Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
venerdì 21 agosto 2020
Vite quasi parallele. Capitolo 81. Menzogna e sortilegio
Le più grandi bugie sono quelle che raccontiamo a noi stessi, senza nemmeno accorgercene, pur di non prendere atto di tutto ciò che ci causerebbe un dolore insopportabile.
Sono i cosiddetti "meccanismo di difesa dell'Io", menzogne che alleviano i sintomi, ma che non guariscono la malattia, e anzi concorrono alla costruzione di un "Falso Sé", che come un usurpatore finisce per sottomettere e schiacciare ciò che veramente siamo.
I nostri stessi ricordi sono una menzogna: le neuroscienze e la psicologia ci insegnano che la vita che ricordiamo non è mai quella che abbiamo realmente vissuto. E dunque anche l'opinione che ci siamo costruiti su noi stessi e sul mondo risente di queste falsità, di cui spesso noi non siamo consapevoli.
Nel caso di Massimo Braghiri, il livello di menzogna che l'Io raccontava a se stesso era necessariamente spropositato, poiché fin troppe volte aveva fallito nel raggiungere i propri ambiziosissimi obiettivi.
E proprio a causa dell'entità di questa menzogna, il "Falso Sé" che egli si era costruito attorno come meccanismo di difesa esigeva, ogni giorno di più, delle prove concrete che tutte le sue fanfaronate, comprese le minacce, fossero davvero realizzabili.
Dopo il Ferragosto del 1983, mentre sulle spiagge si cantava ancora "Vamos a la playa" dei Righeira, Massimo lasciò la famiglia al mare e si recò ufficialmente in visita ai genitori, a Casemurate.
Michele e Ida Braghiri erano di fatto "comproprietari" di Villa Orsini, nel senso che avevano un loro appartamento di lusso al secondo piano in comodato d'uso perpetuo, come ennesimo riconoscimento della loro insostituibilità nei ruoli di amministratore del Feudo e di governante della Villa.
Dopo aver pranzato con i genitori, Massimo raccontò al padre del netto rifiuto da parte del giudice De Gubernatis di collaborare al loro piano per incriminare Ettore Ricci.
Michele parve quasi sollevato:
<<Ma forse è meglio così, Massimo. In fondo io sono felice della vita che faccio e non serbo più rancore a nessuno. E considerando quello che ho fatto, posso dire che mi è andata bene>>
Massimo non credeva alle proprie orecchie:
<<Ma come? Per tutta la vita non hai fatto altro che pregustare il giorno in cui avresti distrutto Ettore e ti saresti impadronito del suo impero, e adesso molli tutto così, a un passo dal trionfo?>>
Michele annuì:
<<Sì, e ho le mie buone ragioni: se il giudice De Gubernatis fosse stato dalla nostra parte, allora, potevo contare sul fatto che mi avrebbe coperto le spalle, ma siccome il tuo caro suocero non intende aiutarci, se io denuncio gli illeciti finanziari di Ettore, ci finisco dentro fino al collo. Lui darà la colpa a me, in quanto sono l'amministratore delegato, e io, senza un magistrato compiacente, rischio di finire sotto accusa.
Insomma, come si suol dire, il gioco non vale la candela, è meglio che ti metti il cuore in pace, figlio mio>>
Ma Massimo non ne aveva nessuna intenzione.
Uscì nel giardino per sbollire la rabbia e poi si diresse verso il sentiero che portava all'argine del torrente Bevano.
Fu in quel momento che si fece strada dentro di lui un'idea.
Poteva sembrare una sciocchezza, per un uomo di scienza come lui, ma in fondo cosa costava provare?
Essendo cresciuto a Villa Orsini, gli era sempre stato facile arrivare all'antica casa, presso la confluenza tra il Bevano e il grande fosso Torricchia, dove abitava la centenaria erborista Elvira, che aveva fama di strega.
Fu proprio lì che si diresse.
Era un luogo al di fuori del tempo, una specie di universo parallelo.
Per accedervi bisognava attraversare un piccolo bosco, poi un orto botanico e infine un cortile con al centro un pozzo molto profondo.
La casa era in pietra grezza, ricoperta di muschio e di edera.
Un enorme numero di gatti la presidiava, e in particolare ce n'erano due di proporzioni enormi, che sostavano, come sfingi, sui due pilastri del cancello.
C'erano da sempre, e davano l'idea di essere immortali.
Uno aveva pelo lungo e leonino, l'altro era grasso, tigrato e sornione.
Quando Massimo varcò il cancello, i due felini emisero una serie di segnali che mobilitarono tutti gli altri gatti come un esercito.
La vecchia, messa sull'avviso, comparve poco dopo, con una veste grigia e il capo coperto da un fazzoletto nero, legato sotto la mandibola.
Di profilo le si vedeva solo la punta del naso.
La pelle del viso era come cuoio, gli occhi nerissimi, vigili e incredibilmente privi di cataratte.
