giovedì 19 gennaio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 1. Ferdinando Monterovere disarcionato presso l'Orma del Diavolo






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La sventura si abbatté per la prima volta sulla famiglia Monterovere  in una gelida notte di febbraio del 1928, quando l'ottuagenario patriarca Ferdinando, di ritorno da una delle sue folli cavalcate in mezzo ai boschi dell'Appennino modenese, fu improvvisamente disarcionato dal suo destriero nei pressi di una località che la gente del luogo chiamava, premurandosi di fare i dovuti scongiuri, l'Orma del Diavolo.
Tale nome era legato ad un'antica superstizione.
I vecchi raccontavano che proprio in quel punto, attualmente situato tra il borgo di Querciagrossa e il castello di Monterovere, nelle vicinanze di Pavullo, migliaia di anni prima, esisteva un'enorme quercia, centro del culto pagano dei Druidi, praticato da alcune tribù dei Galli Boi, sopravvissute alla conquista romana della Gallia Cisalpina e ritiratesi nella zona appenninica retrostante alla via Emilia.
Secondo il non troppo affidabile testo "I Galli del Frignano", edito a proprie spese da Luigi Andrea Melegnati, erudito preside di una scuola media di Pavullo, in quelle zone dell'alto modenese, una tribù di Galli Boi si sarebbe fusa con ciò che restava degli antichissimi Friniati, altra popolazione pre-romana, e pur adeguandosi ad una romanizzazione di facciata, avrebbero coltivato in segreto le antiche tradizioni.



Sempre secondo il testo del Melegnati, quella stessa quercia sarebbe stata poi abbattuta per ordine dell'imperatore Teodosio I, nell'Anno Domini 389, in seguito alle devote, ma insistenti sollecitazioni di sant'Ambrogio, vescovo di Milano.
Poco dopo l'abbattimento dell'antica quercia celtica, incominciarono ad essere avvistati, in quel luogo già considerato un centro di stregoneria, alcuni fenomeni inspiegabili che presto vennero identificati come spiritelli notturni, folletti, elfi o fate del Piccolo Popolo di cui erano piene le leggende della tradizione celtica che, nonostante la colonizzazione romana e la predicazione cristiana, sopravvivevano radicate nell'immaginario collettivo delle piccole comunità dell'entroterra.

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E forse parte di quell'antico sangue celtico scorreva persino nelle vene di Ferdinando Monterovere, guardacaccia della selva di Querciagrossa, che si proclamava discendente del feldmaresciallo Raimondo Monterovere, conte di Querciagrossa e comandante degli eserciti austro-ungarici nella loro prima guerra contro i Turchi Ottomani.
Il castello dei Monterovere era ancora lì, in cima alla collina, ma la famiglia era ormai decaduta e, come avrebbe detto il professor Tolkien, "da lungo tempo orbata di signoria e comando".
Si manteneva vivo, tuttavia, un certo spirito aristocratico e sdegnoso, che attribuiva ai Monterovere, forse anche a causa dell'alta statura e dell'indole burbera e poco socievole, una certa aria di severo disprezzo nei confronti del mondo intero.
Ciò metteva in soggezione gli altri abitanti di Querciagrossa, che provavano una sorta di timore reverenziale nei confronti di "don Ferdinando", quando pattugliava a cavallo la foresta e il villaggio, spingendosi fino alla collina e alle mura del castello che un tempo era appartenuto ai suoi antenati,
Tuttavia il vecchio Ferdinando non era poi così severo come lo descriveva, e anzi con i suoi numerosi figli e nipoti era estremamente gentile, e amava trascorrere le serate accanto al focolare, raccontando ai bambini le antiche leggende celtiche, fino a che la brace non si spegneva e i piccoli già erano tra le braccia di Morfeo.
Pur amando molto queste leggende, non aveva mai dato troppo credito alle voci riguardanti l'Orma del Diavolo e riteneva che gli unici veri pericoli, in una foresta, fossero i briganti, i lupi, gli orsi e i cinghiali.
Mai e poi mai si sarebbe lasciato convincere da certe superstizioni inventate dalle vecchie comari bigotte per mettere in cattiva luce i pagani.
E tuttavia quando nel tardo pomeriggio del 28 febbraio 1928, ritrovarono il suo cadavere vicino al corpo agonizzante del cavallo azzoppato, nessuno riscontrò tracce di violenza da parte di briganti, lupi, orsi o cinghiali.
Certo, la spiegazione più razionale sarebbe stata che un uomo anziano come lui, di oltre ottant'anni, poteva essere caduto da cavallo per aver perso il controllo delle redini, o per un malore.
Oppure poteva essere stato lo stesso cavallo, anch'esso non più giovanissimo, ad essere morto e stramazzato a terra, portandosi dietro all'altro mondo il suo padrone, ammesso che esista un altro mondo per i cavalli, per non parlare degli umani.
Il problema era però che il cavallo, nonostante l'età, si era sicuramente impennato, lasciato sul sentiero impronte sospettosamente profonde, come se avesse visto qualcosa di terrificante.
La vicenda suscitò profondo scalpore tra gli abitanti del paese e rafforzò la loro convinzione sulla natura maledetta di quel luogo e di quel bosco.
Diverse furono le reazioni dei figli del defunto Ferdinando.
Il primogenito, Enrico, prese una drastica decisione e scese a valle, nella Bassa Padana, insieme alla moglie Eleonora e ai nove figli ch'ella gli aveva dato, e sfidando le nebbie,  i rigori degli interminabili inverni e l'afa soffocante delle estenuanti estati tra mosche e zanzare, si stabilì nelle campagne tra Ravenna e Faenza.
 Il secondogenito, Domenico, si arroccò nelle "wuthering highs" del Monte Cimone, a Sestola e Fanano.
Il terzogenito, Bartolomeo, partì per le Americhe.
Difficile dire chi fece la scelta peggiore.

