d'animo della giovane donna vestita di nero: con il cuore a pezzi, rimane in disparte assorta nel pensiero della persona amata uccisa nella guerra in Sud Africa, del tutto indifferente alla profusione di elementi della natura che la circondano. Sola, inconsolabile sulla riva del fiume, cerca di ricordare giorni felici, ma scopre che è difficile. Nei suoi occhi la bellezza sembra averla abbandonata, fa fatica a scendere a patti con la morte. Tuttavia è l’esemplare eroina inglese che riesce a sopportare il dolore con grande stoicismo poiché la persona cara ha dato la sua vita per il suo paese. La modella utilizzata è Margaret Glencairn, sorella dell’artista, che porta il lutto per la perdita del cugino George ucciso in battaglia. Anche se Byam utilizza colori vivaci e indaga minuziosamente ogni pianta, con un accuratezza botanica sconcertante in modo tipicamente preraffaellita, i colori delle piante che baciano l’acqua risultano più smorzati, forse per riflesso dello stato d’animo del soggetto. Sull’acqua in primo piano galleggia una piuma di cigno, che una volta accoppiato passerà la vita insieme alla sua compagna, e se uno dei due morirà l’altro soffrirà per lui. Il corvo in volo sopra agli alberi è segno di malaugurio, e amplifica l'atmosfera inquietante del dipinto.









LUD’S CHURCH is the folk name for a natural cleft in the living bones of Mother Earth. Also known as Ludchurch, it is believed that the chasm was holy to the Old Religion due to a wonder that haps on Midsummer’s Day, when only on this day do bright shafts of sunlight thrust and unload deep into the moist hollow. The shape of the cleft means that the sunlight hardly ever penetrates her, and she remains ever green with virginal moss, moist and cool even on the sultriest of days.

Lud, known as Lludd and Nudd in Welsh, Núada in Irish and Nodens by the ancient Britons, is a major Insular Celtic god of waterside hunting and fishing, associated with many wet parts of Britain and with the Arthurian Fisher King and, by way of Sir Gawain and the Green Knight, the Green Man. It is inside this moist hollow that Sir Gawain dutifully came to be beheaded by the Green Knight whose hollow this was and whose seduced Gawain at Bertilak.

The deep hollow cloven into the thighs of the gritstone bedrock was wrought by the stroke of a monstrous landslip on the hillside above Gradbach, Staffordshire, England, in a far age before reckoning. It lies in the bushy Back Forest under the milky White Peak, towards the southwest fringe of the hallowed hills o’ the Peak District National Park about 4 kilometres (2.5 mi) west of the A53 between Leek and the holy wells of Buxton.




Mitologia celtica: Litha, il solstizio d'estate



In Gran Bretagna, a Stonehenge, sopravvivono gli imponenti ruderi di un tempio druidico: due cerchi concentrici di monoliti che raggiungono le 50 tonnellate. L'asse del monumento è orientato astronomicamente, con un viale di accesso al cui centro si erge un macigno detto "pietra del calcagno" (Heel Stone, detta anche Fryar's Heel, Tallone del frate).
Al solstizio d'estate il Sole si leva al di sopra della Heel Stone. Stonehenge, insomma, sarebbe non solo un tempio, ma anche un calendario.


ÁINE was the divine radiance of the June solstice whereon her festival was celebrated in Munster. In the north of Ireland Áine was thought to be a mortal woman who was spirited away at night from her husband's side. In the south she was associated with the fertility of cattle and thought to have a neighbour named Grian [sun], a goddess who dwelt at Cnoc Gréine [hill of the sun], a hill about 7 miles distant from Cnoc Áine. She is also linked to Cnoc Áine and the well Tobar Áine near Lissan, Co. [London]Derry, and Cnoc Áine near Augher, Co. Waterford. As Grian like Áine is also descended from Fer Í [man of the yew] and Eógabal [yew branch], some commentators believe she is the same figure as Áine under a different name. Áine is often thought to be a counterpart of both Aíbell [glowing embers] and Clídna.

Áine was commemorated in Munster with a procession of torches on the midsummer solstice in June and the month of June took its name from Juno, the Latin Hera and Hera was likewise associated with cows, bearing an epithet 'the cow-eyed goddess' at least as early as the Iliad. Juno who a goddess associated with fertile mothers, married women and the month of June and is the identification of a goddess named Annea Clivana (no offspring of the hills ), testified in Cisalpine Gaul.

Under the name of AÍbell, she is portrayed as an Old Irish goddess or fairy queen, associated with north Munster, a patron of the O'Briens. Her fairy mound is at Craig Liath (also Craigeevil), near Killaloe, Co. Clare. Comparable to both Áine and Clídna, she was a rival of the latter for the affections of Caomh. Clídna put her under a spell and changed her into a white cat. In other accounts, she accompanied Brian Bórama (Boru) to Clontarf and became a lover of an attendant, Dubhlaing, to Brian's oldest son. 




