Nel 1968, mentre il mondo studentesco era scosso dalla Contestazione, Francesco Monterovere aveva vinto il concorso nazionale per l'insegnamento ("sono arrivato sesto in tutta Italia" era solito ripetere, con una certa spavalderia) e di conseguenza aveva ottenuto la sua prima cattedra di ruolo, come si dice in gergo, all'Istituto Tecnico Industriale Statale di Forlì, lo stesso a cui era stato destinato Massimo Braghiri, che invece non aveva superato l'esame di stato, ma soltanto quello provinciale di abilitazione, cosa che gli precludeva una carriera nei Licei.
Da questo dettaglio di non poco conto sarebbe sorta una rivalità destinata a crescere negli anni, fino a diventare una vera e propria faida tra la famiglia Monterovere e la famiglia Braghiri.
Ma ancora i tempi della guerra aperta erano lontani.
L'incontro tra i due futuri rivali in tutto (amore, lavoro, prestigio e quant'altro), era già avvenuto all'università di Bologna, ma Francesco Monterovere non se lo ricordava nemmeno.
Come a volte succede agli uomini molto alti, Francesco aveva la testa tra le nuvole ed era talmente distratto e distante dal contesto che non aveva mai fatto caso a Massimo, basso di statura, olivastro di carnagione e livido d'invidia.
Fu solo quando diventarono colleghi che si ebbe una vera e propria presentazione, che costituì, anche se loro all'epoca non potevano saperlo, il primo punto di tangenza tra due universi totalmente diversi, e cioè quello "montano", "magico/boscoso", "celtico/druidico" e "longobardo" dei Monterovere, e quello "basso padano", "agrario", "gallo-italico", "aristocratico/papista" e "romano/bizantino" dei Ricci-Orsini e di tutte le famiglie che gravitavano intorno al loro centro, la Contea di Casemurate.
Fin dalla loro prima presentazione ufficiale, Francesco e Massimo svilupparono una profonda e reciproca antipatia.
La stretta di mano di Massimo fu stritolante e troppo prolungata.
A questa seguì una raffica di domande che conteneva già in sé altrettante risposte provocatorie:
<<Monterovere? Non sei di queste parti, vero? Vieni dai monti, giusto?>>
Seccato, Francesco borbottò una risposta vaga:
<<I miei nonni erano di Querciagrossa di Pavullo, nel modenese>>
Massimo sorrise:
<<Ah, ecco! Infatti il dialetto modenese ha una cadenza molto marcata, una specie di cantilena...>>
Francesco, sempre più irritato, intervenne:
<<Ma io sono nato e cresciuto a Faenza, per tua informazione!>>
Massimo sorrise con una certa condiscendenza:
<<Ah, qui da noi si dice "botta di faentino", quando uno dà di matto! Oppure "fare senza, come quelli di Faenza". Anche lì si mangiano le parole, hanno uno strano dialetto, con tutte le vocali sbagliate...>>
Francesco, di temperamento irascibile, stava già desiderando di prendere a pugni quel cafone:
<<Credevo che tu insegnassi matematica, non glottologia>>
Massimo si erse in tutto il suo metro e sessanta:
<<Insegno matematica, ma ho mille hobbies sia culturali che sportivi. Mi intendo di preistoria, storia locale, dialettologia, lingue straniere, storia dell'arte e collezionismo, inoltre sono appassionato di tennis, nuoto, barca a vela, motocicletta e automobilismo>>
Francesco parve divertito:
<<E cosa ti fa pensare che tutto questo mi interessi anche solo lontanamente?>>
Massimo divenne verde per la bile:
<<Ritengo che la socializzazione tra colleghi si basi su una presentazione che non sia superficiale. Per cui sarei curioso di sapere quali sono i tuoi hobbies culturali e sportivi>>
Di fronte a tanta bizzarra pedanteria, Francesco era tentato di mandare al diavolo l'interlocutore, e avrebbe fatto sicuramente meglio, ma alla fine prevalse quel senso innato di quieto vivere che aveva ereditato da sua madre:
<<Mah, a livello culturale mi piace la musica classica, in particolare l'opera lirica. Ho anche una seconda laurea in fisica, per cui mi interessa la scienza, la storia della scienza, la filosofia della scienza e la filosofia in senso lato, in particolare la logica e la metafisica. Mi piace molto il cinema, specie quello surrealista, Fellini in particolare. Vado a teatro, leggo romanzi gialli e di fantascienza, ma anche testi più impegnativi: Borges per esempio, e Proust, soprattutto, il mio autore preferito. Non sono sportivo, mi sembra tempo perso. Sono un intellettuale puro>>
E qui Massimo trovò subito il punto debole del suo futuro avversario:
<<Ah, male! Lo sport è essenziale per la salute fisica e psicologica. Io lo insegnerò ai miei figli, prima di tutto, al di sopra di tutto. Tu invece darai un pessimo esempio ai tuoi, che cresceranno in una specie di castello in aria, senza contatto con la realtà...>>
Francesco era sbalordito dalla faccia tosta di quel piccoletto:
<<Ci conosciamo da nemmeno cinque minuti e mi stai dando già lezioni su come si crescono i figli. Be', mi dispiace deluderti, ma per il momento questo discorso non mi interessa. Preferisco divertirmi un po', prima di mettere la testa a posto>>
Massimo scattò subito:
<<Male, malissimo! Fare i figli tardi è un errore colossale. Io per fortuna devo solo scegliere tra numerose spasimanti. Se ritarderò un minimo, sarà solo perché dovrò scegliere la più adatta per me>>
E qui Francesco ebbe gioco facile per trovare una risposta destinata a provocargli l'odio perenne di tutta la famiglia Braghiri:
<<Be', non dovrebbe essere così difficile, Massimo. Visto che pensi già a cosa sarà meglio per i tuoi figli, è necessario che tu, tra tutte le tue innumerevoli spasimanti, sceglierai per forza la più alta>>
La faccia di Massimo assunse un color verde oliva tendente al giallo zafferano:
<<Non necessariamente! Per esempio, la mia famiglia frequenta quella dei Conti Orsini di Casemurate, la famiglia più antica e più nobile di tutta la Romagna. Discendono da Bertoldo Orsini, che fu Conte di Romagna dal 1278, per volontà di suo zio, papa Niccolò III...>>
<<Ah, sì, quello che Dante mette all'Inferno per simonia...>>
<<Questo non c'entra nulla. Stavo dicendo che in pratica io sono intimo di Silvia Ricci-Orsini, l'erede dell'attuale Contessa Orsini di Casemurate>>
Francesco trovava sempre più ridicolo quel personaggetto supponente e millantatore:
<<A Roma direbbero: me cojoni!>>
<<Si vede che tu non conosci la storia, caro Francesco... e osi definirti un intellettuale!>>
<<Se sapessi tutto, allora forse insegnerei alla Sorbona di Parigi, discettando dei massimi sistemi, e non delle contesse di qualche sconosciuto paesino della bassa pianura romagnola abitato da pigmei con manie di grandezza>>
Quella parola, "pigmeo", politicamente scorretta già a quei tempi, fu un altro dei motivi dell'odio di Massimo Braghiri nei confronti di Francesco Monterovere.
Nessuno dei due però si era reso conto che, già in quella prima conversazione, era stato fatto il nome di Silvia Ricci-Orsini, la donna destinata ad essere contesa tra loro negli anni a venire.
Massimo, che voleva aver sempre l'ultima parola in ogni discussione, concluse sprezzante:
<<Dovrai imparare ad avere più rispetto nei confronti del clan Ricci-Orsini, perché i loro parenti controllano tutte le posizioni chiave del potere, qui a Forlì. Ti auguro di non incorrere mai nell'ira di Ettore Ricci, il marito della Contessa, perché tutti quelli che hanno osato sfidarlo hanno fatto una brutta fine>>
Francesco parve confuso:
<<Parli di questo Ettore come se fosse un boss mafioso. Comunque, non vedo perché dovrei averci a che fare. E poi cosa intendi per "brutta fine"? Lo hanno sfidato e hanno fallito?>>
Massimo lo fissò con sguardo da faina:
<<Lo hanno sfidato e sono morti>>
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