mercoledì 18 gennaio 2017

Sant'Elena, al secolo Giulia Flavia Elena Augusta, Imperatrice Romana e madre di Costantino



Giulia Flavia Elena Augusta (latinoFlavia Iulia Helena AugustaElenopoli248 circa – Treviri329) è stata augusta dell'Impero romanoconcubina (o forse moglie) dell'imperatore Costanzo Cloro e madre dell'imperatore Costantino I. I cattolici la venerano come sant'Elena Imperatrice.

Biografia

Origini e matrimonio con Costanzo

I dati biografici di questo personaggio sono piuttosto scarsi.[1] Sembra sia nata a Drepanum in Bitinia nel golfo di Nicomedia (attuale Turchia); suo figlio Costantino rinominò infatti la città in Helenopolis ("città di Elena") in suo onore, cosa che ha condotto successive interpretazioni ad indicare Drepanum come luogo di nascita di Elena.[2]

Statua di Elena ai Musei Capitolini a Roma.
Il vescovo e storico Eusebio di Cesarea, autore di una Vita di Costantino, afferma che Elena aveva circa 80 anni dopo il suo ritorno dalla Palestina,[3] riferendosi ad un viaggio avvenuto nel 326/328; Elena nacque dunque nel 248 o nel 250. Le fonti del IV secolo, che seguono il Breviarium ab Urbe condita di Eutropio, affermano che era di bassa condizione sociale. Aurelio Ambrogio è il primo a chiamarla stabularia, un termine traducibile come "ragazza addetta alle stalle" o come "locandiera"; nell'uso di Ambrogio si tratta di una virtù, in quanto il vescovo di Milano la definisce una bona stabularia, "buona locandiera".[1][4] Altre fonti, specie quelle scritte dopo l'elevazione al trono imperiale di Costantino, ignorano la sua condizione sociale.[1]
Non è noto quando Elena incontrò il suo futuro compagno, Costanzo Cloro.[5] Lo storico Timothy Barnes ha suggerito che l'incontro ebbe luogo quando Costanzo, all'epoca al servizio dell'imperatore Aureliano, era stazionato in Asia minore per la campagna contro il Regno di Palmira; Barnes pone l'attenzione su di un epitaffio ritrovato a Nicomedia e riguardante uno dei protectores dell'imperatore, un possibile indizio della presenza di Aureliano in Bitinia poco dopo il 270.[6]
L'esatta natura legale del loro legame è sconosciuta. Le fonti non sono concordi su questo punto, alle volte chiamando Elena "moglie" di Costanzo e alle volte riferendosi a lei come "concubina".[5] Girolamo, forse confuso dalla terminologia vaga delle sue fonti, si riferisce a lei in entrambi i modi.[7] Alcuni studiosi sostengono che i due genitori di Costantino fossero legati da un matrimonio de facto, non riconosciuto dalla legge,[8] altri affermano si trattasse di un matrimonio in piena regola, in quanto le fonti che sostengono questo tipo di relazione sono le più affidabili.[9]
Elena diede alla luce Costantino nel 274. Nel 293 Costanzo dovette lasciare Elena per volere di Diocleziano e sposare la figliastra dell'imperatore MassimianoTeodora, allo scopo di cementare con un matrimonio dinastico l'elevazione di Costanzo a cesare di Massimiano all'interno della tetrarchia.

