L'obiettivo di disgregare la superpotenza russa euroasiatica è sempre stata una fissazione della geopolitica occidentale. Uno dei suoi primi e più noti sostenitori fu Sir Halford Mackinder, il geografo inglese autore di Democratic Ideals and Reality; che sottopose la teoria delle Heartlands alla Royal Geographical Society nel 1904. Heartland o Heartlands (letteralmente: il Cuore della Terra) è un nome che Mackinder diede alla zona centrale del continente Eurasia, corrispondente all'incirca alla Russia e alle province limitrofe, da
L'Heartland era descritto da Mackinder come il territorio delimitato ad ovest dal Volga, ad est dal Fiume Azzurro, a nord dall'Artico e a sud dalle cime più occidentali dell'Himalaya. All'epoca, tale zona era quasi interamente controllata dall'Impero Russo.
Per Mackinder, che basava la sua teoria geopolitica sulla contrapposizione tra mare e terra, Heartland era il "cuore" pulsante di tutte le civiltà di terra, in quanto logisticamente inavvicinabile da qualunque talassocrazia. Da qui la frase che riassume l'intera concezione geopolitica di Mackinder:
« Chi controlla l’Est Europa comanda l’Heartland: chi controlla l’Heartland comanda l’Isola-Mondo: chi controlla l’Isola-Mondo comanda il mondo »
Tale teoria fu ripresa dal generale e diplomatico Karl Ernst Haushofer (Monaco di Baviera, 27 agosto 1869 – Berlino, 13 marzo 1946).
Il pensiero di Haushofer negli anni '20 si forma attraverso l'opera del generale britannico e geo-politologo Halford Mackinder, che considerava la politica internazionale come un conflitto permanente tra le potenze continentali e quelle marittime. Per Haushofer le potenze marittime (la Francia, l'Inghilterra e gli Stati Uniti) avevano costruito una sorta di “anello” per soffocare le potenze continentali; l'unica potenza che si era allontanata dal sistema era il Giappone che cercava di rafforzare la propria posizione sia come potenza marittima nel Pacifico, che come potenza continentale estendendo il suo controllo sul territorio cinese.
L'unico modo per liberarsi da quest'anello è la creazione di “un'alleanza di difesa dalla pressione” da parte di Turchia, Russia, Afghanistan e India (la Germania non ne faceva parte perché non più soggetto della storia).
Le potenze marittime si ergono come custodi dello status quo e non permettono l'emancipazione dei popoli, non solo attraverso il colonialismo inglese e francese, ma anche tramite l'ideologia wilsoniana che, nonostante parlasse di emancipazione dei popoli, in realtà comprometteva seriamente “il diritto classico dei popoli”, come affermava il giurista Carl Schmitt in una raccolta di saggi, successivamente intitolata L'unità del mondo
Nonostante la maggior attenzione verso le potenze continentali abbia favorito la nascita di una simpatia dell'autore verso la situazione cinese, molto simile al caso tedesco, lo stesso autore appoggerà il Giappone dopo che il Paese dal 1931 incomincerà un'offensiva vera e propria all'interno del territorio cinese. Il Giappone sembrava, infatti, essere garante di una maggiore stabilità nella regione orientale che era scossa dalla diffusione da una parte delle teorie pan-asiatiche, che si fondano su uno spirito di coesione tra tutti i popoli asiatici, e dall'altra di quelle pan-pacifiche, che seguono l'ideale di un'unione dei popoli che si affacciano sull'Oceano Pacifico. Secondo Haushofer lo scontro tra le due teorie derivava dalla scelta statunitense di utilizzare l'idea pan-pacifica per arginare la possibile crescita della potenza sovietica e di quella cinese, mentre l'autore era più incline a sostenere la visione panasiatica
Haushofer appoggiò e ispirò la prima parte della politica estera di Hitler, in particolare l'avvicinamento diplomatico tra il Terzo Reich e l'Unione Sovietica, culminato nel Patto Molotov-Ribbentropp del 1939.
