Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
martedì 4 aprile 2017
Vite quasi parallele. Capitolo 55. Il condominio dei pazzi
Alla fine Ettore Ricci mantenne la sua promessa e trovò un appartamento in città per la figlia e il genero.
Il condominio, situato nella zona residenziale di Forlì, consisteva in un edificio di nuova costruzione, comprendente otto appartamenti di circa duecento metri quadrati ciascuno, con ampi terrazzi, garages al piano terra e cantine nel seminterrato
Ettore intestò l'appartamento alla figlia, ma, nello stupore generale comprò altri due appartamenti e ne fece dono a Michele Braghiri, amministratore del Feudo Orsini e a sua moglie Ida, governante della Villa.
Disse che era un premio per la fedeltà della famiglia Braghiri e un dono per i figli di Michele e Ida, ma tutti pensarono che Michele stesse ricattando Ettore su certe vecchie questioni su cui era meglio che si continuasse a tacere.
Gli appartamenti acquistati da Ricci si trovavano tutti e tre al secondo piano.
In quello sulla sinistra andarono a vivere Francesco Monterovere e Silvia Ricci-Orsini, nel giugno 1975, quando ormai la gravidanza di lei era in fase avanzata.
Nell'appartamento al centro, sempre al secondo piano, si stabilì Oriana Braghiri con il marito Sergio Pesaresi, gioielliere, e i due figli, Ivan e Igor, tutti e due grandi sportivi e giovani promesse del calcio.
Inutile dire che da quell'appartamento provenivano quasi sempre rumori molesti derivanti dalle partite di calcio viste in televisione con annesso tifo da stadio.
Nell'appartamento sulla destra andarono a vivere Primo Braghiri, agente di commercio, con la moglie Camilla e le figlie Donatella e Angelina, sulla cui straordinaria e precoce intelligenza giravano leggende, messe in giro dai genitori e soprattutto dai nonni, in particolare dalla vecchia Ida, in perenne attesa della rivincita sui discendenti degli Orsini.
Avere i Braghiri come vicini di pianerottolo non era il massimo, ma almeno Silvia ne conosceva già i difetti.
Gli altri condomini erano ancora più singolari.
Conosciamoli partendo dal primo piano, dove c'era una identica disposizione degli appartamenti.
Quello a sinistra era stato comprato da un concessionario dell'Alfa Romeo, il perito tecnico Cesare Semenzana, originario di Roma, così come sua moglie Sofia. La coppia aveva due figlie: la grande, Ramona, assomigliava a un cavallo, ma era molto ambiziosa, la piccola, Federica, sembrava una Barbie, ma non brillava per intelletto.
Sia Cesare che Sofia Semenzana erano accaniti fumatori, ma il marito fumava solo sigari toscani pestiferi e la moglie solo sigarette nazionali altamente tossiche.
La coppia era impegnata politicamente nel Movimento Sociale, e professava con tenacia le proprie convinzioni, che peraltro trapelavano anche da alcune scelte comportamentali.
In primo luogo lui era un grande esperto di armi da fuoco e un cacciatore che avrebbe fatto impallidire Terminator.
Il suo aspetto era reso ancora più minaccioso da due baffoni spioventi alla Bismarck.
Naturalmente aveva tre cani da caccia che teneva nei terrazzi, senza portarli in giro, di modo che le loro deiezioni corporali colavano direttamente nel cortile sottostante. Le povere bestie, costrette a vivere peggio che in un canile, abbaiavano ad ogni ora del giorno e della notte.
Ci furono denunce, processi e diatribe giuridiche a non finire, ma nemmeno il Giudice Papisco, la Signorina De Toschi e il Senatore Leandri poterono contrastare le più influenti raccomandazioni in alto loco del Semenzana.
Si diceva che a Roma conoscesse personaggi importantissimi, tra cui lo stesso Andreotti, e che potesse persino vantare amicizie in Vaticano.
Oriana Braghiri, che una volta era entrata nel loro appartamento con qualche scusa ben architettata, era rimasta sconvolta da ciò che aveva visto e sentito. Corse subito a riferirlo a Silvia Ricci:
<<Hanno armi ovunque, trofei di caccia appesi alle pareti, una testa di cervo sopra il camino, e poi i busti del Duce dappertutto e nel suo studio ho visto perfino un ritratto di Hitler! E la moglie mi ha preso da parte e mi ha detto: "Lo sa di chi è la colpa di tutto?" E io: "Di chi?". E lei: "Degli Ebbbbrei" con venti "b" l'avrà detto. E c'era un puzzo di fumo che non ci si stava>>
Le parole dell'Oriana si rivelarono fondate.