<<Massimo... ti stavo aspettando>>
Lui rimase di sasso:
<<Ma se io ho deciso solo poco fa di venirti a trovare?>>
L'Elvira scrollò le spalle:
<<Sarei una veggente di poco conto se non percepissi nemmeno questo! Ti ho sognato, stanotte. Mi chiedevi di eseguire un tipo di sortilegio che io mi rifiutavo di prendere in considerazione>>
Massimo non si fidava completamente di lei, ma era a tal punto disperato che ormai il ricorso alle Arti Oscure era l'ultima mossa possibile:
<<So che in linea di principio ti rifiuti di esercitare la Magia Nera, ma qui si tratta di un caso speciale>>
Lei rise, mostrando una bocca semi sdentata:
<<A sentire quelli come te, si tratta sempre di un caso speciale">>
<<Non esistono "quelli come me". Ci sono io, e basta>> sbottò Massimo.
<<Per fortuna>> rispose lei prontamente e poi ribadì <<Comunque, io non pratico più le Arti Oscure da molto tempo. Evocare le energie negative significa risvegliare i demoni, e ciò comporta conseguenze nefaste per tutti.
Il male che fai o che desideri torna sempre indietro, prima o poi, e colpisce forte, all'improvviso e quando meno te lo aspetti>>
Massimo non ci credeva, ma riteneva che le maledizioni di una fattucchiera esperta potessero funzionare. Bisognava però convincerla a collaborare:
<<E se fosse per un atto di giustizia? Tu avevi un affetto quasi materno per Isabella Orsini, la sorella più giovane della Contessa, non è così?>>
L'espressione del volto della vecchia cambiò completamente.
Isabella si era rivolta a lei per tanti piccoli problemi che non aveva mai confidato ai familiari, troppo all'antica per capire.
L'Elvira l'aveva aiutata e si era affezionata a lei come se fosse una figlia.
<<La mia povera Isabella. Il suo spirito non ha ancora trovato pace. La sua anima anela giustizia, lo sento>>
Massimo era abile nel trovare i punti deboli delle persone e nel riuscire a sfruttarli a proprio vantaggio:
<<E immagino che tu sappia anche che il giudice De Gubernatis, che condusse le indagini preliminari, fece di tutto per insabbiare la verità, e non solo in quel caso, per evitare che il buon nome di Ettore Ricci fosse lambito da uno scandalo>>
La vecchia lo sapeva fin troppo bene, ma c'era un'altra verità, ben più grave, che andava dichiarata apertamente:
<<Lo so, ma Isabella avrà giustizia solo quando sarà morto anche il vero assassino, e cioè tuo padre!>>
Massimo non si scompose, perché in fondo era quella la direzione che il discorso doveva prendere, per poter arrivare a un accordo:
<<E allora io ti propongo uno scambio. Tu sostieni che ogni demone vuole un prezzo per ogni maleficio che gli si richiede, non è così? Una vita per un'altra vita>
L'Elvira lo fissò e parve crescere in statura, mentre pronunciava la Prima Legge delle Arti Oscure:
<<E' il principio basilare della Magia Nera, così come descritta dai grimori più importanti, come la Clavicula Salomonis. Per ogni maleficio protratto nel tempo, occorre evocare un demone, secondo le modalità specificate dall'Ars Goetia, e il demone evocato richiede un sacrificio da parte di chi lo commissiona. Più importanti sono le richieste e più cara al mandante sarà la persona sacrificata>>
E qui Massimo decise di calare il suo asso nella manica:
<<Io chiedo che siano maledetti Ettore Ricci e Guglielmo De Gubernatis e offro in cambio la vita di Michele Braghiri>>
La veggente sgranò gli occhi:
<<Questo non l'avevo previsto!>>
Lui sorrise, e fu una cosa orribile a vedersi:
<<L'ho deciso poco fa>>
L'Elvira lo scrutò attentamente, poi alla fine annuì:
<<Non devi amare molto tuo padre, se lo offri con tanta facilità come vittima sacrificale, ma poiché anche io chiedo giustizia per Isabella e Arturo, dal momento che Michele è il loro assassino e il giudice lo ha coperto, credo che per questo atto di giustizia potrei convincere un particolare demone, molto potente.
Ma ti avverto, Massimo: questa è l'ultima volta che farò una cosa simile.
E in ogni caso non illuderti che il demone evocato ti dimenticherà. Una volta che si è fatto un patto con Eclion il Vendicatore, lui potrebbe, come dire, "prenderci gusto", e incominciare a giocare con le famiglie che sono state segnalate alla sua attenzione, sia quelle di coloro che sono stati maledetti, sia quelle di coloro che hanno sollecitato la maledizione>>
<<Io credo che questo demone Eclion mi troverà simpatico>>
<<Può darsi. Eclion si nutre di odio, e tu ne hai da vendere, ma attenzione... Eclion è imprevedibile, e nessuno può sapere a chi potranno andare realmente le sue simpatie.
Non dire che non ti avevo avvertito>>
<<Sono pronto ad affrontare questo rischio. Procediamo>>
<<Sia come vuoi tu. Al termine del rito, Ettore Ricci e Guglielmo De Gubernatis saranno maledetti col favore delle tenebre, fino a che dureranno i Troni dei Signori degli Elementi>>