Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
lunedì 13 maggio 2019
Mappa dell'Europa nell'anno 800, ai tempi dell'incoronazione di Carlo Magno a imperatore
Sotto, le conquiste di Carlo Magno
Migrazione dei Serbi dalla Lusazia (dove ancora vive la minoranza slava dei Sorabi) alla Raska o Rascia, nucleo del futuro stato serbo.
Lo stemma del Granducato di Toscana sotto la dinastia dei Lorena
Nel 1736 il duca di Lorena Francesco III Stefano aveva sposato Maria Teresa d'Austria, unica (e contestata) erede dei variegati domini asburgici, sparsi per l'Europa (Austria, Boemia, Ungheria, Paesi Bassi, Milano, Napoli, Sicilia) ed anche tradizionale erede del titolo al Sacro Romano Impero. La Francia, timorosa che la Lorena, una regione francofona, potesse passare agli Asburgo, si era affrettata a stipulare un trattato per cui riconosceva la Prammatica Sanzione e quindi l'eredità spettante a Maria Teresa, ma in cambio Francia e Austria stabilivano che il Ducato di Lorena fosse ceduto da Francesco III a Stanislao Leszczyński (ex re di Polonia e suocero di Luigi XV) e passasse alla Francia dopo la morte del sovrano polacco.
La casata di Lorena sarebbe stata compensata per questa perdita con il trono del Granducato di Toscana, ma con l'obbligo di non annetterla direttamente ai domini asburgici, dato che la successione sarebbe stata destinata ad un figlio cadetto dell'unione. Con il matrimonio di Maria Teresa e Francesco Stefano nacque così la dinastia imperiale degli Asburgo-Lorena, un cui ramo cadetto resse il Granducato di Toscana fino alla sua scomparsa
Francesco III (Francesco Stefano)
Figlio e successore di Leopoldo di Lorena (1679 – 1729) e di Elisabetta Carlotta di Borbone-Orléans (1676 – 1744).
Sposò Maria Teresa d'Asburgo, figlia dell'imperatore Carlo VI, il 12 febbraio 1736 ed a seguito del guerra di successione polacca dovette cedere l'avito titolo ducale al detronizzato re di Polonia Stanislao Leszczyński, come disposto dai preliminari del trattato di Vienna. In cambio ricevette il diritto a ereditare il titolo granducale di Toscana dopo la morte di Gian Gastone de' Medici (1737), allora promesso all'infante di Spagna Carlo di Borbone, che vi rinunciò come contropartita al riconoscimento austriaco della conquista borbonica delle Due Sicilie.
Per garantire l'indipendenza alla Toscana e non renderla una regione dello stato asburgico si stabilì di tenere separate le due corone, mantenendo per il primogenito della casata degli Asburgo-Lorena il titolo imperiale, mentre per il secondogenito quello granducale.
Visitò la Toscana solo per tre mesi nel 1739 e la governò soltanto per mezzo di rappresentanti, peraltro capaci ed intelligenti.
Francesco Stefano e Maria Teresa ebbero 16 figli.
- Maria Elisabetta (5 febbraio 1737 - 7 giugno 1740)
- Maria Anna (6 ottobre 1738 - 19 novembre 1789)
- Maria Carolina (12 gennaio 1740 - 25 gennaio 1741)
- Giuseppe (13 marzo 1741 - 20 febbraio 1790), futuro imperatore (1780-1790), sposò Maria Isabella di Borbone-Parma, quindi Maria Giuseppa di Baviera
- Maria Cristina (13 maggio 1742 - 24 giugno 1798), sposò Alberto di Sassonia, duca di Teschen
- Maria Elisabetta (13 agosto 1743 - 22 settembre 1808)
- Carlo Giuseppe (1º febbraio 1745 - 18 gennaio 1761)
- Maria Amalia (26 febbraio 1746 - 9 ottobre 1802), sposò Ferdinando di Borbone, duca di Parma
- Pietro Leopoldo (5 maggio 1747 - 1º marzo 1792), futuro Granduca di Toscana (1765-1790) ed imperatore (1790-1792), sposò Maria Ludovica di Borbone-Spagna
- Maria Carolina (17 settembre 1748)
- Maria Giovanna Gabriella (4 febbraio 1750 - 23 dicembre 1762)
- Maria Giuseppina (19 marzo 1751 - 15 ottobre 1767)
- Maria Carolina (13 agosto 1752 - 4 gennaio 1825), sposò Ferdinando I delle Due Sicilie
- Ferdinando (1º giugno 1754 - 24 dicembre 1806), sposò Maria Beatrice Ricciarda d'Este, fondatore del ramo degli Asburgo-Este
- Maria Antonietta (2 novembre 1755 - 16 ottobre 1793), sposò Luigi XVI di Francia
- Massimiliano Francesco (8 dicembre 1756 - 27 giugno 1801), vescovo-elettore di Colonia
Leopoldo I (Pietro Leopoldo)
Francesco III (1737-1765)
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Figli
Pietro Leopoldo (1765-1790)
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Ferdinando III (1790-1824)
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Leopoldo II (1824-1859)
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Ferdinando IV (1859–1860)
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NOTA
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Come granduca di Toscana, Leopoldo fu un chiaro esempio di "sovrano illuminato" e le sue riforme si contraddistinsero per una propensione agli scopi pratici più che a quelli teorici. Nella sua opera riformatrice si avvalse di importanti funzionari come Giulio Rucellai, Pompeo Neri, Francesco Maria Gianni, Angelo Tavanti.