Tuttavia Haushofer fece tutto il possibile per evitare che la spartizione della Polonia tra Germania e Urss degenerasse in una guerra mondiale.
Haushofer non vide di buon occhio la nuova guerra mondiale, in particolare dopo il 1942, quando, contro ogni sua volontà, Hitler decise di dare inizio all'Operazione Barbarossa, ossia l'invasione dell'Unione Sovietica. Inoltre, quando nel 1941 Rudolf Hess s'involò per l'Inghilterra, rimase privo di protettori altolocati e la moglie rischiò di venire perseguitata dalle Leggi di Norimberga, essendo di origine parzialmente ebraica. In seguito al fallito attentato a Hitler del 20 luglio 1944, suo figlio Albrecht, diplomatico di carriera e membro della congiura, fu arrestato nel dicembre 1944 e internato in una prigione di Moabit, a Berlino; l'intera famiglia finì nel mirino della Gestapo. Haushofer venne deportato a Dachau. Albrecht non vide la fine della guerra, poiché fu giustiziato dalle SS il 23 aprile, pochi giorni prima che l'Armata Rossa irrompesse nelle strade della capitale.
Terminato il conflitto, Karl Haushofer fu interrogato dagli ufficiali statunitensi, tra cui il professore Edmund A. Walsh, per determinare se bisognasse processarlo a Norimberga per crimini di guerra; nonostante Walsh l'avesse scagionato dalle accuse, il 21 novembre 1945 un decreto delle autorità d'occupazione statunitensi gli revocò il titolo di professore onorario ed il diritto alla pensione. Disperati e ridotti alla miseria, la notte tra il 12 e il 13 marzo 1946, Martha e Karl Haushofer si suicidarono ingerendo dell'arsenico.
Nel dopoguerra le teorie di Makinder e Haushofer vennero riprese rispettivamente dalla Nato e dal Patto di Varsavia.
L'obiettivo della Nato era la disgregazione dell'Unione Sovietica e il suo successivo accerchiamento.
Tale obiettivo è stato ottenuto negli anni tra il 1991 e il 2008.
Successivamente la Federazione Russa incomincia a resistere al tentativo della Nato di abbattere tutti i governi "amici" dei Russi, con le cosiddette "rivoluzioni colorate" (sostenute da George Soros), poi con la cosiddetta "primavera araba" e infine con il rovesciamento del governo ucraino tramite l'operazione Euromaidan.
A quel punto il presidente russo Vladimir Putin, per evitare l'isolamento diplomatico e l'accerchiamento militare della Russia, fece proprie le teorie dell'euroasiatismo, in particolare le tesi di Aleksander Dugin, che ha recuperato l'eurasiatismo, coniugandolo con lo studio della geopolitica. Da tale commistione è nato il "neo-eurasiatismo": esso sottolinea la necessità dell'integrazione politica e strategica dei paesi postsovietici - l'Eurasia - non più in funzione antieuropea, bensì anti-statunitense.
Gli USA ed il loro progetto universalista sono infatti la minaccia additata dai neo-eurasiatisti, mentre l'Europa (al pari di India, Cina, Giappone e Iran) è un'interlocutrice e potenziale alleata in virtù del comune interesse per un ordine mondiale multipolare.
L'aggravarsi della tensione tra Russia e Nato si è verificata per tre ragioni:
-L'installazione di basi Nato nei paesi baltici
-La volontà di far entrare nella Nato l'Ucraina e la conseguente questione della secessione della Crimea e del Donbass
-La guerra civile siriana, che vede Russia e Usa contrapposti.
Questo ritorno alla guerra fredda ha riportato in auge le teorie di Makinder e Haushofer e si è fatta strada, nella diplomazia americana, l'idea che le sanzioni contro la Russia potessero essere in grado di portare alla caduta di Putin e generare un fenomeno analogo a quello che segnò la disintegrazione dell'Urss dopo la caduta di Gorbaciov.
