Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
sabato 4 aprile 2020
Vite quasi parallele. Capitolo 58. La costruzione di un amore
La costruzione di un amore, secondo una famosa canzone che Ivano Fossati scrisse per Mia Martini, è "come un grattacielo di cento piani".
Per Francesco Monterovere e Silvia Ricci-Orsini si trattò di qualcosa di più simile al Burj Khalifa, che di piani ne ha 163, più due sotterranei, e mai si seppe se un tale sforzo da parte dei nostri due protagonisti valse la pena di essere compiuto, perché il risultato produsse meno successi di quanti ne ebbe l'emirato di Dubai.
Questo dubbio non riguarda tanto la loro unione, che pur nella sua lunghissima e burrascosa durata, si potrebbe considerate comunque un traguardo notevole, quanto piuttosto le preoccupazioni e le sofferenze che derivarono prima dall'opposizione ferrea delle loro due famiglie d'origine, e poi dall'invidia di tutti gli altri, che trovò facile bersaglio nella loro prole.
Già si è detto delle reazioni della famiglia Monterovere alle confidenze di Francesco, che avvennero molto prima che Silvia si rendesse conto che il giovane Monterovere la stava corteggiando, pur nel suo modo timido e impacciato.
Nulla si è invece anticipato su come il clan Ricci-Orsini recepì le prime confidenze di Silvia, che dopo il viaggio a Parigi aveva incominciato a nutrire una certa curiosità sulla famiglia Monterovere.
Il ritorno di Silvia era stato preceduto da un fattorino, che recapitava un regalo a sua madre, ossia un prezioso tavolino da salotto in stile Art Nuveau acquistato nella Ville Lumière.
Purtroppo, quando il tavolino approdò al suo luogo naturale, ossia il Salotto Liberty di Villa Orsini, era presente anche Ettore Ricci, il cui commento fu assai sprezzante:
<<Chissà quanto è costato! E guarda lì che gambette... non sta in piedi... non arriverà a Natale>>
Diana era stupefatta:
<<Ma si può sapere cosa ti prende? Oggi sei ancora più grezzo e meschino del solito!>>
Ettore non aspettava altro:
<<C'è che nostra figlia, oltre a buttar via i miei soldi e a darsi alla pazza gioia a Parigi, si è anche messa a fraternizzare col nemico>>
Diana alzò gli occhi al cielo:
<<L'unico nemico che abbiamo è quello spione traditore di Massimo Braghiri, che non era nemmeno invitato alla gita di Parigi, e scommetto che è stato lui a metterti in testa queste idiozie!>>
Ettore si concesse un lieve sorriso:
<<Non lui direttamente. Ha mandato avanti la figlia di tua sorella>>
Diana era ancora più sdegnata:
<<Quella velenosa vipera di Elisabetta! Silvia ha detto che a scuola tutti sanno che è la spia del preside. Sarebbe capace di tutto pur di infangare nostra figlia>>
<<Tua figlia! Perché da me non ha preso niente, a parte i soldi!>>
<<Sei disgustoso, Ettore!>>
<<E se ti dicessi che Silvia ha davvero preso in simpatia un certo Francesco Monterovere, figlio di quelli che vogliono far passare un canale nel bel mezzo delle nostre terre?>>
Diana aveva sentito qualcosa al riguardo, ma si trattava di un progetto ancora del tutto teorico.
In compenso, però, la vecchia Contessa Vedova Emilia, risvegliatasi dal suo torpore etilico, bofonchiò:
<<I Monterovere! E' un cognome famoso. C'era un illustre generale, Raimondo Monterovere, Conte di Querciagrossa, che combatté per gli Asburgo contro gli Ottomani!>>
Ettore Ricci rise:
<<No, non credo proprio che siano parenti di questo tale. I Monterovere che dico io sono di Faenza e sono dei comunisti assatanati! E' grazie alle amicizie politiche che hanno avuto l'appalto per la Romagna centrale>>
Ma quel giorno Ettore, incredibilmente, si trovò contro persino sua madre, l'anziana maestra Clara:
<<Comunque la Contessa Emilia ha ragione. Ho letto un libro molto interessante sui Monterovere di Querciagrossa, e non è da escludersi che un ramo della famiglia possa essere...>>
Ettore esplose:
<<Ma allora vi siete messe tutte d'accordo per farmi venire un colpo? Volete tutte sbarazzarvi di me? Anche tu, mamma, ti metti a dare credito a queste stupidaggini!
