Non è una novità il fatto che molte serie TV di Netflix affrontino in maniera estremizzata e politicizzata argomenti molto complessi ed estremamente delicati, a volte in maniera interessante e coinvolgente, altre volte in maniera forzata e artificiosa. Queste forzature, spesso accompagnate da una specie di teorema socio-politico da dimostrare partendo da presupposti spesso arbitrari e discutibili, fino ad ora non avevano mai oltrepassato il limite di quella che io chiamerei "crudeltà" più che crudezza, perché la crudezza fa parte dei generi sia cinematografici che televisivi, ma la crudeltà è inammissibile, anche quando viene usata per cercare di sensibilizzare il pubblico su tematiche importanti, ma che possono e devono essere trattate con delicatezza e umanità, senza le quali si passa dalla parte del torto, cosa che è accaduta con "Adolescence" (2025).
Non c'è bisogno di spoiler per argomentare questo giudizio, anche perché il primo, enorme, pugno nello stomaco, arriva quasi subito con una scena che mostra l'arresto di un bambino, da parte di una squadra di poliziotti armati fino ai denti che fanno irruzione in casa come se dovessero arrestare un boss della mafia.
Non ci viene risparmiato niente, in termini di crudeltà e di assurdità: non conosco le procedure della polizia britannica, ma mi rifiuto di credere che sia possibile sottoporre un tredicenne, seppur accusato di un grave crimine, a una tale tortura fisica e psicologica che mi ha fatto inorridire.
Il mio primo impulso è stato quindi quello di fermarmi, di interrompere lì, perché il disgusto era troppo forte e doloroso, ma poi mi sono detto: "magari hanno voluto épater les bourgeois, e durante la serie si giustificherà e si rimedierà, ammesso che sia possibile, questa tale mancanza di pietà umana".
E invece no: più si va avanti più il sadismo di questa fiction cresce di livello. Persino gli avvocati e gli psicologi si comportano in maniera totalmente, totalmente, e ripeto totalmente fuori non solo da ogni tipo di professionalità, ma anche da ogni tipo di umanità.
Non voglio entrare nel merito della trama perché preferisco scrivere recensioni senza spoiler, per cui vengo subito al nocciolo della questione: qui si criminalizza un bambino bullizzato e sconvolto soltanto per fare un impasto di scandalo e di critica politica e sociologica a determinate teorie che io non conoscevo e avrei preferito non conoscere.
Queste teorie che Netflix mette sotto accusa sono talmente banali e grossolane che non meritavano di certo una serie tv che le pubblicizzasse, perché alla fine uno dei danni di questa miniserie di 4 puntate (una peggio dell'altra) è l'effetto boomerang di rendere credibili queste teorie.
Farò solo alcuni accenni ai punti essenziali di questa specie di ideologia sessista con presunti sfondi suprematisti o reazionari: si parla dei cosiddetti "incel", i celibi involontari ossia i maschi che vorrebbero avere una fidanzata o una compagna, ma non la trovano. Già questa definizione ci fa capire la povertà contenutistica di tutto il discorso che Netflix vorrebbe contrabbandare come categoria filosofica dilagante tra i ragazzini maschi. Verrebbe in effetti quasi da ridere, se non ci fosse da indignarsi per come questa serie è stata realizzata, perché il cosiddetto "incel" non è altro che la versione 5.0 dello sfigato, e lo dico appartenendo io stesso honoris causa al club degli sfigati, come del resto la maggior parte dell'umanità.
Il secondo concetto è quello della teoria cosiddetta LMS (Look, Money, Status), che mi sembra un'ovvietà e cioè il fatto che se sei bello, ricco e famoso sei considerato più appetibile da parte della maggioranza delle donne.
Insomma è la scoperta dell'acqua calda.
Insomma è la scoperta dell'acqua calda.
Su Netflix però tutto fa brodo, per cui gli Incel che credono nella teoria LMS sarebbero dei potenziali assassini.
Affrontare i temi del sessismo e del femminicidio in questo modo è assurdo e contro-produttivo.
Ma non è finita qui: spunta anche la pillola rossa, che in Matrix aveva un grande significato, ma qui indica la teoria RedPill che sembra sostenere che l'80% delle donne desideri solo il 20% degli uomini, mentre non sarebbe vero il viceversa a causa di argomentazioni pseudoscientifiche a cui non doveva essere data tale visibilità.
Insomma, da un lato c'è l'ovvietà del fatto che essere belli, ricchi e famosi rende gli uomini attraenti e dall'altro invece c'è una teoria pseudoscientifica assurda che viene presa assurdamente sul serio.
L'unico tema invece drammaticamente reale, e cioè il cyberbullismo che crea poi complessi di inferiorità e genera rabbia viene sfiorato en passant senza essere stigmatizzato più di tanto perché in questo caso era una ragazza a bullizzare un ragazzo, cosa che si capiva già dalla prima puntata, e sinceramente non rendeva affatto simpatica questa ragazza, che poi è la vittima del femminicidio di cui il ragazzo è accusato, proclamandosi innocente.
Già in questa seconda puntata Netflix ha fatto tutto il possibile per creare un effetto boomerang, e cioè quello che in gergo si dice "processo alla vittima", quello in cui la gente dice "be', insomma, quella ragazza se l'è cercata". Ebbene, al termine della seconda puntata anche il più convinto femminista finirebbe per pensare quella frase e oserei dire che anche una parte del pubblico femminile finirebbe per biasimare la ragazza per la sua crudeltà gratuita, perché se la prende con l'unico che, in una circostanza grave, l'aveva difesa.