On MIDSUMMER’S EVE many years ago, when it became dusk, very old people in Cornwall and the neighbouring shires would hobble away to some high ground, whence they obtained a view of the most prominent hills, such as Bartinney, Chapel Carn-brea, Sancras Bickan, Castle-an-Dinas, Carn Galver, St. Agnes Bickan, and many other beacon hills far away to north and east, which vied with each other in theirMidsummer's blaze. They counted the fires and drew a presage from the number of them. There are now but few bonfires to be seen on the western heights; yet we have observed that Tregonan, Godolphin, and Carn Marth hills, with others away towards Redruth, still retain their Baal fires. We would gladly go many miles to see the wierd-looking, yet picturesque, dancers around the flames on a cam, or high hill top, as we have seen them some forty years ago.



MIDSUMMER DAY was also observed not only by the Celts, but by most European folk, the ritual resembling that of Beltane. It has been held, and an old tradition in Ireland gives some support to the theory, that under Christian influences the old pagan feast of Beltane was merged in that of S. John Baptist on Midsummer day.But, though there are Christian elements in the Midsummer ritual, denoting a desire to bring it under Church influence, the pagan elements in folk-custom are strongly marked, and the festival is deeply rooted in an earlier paganism all over Europe. Without much acquaintance with astronomy, men must have noted the period of the sun's longest course from early times, and it would probably be observed ritually. The festivals of Beltane and Midsummer may have arisen independently, and entered into competition with each other. Or Beltane may have been an early pastoral festival marking the beginning of summer when the herds went out to pasture, and Midsummer a more purely agricultural festival.

And since their ritual aspect and purpose as seen in folk-custom are similar, they may eventually have borrowed each from the other. Or they may be later separate fixed dates of an earlier movable summer festival. For our purpose we may here consider them as twin halves of such a festival. Where Midsummer was already observed, the influence of the Roman calendar would confirm that observance. The festivals of the Christian year also affected the older observances. Some of the ritual was transferred to saints' days within the range of the pagan festival days, thus the Samhain ritual is found observed on S. Martin's day. In other cases, holy days took the place of the old festivals--All Saints' and All Souls' that of Samhain, S. Brigit's day that of February 1st, S. John Baptist's day that of Midsummer, Lammas that of Lugnasad, and some attempt was made to hallow, if not to oust, the older ritual.

The ritual of the Midsummer festival did not materially differ from that of Beltane, and as folk-survivals show, it was practised not only by the Celts, but by many other European peoples. It was, in fact, a primitive nature festival such as would readily be observed by all under similar psychic conditions and in like surroundings. A bonfire was again the central rite of this festival, the communal nature of which is seen in the fact that all must contribute materials to it. In local survivals, mayor and priest, representing the earlier local chief and priest, were present, while a service in church preceded the procession to the scene of the bonfire. Dancing sunwise round the fire to the accompaniment of songs which probably took the place of hymns or tunes in honour of the Sun-god, commonly occurred, and by imitating the sun's action, may have been intended to make it more powerful. The livelier the dance the better would be the harvest. 2 As the fire represented the sun, it possessed the purifying and invigorating powers of the sun; hence leaping through the fire preserved from disease, brought prosperity, or removed barrenness. Hence also cattle were driven through the fire. But if any one stumbled as he leaped, ill-luck was supposed to follow him. He was devoted to the fadets or spirits, 1 and perhaps, like the "devoted" Beltane victim, he may formerly have been sacrificed. Animal sacrifices are certainly found in many survivals, the victims being of ten placed in osier baskets and thrown into the fire. In other districts great human effigies of osier were carried in procession and burned.

The connection of such sacrifices with the periodical slaying of a representative of the vegetation-spirit has been maintained by Mannhardt and Dr. Frazer. As has been seen, periodic sacrifices for the fertility of the land are mentioned by Cæsar, Strabo, and Diodorus, human victims and animals being enclosed in an osier image and burned. These images survive in the osier effigies just referred to, while they may also be connected with the custom of decking the human representatives of the spirit of vegetation in greenery. The holocausts may be regarded as extensions of the earlier custom of slaying one victim, the incarnation of a vegetation-spirit. This slaying was gradually regarded as sacrificial, but as the beneficial effect of the sacrifice on growth was still believed in, it would naturally be thought that still better effects would be produced if many victims were offered. The victims were burned in a fire representing the sun, and vegetation was thus doubly benefited, by the victims and by the sun-god.