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Elena Augusta


Il presunto cranio di Elena nella cripta della cattedrale di Treviri.
Elena non si risposò, e visse lontano dalle corti imperiali, sebbene fosse vicina a Costantino, che per lei aveva un affetto particolare. Costantino fu proclamato imperatore nel 306, dopo la morte di Costanzo. È probabile che in questo periodo Elena abbia seguito il figlio. Inizialmente Costanzo pose la sua capitale a Treviri: qui si trova il palazzo imperiale con un affresco in cui forse è raffigurata Elena; inoltre esiste una tradizione medioevale su Elena nella zona intorno all'antica capitale romana.[10] Successivamente Costantino si stabilì a Roma: qui la presenza di Elena è legata al fundus Lauretus,[11] nella zona sud-orientale della città antica, dove sorse il palatium Sessorianum, la chiesa dei Santi Marcellino e Pietro a lei riconducibile,[12] con l'annesso mausoleo di Elena in cui fu poi sepolta. Elena godette dell'ascesa al potere del figlio, che nel 324 la onorò del titolo di augusta; in suo nome furono coniate pure molte monete, in cui Elena era la personificazione della Securitas ("sicurezza") dello stato.

Sarcofago in porfido rosso di Elena, dal suo mausoleo e ora ai Musei Vaticani. Per le scene militari presenti sui lati, si ritiene fosse stato scolpito per il figlio Costantino I.
Esiste una tradizione, legata all'Actus Sylvestri, che la vuole ebrea, ma si tratta di una versione non condivisa dagli storici moderni.[10] Dopo l'avvicinamento di Costantino al cristianesimo, anche Elena si convertì alla religione orientale: secondo Eusebio fu Costantino stesso a convertirla.[13] È possibile che fosse vicina alle posizioni dell'arianesimo.[10]
Nel 327-328 Elena partì per un viaggio nelle province orientali dell'impero. Questo viaggio è descritto da Eusebio, il quale ne fa un pellegrinaggio in Terra Santa sui luoghi della passione di Gesù, con atti di pietà cristiana da parte dell'augusta e costruzione di chiese.[14] È però possibile che vi fosse anche un significato politico, assieme a quello religioso, in quanto la conversione di Costantino al cristianesimo, le sue riforme religiose anti-pagane, la sostituzione di ufficiali pagani con altri cristiani, nonché, probabilmente, la morte del figlio Crispo e della moglie Fausta ordinate dall'imperatore, gli avevano fatto perdere il favore delle popolazioni orientali.[10]
Nel tardo 328 o nel 329 Elena morì,[15] con Costantino al suo fianco.[16] Fu sepolta nel mausoleo di Elena, collegato alla chiesa dei Santi Marcellino e Pietro, al di fuori delle mura di Roma; il suo sarcofago in porfido è conservato ai Musei Vaticani e, per le tematiche militari che vi sono raffigurate, si ritiene fosse inizialmente stato preparato per Massenzio o per il figlio Costantino.

Agiografia e culto

Sant'Elena Imperatrice
Icona ortodossa bulgara con la santa e suo figlio Costantino il Grande e la "vera croce".
Icona ortodossa bulgara con la santa e suo figlio Costantino il Grande e la "vera croce".
Nascita248
Morte329
Venerata daTutte le Chiese che ammettono il culto dei santi
Ricorrenza18 agosto (Chiesa cattolica);
21 maggio (Chiese ortodosse e luterana);
19 maggio (altre Chiese riformate)
AttributiCroce
Patrona diarcheologiconvertitimatrimoni difficili, divorziatiimperatrici
È festeggiata dalla Chiesa cattolica il 18 agosto, ed il 21 maggio dalla Chiesa ortodossa, come sant'Elena Imperatrice.