Questa tesi è stata sostenuta recentemente da varie fonti geopolitiche, come viene spiegato approfonditamente nell'articolo che si può trovare al seguente link e di cui riportiamo i passaggi fondamentali:
http://sakeritalia.it/mondo/stratfor-distruggere-la-russia-entro-il-2025/
- Marco Bordoni -
Lo scorso febbraio l’influente società texana specializzata in pubblicistica su materie geopolitiche e consulenza analitica e investigativa Stratfor ha pubblicato una previsione sugli sviluppi delle tendenze globali per il decennio 2015 – 2025. Si tratta di un rapporto estremamente sintetico e diretto, che in sostanza riprende la visione già presentata da George Friedman, Presidente di Stratfor, consigliere del Dipartimento di Stato, al Chicago Council on Global Affairs il 3 febbraio. Cerchiamo di riassumere i punti salienti avvertendo che la versione integrale è disponibile in lingua inglese sul sito dell’agenzia.
Previsioni del decennio 2015 – 2025 traccia le linee di tendenza globali esaminando sette macro aree: Unione Europea, Russia, Medio Oriente, Cina, Paesi tropicali, Stati Uniti. Si tratta di previsioni, come potete vedere, estremamente audaci e sorprendenti. Vediamole in sintesi:
La crisi dell’Unione Europea. L’Unione non riuscirà a ricucire le divergenze emerse dopo la crisi del 2008. Secondo Stratfor l’Unione è destinata a spaccarsi in quattro zone: Mediterrano, Europa Centrale (Germania e Satelliti), Mare del Nord (Svezia e Regno Unito) ed Europa Orientale (sede di una “nuova NATO dell’est” su cui torneremo). Questa disintegrazione ridarà fiato agli Stati nazionali ed al protezionismo, il che colpirà violentemente l’economia tedesca, che si sostenta troppo sull’ export nell’eurozona. Conclusione: la nostra previsione è che la Germania scivolerà e precipiterà in un grave declino economico che produrrà una crisi interna, sociale e politica, crisi che ridurrà l’influenza tedesca sull’Europa nei prossimi 10 anni.
L’implosione della Russia. Secondo gli analisti americani la Russia non riuscirà ad emancipare la propria economia, e rimarrà dipendente dalla oscillazione del costo delle materie prime e dai flussi finanziari stranieri. Le temporanee interruzioni di valuta pregiata spezzeranno il meccanismo redistributivo che tiene legate le province esterne al centro, in una serie di crisi che porteranno alla deflagrazione del paese. Secondo gli analisti le regioni che potrebbero uscire dall’orbita di Mosca sono il Caucaso, la Carelia e l’estremo Oriente. Data per scontata la frammentazione della Federazione Russa, Stratfor prevede che ne deriverà un problema di gestione dell’arsenale nucleare, problema che dovrà essere affrontato dagli Stati Uniti o con lo strumento militare o attraverso la gestione politica degli stati che nascerebbero dall’ esplosione della Russia. Sotto questo profilo viene ipotizzato che “l’alleanza Baltico Mar Nero” incentrata su Ucraina Polonia e Georgia (nihil sub sole novum, per chi conosce il Progetto “Dei Due Mari” del dittatore polacco Pilsudskij) dovrebbe estendersi verso il Caucaso e il Mar Caspio “agevolando” il processo di scomposizione e ricomposizione dello spazio russo.
Il Medio Oriente precipita nel caos. Gli Stati Uniti non possono e non devono cercare di stabilizzare il processo di dissoluzione degli stati del Medio Oriente: una simile azione di contrasto avrebbe costi eccessivi e non produrrebbe risultati utili. Il compito di gestire il caos che ne deriva viene assegnato alla Turchia, a cui è richiesto di sostenere lo sforzo antirusso a nord (facilitando la creazione della grande “alleanza Baltico Mar Nero”) ottenendo in cambio “mani libere” in Medio Oriente e nei Balcani. Conclusione: Ci aspettiamo di vedere una accelerazione della affermazione della Turchia quale potenza regionale dominante. Non una parola viene dedicata dal rapporto ad Israele.
