Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
giovedì 6 agosto 2020
Vite quasi parallele. Capitolo 80. Agosto è un mese crudele
Per Thomas Eliot "aprile è il più crudele dei mesi", affermazione paradossale, ma a modo suo giustificata, perché se è vero com'è vero che la vita è ingiusta e a volte crudele, allora il mese in cui la natura torna a vivere è destinato a portare con sé tutta quell'ingiustizia e quella crudeltà, nascondendole dietro i fiori e il rigoglio, come la catena alimentare e la legge del più forte si nascondono dietro l'apparente idillio di qualunque campagna, foresta o prateria, montagna o mare.
Naturalmente si tratta solo di una metafora: la vita sa essere ingiusta sempre, in tutti i mesi dell'anno, e riserva ad ogni singolo istante di ogni singolo giorno di ogni singola esistenza l'amara sorpresa di capire che tutto ciò a cui si era creduto e a cui si era dato importanza, era qualcosa di fragile e aleatorio, destinato prima o poi a fare i conti con l'enormità del male, perché il male è la regola e non l'eccezione.
Ma visto che siamo in vena di paradossi, pensiamo al fatto che per il giudice Guglielmo De Gubernatis il mese più crudele era agosto, quello in cui la maggior parte delle persone si gode le più o meno meritate ferie estive, dopo aver subito per mesi e mesi quelle due calamità bibliche che sono il lavoro e la scuola.
Ebbene, in agosto nessuno può far finta di non scorgere, se ci sono, le crepe nell'edificio della propria esistenza, e questo proprio perché tutti o quasi sono in vacanza, e chi ha costruito o saputo conservare un'esistenza quantomeno serena può finalmente godersi appieno questa condizione, mentre chi non è stato altrettanto capace o fortunato, può soltanto notare che, tolti i tranquillizzanti paraocchi delle abitudini, dell'opaca trafila delle cose che si accompagna ad un'attività imposta dall'alto, ciò che resta sono i segnali, più o meno evidenti, di tutto ciò che non funziona in noi e attorno a noi.
Nella specifica fattispecie del giudice De Gubernatis, le cose che non funzionavano erano sempre di più, di anno in anno, e non solo per le inevitabili conseguenze dell'invecchiamento (quello, di per sé, sarebbe stato tollerabile), ma anche e soprattutto per il rimpianto di aver dedicato troppo tempo a persone che non lo meritavano e per il rimorso di aver negato giustizia a persone che ne avevano diritto.
E tutto quello per ottenere cosa?
Niente che valesse la pena di tanti sacrifici e compromissioni.
Si ritrovava per l'ennesima volta a trascorrere il mese di agosto nel solito appartamento di Cesenatico, in compagnia di una moglie noiosissima, una figlia pettegola e acida, un genero divorato dall'ambizione, dall'invidia e dal desiderio di vendetta, e un nipote taciturno, freddo e incredibilmente snob.
La moglie Ginevra Orsini, sorella minore di Diana, diciottesima Contessa di Casemurate, e la figlia Elisabetta, professoressa di inglese, non facevano altro che spettegolare dalla mattina alla sera, anche quando erano dal parrucchiere o dalle amiche a giocare a canasta e scala quaranta.
Il genero, Massimo Braghiri, approfittava dei momenti di assenza di moglie e suocera per fare pressioni sul giudice.
<<Senti Guglielmo>> aveva esordito <<io so tutto riguardo all'insabbiamento delle indagini su Ettore Ricci, nei casi che hanno riguardato le morti di Isabella Orsini, Arturo Orsini e Federico Traversari>>
De Gubernatis sospirò:
<<Quindi saprai anche che il colpevole era tuo padre, Michele Braghiri>>
Massimo lo sapeva benissimo, ma non si era aspettato che suo suocero l'avesse capito:
<<Chi ti ha messo in testa quest'idea? E' stato Ettore?>>
Il giudice scosse il capo, con infinita stanchezza:
<<No, Ettore ha sempre creduto alla versione ufficiale delle indagini. Suicidio nel caso di Isabella, e tragico incidente negli altri due casi. In un primo momento io pensai che Ettore mentisse per difendere se stesso, ma le indagini che condussi segretamente mi portarono a capire che dietro a tutto c'era il piano diabolico di tuo padre. E avrei dovuto smascherarlo e rinviarlo a processo! Non l'ho fatto perché volevo evitare uno scandalo che avrebbe finito per danneggiare non solo la tua famiglia, ma anche quella di mia moglie, i Ricci-Orsini.