Ritrovamento della croce[modifica | modifica wikitesto]


Ritrovamento della vera croceJan van Eyck.
Elena è legata, nella tradizione cristiana, al suo presunto ritrovamento della "vera croce", il patibolo su cui morì Gesù, in occasione del suo viaggio in Palestina. Probabilmente non fu lei ad effettuare la scoperta, ma il fatto che Eusebio di Cesarea abbia descritto il suo viaggio in Oriente come un pellegrinaggio, e quindi abbia attestato la presenza di Elena a Gerusalemme, fece probabilmente collegare la madre del primo imperatore romano cristiano al ritrovamento della reliquia.[10]
Poiché vi sono diverse attestazioni del culto della croce nella basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme nel secondo quarto del IV secolo,[17]la leggenda del suo ritrovamento da parte di Elena dovette nascere in quel periodo e diffondersi molto rapidamente. Sono infatti tre le versioni del ritrovamento della reliquia: una in cui la scoperta è da attribuirsi alla sola Elena,[18] una in cui il ritrovamento fu effettuato da una presunta imperatrice del I secolo, Protonike, e una in cui Elena avrebbe ricevuto aiuto dall'ebreo Giuda, poi convertitosi e battezzato Ciriaco (Kyriakos). Fu quest'ultima versione ad avere maggior successo, probabilmente per la sua vena anti-giudaica.[10]
Nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme, a Roma, costruita sul palatium Sessorianum appartenuto ad Elena, sono custodite delle reliquie che sarebbero state portate da Elena dalla Palestina, secondo la tradizione; oltre alla croce, infatti, Elena avrebbe trovato la croce di uno dei due ladroni, la spugna imbevuta d'aceto, parte della corona di spine, un chiodo della croce nonché il titulus crucis.

Leggenda


Paolo VeroneseVisione di sant'Elena
Nel folklore del Regno Unito esiste una leggenda tarda, menzionata da Enrico di Huntingdon ma resa famosa da Goffredo di Monmouth, secondo la quale Elena era la figlia del re della BritanniaCoel Hen di Camulodunum, il quale si sarebbe alleato con Costanzo Cloro per evitare ulteriori guerre tra i Britanni e i Romani. Goffredo aggiunge che Elena fu educata come una regina, in quanto non aveva fratelli che potessero ereditare il trono di Britannia.
La fonte di Enrico e Goffredo potrebbe essere stato Sozomeno, il quale, però, non afferma che Elena fosse una britanna, sebbene affermi nella sua Storia ecclesiastica che suo figlio Costantino I si convertì al cristianesimo sull'isola.[19]
Non vi sono altre prove di un legame tra Elena e la Gran Bretagna; la leggenda potrebbe essere nata da una confusione con un'altra sant'Elena della tradizione celtica e britanna, Elen Lwyddog, moglie di un usurpatore romano successivo, Magno Massimo.
La leggenda che vuole Elena di origini e di natale britannici, ha offerto lo spunto per le vicende narrate da Marion Zimmer Bradley in collaborazione con Diana L. Paxson dal titolo La sacerdotessa di Avalon (2000), quarto romanzo del Ciclo di Avalon.
La stessa Elen figlia di re Cel, moglie di Costanzo Cloro e madre di Costantino è la protagonista del romanzo "L'albero della vita" di Louis de Wohl.