Il granduca avviò una politica liberista raccogliendo l'appello di Sallustio Antonio Bandini del quale fece pubblicare l'inedito Discorso sulla Maremma, promuovendo la bonifica delle aree paludosenella Maremma e nella Val di Chiana e favorendo lo sviluppo dell'Accademia dei Georgofili. Introdusse la libertà nel commercio dei grani abolendo i vincoli annonari che bloccavano le colture cerealicole e ma l'avvenimento capitale fu, dopo tanti secoli, la liquidazione delle corporazioni di origine medioevale, ostacolo principale per un'evoluzione economica e sociale dell'attività industriale. Introdusse poi la nuova tariffa doganale del 1781, in base alla quale vennero aboliti tutti i divieti assoluti, che furono sostituiti da dazi protettivi, tenuti, del resto, a un livello molto basso in confronto a quelli allora in vigore.
La trasformazione del sistema fiscale fu da Pietro Leopoldo intrapresa fin dai suoi primi anni di regno e nel 1769 venne abolito l'appalto generale ed iniziata la riscossione diretta delle imposte. Esitante si rivelò invece il sovrano fra la politica di Tavanti, che fino al 1781 attraverso il catasto, intendeva prendere la proprietà fondiaria come termine di misura per l'imposizione fiscale e, dopo la morte di Tavanti, nel 1781, quella di Francesco Maria Gianni, suo maggiore collaboratore dal quel momento, che concepiva un piano di eliminazione del debito pubblico attraverso la vendita dei diritti fiscali che lo stato aveva sulla terra dei sudditi. Si sarebbe poi passati ad un sistema fondato esclusivamente sull'imposizione indiretta; operazione questa che, iniziata nel 1788, non era ultimata nel 1790 quando Leopoldo divenne imperatore.
Riformò certi aspetti della legislazione toscana ma il suo maggior progetto, la redazione di un nuovo codice, che Pompeo Neri avrebbe dovuto realizzare, non giunse a termine per la morte del Neri stesso, mentre i progetti di costituzione non ebbero seguito a causa della sua partenza per Vienna.
In campo ecclesiastico Pietro Leopoldo si ispirò ai principi del giurisdizionalismo, sopprimendo i conventi e abolendo i vincoli di manomorta. Inoltre <<guardò con interesse al giansenismo, individuando nel vescovo di Pistoia, Scipione de'Ricci, l'alfiere di queste idee>> [Nota: dalla pag. 33 libro Giuseppe Marozzo della Rocca "Cardinale e Arcivescovo di Novara: La ...", visionablie a https://books.google.it/books?id=GSdyDgAAQBAJ&pg=PA33&lpg=PA33&dq=%22vincoli+di+manomorta%22&source=bl&ots=1s9jF4gWMc&sig=ACfU3U2uCbACqtojvb_rKkfYIiVoe9shmw&hl=en&sa=X&ved=2ahUKEwjC3KHr5_rgAhWGsqQKHdFHA-oQ6AEwAHoECAAQAQ#v=onepage&q=%22vincoli%20di%20manomorta%22&f=false ], e così, la Toscana si volse religiosamente verso il Giansenismo, rappresentato dal vescovo di Pistoia Scipione de Ricci, tanto che il granduca gli fece organizzare un sinodo a Pistoia nel 1786 per riformare l'organizzazione ecclesiastica toscana secondo i principi giansenisti.
Il programma uscito da questo sinodo, riassunto in 57 punti e frutto dell'intesa con Pietro Leopoldo, interessava gli aspetti patrimoniali e culturali e affermava l'autonomia delle Chiese locali rispetto al Papa e la superiorità del Concilio, ma le forti opposizioni del clero e del popolo lo convinsero a rinunciare a questa riforma.
Nel periodo 1779-1782 Pietro Leopoldo avviò un progetto costituzionale che continuò ulteriormente nel 1790 per fondare i poteri del sovrano secondo un rapporto contrattualistico. Anche questa politica però suscitò forti opposizioni, e il granduca, che proprio in quell'anno saliva al trono imperiale fu costretto a rinunciarvi.
Ma la riforma più importante introdotta da Pietro Leopoldo fu l'abolizione degli ultimi retaggi giuridici medievali: in un colpo solo abolì il reato di lesa maestà, la confisca dei beni, la tortura e, cosa più importante, la pena di morte grazie al varo del nuovo codice penale del 1786 (che prenderà il nome di Riforma criminale toscana o Leopoldina). La Toscana sarà quindi il primo stato nel mondo ad adottare i principi di Cesare Beccaria, il più importante illuminista italiano che nella sua opera Dei delitti e delle pene invocava appunto l'abolizione della pena capitale. Salì al trono imperiale nel 1790, alla morte del fratello Giuseppe. Appena arrivato al potere dovette pacificare l'impero revocando i provvedimenti più radicali proposti dal fratello.
