venerdì 14 ottobre 2016

Cosa resta del Trattato di Schengen?

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La Convenzione di Schengen (ufficialmente Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen) è un trattato internazionale che regola l'apertura delle frontiere tra i paesi firmatari.
Firmata inizialmente a Schengen il 19 giugno 1990 tra BeneluxGermania Ovest e Francia, in applicazione dell'Accordo di Schengen del 1985, alla convenzione hanno in seguito aderito anche Italia (1990), Spagna e Portogallo (1991), Grecia (1992), Austria (1995), DanimarcaFinlandia e Svezia (1996).[1]
L'Accordo e la Convenzione di Schengen, insieme a tutte le regole adottate sulla base dei due testi uniti agli accordi connessi formano l'acquis di Schengen, che dal 1999 è integrato nel quadro istituzionale e giuridico dell'Unione europea in virtù di un protocollo allegato al trattato di Amsterdam.[1]
L'entrata in vigore di questi accordi è stata graduale, in quanto dovevano essere rispettati da parte degli Stati aderenti precisi requisiti sia normativi che tecnici.
StatiAdesione da:In vigore da:
EuropaBelgio Belgio
EuropaFrancia Francia
EuropaGermania Germania
EuropaLussemburgo Lussemburgo
EuropaPaesi Bassi Paesi Bassi
Monaco Monaco
19 giugno 199026 marzo 1995
EuropaPortogallo Portogallo
EuropaSpagna Spagna
25 giugno 199226 marzo 1995
EuropaItalia Italia27 novembre 199026 ottobre 1997
EuropaAustria Austria28 aprile 19951º aprile 1998
EuropaGrecia Grecia6 novembre 199226 marzo 2000
EuropaDanimarca Danimarca
EuropaFinlandia Finlandia
EuropaSvezia Svezia
Islanda Islanda
Norvegia Norvegia
19 dicembre 199625 marzo 2001
EuropaSlovenia Slovenia
EuropaEstonia Estonia
EuropaLettonia Lettonia
EuropaLituania Lituania
EuropaPolonia Polonia
EuropaRep. Ceca Rep. Ceca
EuropaSlovacchia Slovacchia
EuropaUngheria Ungheria
EuropaMalta Malta
1º maggio 200421 dicembre 2007[2]
(confini terrestri e marittimi)

30 marzo 2008
(aeroporti)
Svizzera Svizzera16 ottobre 200412 dicembre 2008 (confini terrestri)
29 marzo 2009 (aeroporti)[3]
Liechtenstein Liechtenstein28 febbraio 2008[4]19 dicembre 2011[5]
EuropaBulgaria Bulgaria
EuropaRomania Romania
1º gennaio 2007
(non in vigore)
(non definito)[6][7][8][9]
EuropaCipro Cipro1º maggio 2004
(non in vigore)
(non definito)
EuropaCroazia Croazia1º luglio 2013
(non in vigore)
(non definito)[10]
Il 21 dicembre 2007 sono entrati nello spazio Schengen nove dei dieci paesi entrati nella UE nel 2004 (resta fuori Cipro). A partire da tale data sono stati quindi rimossi i controlli di frontiera terrestri e marittimi mentre quelli negli aeroporti sono stati mantenuti fino al 30 marzo 2008. Tale proroga è stata concessa per dar modo di riorganizzare gli scali aerei.
La rimozione delle cabine al valico di Sant'Andrea (Gorizia), pochi giorni prima della caduta del confine.
L'eliminazione di ogni controllo delle persone sarà oggetto di ulteriori determinazioni dei ministri degli interni dei paesi UE. Mancano all'appello anche Romania e Bulgaria[6][7][8][9] entrati nell'Unione europea nel 2007.
La Svizzera, che non fa parte dell'Unione Europea, ha aderito al trattato nel 2004 e, dopo ripetuti rinvii, è entrato in vigore il 12 dicembre 2008 (per i confini terrestri) e il 29 marzo 2009(per gli aeroporti).[3] Il Liechtenstein, che aveva il confine con la Svizzera aperto, ha firmato gli accordi per poter mantenere tale situazione.[4] Il 28 febbraio 2008 ha firmato un accordo per la sua integrazione formale nello spazio Schengen, ratificato nel marzo 2011. Dopo un processo di valutazione, la sua adesione è avvenuta il 19 dicembre 2011.
Islanda e Norvegia non fanno parte dell'Unione Europea, ma insieme a Danimarca, Finlandia e Svezia fanno parte dell'Unione nordica dei passaporti che aderisce allo spazio Schengen.

