Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
lunedì 14 aprile 2014
Virginia D. Capitolo 23. La divina indifferenza e la legge dell'attrazione.
Fin dai primi giorni della nostra convivenza, ebbi modo di notare che l'atteggiamento di base di Virginia, nella quotidianità, era impostato su una certa nonchalance, una presa di distanza vagamente annoiata, quasi blasé, che la rendeva simile a un gatto quando non c'è nulla che gli sembri degno di attenzione.
Questo atteggiamento la rendeva forse meno simpatica, ma decisamente più attraente.
E questo non solo per il fatto che tendiamo a desiderare di più ciò che ci sembra di non poter avere, ma anche perché l'indifferenza viene percepita come un attributo di superiorità.
Questo accade perché chi appare indifferente mostra di non dare importanza al contesto. E' come se dicesse: "Tutti voi non contate niente per me. Non avete alcun valore".
E' la massima forma di disprezzo, perché se qualcuno si prende la briga di esprimere il suo disprezzo a parole con gesti, mostra comunque di ritenere degno di attenzione l'oggetto del suo disprezzo.
Bene non seppi, fuori del prodigio che schiude la divina indifferenza.
Montale l'aveva detto meglio di tutti.
Divina, certo, perché l'indifferenza è l'attributo della divinità classica nei confronti dei comuni mortali, che ai suoi occhi non contano nulla.
Il senso di superiorità, comunicato tramite l'indifferenza, genera attrazione perché noi tendiamo a pensare che chi appare superiore sia una persona sicura di sé, e la sicurezza di sé è qualcosa di estremamente attraente.
Se poi all'indifferenza si aggiunge, qualora proprio non sia possibile in alcun modo far finta di niente, una leggerissima aria di noia e di lieve fastidio, il senso di superiorità e l'impressione di sicurezza di sé, e quindi di autostima, sono moltiplicate.
Nel caso specifico di Virginia, si trattava di una abitudine che le era divenuta spontanea, ma che, come appresi in seguito, aveva richiesto un lunghissimo e notevole esercizio.
Per molte persone, tra cui non esito a mettere anche me stesso, non si tratta nemmeno di una scelta consapevole, quanto piuttosto di un meccanismo di difesa dell'Io con esito paradossale, in quanto un atteggiamento finalizzato a tenere a distanza gli altri per non soffrire o per non perdere tempo o non mettersi in discussione, genera il suo opposto, cioè attrae nella nostra orbita proprio coloro che teniamo a distanza.
Per altre persone, invece, può essere una strategia deliberata, del tipo "chi disprezza, compra", ma in ogni caso il risultato è lo stesso e rientra in una sorta di legge di attrazione universale.
Non sapevo se Virginia ne fosse o meno cosciente, in quel periodo. Eravamo troppo giovani entrambi, in un'età veramente difficile, in un contesto sociale e storico altrettanto difficile.
L'unica cosa che mi chiedevo realmente era se io fossi soltanto, per lei, una specie di trampolino di lancio per una scalata sociale. La vedevo bene come gran dama che passa il tempo a fare shopping con due minuscoli cagnolini al guinzaglio.
In realtà la situazione era estremamente più complessa e gli obiettivi di Virginia erano molto diversi da quelli di una mera arrampicatrice sociale.
Del resto, avrebbe potuto scegliere trampolini di lancio molto migliori di me, se la scalata sociale fosse stata il suo obiettivo.
No, la sua strategia era un'altra, con altre finalità, ma me ne resi conto solo quando era troppo tardi.
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