Cina in difficoltà. L’economia della Cina rallenterà, e il suo governo si troverà di fronte al problema di gestire politicamente e socialmente questo rallentamento. Stratfor traccia due scenari: uno “più probabile” ipotizza un ulteriore appesantimento della stretta del Partito sulla società, da cui potrebbe risultare una dittatura con aspettative di crescita più modeste di quelle attuali. L’altro “meno probabile” è quello di una spaccatura fra regioni sviluppate della costa e sottosviluppate dell’interno. In ogni caso la Cina non viene descritta come una minaccia per gli equilibri regionali: le sue tendenze espansive potranno essere contenute dal riarmo navale del Giappone.
I sedici leoni. Gli analisti degli Stati Uniti identificano un gruppo di paesi “tropicali” (Messico, Nicaragua, Repubblica Domenicana, Perù, Etiopia, Kenia, Uganda, Tanzania, Sri Lanka, Bangladesh, Myanmar, Laos, Cambogia, Vietnam, Indonesia e Filippine) che diventeranno centri manifatturieri per le produzioni a minor gradiente tecnologico (materie plastiche, indumenti). Paesi tutti per cui viene prevista una crescita impetuosa nel decennio venturo.
Il rafforzamento dell’egemonia degli Stati Uniti. Gli USA, osserva Stratfor, conoscono una ininterrotta espansione di potenza economica e militare dal 1880. Il primo punto di forza su cui si basa questa espansione è l’ autosufficienza, che gli analisti di Stratfor chiamano “insularità”. Autosufficienza sia sotto il profilo commerciale, non dipendendo l’economia USA dall’export, sia sotto il profilo delle materie prime: questa autosufficienza consente agli Stati Uniti di superare indenni qualsiasi tensione fra blocchi in Eurasia. Non solo: essendo gli Stati Uniti a tutti gli effetti un “santuario” finanziario, le tensioni in Eurasia possono solo provocare effetti benefici (afflusso di capitali in fuga) oltre oceano. A causa dell’aumento della disparità sociale interna, si prevede che gli Stati Uniti possano andare incontro ad una crisi sistemica, ma la data di questa crisi viene differita al decennio successivo.
Che ne pensate di queste “previsioni”? A noi pare che, a volerle considerare frutto di una analisi neutrale, funzionino assai male. Oggi come oggi la Russia, pur bersaglio di violenti attacchi, non solo non mostra segni di sfaldamento, ma sembra “tenere” assai bene. L’asse con la Cina (nemmeno menzionato nell’analisi) garantisce ad entrambe le potenze una certa reciproca stabilità, che rende remoto l’orizzonte ipotizzato. La Germania, lungi dall’essere sul ciglio del baratro, pare esercitare una influenza crescente nell’Unione Europea di cui è senza dubbio l’economia guida. Quanto agli Stati Uniti il Presidente Obama ha ceduto molto su vari tavoli nel tentativo di stringere accordi che gli permettessero di serrare l’accerchiamento intorno alla Russia e sembra ancora presto per stabilire se queste mosse preludano ad un rilancio o ad un ripiegamento dell’influenza americana nel mondo. Quindi no, questo rapporto non deve essere letto come una semplice “previsione”.
Ma se proviamo a cambiare chiave e a considerarlo una dichiarazione d’intenti, le cose cambiano. Come messaggio inviato dalla più influente agenzia di analisi strategica degli Stati Uniti al decisore politico le “previsioni” sono estremamente significative: lo scenario descritto non è ciò che succederà ineluttabilmente, ma ciò che si auspica succeda: lo scenario favorevole di domani cui deve essere tesa l’azione politica di oggi. Consideriamo per un attimo l’analisi in questa ottica e chiediamoci: quale condotta dovrebbero tenere gli Stati Uniti per inverare le previsioni di Stratfor?