Nel 1790, alla morte del fratello Giuseppe II, ereditava la corona asburgica; il figlio Ferdinando divenne così granduca in un periodo che già si presentava agitato.
Ferdinando III
In politica interna, il nuovo granduca non ripudiò le riforme paterne che avevano portato la Toscana all'avanguardia in Europa, precedendo in alcuni campi persino la Rivoluzione francese allora in corso, ma cercò di limitarne alcuni eccessi, soprattutto in campo religioso, che erano stati accolti malvolentieri dal popolo.
In politica estera, Ferdinando III cercò di restare neutrale nella tempesta succeduta alla Rivoluzione Francese ma fu costretto ad allinearsi alla coalizione antirivoluzionaria su forti pressioni dell'Inghilterra, che minacciava di occupare Livorno e l'8 ottobre 1793 dichiarò guerra alla Repubblica Francese. La dichiarazione non ebbe però effetti pratici ed anzi, la Toscana fu il primo stato a concludere la pace e a ristabilire le relazioni con Parigi nel febbraio 1795.
La cautela del Granduca non servì però a tenere fuori la Toscana dall'incendio napoleonico: nel 1796 le armate francesi occupavano Livorno per sottrarla all'influenza britannica e lo stesso Napoleone entrava in Firenze, ben accolto dal sovrano ed occupava il Granducato, pur non abbattendo il governo locale. Solo nel marzo 1799 Ferdinando III fu costretto all'esilio a Vienna, in seguito al precipitare della situazione politica della penisola. Le truppe francesi rimasero in Toscana fino al luglio 1799, quando furono scacciate da una controffensiva austrorussa a cui diedero aiuto gli insorti sanfedisti del "Viva Maria!".
La restaurazione fu breve; già l'anno dopo Napoleone tornava in Italia e ristabiliva il suo dominio sulla Penisola; nel 1801 Ferdinando doveva abdicare al trono di Toscana, ricevendo in compenso prima (1803) il Granducato di Salisburgo, nato con la secolarizzazione dell'ex stato arcivescovile e poi (1805) il Granducato di Würzburg, altro stato sorto con la secolarizzazione di un principato vescovile.
Ferdinando III tornò in Toscana solo nel settembre 1814, dopo la caduta di Napoleone. Al Congresso di Vienna, ottenne alcuni ritocchi del territorio con l'annessione del Principato di Piombino, dello Stato dei Presidii, dei feudi imperiali di Vernio, Monte Santa Maria Tiberina e Montauto e la prospettiva dell'annessione del Ducato di Lucca, seppur in cambio di alcune enclaves toscane in Lunigiana.
La Restaurazione in Toscana fu, per merito del Granduca, un esempio di mitezza e buon senso: non vi furono epurazioni del personale che aveva operato nel periodo francese; non si abrogarono le leggi francesi in materia civile ed economica (salvo il divorzio) e dove si effettuarono restaurazioni si ebbe il ritorno delle già avanzate leggi leopoldine, come in campo penale.
Le maggiori cure del restaurato governo lorenese furono per le opere pubbliche; in questi anni si realizzarono numerose strade (come la Volterrana), acquedotti e si diede inizio ai primi seri lavori di bonifica della Valdichiana e della Maremma, che videro l'impegno personale dello stesso sovrano.
Ferdinando III pagò questo lodevole impegno personale con la contrazione della malaria, che lo condusse a morte nel 1824. Ferdinando sposò a Vienna il 19 settembre 1790 Luisa Maria Amalia di Borbone-Napoli da cui ebbe cinque figli:
- Carolina Ferdinanda (Firenze, 2 agosto 1793- Vienna 5 gennaio 1802);
- Francesco Leopoldo (Firenze, 15 dicembre 1794-Vienna, 18 maggio 1800);
- Leopoldo II Giovanni (Firenze, 3 ottobre 1797-Roma 29 gennaio 1870);
- Maria Luisa (Firenze, 30 agosto 1799-Firenze, 15 giugno 1857);
- Maria Teresa (Vienna, 21 marzo 1801-Torino, 12 gennaio 1855).
Rimasto vedovo nel 1802, si risposò a Firenze il 6 maggio 1821 con Maria Ferdinanda di Sassonia, ma non ebbe altri figli.
Leopoldo II
Alla morte del padre nel 1824 Leopoldo II assunse il potere e subito dimostrò di voler essere un sovrano indipendente, appoggiato in questo dal ministro Vittorio Fossombroni, che seppe sventare una manovra dell'ambasciatore austriaco conte di Bombelles per influenzare l'inesperto granduca. Questi non solo confermò i ministri che aveva nominato il padre ma diede subito prova della sua sincera voglia di impegnarsi con una riduzione della tassa sulla carne ed un piano di opere pubbliche che prevedeva la continuazione della bonifica della Maremma (tanto da essere soprannominato affettuosamente "Canapone" e ricordato dai Grossetani con un monumento scultoreo collocato in Piazza Dante), l'ampliamento del porto di Livorno, la costruzione di nuove strade, un primo sviluppo delle attività turistiche (allora chiamate "industria del forestiero") e lo sfruttamento delle miniere del granducato.
