Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
giovedì 2 luglio 2020
Vite quasi parallele. Capitolo 74. Il Canale Emiliano Romagnolo arriva a Casemurate
Nell'estate del 1980 i lavori di scavo del Canale Emiliano Romagnolo (soprannominato CER) raggiunsero le frontiere del Feudo Orsini di Casemurate.
Come si è detto, la principale impresa appaltatrice dei lavori era l'Azienda Escavatrice e Idraulica Fratelli Monterovere.
Non c'è dunque da meravigliarsi se Roberto Monterovere, che era anche nipote dei titolari del Feudo Orsini, avesse sviluppato un'ossessiva passione per i fiumi e i canali, compresi i più piccoli fossi e torrentelli.
In particolare gli sembrava straordinario il fatto che il CER riuscisse a passare sotto i fiumi per mezzo di certe strutture dette sifoni.
Quell'estate l'alveo del canale era vuoto e pertanto era possibile camminarvi in tutta tranquillità, persino nei sottopassaggi.
Solo chi ha visto questi lavori può rendersi conto della poderosità e maestosità di tale progetto.
Il CER era stato concepito fin dall'inizio come un canale di irrigazione: un ramo artificiale del Po, un collettore delle acque del grande fiume che, diramandosi dal Cavo Napoleonico a sud di Bondeno, presso Sant'Agostino, arrivasse, in salita, per mezzo di idrovore, fino alla pianura romagnola, che in estate soffriva periodi di vera e propria siccità, e sfociasse infine nel torrente Uso, poco prima di Rimini.
Il sogno dell'ingegner Lanni, il Profeta delle Acque, bisnonno di Roberto, si stava realizzando.
A dirigere i lavori c'era Enrichetta Monterovere in persona, con tutta la sua mole imponente e il suo carattere vulcanico.
Nella pausa pranzo, Enrichetta era ospitata a Villa Orsini, su invito personale della contessa Diana, che sperava ancora di mantenere i buoni rapporti con la famiglia di suo genero.
Era un'impresa disperata, poiché le ragioni del contendere riguardavano questioni materiali molto importanti, che arrivavano fino alle rispettive fazioni politiche di riferimento.
Ettore Ricci non partecipava quasi mai a quei pranzi, inventandosi ogni tipo di scusa.
Sotto molti aspetti era meglio così, dal momento che Enrichetta mangiava per quattro persone, nella sua insaziabilità tipicamente monteroveriana.
Tuttavia accadde che, in un assolato mezzogiorno di luglio, essendo troppo caldo per andare in giro, Ettore decise di rimanere a pranzo, convincendosi che forse questo era un modo per valutare con più attenzione quanto fossero forti i sostenitori politici dell'Azienda Monterovere.
Quel giorno l'appetito di Enrichetta era ancora più smodato, il che la rendeva più aggressiva del solito.
La presenza di Ettore, con i suoi modi bruschi, non fece che esacerbare la situazione.
<<Il Feudo Orsini è molto famoso>> concesse Enrichetta, dopo aver sorseggiato uno dei famosi vini rossi della Contessa Madre Emilia <<ma la mia proprietà agricola di Casal Borsetti è molto più ampia>>
Ettore Ricci, che non voleva essere secondo a nessuno, ribatté:
<<Quella terra è salata. Non vale niente>>
Enrichetta, che era già minacciosa quando era calma, diventava una furia quando le prendevano quelli che lei chiamava "i cinque minuti" e che Ettore soprannominava sprezzantemente "una botta di faentino":
<<Quando ci arriveranno i nuovi canali di immigrazione, che l'Azienda Monterovere sta contribuendo a realizzare, il valore di quei terreni raddoppierà. E' stato un grande affare!>>
Anche ad Ettore saltò "la mosca al naso":
<<Non ci cresceranno neanche i cactus.