Sospensione della convenzione

Ogni Stato sottoscrittore dell'accordo può sospendere l'uso del trattato per un limitato periodo e per specifici motivi. Solitamente si ricorre quando uno Stato vuole rafforzare le misure di sicurezza nel caso esso ospiti importanti eventi.

Casi di sospensione operati dall'Austria

L'Austria ha sospeso il trattato di Schengen:
  • dal 2 giugno al 1º luglio 2008, in concomitanza del Campionato europeo di calcio 2008.[11]
  • dal 16 novembre 2015 [12] decide di reintrodurre i controlli alle frontiere, a causa dei problemi legati all'immigrazione e al terrorismo

Casi di sospensione operati dalla Danimarca

  • Da maggio al 31 dicembre 2011 la Danimarca ha deciso di reintrodurre il controllo alle proprie frontiere terrestri e marittime, al fine di far diminuire il crimine transfrontaliero.[13][14]
  • dal 4 gennaio al 23 febbraio 2016[12] per limitare l'immigrazione internazionale

Casi di sospensione operati dalla Francia

La Francia ha sospeso il trattato di Schengen:

Casi di sospensione operati dalla Germania

La Germania ha sospeso il trattato di Schengen:
  • dal 26 maggio al 15 giugno 2015 a seguito del G7 tenuto a Garmisch-Partenkirchen.[16]
  • dal 13 settembre 2015 al 13 febbraio 2016[12] per limitare l'immigrazione internazionale

Casi di sospensione operati dall'Italia

L'Italia ha sospeso il trattato di Schengen:

Casi di sospensione operati da Malta

Casi di sospensione operati dalla Norvegia

La Norvegia ha sospeso il trattato di Schengen:

Casi di sospensione operati dalla Polonia

La Polonia ha sospeso il trattato di Schengen:

Casi di sospensione operati dalla Svezia

La Svezia ha deciso di reintrodurre i controlli alle frontiere
  • dal 12 novembre 2015 al 9 marzo 2016.[12] per limitare l'immigrazione internazionale

Casi di sospensione operati dall'Ungheria

  • dal 17 al 26 ottobre 2015 per il grande afflusso di migranti.[12]

Organismi

La cooperazione intergovernativa era gestita da un Comitato Esecutivo, dotato di Segretariato. La firma del Trattato di Amsterdam nel 1997 ha portato all'integrazione degli accordi di Schengen nell'Acquis comunitario, attraverso un protocollo addizionale. Dal 1º maggio 1999 quindi il Consiglio dell'Unione europea è subentrato al comitato esecutivo istituito dagli accordi di Schengen. Dal 1999 quindi, gli Stati che divengono membri dell'Unione europea sono vincolati a recepire nella totalità l'acquis di Schengen, sebbene le sue disposizioni vengano applicate gradatamente.
In Italia l'organo preposto al controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen è il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.

Note

  1. ^ a b Lo spazio e la cooperazione Schengen, su EUR-LexUnione europeaURL consultato il 29 gennaio 2016.
  2. ^ Corriere della Sera - Cadono le frontiere dell'est.
  3. ^ a b Comunicato del 27-11-2008 del Dipartimento federale di giustizia e poliziaejpd.admin.chURL consultato il 28 novembre 2008.
  4. ^ a b Comunicato del 28-02-2008 del Governo (PDF), liechtenstein.liURL consultato il 28 novembre 2008.
  5. ^ Il Liechtenstein entra nel clubpresseurop.euURL consultato il 20 dicembre 2011.
  6. ^ a b Stefano Nobili, ROMANIA: Un nuovo stop del Consiglio UE all'ingresso nell'area Schengen, Est news, 19 novembre 2014.
  7. ^ a b (EN) Joe Sutherland, Bulgaria made to wait for Schengen access, Euroviews, aprile 2014.
  8. ^ a b (ENRomania again faces lack of consensus for Schengen entry, RomAnia insider, 27 ottobre 2014.
  9. ^ a b (ENBulgaria technically ready for Schengen: Deputy PM, Focus Information Agency, 3 dicembre 2014.
  10. ^ È stata ipotizzata l'entrata nello spazio Schengen entro il 2015 Croaziaeuropa.euURL consultato il 16 luglio 2013.
  11. ^ (ENEURO 2008 - Schengen.
  12. ^ a b c d e f g h i Member States' notifications of the temporary reintroduction of border control at internal borders pursuant to Article 23 et seq. of the Schengen Borders Code.
  13. ^ www.corriere.it.
  14. ^ www.lastampa.it.
  15. ^ Corriere della Sera: la Francia sospende Schengen (14 luglio 2005).
  16. ^ Huffington Post: G7, la Germania sospende Schengen e Bolzano diventa una "piccola Lampedusa".
  17. ^ G8: sospeso SchengenLibero.
  18. ^ G8, da oggi stop a Schengen Tornano i controlli dei documenti - Corriere della Sera.
  19. ^ Bombe a Oslo e sparatoria all'isola di Utoya, almeno 91 morti e molti feriti. Un arresto, si tratta di un norvegese, in il Sole 24 ore, 23 luglio 2011.
  20. ^ Luca Veronese, Allerta terrorismo in Norvegia «Pericolo di attacco imminente»Il Sole 24 Ore, 26 luglio 2014.
  21. ^ (ENNorway calls off terror alert, no longer sees imminent Islamist attackReuters, 31 luglio 2014.
  22. ^ (ENPoland prepared to introduce border control procedures during Euro 2012, Xinhuanet News.
  23. ^ (ENPoland to Suspend Schengen During Warsaw Climate Change Conference, krakow POST.