Dal punto di vista politico, il governo di Leopoldo II fu in quegli anni il più mite e tollerante negli stati italiani: la censura, affidata al dotto e mite Padre Mauro Bernardini da Cutigliano, non ebbe molte occasioni di operare e molti esponenti della cultura italiana del tempo, perseguitati o che non trovavano l'ambiente ideale in patria, poterono trovare asilo in Toscana, come accadde a Giacomo Leopardi, Alessandro Manzoni, Guglielmo Pepe, Niccolò Tommaseo. Alcuni scrittori ed intellettuali toscani come Guerrazzi, Gian Pietro Viesseux e Giuseppe Giusti, che in altri stati italiani avrebbero sicuramente passato dei guai, poterono operare in tranquillità. È rimasta celebre la risposta del granduca all'ambasciatore austriaco che si lamentava che "in Toscana la censura non fa il suo dovere", al quale ribatté con stizza "ma il suo dovere è quello di non farlo!". Unico neo in tanta tolleranza e mitezza fu la soppressione della rivista "L'Antologia" di Gian Pietro Viesseux, avvenuta nel 1833 per le pressioni austriache e comunque senza ulteriori esiti civili o penali per il fondatore. Nell'aprile 1859, nell'imminenza della guerra franco-piemontese contro l'Austria, Leopoldo II proclamò la neutralità ma ormai il governo granducale aveva i giorni contati: in Firenze la popolazione rumoreggiava e le truppe davano segni di insubordinazione.
Il 27 aprile, verso le quattro, davanti ad una grande folla tumultuante per le strade di Firenze e all'aperta rivolta dell'esercito, Leopoldo II partì in carrozza da Palazzo Pitti, uscendo per la porta di Boboli, verso la strada di Bologna. Aveva appena rifiutato di abdicare a favore del figlio Ferdinando.
La pacifica rassegnazione al corso della storia (il Granduca non pensò mai ad una soluzione di forza) e le modalità del commiato, con gli effetti personali caricati in poche carrozze e le attestazioni di simpatia al personale di corte, fecero sì che negli ultimi momenti di permanenza in Toscana gli ormai ex sudditi riacquistassero l'antica stima per Leopoldo: la famiglia granducale fu salutata dai fiorentini, levantisi il cappello al passaggio, con il grido "Addio babbo Leopoldo!" e accompagnata con tutti i riguardi da una scorta fino alle Filigare, ormai ex dogana con lo Stato Pontificio. Alle sei pomeridiane di quello stesso giorno, il Municipio di Firenze constatò l'assenza di alcuna disposizione lasciata dal sovrano e nominò un governo provvisorio.
Rifugiatosi presso la corte viennese, l'ex granduca abdicò ufficialmente solo il successivo 21 luglio; da allora visse in Boemia, recandosi a Roma nel 1869, dove morì il 28 gennaio 1870. Nel 1914 la sua salma fu poi trasportata a Vienna per essere sepolta nel mausoleo degli Asburgo, la Cripta dei Cappuccini.
Ferdinando IV
Figlio del granduca Leopoldo II e della granduchessa Maria Antonietta, salì virtualmente al trono di Toscana dopo l'abdicazione del padre nel 1859; fu un protagonista involontario del Risorgimento in quanto fino al passaggio della Toscana al Regno d'Italia (1860) ne era diventato granduca anche se non viveva a Firenze e non aveva mai preso legalmente pieni poteri.
Nonostante ciò anche dopo la soppressione del Granducato, Ferdinando, avendo mantenuta la "fons honorum" e la collazione degli Ordini dinastici, continuò ad elargire titoli e decorazioni. Cercò, fino al 1866, di ricostituire il Granducato, finanziando personalmente un movimento autonomista toscano; in seguito al riconoscimento del Regno d'Italia da parte dell'Impero austriaco, lasciò l'Italia e andò in esilio in Austria.
Sposò nel 1856 la principessa Anna Maria di Sassonia, che morì nel 1859, e in seconde nozze Alice di Borbone-Parma.
Il 20 dicembre 1866 Ferdinando IV di Toscana ed i suoi figli rientrarono nella Casa Imperiale e la Casa di Toscana smise di esistere come casa reale autonoma, venendo riassorbita da quella imperiale austriaca; a Ferdinando fu permesso di mantenere la sua fons honorum vita natural durante, mentre i figli divennero solo Principi Imperiali (Archiduchi/Arciduchesse d'Austria) e non più Principi/Principesse di Toscana: Ferdinando IV abdicò ai diritti dinastici al Granducato di Toscana (1870) a favore dell'Imperatore Francesco Giuseppe d'Austria [1][2][3][4] e pertanto anche i suoi discendenti persero ogni diritto dinastico sulla Toscana [5]. Il Gran Magistero dell'Ordine di Santo Stefano cessò invece con la morte di Ferdinando IV [6]. L’imperatore Francesco Giuseppe I (1830-1916) aveva infatti proibito, dopo la morte del granduca Ferdinando IV avvenuta nel 1908, di assumere i titoli di granduca o di principe o principessa di Toscana [7].
