Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
domenica 24 dicembre 2017
Vite quasi parallele. Capitolo 93. Il mondo sa tutto di noi
Il 23 ottobre 1999, Riccardo Monterovere si laureò, magna cum laude, in Economia e Marketing presso quella famosa università di Milano. I festeggiamenti durarono per settimane, fino all'epifania del 2000.
A quel punto arrivò la lettera di coscrizione obbligatoria, che destinava il milite Monterovere, in qualità di obiettore di coscienza, al servizio civile presso un noto sindacato di Forlì, dove avrebbe svolto le mansioni di centralinista, fattorino e facchino.
Ma non era questo il problema, anzi, era un'occasione per ricominciare da zero.
Riccardo era consapevole dei propri errori e delle proprie responsabilità, soprattutto per quel che riguardava tutte le persone che il suo comportamento avrebbe potuto ferire: i suoi familiari, la sua fidanzata, i suoi amici.
Ma c'era anche qualcos'altro di cui tener conto e cioè le aspettative di un'intera comunità riguardo alla sorte di una famiglia di spicco e in particolare del suo ragazzo prodigio, colui che, agli occhi del mondo, avrebbe dovuto tenere in piedi quell'enorme baracca scricchiolante che era diventato il Clan Ricci-Orsini-Monterovere.
Riccardo, in cuor suo, era ormai consapevole di non essere all'altezza di quel compito e di tutto ciò che ci si aspettava da lui. Però non voleva mollare tutto senza aver almeno provato ad essere ciò che gli sembrava che gli altri si aspettassero da lui.
Il problema era come gestire questa fase di transizione.
Tornare a Forlì era diventata un'esperienza surrerale.
Tutto gli sembrava più piccolo, più stretto, quasi angusto.
Una città noiosa, monotona, insignificante, senza identità, senza palpiti, senza mai un momento di vitalità o di calore umano.
O forse era lui che la vedeva così?
Dopo cinque anni vissuti intensamente in una metropoli frenetica e mondana, il ritorno al "natio borgo selvaggio" gli sembra un viaggio indietro nei secoli, in un'epoca dove ancora reggevano tradizioni millenarie, non troppo diverse da quelle dell'antica Forum Livii, dove i contadini celti e i coloni romani commerciavano con i mercanti etruschi, umbri e greci.
Una tradizione millenaria non è necessariamente un male, anzi, se è durata tanto deve aver avuto di certo i suoi lati positivi.
In ogni caso, Forlì era esattamente la stessa di quella dell'infanzia e dell'adolescenza di Riccardo.
E allora, cos'era cambiato, o meglio chi era cambiato?
Ovviamente era lui ad essere cambiato, e non certo in meglio.
Non era dunque Forlì il problema, così come lo specchio non è responsabile della bruttezza di ciò che riflette.
Era lui il problema: l'ex ragazzo prodigio che voleva conquistare il mondo e aveva perduto la sua anima. L'uomo che avrebbe potuto essere grande, ma non lo era diventato.
Quel pensiero lo torturava come un'emicrania.
Non intendeva assolversi, ma nemmeno farsi tormentare dai sensi di colpa, perché alla fine, al di là delle grandi narrazioni e persino delle più complesse teorie filosifiche e scientifiche, Riccardo sapeva che i principi fondamentali dell'universo erano pur sempre l'errore e il caso.
Doveva parlarne con qualcuno che aveva vissuto sulla propria pelle questo tipo di pressione psicologica e ovviamente la prima a raccogliere questa confessione fu sua nonna Diana.
Riccardo cercò di prepararla lentamente alla triste verità, ma lei non apparve affatto meravigliata.
<<Hai solo 24 anni, sei ancora in tempo per rimediare>>
Lui scuoteva la testa:
<<Mi sono bruciato>>.
