Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
domenica 28 gennaio 2018
Mappa della guerra in Siria e delle zone di influenza di Russia (Repubblica Araba Laica di Assad), Usa (Kurdistan siriano), Turchia ("emirato" salafita di Idlib) e Israele ("ribelli moderati" del FSA)
Dopo una settimana di bombardamenti e di operazioni di terra, che hanno già causato centinaia di morti, l'esercito turco sta penetrando da più parti all'interno della provincia siriana di Afrin, controllata dallo Ypd, il partito dei Curdi del Rojava.
Per ridimensionare lo Ypg il presidente turco Erdogan ha lanciato, ignorando gli inviti della Nato alla cautela, Ankara rivendica di aver ucciso “374 terroristi”, i Curdi di aver eliminato “300 fra mercenari arabi e soldati turchi”. L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha constatato anche decine di vittime civili. I guerriglieri dello Ypg hanno finora limitato l’avanzata dell’esercito turco e dei miliziani arabi di Jaysh al-Khor, loro alleati.
I colloqui di pace sulla Siria, e per un eventuale armistizio anche nella provincia di Afrin, sono per previsti martedì 30 gennaio a Soci, sul Mar Nero. Il portavoce della delegazione che ha partecipato ai negoziati patrocinati dall’Onu a Vienna ha spiegato che l’iniziativa di Mosca punta “ad aggirare” le fin'ora inconcludenti iniziative delle Nazioni Unite per arrivare alla soluzione di un conflitto che in sette anni ha causato fra i 300 e 400 mila morti.
L’inviato speciale delle Nazioni Unite Staffan de Mistura ha invece detto che l’Onu “non ha ancora deciso” se partecipare no all’incontro di Soci. Mosca punta a un accordo di massima, a livello politico, nei colloqui che saranno dominati da Russia, Turchia e Iran, il nuovo terzetto protagonista in Medio Oriente. Soci segue lo schema di Astana, con una limitata presenza di forze dell’opposizione siriana gradite al regime.
Il doppio binario ha però portato alla paralisi dei tentativi dell’Onu. Nei due giorni di colloqui a Vienna, giovedì e venerdì, oscurati anche dalla presenze dei maggiori leader mondiali a Davos, non si è raggiunto nessun risultato.
“Vienna dove essere un test per l’impegno di tutte le partie – ha commentato il portavoce dell’opposizione siriana Yahya al-Aridi -. Ma l’Onu non ha visto nessun impegno”. Quello di Vienna era il nono round di negoziati patrocinati dalle Nazioni Unite. Tutti i tentativi si sono infranti su richieste inconciliabili: gli jihadisti insorti chiedono come precondizione che Assad lasci il potere, il presidente, dopo tanti anni di solida resistenza, non è certo disposto a cedere proprio nel momento in cui la vittoria sembra a portata di mano.
Dunque è tutto rimandato a martedì.
I colloqui di Soci puntano a un “transizione con Assad”, nella cornice di una nuova costituzione e nuove elezioni presidenziali. La nuova architettura istituzionale dovrebbe prevedere anche l’autonomia per i curdi, che ora sono al centro di questa fase del conflitto. I guerriglieri dello Ypg, addestrati, armati e appoggiati con l’aviazione e l’artiglieria dagli Stati Uniti, hanno sconfitto l’Isis a Raqqa ma sono diventati troppo potenti agli occhi della Turchia, che li accusa di stretti legami con il Pkk turco, un’organizzazione considerata terroristica dagli stessi Usa e dalla Ue.
Ma i dirigenti di Afrin hanno lanciato un appello al governo di Damasco per intervenga al confine e fermi “i raid aerei della Turchia”. Damasco avrebbe però posto come condizione il disarmo delle milizie curde e il loro passaggio sotto il controllo dell’esercito governativo.
Assad, che in questi anni ha dimostrato una notevole capacità di leadership e di sottigliezza dipolomatica, grazie anche al patrocinio di Putin, sta approfittando dello scontro fra due potenze della Nato, Turchia e Stati Uniti, che indebolisce ulterormente il già sfilacciato fronte "filoamericano" nella partita siriana.
Erdogan vuole che Washington ritiri del tutto il suo appoggio ai curdi dello Ypg. Venerdì è andato in visita alle truppe nella provincia di Hatay, che confina con il cantone di Afrin, e ha rilanciato: “Spazzeremo via i terroristi da Afrin, Manbij, fino al confine con l’Iraq”.
L’operazione, ipocritamente chiamata “Ramoscello di Olivo”, nel cantone di Afrin, sarebbe quindi parte di un piano più ampio, cominciato già nell’estate del 2016 con “Scudo sull’Eufrate” e la conquista di Al-Bab.
La Turchia vuole creare una “fascia di sicurezza”, profonda alcune decine di chilometri, lungo tutti i 900 chilometri di frontiera con la Siria. Ma questo intendo cozza con la politica Usa, che ha creato una sua zona di influenza, con sette basi e duemila militari, nel Nord-Est siriano, a fianco dei guerriglieri dello Ypg.
Ormai si stanno chiaramente delineando le zone di influenza estera nelle quali la Siria è stata, di fatto, suddivisa:
1) La Repubblica Araba di Siria, sotto la presidenza di Assad, è un protettorato congiunto della Russia, dell'Iran e degli Hezbollah libanesi.
2) Il Nord-Ovest composto dalle province di Idlib, Afrin e Al Bab è sotto il controllo della Turchia.
3) Il Nord-Est, altrimenti detto Kurdistan Siriano o Rojava, è sotto l'influenza degli Stati Uniti, che hanno però una base militare anche ad Al Tanf.
4) Il Sud-Ovest è di fatto una "buffer zone" (zona cuscinetto) controllata da Israele e Giordania.
Il federalismo sembra l'unica strada che possa tenere unita la Siria, ma questo richiederà una nuova Costituzione, che dovrà essere scritta nei prossimi anni sotto la supervisione di Assad e dei Russi, che restano i veri vincitori della guerra.
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