Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
lunedì 25 novembre 2013
Il significato degli Hobbit nella mitologia di J.R.R. Tolkien
"In a hole in the ground there lived an hobbit": con questa frase, scritta distrattamente in un foglio mentre interrogava uno dei suoi studenti, dal professor John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973), docente di letteratura medievale inglese all'università di Oxford, ha inizio non solo il primo romanzo che renderà famoso Tolkien in tutto il mondo, e cioè "Lo Hobbit", ma sarà creata una nuova razza all'interno del mondo fantasy della Terra di mezzo, destinato ad ambientare le avventure contenute negli altri due romanzi considerati come fondativi del genere fantasy stesso.
Il "buco nel terreno" diventa una caverna hobbit, che al suo interno è del tutto simile ad una casa di campagna, un cottage, di età vittoriana.
Da qui l'ambientazione di Hobbiton, una delle loro città, in una campagna idilliaca, come se ne potevano osservare solo prima della rivoluzione industriale.
L'idea del "rintanarsi" in un luogo comodo e sicuro era tipica di un intellettuale sostanzialmente pantofolaio come l'ottimo Tolkien, il quale pur avendo combattuto durante la prima guerra mondiale, non si identificava certo con i personaggi di guerra, quanto piuttosto con gli Hobbit, tanto che li creò apposta per dare a se stesso un ruolo all'interno dell'universo da lui creato.
Ma cos'è un hobbit?
Gli Hobbit sono di aspetto simile agli Uomini, ma molto più minuti: la loro corporatura è infatti simile ai bambini degli Uomini e la statura di uno Hobbit adulto si assesta tra gli 80 e i 120 cm; dotati di grandi piedi pelosi e resistenti, non indossano mai calzature a causa della loro spessa e coriacea pelle.
Il loro aspetto è buffo, come anche il loro modo di vestire.
Tolkien, con una buona dose di autoironia trasferì negli Hobbit alcune sue caratteristiche bizzarre o buffe, come ad esempio il suo amore per i vestiti dai colori accesi, o per i panciotti che male si abbinavano con la giacca o il cappello, oppure l'amore per il fumo della pipa, per la birra e il buon cibo, con la conseguente tendenza alla pinguedine, oltre che per la vita tranquilla e abitudinaria.
Lo Hobbit in cui Tolkien trasferisce la maggior parte delle sue caratteristiche è Bilbo Baggins.
Bilbo, dietro al suo aspetto pantofolaio da borghese rispettabile, vive un profondo conflitto interiore tra quella parte di sé, ereditata dal padre e dalla famiglia Baggins, che ama la comodità, la vita tranquilla, i piccoli piaceri quotidiani (e una buona dose di pigrizia) e quell'altra parte di sé ereditata dalla madre e dalla famiglia di lei, i Tuc, che amano l'avventura, le novità. le scoperte, le grandi narrazioni epiche e fiabesche, popolate di guerrieri, di elfi, di stregoni, di nani e orchi e draghi e creature leggendarie.
Anche Tolkien viveva dentro di sé un conflitto simile.
Amava scherzare sul fatto che da bambino, quando ancora viveva con i genitori nella Colonia del Capo, in Sudafrica, era stato morsicato da una tarantola, che aveva innestato qualcosa di esotico ed eccentrico nel suo solido e rispettabile pedigree anglosassone.
C'è inoltre un altro dato rilevante che collega Tolkien a Bilbo ed è il fatto che anche lo scrittore dovette abbandonare la propria vita tranquilla e sicura quando fu chiamato a combattere nel fronte franco-tedesco durante la prima guerra mondiale.
In quel momento egli si dovette confrontare con un pericolo enorme e quotidiano ed apprese cosa voleva dire rischiare la vita.
Ma al di là delle analogie personali, esiste una considerazione sociologica e storica necessaria per capire come il mito della Contea degli Hobbit deve essere contestualizzato nel contesto dell'Inghilterra tra le due guerre per essere pienamente compreso.
La Contea rurale degli Hobbit rappresenta, come si è detto, la campagna inglese prima che l'industria ne trasformasse irrimediabilmente i connotati.
Tolkien guarda con nostalgia a quel mondo che stava morendo per sempre, a causa delle nuove ondate di industrializzazione, urbanizzazione e modernità.
Il professore di Oxford non ha mai nascosto di essere un nostalgico di quel tipo di Inghilterra e di società.
La società degli hobbit è pre-moderna e questa caratteristica è diventata la cifra distintiva dell'intero genere fantasy.
La Contea è l'Inghilterra premoderna, situata in una zona protetta della Terra di Mezzo che ricorda l'Europa, e il suo senso di minaccia da tutto ciò che proviene dalle sconfinate terre selvagge dell'est o dai mari del sud.
Tolkien scrisse, in una lettera al figlio, che il suo amore andava alla "vecchia Inghilterra", mentre poco egli amava il Regno Unito, perché teneva insieme realtà troppo diverse, ognuna delle quali meritava l'indipendenza nazionale, e per nulla amava l'impero britannico o almeno ciò che ne restava, il Commonwealth.
Ecco quindi come la Contea hobbit diventa anche un riferimento politico: l'Inghilterra prima che diventasse un Regno Unito di più nazioni, e a maggior ragione prima che diventasse un Impero coloniale.
Se applichiamo queste condizioni alla storia, vediamo che bisogna risalire indietro all'epoca precedente i Tudor.
Non deve stupirci quindi il fatto che Tolkien non amasse particolarmente Shakespeare.
L'Inghilterra shakespeariana era già troppo basata sul commercio e sulla tensione espansionistica e modernizzatrice voluta dalla dinastia Tudor.
Non dimentichiamo che Tolkien era cattolico e quindi legato all'epoca dei Plantageneti, quando ancora l'Inghilterra non aveva reciso il suo legame con la chiesa romana.
Insomma tutto ci riporta al Medioevo, l'epoca che Tolkien, come studioso, amava più di ogni altra.
C'è in Tolkien una nostalgia tutta romantica per il medioevo cavalleresco e cortese dei romanzi arturiani.
I valori della cavalleria emergono chiaramente nelle sue opere e persino i pacifici Hobbit come Bilbo e Frodo mostrano di amare questi valori non solo come letture amene, ma anche come avventure a cui prendere parte in maniera centrale.
Gli Hobbit sono come dei gentiluomini inglesi di campagna dell'età vittoriana che nutrono una segreta attrazione per il medioevo e decidono di prendere parte a quel tipo di imprese che leggono nei libri dei loro antenati.
Bilbo è come un inglese ottocentesco catapultato nell'Inghilterra medievale che ancora non ha perso parte della propria eredità barbarica.
E infatti l'altra radice del primitivismo tolkieniano è nel "barbaricum" degli antichi Anglosassoni e Norreni.
Gli Elfi, i Nani, i draghi e gli orchi sono quelle creature fiabesche che ritroviamo nei poemi epici come il Beowulf, che Tolkien studiò e commentò per anni come docente di filologia anglosassone, e che sono presenti nella mitologia germanica e norrena fin dai tempi dell'Edda.
Qui c'è il legame con la tradizione legata al Canto dei Nibelunghi, l'epopea germanica riportata in auge da Wagner, con il tema dell'Anello al centro di tutto.
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