The oldest conception of the vegetation-spirit was that of a tree-spirit which had power over rain, sunshine, and every species of fruitfulness. For this reason a tree had a prominent place both in the Beltane and Midsummer feasts. It was carried in procession, imparting its benefits to each house or field. Branches of it were attached to each house for the same purpose. It was then burned, or it was set up to procure benefits to vegetation during the year and burned at the next Midsummer festival. The sacred tree was probably an oak, and, as has been seen, the mistletoe rite probably took place on Midsummer eve, as a preliminary to cutting down the sacred tree and in order to secure the life or soul of the tree, which must first be secured before the tree could be cut down. The life of the tree was in the mistletoe, still alive in winter when the tree itself seemed to be dead. Such beliefs as this concerning the detachable soul or life survive in Märchen, and are still alive among savages.

Folk-survivals show that a human or an animal representative of the vegetation-spirit, brought into connection with the tree, was also slain or burned along with the tree. Thus the cutting of the mistletoe would be regarded as a preliminary to the slaying of the human victim, who, like the tree, was the representative of the spirit of vegetation.

The bonfire representing the sun, and the victims, like the tree, representing the spirit of vegetation, it is obvious why the fire had healing and fertilising powers, and why its ashes and the ashes or the flesh of the victims possessed the same powers. Brands from the fire were carried through the fields or villages, as the tree had been, or placed on the fields or in houses, where they were carefully preserved for a year. All this aided growth and prosperity, just as the smoke of the fire, drifting over the fields, produced fertility. Ashes from the fire, and probably the calcined bones or even the flesh of the victims, were scattered on the fields or preserved and mixed with the seed corn. Again, part of the flesh may have been eaten sacramentally, since, as has been seen, Pliny refers to the belief of the Celts in the eating of human flesh as most wholesome.

In the Stone Age, as with many savages, a circle typified the sun, and as soon as the wheel was invented its rolling motion at once suggested that of the sun. In the Edda the sun is "the beautiful, the shining wheel," and similar expressions occur in the Vedas. Among the Celts the, wheel of the sun was a favourite piece of symbolism, and this is seen in various customs at the Midsummer festival. A burning wheel was rolled down a slope or trundled through the fields, or burning brands were whirled round so as to give the impression of a fiery wheel. The intention was primarily to imitate the course of the sun through the heavens, and so, on the principle of imitative magic, to strengthen it. But also, as the wheel was rolled through the fields, so it was hoped that the direct beneficial action of the sun upon them would follow. Similar rites might be performed not only at Midsummer, but at other times, to procure blessing or to ward off evil, e.g. carrying fire round houses or fields or cattle or round a child deiseil or sunwise, and, by a further extension of thought, the blazing wheel, or the remains of the burning brands thrown to the winds, had also the effect of carrying off accumulated evils.

Beltane and Midsummer thus appear as twin halves of a spring or early summer festival, the intention of which was to promote fertility and health. This was done by slaying the spirit of vegetation in his representative--tree, animal, or man. His death quickened the energies of earth and man. The fire also magically assisted the course of the sun. Survival of the ancient rites are or were recently found in all Celtic regions, and have been constantly combated by the Church. But though they were continued, their true meaning was forgotten, and they were mainly performed for luck or out of sheer conservatism. Sometimes a Christian aspect was given to them, e.g. by connecting the fires with S. John, or by associating the rites with the service of the Church, or by the clergy being present at them. But their true nature was still evident as acts of pagan worship and magic which no veneer of Christianity could ever quite conceal.

Art by John George Naish (1824-1905) is entitled "Midsummer Fairies".



Il solstizio in astronomia è definito come il momento in cui il Sole raggiunge, nel suo moto apparente lungo l'eclittica, il punto di declinazione massima o minima[1].

Illuminazione solare durante il solstizio d'estate boreale.
Il fenomeno è dovuto alla inclinazione dell'asse di rotazione terrestre rispetto all'eclittica; il valore di declinazione raggiunta coincide con l'angolo di inclinazione terrestre e varia con un periodo di 41 000 anni tra 22,1° e 24,5°. Attualmente è di 23°27′ e l'angolo è in diminuzione.
Il Sole raggiunge il valore massimo di declinazione positiva nel mese di giugno in occasione del solstizio di estate boreale, mentre raggiunge il massimo valore di declinazione negativa indicembre, in occasione del solstizio di inverno boreale, corrispondente all'estate nell'emisfero australe.

Da un esame di una tabella dei tempi dei solstizi si può verificare che il fenomeno ritarda di circa sei ore ogni anno (5 ore, 48 minuti e 46 secondi per la precisione), salvo subire un nuovo riposizionamento indietro ogni quattro anni, in conseguenza degli anni bisestili, introdotti proprio per evitare un progressivo disallineamento delle stagioni con il calendario. A causa di queste variazioni può capitare che il solstizio astronomico cada nell'emisfero nord (emisfero boreale) il 20 o il 21 giugno per l'estate, o il 21 o 22 dicembre per l'inverno.