Be', vi dico una cosa: non permetterò mai a questo Monterovere di prendersi mia figlia e soprattutto la mia terra!>>
Diana scattò in piedi e fronteggiò il marito:
<<La terra sarà anche tua, ma Silvia è mia figlia e non ti permetterò di rovinarle la vita così come hai fatto con me! E non lo permetterò nemmeno a quella serpe di Elisabetta o a quel viscido verme di Massimo! Siete tutti avvertiti: questa volta non accetterò alcun compromesso!>>
Ettore fulminò la moglie con lo sguardo:
<<Lo vedremo!>> sbottò, e se ne andò sbattendo la porta.
Due giorni dopo Silvia, ignara della tempesta che si era scatenata in sua assenza, tornò a casa.
Dagli sguardi costernati delle due nonne, Emilia e Clara, capì subito che c'era qualcosa che non andava. Si recò di sopra da sua madre, che era barricata in camera a causa di una sospetta emicrania.
Diana la ricevette con la faccia delle grandi occasioni:
<<Dobbiamo parlare>> le disse con voce nel contempo afflitta e solenne.
<<Scommetto che il babbo ha fatto una scenata per il tavolino>>
<<Sì, ma il problema è un altro. Elisabetta ha fatto la spia, come al solito, e ha messo in testa a tuo padre che alla gita a Parigi avrebbe partecipato anche un certo Monterovere che secondo lei ti starebbe ronzando attorno...>>
Silvia scosse il capo:
<<Quella vipera di Elisabetta!>>
Diana annuì vigorosamente:
<<Proprio così, quella maledetta vipera! Sarebbe capace di tutto pur di compiacere il suo Massimo.
Si pettina e si veste come Jackie Kennedy, ma l'abito non fa il monaco.
Ah, ma stavolta l'ha pagata cara: ho telefonato a mia sorella e le ho detto che sua figlia deve tenere a freno quella lingua biforcuta! Ginevra si è scusata e ha promesso che non si ripeterà, ma io temo il peggio, perché dietro tutta questa storia, ovviamente, c'è Massimo, che ha il dente avvelenato perché non è stato invitato alla famosa gita di Parigi>>
Silvia si sentì improvvisamente stanca:
<<Ogni volta che torno a Casemurate mi sembra che qui il tempo si sia fermato, come se fossimo ad Avalon, o nel regno di Faerie, avulsi dalla realtà, dal contesto.
Qui siamo tutti come eterni bambini che continuano a farsi i dispetti, mentre fuori il mondo cambia a tutta velocità. Riusciremo mai a comportarci in maniera adulta?>>
Diana sospirò:
<<Sono quarant'anni che me lo chiedo, ovviamente senza risposta, ma stavolta prometto che ti proteggerò dalle trame di Ettore e da quelle di Massimo ed Elisabetta, dovesse essere l'ultima cosa che faccio nella vita. Quando vorrai confidarti con me, io sarò comunque dalla tua parte>>
Silvia era confusa:
<<Ma non c'è niente da confidare. Francesco Monterovere non mi ha mica deflorata! Abbiamo solo parlato... non saprei dire nemmeno se mi piace o no>>
<<Ne sei sicura?>>
<<Sono sicura soltanto di una cosa: più il babbo si opporrà a lui, più lui mi starà simpatico, questo è certo. Mi sto rendendo conto che io e Francesco abbiamo in comune il fatto di essere cresciuti in due famiglie anomale, con padri tirannici, madri sofferenti e un corteo di parassiti intorno, pronti a tradirci appena voltiamo le spalle>>
Quella conversazione segnò una svolta nella mente e nel cuore di Silvia, perché parlando di Francesco aveva oggettivato, davanti a sé, quello che prima era rimasto sospeso nel subconscio, e cioè che in fondo c'era qualcosa che li legava nel profondo, e che era stato sussurrato nelle conversazioni sottovoce nei bistrot di Parigi: una realtà familiare, alle spalle, che li faceva sentire diversi dagli altri.
Certo, "ognuno porta con sé i suoi fantasmi", per dirla con Virgilio, ma quelli di Silvia e Francesco in fondo erano simili, e la similitudine nelle sofferenze è un cemento che unisce molto di più di quella nei piaceri.
Su che dolorose fondamenta aveva avuto inizio la costruzione del loro amore!
Soltanto molto tempo dopo si sarebbero resi conto del rischio a cui andavano incontro: la somma di due sofferenze che altro poteva essere se non una doppia sofferenza?
Forse Diana lo aveva già intuito, perché disse a sua figlia, quel giorno:
<<Se la sua famiglia è invadente come la nostra, allora rischi di cadere dalla padella nella brace. E' meglio non scherzare col fuoco>>
Pur comprendendo il punto di vista di sua madre, Silvia si trovò a rispondere con una frase che sorprese lei stessa prima di chiunque altro:
<<Se non scherzi mai col fuoco, finirai per morire di freddo>>