Note

  1. ^ a b c Harbus, p. 13.
  2. ^ Harbus, p. 12. Secondo altre interpretazioni, Costantino rinforzò Drepanum allo scopo di rinvigorire la rete stradale attorno alla nuova capitale, Costantinopoli, e in questa occasione la dedicò alla madre, senza che questo indichi il luogo di nascita di Elena (Mango, Cyril, "The Empress Helena, Helenopolis, Pylae", Travaux et Mémoires 12 (1994): pp. 143–58, citato in Harbus, p. 12). Esisteva inoltre un'altra Helenopolis, in Palestina, anch'essa dedicata ad Elena, ma di posizione sconosciuta (Hunt, E.D., Holy Land Pilgrimage in the Later Roman Empire: A.D. 312–460. Oxford: Clarendon Press, 1982, p. 49, citato in Harbus, p. 12).
  3. ^ Eusebio, Vita Constantini, iii.46 (annum aetatis agens circiter octogesimum).
  4. ^ Aurelio Ambrogio, De obitu Theodosii, xlii.
  5. ^ a b Lieu e Montserrat, p. 49.
  6. ^ Inscriptiones Latinae Selectae 2775, citata in Barnes, (1982), pp. 36.
  7. ^ Girolamo, Cronacas.a. 292 e s.a. 306, citato in Lieu e Montserrat, p. 49.
  8. ^ Drijvers (1992), pp. 17–19.
  9. ^ Barnes, (1982), pp. 36.
  10. ^ a b c d e f Drijvers (1997).
  11. ^ CIL VI, 1134CIL VI, 1135CIL VI, 1136.
  12. ^ Liber Pontificalis, i, 183.
  13. ^ Eusebio, iii.47.
  14. ^ Eusebio, iii.42-47.
  15. ^ La coniazione delle monete recanti la sua effigie termina nell'estate 329 (Drijvers).
  16. ^ Eusebio, iii.46.
  17. ^ Si vedano i sermoni del vescovo di Gerusalemme Cirillo alla fine degli anni 340 e la sua lettera del 7 maggio 351 all'imperatore Costanzo II con la quale testimonia il ritrovamento durante il regno di Costantino I.
  18. ^ RufinoStoria ecclesiastica, x.7-8; Socrate ScolasticoStoria ecclesiastica, i.17; SozomenoStoria ecclesiastica, ii.1-2; TeodoretoStoria ecclesiastica, i.18, Aurelio AmbrogioDe obitu Theodosii, 40-49; Paolino da NolaLettere, xxxi.4-5; Sulpicio SeveroCronaca, ii.22-34.
  19. ^ (ENSocrates and Sozomenus Ecclesiastical Histories, Christian Classics Ethereal Library. URL consultato il 28 marzo 2008.

Bibliografia

Fonti primarie
Fonti secondarie
  • Barnes, Timothy D. The New Empire of Diocletian and Constantine. Cambridge, MA: Harvard University Press, 1982.
  • Drijvers, Jan Willem. Helena Augusta: The Mother of Constantine the Great and her Finding of the True Cross. Leiden & New York: Brill, 1992.
  • Drijvers, Jan Willelm. "Helena Augusta (248/249-328/329 A.D.)"De Imperatoribus Romanis. 1997.
  • Harbus, Antonia. Helena of Britain in Medieval Legend. Rochester, NY: D.S. Brewer, 2002.
  • Lieu, Samuel N. C., e Dominic MontserratFrom Constantine to Julian: Pagan and Byzantine Views. New York: Routledge, 1996.
  • Edgarda Ferri, Imperatrix, Elena, Costantino e la Croce, Mondadori, 2010.
  • Calandra, Elena, Elena. All'ombra del potere, Electa, Milano, 2012.
Romanzi

Voci correlate

Mappa della Battaglia di Deir ez-Zor tra Isis e Siria

Deir ez-Zor clashes (2011-present).svg

   Controlled by the Syrian Armed Forces

   Controlled by the Islamic State of Iraq and the Levant 

   The disputed frontline between the forces

La città di Deir ez-Zor è un'enclave siriana all'interno del califfato terrorista Isis, che la tiene sotto assedio da anni.
Il 14 gennaio 2017 l'Isis ha sferrato un'offensiva contro la città assediata e il 16 ha spezzato in due l'enclave occupando la strada che la collegava all'aeroporto e la zona del cimitero.

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La controffensiva siriana e russa è partita il 17, con lo scopo di proteggere la popolazione siriana di Deir ez-Zor dal rischio di cadere nelle mani della brutale e barbara teocrazia  terroristica dei fondamentalisti islamici dell'Isis.

Mappa dell'Isis a gennaio 2017



Syrian, Iraqi, and Lebanese insurgencies.png



   Controlled by the Islamic State of Iraq and the Levant (ISIL, ISIS, IS, Daesh) 

   Controlled by al-Nusra (Al-Qaeda in Syria)

   Controlled by the Syrian opposition 

   Controlled by the Syrian government

   Controlled by the Iraqi government 

   Controlled by the Lebanese Government

   Controlled by Hezbollah 

   Controlled by Syrian Kurdistan

   Controlled by Iraqi Kurdistan 

   Disputed territory