Morì in esilio a Salisburgo nel 1908.
Note
- ^ Bernd Braun: Das Ende der Regionalmonarchien in Italien. Abdankungen im Zuge des Risorgimento. In: Susan Richter, Dirk Dirbach (Hrsg.): Thronverzicht. Die Abdankung in Monarchien vom Mittelalter bis in die Neuzeit. Böhlau Verlag, Köln, Weimar, Wien 2010, pagg. 251–266
- ^ Benedikt, Heinrich, Kaiseradler über dem Apennin. Die Österreicher in Italien 1700 bis 1866. Vienna: Herold Verlag, 1964
- ^ Karl Vocelka, Lynne Heller: Die private Welt der Habsburger: Leben und Alltag einer Familie, Styria, 1998, pag. 253, colonna I
- ^ Das Haus Habsburg: Vorspann ; Register ; Quellen ; Das Haus Alt-Habsburg ; Das Haus Habsburg-Lothringen, Alois Jahn, Selbstverl, 2002, pag. 59, 65
- ^ Annuario della Nobiltà Italiana, XXXII edizione, 2014, parte I
- ^ Rivista Araldica, anno 1913, volume 11, pagina 381, Roma, Collegio Araldico: "Da informazione ufficiale assunta a Vienna togliamo quanto segue «A Sua Altezza I. R. il defunto Granduca Ferdinando IV di Toscana era stato permesso dall'Impero austro-ungarico e dagli Stati dell'Impero germanico, di conferire i tre Ordini toscani, inerenti alla Sovranità, che anche spodestato, rimase all'Augusto principe fino alla sua morte. Il titolo di Principe di Toscana fu solo autorizzato ai membri della famiglia granducale nati prima del 1866. Dopo la morte del Granduca (1908) tutti gli augusti figli del defunto dovettero solennemente rinunciare ad ogni qualsiasi diritto di cui personalmente ed eccezionalmente godeva il padre. Quindi il Gran Magistero dell'Ordine di S. Stefano per volontà di S. M. l'Imperatore e Re è terminato col defunto Granduca, né più sarebbe accettato dagli augusti Principi Lorenesi"
- ^ SILVA TAROUCA, Adler, Vienna, 1954, p. 165
sabato 11 maggio 2019
Vite quasi parallele. Capitolo 141. Il Fuoco Segreto e la Fiamma di Atar
Tra i Sette Arcangeli, Uriel è il quarto (dopo Michele, Gabriele e Raffaele) ed è colui che porta la Fiamma.
E la Fiamma non si spegnerà mai, perché sempre ci sarà qualcuno a raccoglierne la scintilla e a trasportarla in un nuovo focolare, preservandola in segreto durante l'Età Oscura.
Gli Iniziati chiamano Uriel con un altro nome, più antico, proveniente dalla Persia pre-zoroastriana.
Questo nome è Atar.
Perciò, ogni volta che l'Oscurità prevale, gli Iniziati agli Arcani Supremi eleggono colui che sarà il Custode del Fuoco Segreto, colui che reggerà la Fiamma di Atar, poiché, come disse un uomo saggio: <<La Tradizione è custodire il Fuoco, non adorare le ceneri>>
Gustav Mahler era un Iniziato, e conosceva quella frase, poiché egli era devoto al divino Atar, Signore del Fuoco Segreto e della Fiamma Imperitura.
E il divino Atar aveva detto:
<<Nell'ora più buia, ci dev'essere qualcuno a cui tocca, sfidando ogni pericolo, il compito di portare in salvo una fiaccola tratta dal Sacro Fuoco, come garanzia di salvezza e rinascita.
In essa riposa l'anticipazione di un mondo nuovo: "la semina dell'avvenire">>
Ma il signore Atar aveva detto anche qualcosa di diverso, forse persino opposto, poiché il fuoco ha due nature: una illumina e riscalda, l'altra brucia e distrugge, e queste due nature convivono anche nel suo custode.
E così egli disse, dal suo roveto ardente:
<<Benedetti siano il Fuoco e la sua Fiamma: possa il loro passaggio purificare il mondo>>
A tutto questo stava pensando Riccardo Monterovere, che da tempo si era reso conto di come la Fiamma di Atar ardesse forte in lui, sia nel bene che nel male.
I devoti di Atar appartenevano alla Confraternita del Serpente Rosso, una delle quattro società fondatrici dell'Ordine degli Iniziati agli Arcani Supremi.
Il Prefetto della Confraternita era il potente Consigliere Albedo, capo del Programma Genetico, che aveva individuato nel giovane Monterovere, erede di numerose stirpi in cui la Fiamma non si era mai spenta, il nuovo Custode del Fuoco Segreto.
Lui lo sapeva, lo ricordava, ma non erano soltanto i suoi ricordi: erano le Altre Memorie, quelle dei suoi antenati, risvegliate durante l'Iniziazione e divenute sempre più invadenti negli ultimi mesi.
