Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
venerdì 17 luglio 2020
Vite quasi parallele. Capitolo 76. Il terzo segreto di Diana
<<Il primo segreto è quello che non si confessa né al prete né allo psicanalista. Il secondo segreto è quello che non si confessa neppure a se stessi. E il terzo?>>
Tale domanda era parte di un indovinello che in un giorno d'estate Diana aveva rivolto alla madre e al nipote prediletto, mentre passeggiavano in giardino, e nessuno aveva saputo rispondere in maniera adeguata.
Allora Diana aveva sorriso e aveva risposto, a beneficio dell'uditorio:
<<Il terzo è la verità. E quella resterà per me sempre un mistero>>
Più si avvicinava alla soglia dei settant'anni e più si accresceva la sua tendenza al dialogo socratico e all'approccio paradossale nei confronti della conoscenza.
<<Il mio metodo di affrontare le cose si basa sul dubbio. Alcuni scambiano la mia propensione al dubbio per una debolezza. Io credo che sia qualcosa di diverso, e che ci sia della saggezza nel non dare mai nulla per scontato. La verità può essere una meta irraggiungibile, e forse talvolta è meglio così>>
Roberto ascoltava con attenzione e, pur con tutti i limiti insiti nella sua ancora acerba mente di bambino, rifletteva su quelle parole.
<<Io vorrei scoprire la verità su una cosa concreta e cioè quali sono le sorgenti del Bevano>>
Proprio in quel momento erano arrivati all'argine del torrente che attraversava il Feudo Orsini e lungo il quale avevano fatto numerose passeggiate, in compagnia dei genitori di Roberto, raccogliendo fiori selvatici ed erbe aromatiche e soffermandosi nei boschetti di gelso, pioppo, ontano, betulla o robinia, che puntellavano le rive e si mescolavano ai canneti.
<<Ogni domanda sulle sorgenti è importante. Anch'io mi ero chiesta la stessa cosa, da bambina>> disse Diana, come smarrita in un sogno <<E allora mio padre mi portò fino alle pendici di Bertinoro, dove il Bevano è soltanto un fosso un po' più grande degli altri che confluiscono in lui>>
Roberto non era soddisfatto di quella risposta:
<<E la sorgente dov'era?>>
Diana sorrise, ma c'era una piccola vena di tristezza in quel sorriso:
<<Non c'è sorgente. E' soltanto un fosso di scolo delle acque piovane. Niente di più. Un misero fosso che differisce di poco dai tanti altri fossi che lo alimentano.
Da questa scoperta trassi un insegnamento che mi ha accompagnata negli anni.
A volte l'origine è molto più deludente di quel che ci siamo immaginati. Altre volte non c'è affatto>>
Roberto allora fece un collegamento concettuale che piacque molto a sua nonna:
<<E allora qual è la verità?>>
Diana annuì:
<<E' proprio quello che stavo cercando di dirti con l'indovinello del terzo segreto. Se il segreto è la verità, allora potremmo non essere in grado di svelarla. Cos'è la verità? Ce n'è una sola, ce ne sono tante che si perdono in mille rivoli, oppure non ce n'è nessuna?
La verità è un segreto>>
A quel punto la madre di Diana, l'ultranovantenne bisnonna Emilia, si sentì in dovere di intervenire:
<<Roberto, non dare troppo ascolto a tua nonna. E' sempre stata una ribelle e continua ad esserlo anche da vecchia>>
Diana allora sorrideva indulgente:
<<Ecco la sentenza della mia veneranda madre, che ha sempre trovato la verità in fondo alle bottiglie di Cabernet-Sauvignon>>
Roberto le amava moltissimo entrambe: la bisnonna Emilia, con i suoi capelli candidi raccolti in uno chignon, era una sorta di reperto storico vivente, e la nonna Diana, con il sorriso di chi è abituato a non prendersi troppo sul serio, erano per lui un esempio di stile e di perseveranza.
Le passeggiate insieme a loro, nei sentieri delle campagne che circondavano la Villa Orsini, erano un'occasione per imparare molta saggezza che gli sarebbe tornata utile decenni dopo, quando dovette fare i conti con la spaventosa crudeltà della vita.
<<Voi siete felici?>> chiese una volta a entrambe.
La bisnonna Emilia rispose per prima:
<<Il fatto che io beva troppo vino potrebbe già essere una risposta, ma credo di aver qualcosa da aggiungere. Come ben sai, io ho avuto sei figli, due maschi e quattro femmine, e di questi sei, ne ho dovuti seppellire quattro. Eugenio, il primo, morì di meningite. Giovanna, la terza (dopo tua nonna), morì di febbre spagnola. Arturo, il quinto (dopo Ginevra), morì in un incidente stradale mai chiarito del tutto e Isabella, l'ultima, è morta durante la guerra in circostanze misteriose. E dopo il mio amato marito morì di dolore. Come avrei potuto essere felice?>>
La nonna Diana annuì:
<<I lutti di mia madre sono stati anche miei, ed io ho passato la vita a cercare la verità sulla morte di Isabella e di Arturo. E forse in questi casi potrei pensare di averla trovata, anche se non è venuto ancora il momento di parlarne. E poi, ovviamente, c'è stato il fatto che io e tuo nonno non siamo mai andati molto d'accordo, per usare un eufemismo>>
La bisnonna Emilia si sentiva in colpa per aver costretto sua figlia a sposare un uomo ricco, che però non amava:
<<Lo so, figlia mia. Averti indotta sposare Ettore è stata una cosa imperdonabile, ma volte bisogna fare cose imperdonabili per sopravvivere>>
<<Non lo so>> rispose Diana a sua madre <<Dietro ai miei sorrisi e all'apparente benessere della dinastia Ricci-Orsini, c'è una storia di guerre, di lutti, di lacrime e di cuori infranti.