Mappa mondiale dei movimenti separatisti

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L'indipendentismo è il fenomeno politico caratterizzato dal rivendicare l'indipendenza di un territorio dalla sovranità di uno Stato; spesso si usa anche il termine separatismo o secessionismo.
Un fenomeno pur analogo ma da ritenere distinto, in quanto meno radicale negli scopi e in genere fondato su considerazioni di diversa natura, è l'autonomismo, che si prefigge come scopo l'ottenimento di maggiori poteri nell'amministrazione di una località che rimane comunque sottoposta alla sovranità dello Stato.
È da notare che i fenomeni di indipendentismo spesso si basano sulla rivendicazione del principio di autodeterminazione dei popoli, così com'è riconosciuto nel diritto internazionale, e fondano la legittimità di tali rivendicazioni sulla storicità di una passata indipendenza del territorio o su una specificità culturale del popolo che lo abita. Talvolta si fa ricorso al principio e all'idea dello stato-nazione, rivendicando l'esistenza uno Stato sovrano per una diversa nazionalità del popolo che abita un territorio compreso all'interno di uno Stato che lo contiene.

Voci correlate

Mappa dell'Europa se tutti i movimenti separatisti avessero successo.

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Sull'argomento, riportiamo qui sotto un interessante articolo di Mattia Carli, su Azione Culturale, una rivista on-line di grande interesse e lucidità di analisi politica e geopolitica:
https://www.azioneculturale.eu/2016/07/il-fenomeno-dellindipendentismo/

Scrive Mattia Carli su Azione Culturale:

"Ogni qualvolta viene toccato il tema dell’indipendentismo, particolarmente sentito nella mia terra, il Veneto, le reazioni contrarie sono molteplici, e tutte stupiscono per la loro superficialità e qualunquismo.

Quando va bene parte la solita litania “mentalmente aperta” su come aspirare allo Stato piccolo sia indice di provincialismo ed anacronismo rispetto alla tendenza a creare super-stati ed unioni internazionali, che tali Stati sarebbero del tutto inadeguati alle sfide della globalizzazione, portando solo frammentazione e particolarismo, e spesso paventando pure scenari catastrofisti di diffuse guerre civili e secessioniste; il tutto magari condito dal sermone vetero-risorgimentale su come ciò significherebbe tradire gli ideali di Mazzini, Garibaldi, e via dicendo.

Quando va male, invece, salta fuori un odio tanto veemente che se fosse diretto verso africani, ebrei o musulmani, scoppierebbe un caso nazionale di razzismo e intolleranza, con tanto di appelli strappalacrime dal coro della sinistra radical-chic: i veneti vengono additati come ubriaconi razzisti ed ignoranti, aizzati da populisti altrettanto retrogradi.
Tra l’altro si può tranquillamente notare che queste obiezioni non vengono sollevate quando si parla delle aspirazioni di popoli extraeuropei: basta vedere come spesso viene eroicamente esaltato il tentativo di emancipazione della Palestina da Israele dagli stessi che disprezzano quei popoli europei che prendono la stessa iniziativa. Questo semplicemente per la nota coerenza benpensante.

Poiché per interesse personale seguo anche le vicende di regioni come la Catalogna, posso constatare che le reazioni sopra elencate si ripetono dovunque, con minime variazioni nella retorica usata, e tutte hanno in comune il fatto che nessuna di esse si pone i problemi fondamentali della questione: perché nei veneti, nonché in molti altri popoli europei (catalani, baschi, scozzesi, fiamminghi per citarne alcuni) sta prendendo piede l’ideale dell’indipendentismo? Perché a loro lo status quo attuale non va più bene? Qual è il significato del fenomeno dell’indipendentismo?