Non si limitavano più a comparire nei sogni o a manifestarsi in rapidi flash.
Si insinuavano nei suoi pensieri, li deviavano, suscitavano emozioni perturbanti e destabilizzanti, e persino comportamenti insoliti per una persona come lui, che per tanti anni aveva evitato le battaglie in campo aperto.
Tutto questo era preoccupante e fino a quel momento non aveva portato alcun beneficio.
Le Altre Memorie, nel migliore di casi, fornivano informazioni inutili.
Che cosa gli serviva sapere che tra i suoi antenati c'era una donna messa incinta da Teodorico, re degli Ostrogoti, mentre tornava a Ravenna, dopo essere stato a caccia nella sua riserva di Galeata?
Galeata, uno dei tanti toponimi celtici di quella che Teodorico amava chiamare scherzosamente "Gallia Gotica", e che coincideva con l'attuale territorio della Romangna.
Durante la primavera dell'anno 2014, Riccardo era impegnato nell'iscrizione alle graduatorie provinciali per l'insegnamento secondario.
Ma dietro questa facciata, peraltro già scricchiolante, c'era il suo ruolo di Iniziato di Rango Segreto, appartenente ad una cerchia esclusiva di cui pochissimi altri conoscevano l'esistenza, e che era il livello più potente, per quanto lui ritenesse di non essere adatto al potere.
In giugno si sarebbe dovuta tenere la cerimonia di Cooptazione nella Confraternita.
Prima però era necessario che il signore Atar si manifestasse al suo nuovo adepto.
E così avvenne, nel giorno dell'equinozio di Primavera.
Comparve in un sogno, ma si trattava di una visione molto lucida e realistica.
I suoi tratti erano difficili da scorgere, data la luminosità che scaturiva dalla sua immagine, insieme al calore.
Esordì "in medias res", venendo subito al dunque:
<<Tu sei un sopravvissuto. Sopravvissuto a tutto. Questo è il miglior curriculum che esista>>
<<Non lo so. Non so più nulla. Non so nemmeno cosa sto facendo>>
<<Quale uomo lo sa? Eppure tu sei un veggente, e insieme alle Altre Memorie dei tuoi antenati, hai le Premonizioni sull'avvenire>>
<<Le memorie mi hanno reso più infelice di prima. A volte penso che il segreto della felicità sia dimenticare. Quanto darei per poter dimenticare...>>
<<Il segreto della felicità? E cos'è la felicità? Gli idioti sono felici, perché non si rendono conto della realtà. Ma per gli altri ci sono solo attimi di gioia o fasi di esaltazione. Per i più fortunati ci sono periodi di serenità. Ma tu non sei nato per questo, e lo sai bene.
Saresti infelice comunque.
Il presente è già di per sé, nel migliore dei casi, una noia insopportabile, intervallata ogni tanto da qualche piccola, minuscola eccezione.
Certo, la gente comune si accontenta di poco, ma tu non sei come gli altri.
Tu non ti accontenti mai. Nemmeno le premonizioni ti sono servite>>
<<Per forza! Non arrivano mai quando ne avrei bisogno e riguardano questioni totalmente inutili, estranee alla mia vita, ai miei interessi.
A volte sono parole che non comprendo, o addirittura che non condivido. Affiorano nella mia mente come un sussurro, un'allucinazione. Non ne parlo, perché c'è già chi crede che io sia pazzo.
Tutto ciò che è stato sarà sempre... dicono i sussurri... il Drago sorgerà dal mare e solo i saggi saranno completamente liberi...
Non ha alcun senso per me. Forse per te sì, ma non sono sicuro di volerlo sapere.
Se c'è un errore che ho commesso, nella mia adolescenza e nella prima parte della mia gioventù, è stato quello di guardare troppo al futuro e troppo poco al presente.
Per colpa delle mie illusorie ambizioni ho rinunciato a ciò che il presente mi offriva. Non intendo commettere di nuovo lo stesso errore.
E del resto, quasi sempre la premonizione è confusa come il ricordo di un sogno, anche se, ogni volta, diventa ovvia col senno di poi. Ma forse è meglio così. E' una cosa spaventosa essere un oracolo veritiero, se non si hanno gli strumenti per aiutare chi è in pericolo>>
<<Se qualcuno sta annegando, puoi anche tentare di salvarlo, ma non quando lui cerca di tirarti giù con sé. Non affliggerti per coloro il cui destino è segnato. Sono i vivi quelli che soffriranno di più, soprattutto quelli che vivono schiavi di vincoli opprimenti, a volte creati da loro stessi.
Tu sei riuscito a liberarti da quei vincoli e a guardare oltre.
Ti è costato molto, in termini di fatica e di umiliazione, ma io ti tenevo d'occhio e ti infondevo nel cuore la certezza che un giorno tutto questo sacrificio si sarebbe rivelato utile.
Hai atteso una vita intera perché ti venisse rivelato il senso del tuo dolore.
Una vita intera...
E' giunto il momento di dare un significato a tutte le tue sofferenze>>
<<Una vita intera...