Naturalmente Netflix ci offre la spiegazione psico-socio-politologica già nella terza (e penultima, grazie al cielo) puntata di questo strazio.
La scena è ai limiti del teatro dell'assurdo e vede il confronto tra una giovane psicologa che ha già deciso a priori che la colpa è tutta del padre del ragazzo, e il ragazzo stesso che cerca di difendere il padre, che, pur essendo stato un genitore con qualche pecca (e chi è senza peccato scagli la prima pietra), non è poi tanto diverso da un qualsiasi comune cittadino, sia esso padre o madre, celibe o nubile. Ma non importa: Netflix, come la psicologa, ha già trovato il responsabile di tutto, il colpevole ideale, il "mandante morale", e cioè il patriarcato.
Io sono cresciuto in una famiglia matriarcale e la maggioranza delle famiglie che ho conosciuto sono basate su una madre caratterialmente più forte del padre e decisamente dominante. Non per questo però io mi sognerei mai di dare al matriarcato una connotazione negativa.
Ma la cosa più assurda è che il padre in questione non è affatto un maschio alpha patriarcale, ma lo era il nonno. E qui passiamo dalla tragedia alla farsa: la colpa è moralmente del nonno che però non compare mai, è un'entità astratta di cui la psicologa muore dalla voglia di parlare mentre il ragazzo tenta disperatamente di far capire alla psicologa che a bullizzarlo non è stato né il padre, né il nonno, ma i compagni di classe (cosa tipica) e in particolare una ragazza.
Di fronte alla mancanza totale di tatto e di professionalità della psicologa, che persino di fronte alla domanda disperata del bambino: "Secondo lei sono brutto?", gli nega una risposta che possa rincuorarlo perché comunque è un maschio e come tale già marchiato da un peccato originale, il ragazzo ha una reazione scomposta che avrei avuto anch'io se fossi stato trattato in quel modo.
A questo bambino, e lo chiamo così perché anche se gli attribuiscono 13 anni di età, a me sembra un bimbo delle scuole elementari, fanno passare le pene dell'inferno per 3 orribili, crudeli e insensate puntate.
Io speravo che nella quarta ci fosse il processo con lo scagionamento dell'imputato, come compensazione di tutto il male che gli hanno fatto prima, e invece no: l'ultima puntata non c'entra quasi niente col resto: c'è il compleanno del padre, festeggiato dalla moglie e dalla figlia, ma preso di mira dai vicini di casa e dai bulletti del quartiere per via del figlio arrestato, che però non compare se non tramite una telefonata in cui comunica una sua decisione, che ovviamente non rivelo.
Segue un giorno di ordinaria follia, in cui il padre ne subisce di tutti i colori e alla fine si arrabbia, come si sarebbe arrabbiato chiunque al posto suo.
Segue un giorno di ordinaria follia, in cui il padre ne subisce di tutti i colori e alla fine si arrabbia, come si sarebbe arrabbiato chiunque al posto suo.
Poi magicamente, dopo la telefonata del figlio, tutto cambia e si passa a un "volemose bene" da cui però il figlio è escluso, non perché non sia amato e ricordato dai genitori e dalla sorella, ma semplicemente perché per Netflix quel ragazzo è un mostro terribile peggio di Jack lo Squartatore e merita le pene dell'inferno.
Allora, io non sono certo tenero verso gli attuali teen-ager, ma durante queste orribili e strazianti quattro puntate ho sperato in tutti i modi che quel ragazzino venisse in qualche modo consolato da qualcuno, a prescindere dai fatti che non vengono nemmeno ben chiariti del tutto, (ma questo finisce per diventare marginale rispetto alla pena che provavo per il bambino) e invece niente: nessuno cerca di capire davvero il punto di vista di Jamie (così si chiama il protagonista).
Poi, sconsolato per la tristezza immensa del finale, vado a vedere le recensioni ed ecco che subito vedo le lodi sperticate da parte delle testate che in gergo vengono definite woke (termine con cui in America si indica una forma estrema di progressismo).
Certo, il fatto che Netflix abbia aderito in maniera totalitaria e acritica ad una forma piuttosto aggressiva ed estrema di progressismo (e lo dico da progressista!) è cosa nota, ma fino ad ora queste esagerazioni potevano essere in qualche modo tollerate se la storia raccontata era coinvolgente.
Ma qui, con "Adolescence" si è veramente toccato il fondo: in nome di un femminismo fanatico al limite dalla paranoia si demonizza un ragazzino bullizzato e lo si tortura per 3 puntate, per poi sacrificarlo nella quarta.
Ma vi sembra accettabile una cosa del genere?
Io sono disgustato e profondamente amareggiato per questa crudeltà di una tv che vorrebbe essere all'avanguardia dei diritti civili e invece spiattella luoghi comuni a caso mentre tutti fanno la caccia alla volpe contro un bambino bullizzato che ha la sola colpa di non aver retto alla tensione e di essere caduto in raptus che solo a causa di un altro tizio diventa una cosa seria.
Ma vi sembra accettabile una cosa del genere?
Io sono disgustato e profondamente amareggiato per questa crudeltà di una tv che vorrebbe essere all'avanguardia dei diritti civili e invece spiattella luoghi comuni a caso mentre tutti fanno la caccia alla volpe contro un bambino bullizzato che ha la sola colpa di non aver retto alla tensione e di essere caduto in raptus che solo a causa di un altro tizio diventa una cosa seria.
Anche qui non posso entrare nei particolari, perché ho promesso di evitare spoiler, quindi giudicherete voi chi è il colpevole.
A mio parere di colpevole ce n'è solo uno: Netflix.
A mio parere di colpevole ce n'è solo uno: Netflix.