Il motivo principale per cui l’indipendentismo viene considerato strano, quando non criminale, va ricercato nel fatto che noi tutti vediamo l’attuale carta geografica come la fine della storia, come la meta a cui dovevano necessariamente portare tutti gli sconvolgimenti geografici precedenti. Ne è complice il fatto che la storia insegnata è sempre una versione dei fatti volta a giustificare la realtà esistente. No, non è complottismo, le interpretazioni della storia variano costantemente: basta vedere come è cambiata la concezione del Medioevo presso gli studiosi negli ultimi decenni, che da periodo buio lo hanno riabilitato a periodo pieno di fondamentali cambiamenti ed invenzioni.

La Storia si evolve costantemente, senza un cammino di predestinazione, e con essa gli Stati, dato che non sono assoluti ma relativi ad un determinato periodo storico: scrive Jean-Jacques Rousseau nel Contratto Sociale: “Se Sparta e Roma sono perite, quale stato può sperare di durare per sempre?”. E basta guardare una cartina geografica di pochi decenni fa per dargli assolutamente ragione.

A partire da questo presupposto si possono ben capire molti perché dell’indipendentismo: gli Stati che oggi conosciamo come tali si sono formati in un determinato periodo storico; l’Italia, ad esempio, a seguito dei fermenti dell’ideologia nazionalista e romantica ottocentesca. Ora però viviamo in un altro periodo storico, e non vedo perché la fisionomia dello Stato debba rimanere ancorata a un ideale ormai morto e sepolto, specie se questo Stato si sta dimostrando sempre più inefficiente.

Altro punto secondo me importantissimo della questione è relativo al fenomeno e connesse interpretazioni della globalizzazione. Essa è un processo storico, in se né benigno né maligno; ha portato molte opportunità di arricchimento culturale, ma anche molti  danni e rischi. La vulgata europeista e della sinistra arcobaleno vorrebbe che, a causa di tale processo e delle modifiche che esso ha apportato allo stile di vita di ciascuna nazione, si debba rinunciare alla propria sovranità nazionale, al proprio “particolarismo” in nome dell’unità dei vari popoli all’insegna del reciproco arricchimento e rispetto. Solo che non si capisce bene come dei popoli omologati a forza possano arricchirsi vicendevolmente. Anzi, l’obiettivo sembra proprio quello di giungere al modello del cittadino apolide, a cui imporre un solo modello: quello consumistico e liberal-progressista filoamericano.

L’indipendentismo nasce anche da ciò: dall’esigenza di vari popoli di dire “ci siamo anche noi”, “non siamo soltanto un sottogruppo di tale Stato”, “abbiamo lo stesso diritto di esistere di voi”. Nasce dall’opposizione sia a questa mentalità che tende a trasformare la globalizzazione in una ideologia omologatrice che non esito a definire razzista, in quanto colui che veramente ama le differenze altrui è colui che le rispetta e che non pretende di modificarle, annacquarle o sottometterle, sia a quei retaggi del nazionalismo più oppressivo (presente, in varie sfumature, in molte fazioni politiche) che vorrebbe che le comunità locali appartenenti ad uno stesso Stato, regione geografica, o addirittura ideale, debbano per forza condividerne anche la mentalità, il modello economico-sociale, la volontà, e che quindi vede le particolarità e culture locali come un ostacolo al raggiungimento del proprio modello nazionale.

Un’altra cosa da chiarire riguardo al fenomeno: il sentire comune di una popolazione verso una comunità richiedente l’indipendenza è che essi lo facciano per un senso di superiorità, per odio e disprezzo verso il popolo dello Stato in cui si trovano. Niente di più sbagliato: semmai ciò che reclamano è dovuto proprio al fatto che essi si trovano in una situazione di inferiorità, non potendo disporre della propria autodeterminazione e trovandosi legati ad uno Stato in cui non si riconoscono. Semmai lo sprezzante con manie di superiorità è proprio colui che si arroga il diritto di decidere chi può essere padrone di un proprio Stato e del proprio destino, e chi no.

Infine, c’è chi teme che il fenomeno indipendentista porterebbe a frammentare tanto l’Europa da immaginarsi improbabili scenari di un continente suddiviso in migliaia di città-Stato. Il motivo per cui ciò è assurdo è semplice: l’opinione pubblica non protenderebbe per quello che sarebbe un grandissimo cambiamento (come la creazione di un nuovo Stato) se non avesse numerosi e solidi motivi per farlo. Molte delle regioni che ora rivendicano l’indipendenza hanno validissimi e numerosi motivi per farlo; eppure si osserva che nemmeno quelli sono sufficienti per un cambiamento dirompente ed immediato. Non ci si separa da uno Stato perché non si gradiscono i colori della sua bandiera.