Ma ci sono ancora molti dubbi, molte domande.
Perché mi hai scelto? Solo perché sono sopravvissuto a molte sofferenze?
O perché sono il risultato degli esperimenti genetici di scienziati pazzi come il Consigliere Albedo?
O semplicemente perché nessun altro si è fatto avanti?>>
<<Se tu sapessi per quanto tempo ti ho aspettato! Non cercavo un eroe o un leader e nemmeno un gregario o un ribelle. No, io cercavo un sensitivo. E tu hai tutto quello che serve per essere il Custode che ho atteso per così tanti anni.
Tu eri destinato a questo, ed ora più che mai ne sono convinto, anche se non posso garantirti che questo destino ti renderà felice.
Ad altri spetteranno ruoli più visibili, più platealmente eroici, ma tuo sarà il compito di prendere le decisioni più importanti e di consacrare o meno coloro che si faranno avanti per reclamare la regalità.
Tu sarai come Leone III che dal soglio proclama Carlo imperatore: 'Carolo Augusto, a Deo coronato magno et pacifico imperatori Romanorum, vita et Victoria!
Per fare una similitudine più poetica o più romanzesca, tu sarai un Merlino, non un Artù; sarai un Gandalf, non un Aragorn... ai re spetterà una spada, ma tu dovrai reggere il bastone che porta la Fiamma>>
<<Perché non lo fai tu stesso? Perché hai bisogno di me?>>
<<C'è prima di tutto una ragione pratica: io non posso essere in milioni di luoghi nello stesso momento.
E poi c'è una ragione sostanziale: in questo luogo e in questo momento tu sei la persona che più si avvicina al profilo che da sempre io richiedo per il Custode.
Lealtà assoluta, serietà, profondissima sensibilità, empatia, rispetto delle tradizioni e delle memorie.
Tu lo sai bene: la maggior parte di ciò che chiamiamo nuove idee sono semplicemente vecchi errori riverniciati.
E comunque il Custode deve avere anche una certa classe.
E non intendo dire classe sociale: la gente ha ancora capito la differenza tra avere classe e avere i soldi.
La vera nobiltà risiede nello spirito.>>
<<Nel mio spirito c'è troppo fuoco. La rabbia si accende troppo facilmente e questa fiamma mi distrugge e mi rende incapace di controllare i miei istinti. L'Iniziazione ha peggiorato le cose, e la mia ira avvampa molto di più e molto peggio di prima. A cosa servono i miei poteri, se poi non so controllarli?>>
<<La potenza è nulla senza il controllo, questo è vero. Ed io sono qui proprio per insegnarti a controllare meglio la fiamma che arde in te.
Come Signore del Fuoco, è mio compito porre un argine alle fiamme, quando portano morte e distruzione. Qualunque cosa ti abbiano detto su di me, sappi che io non sono malvagio.
Io sono nel mezzo tra la Luce e la Tenebra e il mio compito è preservare l'equilibrio.
Senza equilibrio, saremmo perduti.
Senza equilibrio, lasceremmo tutto al caso, e l'universo perderebbe coerenza e coesione, sfilacciandosi e disperdendosi nell'oscurità e nel freddo.
Senza equilibrio, tutto finirebbe nel ghiaccio>>
<<Dunque è Gothar, signore del ghiaccio, il tuo nemico principale?>>
<<Sì, ma non sempre, anche se è successo molte volte e su di noi si è scritta la Canzone del Ghiaccio e del Fuoco. Ed ora questa è anche la tua canzone...>>
<<Come nei romanzi... >>
<<Diciamo che in questo universo la situazione è un po' più complessa.
Ci sono fasi in cui ci combattiamo apertamente, ma non durano mai troppo, perché finiscono per produrre solo devastazione, il che non piace nemmeno a Gothar, che vorrebbe un mondo cristallizzato, pietrificato e quindi anche apparentemente ordinato, almeno dal suo punto di vista.
Adesso, per esempio, sul vostro pianeta, ci troviamo in una fase di compromesso, basata su un antico Patto, siglato millenni fa.
Questo ci garantisce un equilibrio, per quanto precario>>
<<Belenos me ne ha parlato ed è sembrato d'accordo con te. Eclion invece ha detto chiaramente che questo equilibrio è ingiusto: solo alcuni stanno bene, mentre molti altri subiscono ingiustizie terribili>>
<<Eclion usa questo argomento perché vuole di nuovo la guerra. Lui ama le catastrofi, si esalta di fronte all'orrore. Ma è furbo: per provocare la guerra usa argomenti giusti per trarne conclusione sbagliate.
Tante persone di sani princìpi si sono perdute a causa sua: inseguendo nobili ideali nel modo sbagliato, sono stati inghiottiti dall'Oscurità.
Eclion conduce alla guerra uomini che altrimenti sarebbero di pace: riesce sempre a far apparire la guerra come qualcosa di più giusto rispetto al compromesso. A volte può anche essere così, ma nella maggior parte dei casi, la guerra produce solo dolore per entrambe le parti, laddove invece, col compresso, si può essere felici, anche se solo a metà.