Silvia, che era una donna pragmatica, ne trasse subito una conclusione a cui si attenne per tutto il tempo a venire:
<<Be', se le cose stanno così, mi sa che è meglio non farli arrabbiare>>
Diversamente la pensava il vicino dell'appartamento di centro del primo piano e cioè il geometra Vincenzo Casadei, detto anche Casadei di Sotto, per non confonderlo con Casadei di Sopra del terzo piano.
Vincenzo e sua moglie Ornella erano comunisti anarchici e lei addirittura era una hippie, per cui si trovavano agli antipodi dei Semenzana, come mentalità, e passarono il resto dei loro giorni in perpetua lite coi vicini.
Del resto la vita di condomino è fatta così.
Su un solo punto i Casadei di Sotto si trovavano in accordo con i Semenzana, e cioè il tabagismo: Vincenzo fumava le Marlboro, Gabriella le Gitanes, ed entrambi le canne.
Coerentemente col loro stile di vita da figli dei fiori avevano un enorme camper con cui ogni estate andavano in vacanza nella ex Jugoslavia, all'epoca "paradiso comunista" un po' meno trendy dell'attuale Croazia.
Il problema è che si spostavano col camper anche per andare alla Conad, e siccome quel pachiderma non entrava nel garage, lo tenevano parcheggiato vicino al cancello.
Se qualcuno osava protestare, loro minacciavano di comprarne un altro.
Il terzo condomino del primo piano, sulla destra, era ancora più bizzarro degli altri.
Si trattava di un certo Luciano Bonetti, elettrauto, soprannominato il Potatore Folle per la sua mania ossessivo-compulsiva di trascorrere ogni fine settimana tagliando il prato (fiori compresi), potando le siepi in modo da farle sembrare dei cubi di plastica e riducendo gli alberi a tronchi smozzicati con pochi sparuti germogli.
Alla fine di questo scempio, naturalmente, lavava la macchina.
La moglie di Bonetti, Manuela, era completamente sottomessa al marito.
Avevano due figli: il maschio, Loris, era fissato col motociclismo fin dalla primissima infanzia, la femmina, Marina, era l'unica sana di mente in famiglia.
Concludiamo questa rassegna passando "ai piani alti".
Al terzo piano c'erano solo due appartamenti molto grandi.
In quello sulla sinistra si alternarono numerosi condomini, tutti ritenuti vittime del maleficio lasciato dalla prima proprietaria, la famigerata vedova Schiavina (il suo nome proprio era ignoto, così come il suo cognome da ragazza), che aveva ereditato l'azienda del defunto marito e aveva fama di essere, oltre che una ninfomane insaziabile a livello sessuale (la sfilata dei suoi amanti era interminabile su e giù per le scale), anche un'esperta in stregoneria.
Nei prossimi capitoli si presenteranno prove inconfutabili dei poteri paranormali della Schiavina.
Dall'altro lato, a tenere testa al maleficio, c'erano i Casadei di Sopra.
Il capofamiglia era l'integerrimo cavalier Arnaldo Casadei, dirigente dell'Eni, detto il Censore, per la sua severità, ma soprannominato anche "il Rospo" per la sua inarrivabile bruttezza.
Sua moglie Leni era una tedesca conosciuta durante uno degli innumerevoli viaggi di lavoro.
In molti si chiedevano come mai Helena Gruber, detta Leni, avesse sposato Casadei di Sopra, anche se circolava una leggenda metropolitana secondo cui la bionda tedesca aveva sperato, baciando per la prima volta il Rospo, che si trasformasse in un principe, ma purtroppo il Rospo era rimasto tale.
Inoltre, la sua espressione eternamente accigliata, così come l'esposizione al sole del deserto del Qatar. negli anni gloriosi in cui andava in cerca di petrolio, avevano prodotto nel volto di Arnaldo Casadei delle rughe enormi, spropositate, come dei fossi, dei solchi che si diramavano dal naso in tutte le direzioni.
Una volta Silvia lo descrisse in questo modo: "Le sue rughe sembrano i raggi di un sole, ma brutto" e da allora il Sole Brutto divenne il terzo appellativo di Casadei di Sopra.
Ma lui non sembrava particolarmente preoccupato per la propria bruttezza, come del resto accade agli uomini ricchi e in carriera.
Come diceva la buon'anima di Tsa Tsa Gabor, "un uomo ricco è sempre bello" e il cavalier Arnaldo Casadei, dirigente dell'Eni, era decisamente un uomo ricco.
Ebbero una figlia, Adelina, che per sua fortuna assomigliava alla madre nel fisico e al padre nel carattere.
E fu così che, in quel condominio di pazzi, Francesco Monterovere e Silvia Ricci-Orsini costruirono il loro nido d'amore.
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