Nabta Playa vi è un circolo calendariale, dove due monoliti hanno allineamento Nord-Est in direzione del sorgere del sole il 21 giugno e risulta essere più antico di Stonehenge di almeno mille anni.[4]
Tracce di culti solari si incontrano in tutto il mondo, dalla Polinesia all'Africa alle Americhe, e giungono fino ai nostri giorni: per gli eschimesi il Sole è la Vita mentre la Luna la Morte, in Indonesia il Sole si identifica con un uccello e con il potere del volo, tra le popolazioni africane primitive la pioggia è il seme fecondatore del dio Amma, il Sole, creatore della Terra.
Per gli Inca, la cui massima fioritura si ha intorno al quindicesimo secolo, la divinità Inti è il Sole, sovrano della Terra, figlio di Viracocha, il creatore, e padre della sua personificazione umana, l'imperatore. Attorno a Cuzco, capitale dell'impero, sorgono i "Mojones", torri usate come "mire" per stabilire i giorni degli equinozi e dei solstizi. A Macchu Picchu, luogo sacro degli Inca, si può ancora vedere il "Torreon", una pietra semicircolare incisa per osservazioni astronomiche, e l'"Intihuatana", un orologio solare ricavato nella roccia.
Per i Maya il Sole è il supremo regolatore delle attività umane, sulla base di un calendario nel quale confluiscono credenze religiose e osservazioni astronomiche per quell'epoca notevolmente precise.
Tra gli indiani d'America il Sole è simbolo della potenza e della provvidenza divine. Presso gli Aztechi è assimilato a un giovane guerriero che muore ogni sera e ogni mattina risorge, sconfiggendo la Luna e le stelle: per nutrirlo il popolo azteco gli offriva in sacrificio vittime umane. Leggende analoghe, anche se fortunatamente meno feroci, si trovano ancora tra le popolazioni primitive nostre contemporanee. Gli stessi Inuit (eschimesi) ritenevano fino a poco tempo fa che il Sole durante la notte rotolasse sotto l'orizzonte verso nord e di qui diffondesse la pallida luce delle aurore boreali: convinzione ingenua, ma non del tutto errata, visto che è stato studiato come le aurore polari siano proprio causate da sciami di particelle nucleari proiettate nello spazio ad altissima energia dalle regioni di attività solare.
Tutto il culto degli antichi Egizi è dominato dal Sole, chiamato Horus o Kheper al mattino quando si leva, Ra quando è nel fulgore del mezzogiorno e Atum quando tramonta. Eliopoli, la città del Sole, era il luogo sacro all'astro del giorno, il tempio di Abu Simbel, fatto costruire da Ramses II nel tredicesimo secolo avanti Cristo, era dedicato al culto del Sole.

Secondo la cosmologia egizia il Nilo era il tratto meridionale di un grande fiume che circondava la Terra e che, verso nord, scorreva nella valle di Dait, immersa nell'eterna notte. “Il fiume - scrive Dreyer[5] - trasportava una imbarcazione su cui era un disco di fuoco, il Sole, un dio vivente chiamato Ra, che nasceva ogni mattino, cresceva e acquistava vigore fino a mezzogiorno, quindi passava su un'altra barca che lo portava fino all'ingresso durante la notte sino alla porta dell'oriente. In tempi più tardi il libro "Am Duat" o "Libro dei morti", racconta accuratamente il viaggio del dio Sole durante le dodici ore notturne, quando egli illumina successivamente dodici separate località dell'oltremondo. A volte, durante le ore diurne, la barca è assalita da un enorme serpente: allora il Sole si eclissa per breve tempo. Si devono agli Egizi alcune delle prime precise osservazioni astronomiche solari, in base alle quali i sacerdoti del faraone prevedevano le piene del Nilo e programmavano i lavori agricoli. Le piramidi sono disposte secondo orientamenti astronomici, stellari e solari. Gli obelischi erano essenzialmente degli gnomoni, che con la loro ombra scandivano le ore e le stagioni. Gli orologi solari erano ben noti e ne esistevano diversi tipi, alcuni dei quali portatili, a forma di T o di L, chiamati "merket": il faraone Thutmosis III, vissuto dal 1501 al 1448 a.C., viaggiava sempre con la sua piccola meridiana, come noi con il nostro orologio da polso. La prima comparsa di Sirio, la stella più luminosa del cielo, all'alba, in estate, era per gli Egizi il punto di riferimento fondamentale del calendario. Il loro anno era di 365 giorni esatti, ma sapevano già che in realtà la sua durata è maggiore di circa sei ore, per cui avevano calcolato che nel corso di 1460 anni la data delle inondazioni del Nilo faceva una completa rotazione del calendario.