Signora Monterovere, lei doveva investire i suoi soldi in altro modo. Se mi avesse chiesto consiglio, io sarei stato ben felice...>>
Enrichetta divenne paonazza dalla rabbia:
<<Sciocchezze! Le mie terre produrranno le migliori barbabietole da zucchero della regione. L'Eridania verrà in ginocchio da me! Tutte le aziende di Ravenna si consorzieranno con la mia impresa>>
A quel punto Ettore giocava il suo poker d'assi:
<<Se dovessero farlo, sarà solo per motivi politici. Nascerà l'ennesima cooperativa rossa patrocinata da quel suo zio comunista, l' "onorevole" Edoardo Monterovere>>
Enrichetta non spendeva neanche una mezza parola per smentire quell'ovvietà, ma anzi la usava a suo vantaggio:
<<Siamo in Romagna: questa è terra rossa, ci siamo capiti? Converrebbe anche a lei, signor Ricci, aderire al Partito>>
Ettore sapeva che era vero:
<<Non posso certo negarlo, ma ho dei doveri di lealtà nei confronti dei miei alleati storici.
Si tratta di una questione di fiducia, persino di amicizia. Ci sono vincoli profondi.
Non c'è solo la politica, a questo mondo>>
Enrichetta Monterovere scosse il capo:
<<Ai nostri livelli, c'è solo la politica. E si tratta di una politica pragmatica, senza vincoli ideologici.
L'ideologia è soltanto una formula che l'Elite usa per naturalizzare agli occhi delle masse l'assoluta arbitrarietà del proprio potere. E la cosa più bella è che la maggioranza ci crede.
E' in questo modo che tuteliamo i nostri interessi>>
Ettore Ricci si rese conto che colei che aveva davanti lo superava di gran lunga in fatto di cinismo e di spregiudicatezza:
<<E pensare che dicevano che il cattivo ero io>>
Si sentì improvvisamente vecchio e stanco, e per la prima volta in vita sua, ebbe paura.
Cosa sarebbe rimasto dell'Ancien Regime, ora che l'ondata rossa stava per dilagare sul Feudo Orsini?
Ettore pensò al Canale, che come un intruso si insinuava nelle sue terre, e immaginò che le sue acque fossero rosse, sempre più scure, fino ad assumere il colore del sangue.
Enrichetta sbranava una coscia di coniglio con un tale accanimento che si sarebbe potuto dire che la povera bestiola le avesse fatto un torto personale.
Mentre masticava con ferocia, continuò il suo discorso:
<<Qui non è questione di buoni o cattivi, signor Ricci. Si tratta soltanto di affari. Il CER porterà ricchezza in queste terre aride e dimenticate da Dio. L'irrigazione vale molto di più delle terre che saranno espropriate o dei disagi per il raccolto in questi anni di costruzione>>
Ettore scosse il capo vigorosamente:
<<Quanto mi costerà attingere l'acqua? Quanta benzina sarà necessaria per attivare gli irrigatori? Avete pensato a questo, nel calcolare i miei indennizzi?>>
Enrichetta scrollò le spalle:
<<Le assicuro che le spese saranno irrisorie>>
Il vecchio Ricci non era d'accordo:
<<I miei generi, Amilcare Spreti e Silvio Zanetti, non condividono affatto questa ottimistica previsione>>
Enrichetta assunse un'espressione schifata:
<<Quei due sono fermi all'età della pietra! Non capiscono niente di innovazione e grandi opere pubbliche. Pensi piuttosto al fatto che anche mio fratello è suo genero, e se lei lo trattasse un po' meglio, l'Azienda Monterovere avrebbe un occhio di riguardo nei confronti del Feudo Orsini>>
Ettore, reso ostinato dall'età, dal caldo e dal vino, esplose:
<<Io non accetto ricatti! Il mio interlocutore istituzionale sarà la Regione Emilia-Romagna, non la famiglia Monterovere! Ho amici anch'io nella Giunta... tra i repubblicani, i socialisti... >>
Enrichetta parve divertita:
<<Gli equilibri sono cambiati. Lei ha avuto le spalle coperte per tutta la vita e crede di averle ancora, ma i suoi amici sono vecchi e compromessi. Cadranno come mele mature, uno dietro l'altro, e lei rimarrà senza protettori. E a quel punto la mia offerta di collaborazione sarà la sua unica speranza di salvezza>>
Era vero, ed Ettore lo sapeva, ma non voleva cedere.
Si alzò di scatto e se ne andò, lasciando l'intero dolce alle fauci insaziabili della sua interlocutrice.