Eclion però si sta annoiando: vuole una catastrofe e sembra che ci stia riuscendo.
Forse è riuscito a riportare Gothar dalla sua parte, e allora ci sarà qualcosa che assomiglierà all'Apocalisse biblica, ma senza lieto fine.
La Terra sarà trasformata in un Inferno, ed Eclion terrà in vita qualcuno di voi soltanto per il gusto di vederlo soffrire.
In quei giorni gli uomini cercheranno la morte, ma non la troveranno; brameranno morire, ma la morte li fuggirà. »
<<La Terra è già un inferno. La vita è già adesso difficile da sopportare>>
<<E per te sarà ancora più difficile. Custodire il Fuoco è un grande fardello.
Il Fuoco è una metafora del potere che io intendo conferirti, ma ogni potere richiede sacrificio.
Essere il Custode significa essere soli. E' anche per questo che ti ho scelto: in fondo tu ami la solitudine e sei uno dei pochi che riesce così bene a stare per conto suo>>
<<E riguardo a Joanna?>>
<<Ti stai forse innamorando di lei?>>
<<Non lo so, mi sento attratto da lei... affascinato... penso che potrei innamorarmi>>
<<Be' non farlo. Cerca di evitarlo in tutti i modi, perché lei ti spezzerà il cuore. E il tuo cuore è già stato spezzato troppe volte. Un'altra volta potrebbe essere fatale>>
<<Ma questa potrebbe essere la mia ultima possibilità di essere felice.
Non sono più giovane, eppure non so ancora che volto abbia l'amore vero>>
<<C'è ancora tempo per questo, ma con un'altra, non con lei. Dico sul serio, sei ancora sufficientemente giovane, e lo dimostra il fatto che, come tutti i giovani, credi di essere l'unico capace di amare davvero.
Naturalmente ti sbagli.
Pensa che persino i Signori degli Elementi possono aver conosciuto l'amore, e aver assunto forma umana o aliena, e aver condiviso momenti preziosi con una mortale.
E' successo anche a me.
E quando costei è morta, mi sono chiesto se davvero valga la pena vivere per sempre>>
<<Anche il Signore del Fuoco può piangere?>>
<<Quando assume forma umana, piange come tutti gli altri, per le stesse ragioni di tutti gli altri, e vorrebbe essere davvero come tutti gli altri.
Lei era la mia stella del mattino. Le dicevo: "Rimani con me anche un solo istante, e sarà per me tutto il tempo che esiste". Ma lei toccava le mie lacrime con le tue labbra, e il mio volto con la punta delle sue dita e mi rispondeva: "L'eternità è il nostro presente. E' l'unica immortalità che mi è concessa".
E in quel momento mi resi conto che l'immortalità non è una cosa da invidiare.
Chi vuole vivere per sempre?
L'eternità si percepisce nell'attesa.
E chi è disposto ad attendere in eterno?>>
<<Credo che le persone normali possano farlo. A loro basta l'opaca trafila delle cose, il grigiore, come un cielo pieno di nubi che non si decidono mai a rilasciare la pioggia.
La buona pioggia è di là dallo squallore...
Le persone normali non notano questo squallore, e ciò le rende invincibili.
Agiscono come automi anaffettivi, e questo li rende invulnerabili. Forse hanno ragione loro.
Forse gli automi hanno ragione...
Ed è anche per questo che non provo simpatia nei loro confronti. Anzi, mi fanno paura.
Le persone completamente normali mi spaventano.
Chi non prova sentimenti mi spaventa.
Oppure sono io che sto realmente impazzendo, come Jenny di Vecchie Pietre, che danza sulle rovine di Sala dell'Estate, insieme ai suoi fantasmi, a quelli di chi ha perduto e a quelli di chi ha trovato, e a quelli di coloro che l'hanno amata di più.
E non volle mai andarsene lì...
And never she wanted to leave>>
<<Conosco la storia. George Martin è un mio discepolo e sono stato io a suggerigli l'idea della canzone scritta da Rhaegar Targaryen, la Canzone del Ghiaccio e del Fuoco.
Tutto oscilla tra questi due estremi, non dimenticarlo mai.
Lasciati cullare dalle sue parole e dalle sue note, perché hai ragione nel dire che quella canzone, in parte, riguarda anche te.
High in the halls of the kings who are gone
Jenny would dance with her ghosts
The ones she had lost and the ones she had found
And the ones who had loved her the most
The ones who'd been gone for so very long
She couldn't remember their names
They spun her around on the damp old stones
Spun away all her sorrow and pain
And she never wanted to leave, never wanted to leave
Never wanted to leave, never wanted to leave
They danced through the day
And into the night through the snow that swept through the hall
From winter to summer then winter again
'Til the walls did crumble and fall
And she never wanted to leave, never wanted to leave
Never wanted to leave, never wanted to leave
And she never wanted to leave, never wanted to leave
Never wanted to leave, never wanted to leave
High in the halls of the kings who are gone
Jenny would dance with her ghosts
The ones she had lost and the ones she had found
And the ones
Who had loved her the most...>>
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