Diana sorrideva:
<<Tutte le stelle si bruciano. Sono le fiamme a farle risplendere. Ma possono ardere per moltissimo tempo. Che sia un inferno o un paradiso non si sa. Non lo sanno nemmeno loro>>
Riccardo sorrideva a sua volta, ma con amarezza:
<<Una frase molto bella, ma in fondo una bella frase è solo una bella frase, non necessariamente una verità>>
Lei scosse il capo:
<<Non importa che sia vera! Importa che serva per farti stare meglio e a cambiare per il meglio!>>
L'intenzione era buona, ma la confusione tra valore estetico e valore di verità poteva rivelarsi pericolosa.
<<E' quello che pensano anche gli psicoterapeuti e con le menti semplici possono anche riuscirci. Ma i loro trucchi non funzionano con me. Il massimo che possono ottenere gli analisti, quando hanno a che fare con una persona che conosce loro armi, è trasformare i problemi nevrotici in infelicità esistenziale>>
Diana ne sapeva qualcosa:
<<Dovresti trovare qualcuno più intelligente di te. Ma non un analista! Una donna!
Una di cui innamorarti davvero. Una personalità che riesca a tenerti testa, a imbrigliare la tua natura selvaggia, per riportarti sulla retta via>>
Era vero, ma Riccardo non era un mostro e non poteva certo lasciare Barbara soltanto perché i familiari non la consideravano adatta a lui:
<<Io amo Barbara e lei ricambia questo sentimento>>
Diana chiuse gli occhi:
<<Se fosse stato vero amore, non avresti avuto bisogno di prendere tutte quelle pastiglie>>
Era una delle questioni più delicate e occorreva molta prudenza nel trattarla:
<<L'amore vuol dire molto, moltissimo, a volte anche troppo, ma non è sufficiente per stare bene. Non è sufficiente... e tu lo sai!
Il fatto è che vorresti che io sposassi una donna come te, ma non esistono altre donne come te: ci sei solo tu, e basta>>
Lei si mise a ridere:
<<Che sciocchezza! Tu mi hai sempre idealizzata, e non so nemmeno il perché, ma una cosa è certa: anche quando tentavo con tutte le mie forze di essere una brava figlia o una buona moglie, in realtà sapevo benissimo di non esserlo. Ho sempre avuto ben chiari i miei limiti>>
Lui sorrise:
<<Ed è proprio questo che ti rende perfetta. Nel momento in cui si ammettono a se stessi, senza riserve, i propri limiti, allora si è pronti anche per relazionarsi con la propria anima gemella. Quella che ha limiti speculari, limiti che si incastrino bene con i nostri, come due tessere di un puzzle. Se trovassi una ragazza così, forse potrei anche riuscire a stare bene, ma questa è un'illusione.
In ogni caso, quando finirà il servizio civile, non potrò rimanere a Forlì. Qui non mi sento più a mio agio.
Mi sento osservato, giudicato...>>
Diana lo fissò severamente:
<<Sei l'erede di una famiglia importante, e questo comporta degli obblighi, compreso quello di accettare le osservazioni e le critiche con compostezza, come ho fatto io per tutta la vita>>
Riccardo scosse il capo:
<<Io non ho la tua forza! Non mi piace essere l'oggetto di pettegolezzi e chiacchiere. Se si venisse a sapere cos'ho combinato a Milano, diventerei la barzelletta del paese>>
Diana allora alzò l'indice della mano destra e scandì molto bene le parole di quella che sarebbe stata un'importante lezione di vita:
<<Lo verranno a sapere e forse lo sanno già. Credevi di poter barare al gioco senza che gli altri sospettassero qualcosa? O di poter fare il ribelle senza poi pagarne il prezzo?
Delle due l'una: o impari a seguire la retta via, oppure impari ad essere indifferente alle critiche e ai pettegolezzi.
Non esiste una terza via, perché, che ti piaccia o no, noi qui siamo come una famiglia reale:
il mondo sa tutto di noi!
E questa è una cosa che non puoi cambiare>>
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