- Disarticolare l’Eurasia. Non solo gli Stati Uniti, essendo pienamente autosufficienti, non hanno alcun interesse a che le economie e i sistemi politici dell’Eurasia si integrino e si stabilizzino ma anzi, ospitando il centro finanziario mondiale, naturale rifugio dei capitali, hanno interesse che le principali potenze dell’Eurasia entrino in tensione fra loro e che si confrontino anche militarmente. La politica estera degli Stati Uniti non deve quindi essere intesa a stabilizzare, ma a destabilizzare. L’estremismo islamico e il collasso degli stati del Medio Oriente, in questa ottica, non solo non costituiscono una minaccia prioritaria, ma possono divenire addirittura una risorsa.
- Separare la Russia dalla Germania. La priorità assoluta degli Stati Uniti risulta dal rapporto essere la risposta alla “sfida” posta dalla rinascita della Russa. La Russia viene vista come nemico non solo per le sue attuali capacità, ma in quanto polo principale dell’unica combinazione di potenze euroasiatiche attualmente in grado di sfidare la supremazia statunitense: per un secolo, gli Stati Uniti si sono preoccupati che potesse emergere una Potenza egemone in Europa, e, in particolare, che non vi fosse un accordo fra la Germania e la Russia, o la conquista di una da parte dell’altra. Questa combinazione, più di ogni altra, potrebbe assemblare una forza (che unisca il capitale e la tecnologia tedeschi e le risorse e la forza lavoro russe) capace di minacciare gli interessi Americani. In questa geometria la Russia è IL nemico da distruggere, la Germania il partner da ridimensionare.
- Distruggere la Russia. I mezzi con cui viene preparata la distruzione della Russia sono essenzialmente due: uno economico e l’altro politico. Lo strumento economico prescelto è l’oscillazione del costo delle materia prime, che assicurano il flusso di valuta pregiata su cui si regge (nella ricostruzione, per la verità piuttosto semplicistica, di Stratfor) la dorsale di potere putiniana e la concordia delle etnie della Federazione Russa. L’obiettivo è sottoporre il paese a ripetuti shock economici da aggravare con gli usuali strumenti di aggressione finanziaria. Il precedente a cui ci si vuole ispirare è chiaramente il contributo della fluttuazione del prezzo del greggio negli anni ’80 alla crisi dell’URSS. La leva politica è l’alleanza Baltico – Mar Nero, una coalizione informale che svolga il compito di “nuova NATO dell’est”, schierata su di una cintura di paesi a ridosso della Russia: Finlandia, Stati Baltici, Polonia, Romania, Bulgaria, Georgia ed Azerbaidjan, con l’incognita dell’Ucraina e l’auspicata (ma non scontata) partecipazione della Turchia. Un cappio pensato per il contenimento e per l’assorbimento progressivo, con strumenti politici e militari dei “pezzi” di Federazione Russa via via disgregati e separati dal centro politico del paese. Una trappola mortale che potrebbe costringere la Russia a misure difensive estreme e pienamente giustificate.
- Ridimensionare la Germania. Il conglomerato politico militare Baltico – Mar Nero è un’arma puntata anche contro la Germania. Infatti le aspirazioni tedesche devono essere ridimensionate: la potenza di Berlino ha un tallone di Achille, che è la dipendenza dalle esportazioni, e questo tallone si può colpire agevolando ed accelerando il processo di disgregazione della unità economica europea (a questo proposito Stratfor sottolinea che il problema non è l’unione monetaria, ma quella doganale), sostenendo con discrezione le aspirazioni del mediterranei (si veda il caso della Grecia) e promuovendo la formazione del blocco est. Sottraendo alla Germania i mercati di sbocco si confida di farla precipitare in una crisi economica e sociale che ne ridimensioni la taglia politica.