Valeva la pena pagare un prezzo così alto? Non sono in grado di darmi una risposta e
a volte mi chiedo, mamma, se tu provi i miei stessi sensi di colpa nei confronti di Isabella e di Arturo. A volte io faccio fatica a convivere con me stessa, per aver fatto finta di non vedere.
E tu? Tu ci riesci?>>
L'anziana matriarca rispose:
<<Non lo so, ma questo è un mio fardello, e mio soltanto>>
Roberto aveva imparato a conoscere i segreti di famiglia, quelli che non si confessavano a nessuno e nemmeno a se stessi, ma gli era sempre rimasto un dubbio:
<<Ma con voi il nonno Ettore è stato buono o cattivo?>>
Diana, che non voleva rovinare il buon rapporto di Roberto col nonno, rispose immediatamente:
<<Ettore non è cattivo, ha solo troppa energia dentro di sé. E si è fidato di persone cattive. Ma per ora non posso dirti di più>>
Roberto sapeva che le "persone cattive" a cui sua nonna si riferiva erano i componenti della famiglia Braghiri, ma ciò che avevano realmente fatto rimaneva un segreto, forse il "terzo segreto" dell'indovinello di Diana.
<<E il nonno è felice, secondo voi?>>
Questa volta intervenne la bisnonna Emilia:
<<Ah, voi giovani, sempre a parlare della felicità! Anch'io, da giovane, credevo che fosse a portata di mano, ma poi ho capito una cosa e cioè che per ciascuno di noi la felicità non è la norma, ma l'eccezione>>
Diana sorrise:
<<Ettore è abbastanza felice. E' sempre stato un burlone e si diverte ancora a fare scherzi alla moglie e alla suocera, vero mamma? Come quando alla sera guardiamo la televisione e lui e entra di soppiatto, spegne il televisore e si dilegua, lasciandoci a bocca asciutta come due oche.
I Ricci sono così, e spero che ti abbiano trasmesso quella capacità di ridere che a volte può fare la differenza, nei momenti difficili>>
Sua madre approvò:
<<Mio genero è bizzarro e potrà avere tutti i difetti di questo mondo, ma senza di lui questa casa sarebbe un mortorio>>
Diana ne convenne:
<<Da tempo ho capito che è meglio avere lui al mio fianco, piuttosto che vedere questa grande casa riempirsi di vuoto>>
Roberto volle dire la sua:
<<Ci sarò sempre io a riempire il vuoto di questa casa! Io non ti lascerò mai sola>>
E in quella frase c'era una promessa che andava oltre i confini del tempo e della morte.
Lei capiva e sorrideva:
<<Quando incomincerai ad avere più impegni a scuola e con gli amici, avrai meno tempo per stare qui. E forse anche meno voglia>>
Lui scuoteva il capo:
<<Io preferisco stare qui con te piuttosto che a Forlì>>
Diana scuoteva la testa:
<<Ma a Forlì ci sono i tuoi genitori, i tuoi amici...>>
Riccardo non aveva dubbi:
<<Io sto meglio qui. Non ci voglio tornare in quel condominio di matti!>>
Diana rideva:
<<Ma anche qui a Villa Orsini siamo tutti matti, cosa credi? In fondo ognuno è pazzo a modo suo>>
Riccardo insisteva:
<<Io resterò qui per sempre, te lo prometto>>
Sua nonna sospirava:
<<Qualcuno ha detto che le promesse degli uomini sono scritte nell'acqua. O forse erano le promesse delle donne? Direi, le promesse in generale... anche se, naturalmente, so che tu sei sincero. Ma è meglio che impari fin da piccolo a non fare promesse che non sei sicuro di poter mantenere>>
<<Ma io sono sicuro!>> protestò il bambino.
Diana cercò di nascondere la commozione:
<<Lo so. Quello che sto cercando di dirti è che non dovrai mai sentirti in obbligo di sacrificare la tua vita per il bene della tua famiglia. Di solito le nonne insegnano il contrario, ma come hai detto tu stesso, io non sono una nonna come le altre>>
Lui incominciava a comprendere già allora il suo spirito di sacrificio e la dedizione totale alla famiglia, e li ammirava a tal punto che il suo esempio contava molto di più delle parole.
Fu anche per questo che quella sera non disse altro e si limitò ad abbracciare Diana, promettendo a se stesso che avrebbe sempre seguito il suo esempio e avrebbe fatto tutto il necessario per mantenere vivo il ricordo di lei.