Ma fu il più grande errore della mia vita, e il rimorso per ciò che ho fatto mi tormenta giorno e notte>>
Il genero lo fissò con disprezzo:
<<Ora tu fai parte della mia famiglia! Tua figlia porta orgogliosamente il mio cognome! E così anche tuo nipote. E' a noi, adesso, che devi fedeltà!>>
De Gubernatis era nauseato dalla tracotanza di suo genero:
<<Non capisco dove vuoi arrivare? I reati di cui parliamo sono caduti in prescrizione da tempo. Tuo padre può stare tranquillo>>
Massimo fece un gesto di stizza:
<<Lo so benissimo! Il discorso è un altro: io so che tu hai coperto altri scandali che invece riguardavano sicuramente Ettore Ricci e la gestione del Feudo Orsini. Alcuni di questi reati non sono andati in prescrizione>>
Il cuore del giudice ebbe un sobbalzo.
Era chiaro che Michele Braghiri avesse conservato le prove per poi mostrarle al figlio.
Quei due odiavano Ettore, sua moglie e i loro discendenti: lo sapeva perché in fondo anche Ginevra ed Elisabetta avevano sviluppato, col tempo, un'invidia tale da rasentare l'odio, ed era stato quello il cemento del matrimonio di Elisabetta e Massimo.
<<Continuo a non capire il senso di questo discorso. Io sono ormai in pensione, non mi occupo più di queste cose>>
Massimo gli afferrò una spalla in malo modo:
<<Tu hai ancora molti amici al tribunale. Una tua denuncia mirata può rovinare Ettore Ricci e tutti i suoi eredi>>
De Gubernatis si accigliò:
<<Ettore è mio amico ed è sempre stato molto generoso sia con la mia famiglia che con la tua, per cui non capisco assolutamente questa tua acredine nei suoi confronti!>>
Il genero divenne verde di rabbia:
<<Ci ha trattato come servi! La sua non è mai stata generosità, ma elemosina gettata dall'alto, con disprezzo>>
Il giudice si liberò dalla stretta del genero e gli rispose con voce gelida:
<<Ettore mi ha sempre rispettato. E per quanto ne so ha avuto fin troppa fiducia in tuo padre. Se ha commesso un errore è stato quello di rispettarvi troppo! E se per caso gli rimproveri il fatto che né lui, né sua figlia ti hanno detto di sì quando ti sei proposto, io dico che hanno fatto bene! Avrei dovuto impedire a Elisabetta di sposare un individuo meschino come te!>>
Per Massimo quelle parole furono come uno schiaffo:
<<Da che pulpito viene la predica! Eppure dovresti sapere che non conviene mettersi contro la famiglia Braghiri>>
De Gubernatis fece spallucce:
<<Le tue minacce sono risibili, Massimo. Se intendi danneggiare la mia reputazione, sappi che poi a pagarne le conseguenze sarà mia figlia, tua moglie... per non parlare di tuo padre. Ti daresti soltanto la zappa sui piedi>>
Massimo scosse il capo:
<<Ho molti più assi nella manica di quanti tu possa pensare>>
Ma il giudice, da esperto giocatore di poker, non la bevve:
<<Stai bluffando, Massimo, e in maniera piuttosto patetica, direi>>
Massimo sorrise a denti stretti:
<<Tu mi sottovaluti, così come fanno anche Ettore, Diana, Silvia e il suo dannatissimo marito Francesco Monterovere, ma ve ne pentirete tutti molto presto.
Te lo ripeto: non conviene mettersi contro di me.
E questa è la verità pura e semplice>>
Il giudice sospirò, e i suoi occhi si persero nella contemplazione del mare, mentre con voce stanca e malinconica mormorò, rivolto più a se stesso che al suo interlocutore:
<<La verità è raramente pura e quasi mai semplice>>
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