- Convivere con la Cina. La Cina non viene identificata come una minaccia primaria. L’obiettivo designato è quello di soffocarne economicamente lo sviluppo attraverso la riallocazione della produzione manifatturiera mondiale e la sua distribuzione in un numero di paesi di taglia minore, con un costo del lavoro addirittura inferiore a quello cinese, che possano essere gestiti in maniera più agevole. La collaborazione sino russa è considerata strategicamente irrilevante, una somma fra due debolezze per di più naturalmente ostili. Non viene esclusa né la possibilità di una alleanza più stretta (attraverso una partecipazione cinese al banchetto seguito la dissoluzione della Russia) né quella di una destabilizzazione del gigante asiatico, considerata però residuale.
- Dividere per Comandare. Il nemico da distruggere è la Russia. L’ “amico” da ridimensionare la Germania. Al di fuori di queste priorità non esistono strategie preferenziali salvo quelle di frantumare l’Eurasia in una pluralità di centri di potere da giocare l’uno contro l’altro aumentando ad arte le tensioni senza stabilire rapporti privilegiati di sorta stringendo e sciogliendo alleanze secondo le convenienze del momento.
Conclusioni. Letto come complesso di linee di azione, e non come semplice previsione, il rapporto di Stratfor assume una connotazione di inquietante realismo. Anche perché è un efficace strumento di interpretazione non solo del futuro, ma anche delle tendenze di politica estera USA già chiaramente delineate negli ultimi anni.
Diciamo inquietante per tre motivi:
1 Perché viene delineata una linea di condotta aggressiva e spregiudicata, tracciata senza tenere conto di nessun interesse diretto a parte quello degli Stati Uniti. E’ facile verificare che né il parere né gli interessi degli alleati tradizionali sono tenuti nel minimo conto.
2 Perché costringere la potenza Russa alla lotta per l’esistenza potrebbe provocare, come auspicato (dagli analisti di Stratfor) un collasso “controllato” del paese vittima senza ricadute troppo negative per l’aggressore, ma, con probabilità pari se non superiore, anche una reazione difensiva dagli esiti letali per tutte le parti coinvolte.
3 Perché né le opinioni pubbliche né i governi dei paesi dell’emisfero orientale (con l’unica eccezione della Russia e, forse, della Cina) appaiono consci del destino che si va loro apparecchiando con tanta lucida lungimiranza.
Manca, evidentemente, uno strumento di analisi alternativo capace di elaborare un programma antagonista che possa difendere il Vecchio Mondo dall’aggressione del Nuovo. Per il momento siamo costretti a impostare le nostre preferenze ed utilizzare i nostri stretti margini di valutazione e di azione politica riferendoci a nostra volta alle strategie statunitensi, cercando di leggerle per così dire al contrario per cercare di contrastarle: dunque, rafforzare la Russia costruendo intorno ad essa una cintura di solidarietà, favorire una convergenza Europa – Russa, curare che la contestazione delle istituzioni dell’Unione Europea non degeneri nell’ isteria anti tedesca. Quest’ultimo passaggio è chiaramente quello più difficile da digerire per noi europei meridionali. Ma Stratfor ci ha descritto nei dettagli il rischio che, il giorno dopo aver provocato una rottura irreversibile con la Germania, noi si scopra di avere lavorato non per il nostro interesse, ma per quello dei manovratori d’oltre Atlantico. Occorre quindi pesare bene le nostre opinioni e le nostre azioni perché favorire se pure inconsapevolmente il consolidarsi di questa egemonia è un rischio che non possiamo permetterci di correre.
Concludiamo con una importante previsione riguardo al rischio di guerra tra gli Stati Uniti e la Russia, nel caso di probabile vittoria di Hillary Clinton:
Nessun commento:
Posta un commento