Ci sarebbero moltissime altre variabili da analizzare, in primis quelle economiche di cui forse potrà sembrare che io ne abbia sottovalutato l’importanza: a parte il fatto che esse variano considerevolmente a seconda della rivendicazione considerata, in questo articolo il mio obiettivo era più quello di analizzare il significato storico del fenomeno indipendentista, troppo spesso propagandisticamente etichettato a priori come il sogno di qualche nostalgico retrogrado.
Per quanto mi riguarda, l’unico retrogrado è chi sostiene ancora che la Storia segua una specie di predestinazione calvinista la quale si dirige solo nel verso che egli vuole o che vede come unico possibile.

(Di Mattia Carli)"

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Mappa storica del mondo nell'anno 820 d.C.


L'epoca di Ludovico il Pio

Alla morte di Carlo l'Impero avrebbe dovuto essere diviso tra i suoi tre figli maschi legittimi, ma la morte prematura di due di essi fece sì che il trono passasse nelle mani di Ludovico, detto "il Pio" per la sua attenzione alla religione. Ludovico non fu un sovrano energico come il padre, bensì era interessato soprattutto alle questioni religiose nella convinzione che l'adesione alla dottrina cristiana avrebbe garantito quell'ordine e serenità all'Impero che veniva teorizzata dai suoi consiglieri quali Benedetto d'Aniane o Agobardo di Lione.
Nella pratica Ludovico divenne presto un sovrano incapace di manifestare la sua autorità, mentre le regioni imperiali divenivano soggette sempre più all'aristocrazia franca. Un suo tentativo di destituire il nipote Bernardo, ucciso dopo essere stato accusato di tradimento, macchiò per sempre la sua coscienza e, su spinta degli alti prelati, fece pubblica ammenda che lo screditò ulteriormente agli occhi dell'aristocrazia.
Già prima della sua morte spartì l'impero tra i suoi tre figli LotarioPipino e Ludovico II il Germanico, ma il già fragile equilibro si ruppe con l'entrata in scena del figlio del suo successivo matrimonio, Carlo il Calvo, che diede origine a una guerra civile che aggravò l'instabilità del potere centrale, anche se si alternò a periodi di pace per lo scarso interesse dell'aristocrazia di parteciparvi.

La divisione dell'Impero


Trattato di Verdun.svg

Alla morte di Ludovico il Pio (840Lotario I assunse la corona imperiale, come previsto dal padre, mentre i due fratelli superstiti Ludovico e Carlo si allearono per obbligarlo a cedere una parte del potere. Il giuramento di Strasburgo, rivolto alle truppe dei due fratelli, è rimasto famoso perché conserva il primo accenno scritto alle nascenti lingue francesi e tedesca.
Nell'843, con il trattato di Verdun, Lotario dovette scendere a patti: mantenne la corona imperiale, ma si limitò a governare la fascia di territorio centrale tra Mare del Nord, bacino del Rodano, del Reno, le Alpi e l'Italia, con le città di Aquisgrana e Roma.

Carlo il Calvo prese la Francia "occidentale" (odierna Francia senza la fascia più vicina all'odierna Germania e la Provenza) e Ludovico il Germanico la "Francia orientale", corrispondente alla porzione odierna di Germania compresa fra il Reno e l'Elba, fino alla Baviera e la Carinzia comprese.
Con la morte di Lotario, Ludovico prese la corona imperiale, quindi nell'875 gli succedette Carlo il Calvo, sostenuto da papa Giovanni VIII, che vedeva in lui un possibile alleato contro il principe di Spoleto e i musulmani, insediati alla foce del Garigliano.



Carlo il Calvo morì nell'877 con l'impero carolingio ormai in dissoluzione. Gli succedette Carlo il Grosso, figlio di Ludovico il Germanico, anch'egli incoronato da Giovanni VIII, sempre in cerca di protezione; ma l'imperatore non riuscì a impedire l'assassinio del papa nell'882, durante una delle frequenti guerre civili combattute a Roma dall'aristocrazia locale.
La minaccia di incursioni esterne, Normanni e musulmani in prima linea, avevano messo in dura difficoltà Carlo il Grosso, tanto che i Normanni assediarono la stessa Parigi. In questa situazione fu costretto ad abdicare da un'aristocrazia che si rifiutava ormai di obbedirgli (887). Trascorse gli ultimi mesi della sua vita in prigionia, senza alcun successore sul trono.